Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-12-02, n. 202007628

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-12-02, n. 202007628
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007628
Data del deposito : 2 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2020

N. 07628/2020REG.PROV.COLL.

N. 05730/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5730 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato M A A, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cratilo di Atene n. 31, presso lo studio dell’avvocato D V

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima-bis) n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2020 il Cons. R P;

Udito per la parte appellante l’avvocato Giorgia Pietricola, su delega dell’avvocato M A A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espone l’appellante – già -OMISSIS-– di aver prestato servizio permanente effettivo fino al 1° settembre 2005.

Nel corso della partecipazione all’Operazione -OMISSIS-, si sarebbero verificate situazioni traumatizzanti, nelle quali il sig. -OMISSIS-rappresenta di essere rimasto coinvolto.

Al rientro dalla missione, il militare veniva assegnato ad un nuovo incarico (da -OMISSIS-).

Durante tale periodo (dal mese di agosto del 2000), -OMISSIS-

Il sig. -OMISSIS-avanzava, quindi, domanda di cessazione anticipata dal servizio (29 aprile 2004).

Nell’estate 2004, il Reggimento di appartenenza dell’interessato veniva allertato per l’imminente invio in -OMISSIS-;
e quest’ultimo riceveva dal proprio comandante invito a revocare la domanda di cessazione dal servizio, al fine di poter prendere parte alla missione.

Conseguentemente, con lettera del -OMISSIS-il sig. -OMISSIS-revocava la domanda di cessazione anticipata dal servizio;
ed assumeva, il 21 dicembre 2004, l’incarico di -OMISSIS- nell’ambito dell’operazione -OMISSIS-, per una durata di 4 mesi consecutivi.

Al ritorno in Patria, l’appellante – a fronte di una recrudescenza della già accusata sintomatologia (-OMISSIS-) – espone di aver maturato il convincimento di volersi, definitivamente, allontanare dall‘ambiente lavorativo, mediante cessazione anticipata dal servizio, dal momento che le circostanze traumatiche vissute nelle missioni compiute avevano comportato un perturbamento psichico, diagnosticato in “-OMISSIS-” (-OMISSIS-).

Con nota del 3 maggio 2005, il sig. -OMISSIS-chiedeva quindi (e nuovamente) la cessazione dal servizio permanente.

Nel lamentare che l’Amministrazione abbia omesso (come, peraltro, prescritto dall’art. 21 del D.P.R. n. 545/1986) di approfondire la conoscenza del dipendente, valutarne le precipue qualità individuali, svilupparne la personalità e curare le condizioni di vita e di benessere, salvaguardarne l’integrità fisica e porre il militare nella condizione migliore per eseguire le prestazioni al medesimo affidate ed assumere le conseguenti determinazioni, evidenzia l’interessato come l’unico provvedimento adottato sia stato quello di porlo in servizio effettivo ‘a disposizione’ del Comandante di Reggimento, privandolo di qualsiasi incarico operativo.

Tale circostanza, avrebbe determinato una acutizzazione dello stato di perturbamento psichico, aggravando le condizioni fisiche e psichiche dell’istante e conducendolo a presentare domanda di congedo.

Superata, nel corso del 2006, la patologia indicata, l’interessato in data 24 maggio 2006 otteneva l’iscrizione alle Forze di Completamento Volontarie in qualità di Ufficiale della Riserva Selezionata;
e, in data 11 luglio 2007, presentava al Ministero della Difesa ricorso in autotutela, prospettando che la domanda di cessazione dal servizio permanente fosse stata unicamente determinata dalla patologia riscontratagli (essendo stata sottoscritta e presentata in un momento di stato confusionale che aveva portato il sig. -OMISSIS-ad agire contrariamente alla propria volontà).

Chiedeva, quindi, che venisse dichiarata la nullità e/o l’annullamento del decreto del 12 agosto 2005, con il quale era stata disposta la cessazione dal servizio permanente a decorrere dal 1° settembre 2005, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali.

Tale istanza veniva dall’Amministrazione respinta con nota del 19 settembre 2007, con riveniente conferma del provvedimento di cessazione dal servizio del 12 agosto 2005.

2. Avverso il provvedimento sopra indicato, il sig.-OMISSIS-:

- presentava ricorso N.R.G. -OMISSIS-dinanzi al T.A.R. del Lazio;

- e, contemporaneamente, chiedeva al Tribunale Civile di Roma, ex art. 700 c.p.c., previo accertamento della “transitoria incapacità naturale in cui versava … al compimento della domanda di cessazione dal servizio permanente del 03.05.2005”, di “dichiarare l’annullamento e l’inefficacia della stessa risultandone provato il grave pregiudizio”.

Quanto al secondo dei rimedi, come sopra esperti dalla parte:

- con ordinanza del 3 marzo 2008, il Giudice designato rigettava la domanda, escludendo che fossero stati forniti elementi di valutazione utili per ritenere la fondatezza del proposto mezzo di tutela;

- con ordinanza del successivo 28 maggio, veniva dichiarato, a fronte del reclamo proposto ai sensi dell’art. 669- terdecies c.p.c., il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore di quello amministrativo.

Tale giudizio veniva poi, dal sig.-OMISSIS-, riassunto dinanzi al T.A.R. del Lazio con ricorso N.R.G. -OMISSIS-.

3. Costituitasi l’Amministrazione intimata, il Tribunale ha, previa riunione, respinto entrambi i proposti ricorsi, ed ha compensato le spese di lite.

4. Avverso tale pronuncia, il signor -OMISSIS-ha interposto appello, notificato il 7 giugno 2011 e depositato il successivo 6 luglio, lamentando che essa sia inficiata, alla luce dei vizi di seguito sintetizzati:

4.1) Nullità della sentenza e dell’intero procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 1034 del 1971 ed art. 112 c.p.c. Omessa pronuncia del Tribunale sulla questione pregiudiziale di carenza di giurisdizione relativa all'accertamento sull’incapacità naturale oggetto del ricorso N.R.G. -OMISSIS-. Carenza di Giurisdizione del Tribunale Amministrativo in ordine al ricorso N.R.G. -OMISSIS-.

Nell’assumere il carattere di pregiudizialità riscontrabile nell’accertamento della incapacità naturale ex art. 428 c.c., come richiesto nel ricorso N.R.G. -OMISSIS-, sostiene parte appellante che l’adito Tribunale Amministrativo difettasse di giurisdizione, quanto al profilo in esame.

Laddove si ritenga che il giudice di prime cure abbia deciso di respingere la domanda nel merito, assume la parte che la sentenza sia nulla per difetto di giurisdizione, al fine di impedire che possa formarsi giudicato per acquiescenza sulla questione di giurisdizione relativa alla domanda di incapacità naturale.

Chiede, pertanto, che il giudice di appello valuti il difetto di giurisdizione, dal quale sarebbe inficiata la gravata pronunzia.

4.2) Nullità della sentenza e dell'intero procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 1034 del 1971 e, conseguentemente, dell'art. 295 c.p.c. Rilevabile error in procedendo per omessa sospensione necessaria del processo.

In presenza di un vincolo di consequenzialità-pregiudizialità tra i ricorsi N.R.G. -OMISSIS-e N.R.G. -OMISSIS-, riconosciuto dallo stesso giudice di prime cure, quest’ultimo avrebbe dovuto necessariamente disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in presenza della esclusiva giurisdizione, in punto di stato e capacità delle persone, attribuita al giudice ordinario.

4.3) Nullità della sentenza e dell'intero procedimento per omessa pronuncia del Tribunale sull'intero petitum del ricorso N.R.G. -OMISSIS-. Error in procedendo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. Illegittimità, illogicità ed erroneità manifesta.

Avrebbe omesso il Tribunale di assumere alcuna decisione in ordine al preventivo accertamento della incapacità naturale in cui versava il ricorrente;
né, tantomeno, sulla richiesta dichiarazione di annullamento/inefficacia della domanda presentata dallo stesso.

Nell’assumere la violazione del precetto di cui all’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia), insiste la parte per la rimessione della controversia al giudice di primo grado.

4.4) Violazione e falsa, applicazione della legge. Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto da parte- dell’Amministrazione e del giudice di primo grado. Travisamento dei fatti, illogicità, irrazionalità e contraddittorietà. Ingiustizia manifesta e omessa decisione su un punto essenziale della controversia. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, segnatamente riferita sia al contenuto degli atti impugnati in primo grado, sia alla sentenza impugnata.

Secondo la prospettazione di parte, rivelerebbe carattere dirimente ai fini della definizione della controversia l'accertamento del petitum di cui al ricorso N.R.G. -OMISSIS- (la pregiudizialità logica e tecnica dell'accertamento dell'incapacità naturale ex art. 428 c.c. essendo stata riconosciuta dalla stessa Amministrazione nelle memorie depositate nel corso del giudizio di primo grado).

Nel sottolineare di aver prodotto certificazione medica, rilasciata in data 7 luglio 2007, attestante la sussistenza di -OMISSIS- nel periodo agosto 2000 – aprile 2006, il sig. -OMISSIS-– in presenza della dimostrata sussistenza del nesso causale con le esperienze psicologicamente stressanti vissute durante le missioni di pace in -OMISSIS- (estate del 2000) ed in -OMISSIS- (inverno del 2005) – sostiene che l’Amministrazione avrebbe dovuto esercitare il potere di autotutela, a fronte dell’istanza dal medesimo avanzata.

Ed assume, altresì, che il giudice di prime cure avrebbe dovuto disporre una Consulenza Tecnica di Ufficio, per l'accertamento della PTSD e della relativa incapacità naturale al momento della sottoscrizione della domanda di cessazione anticipata dal servizio.

4.5) Sul rigetto della censura avanzata sub b) del ricorso recante N.R.G. 11148/2007: necessarietà della comunicazione dell'avvio del procedimento.

Avrebbe errato il Tribunale nel dare atto dell’insussistenza, in capo all’Amministrazione, di alcun obbligo di comunicazione, stante l’avvio del procedimento su richiesta dell'interessato.

4.6) Sul rigetto della censura avanzata sub c) del ricorso recante N.R.G. 11148/2007

Sostiene, da ultimo, l’appellante che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile al procedimento in autotutela l’obbligo di preavviso di rigetto imposto dall'art. 10-bis della legge 241 del 1990: nella fattispecie, venendo in considerazione un procedimento ad istanza di parte che, sebbene instaurato in autotutela, non sarebbe, tuttavia, espressamente escluso dalla legge per l'applicabilità del principio di cui alla norma anzidetta.

Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

5. In data 19 agosto 2011, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio con memoria di mero stile.

6. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 13 ottobre 2020.

DIRITTO

1. Giova, preliminarmente alla disamina delle doglianze articolate con il presente mezzo di tutela, procedere alla ricognizione dei contenuti motivazionali dell’avversata sentenza del T.AR. Lazio.

Dato atto che “le censure proposte … si basano sul presupposto di fatto dell’assunta incapacità naturale in cui il ricorrente ha sostenuto di essersi trovato nel momento in cui nel maggio 2005 ha chiesto di cessare dal servizio”, il giudice di prime cure:

- rilevato che “all’esito del giudizio proposto dinanzi al Tribunale di Roma, il giudice ordinario ha pronunciato il difetto di giurisdizione affermando che il ricorrente aveva chiesto l’annullamento/inefficacia della domanda di cessazione dal servizio del 3.5.2005”;

- ed osservato come “tale pronuncia appare discutibile perché, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di Roma con decisione del 25.5.2008, il ricorrente aveva chiesto non soltanto l’annullamento/inefficacia della domanda di cessazione dal servizio del 3.5.2005, ma anche il preliminare accertamento della transitoria incapacità naturale in cui versava il ricorrente al momento della sottoscrizione della domanda”;

ha ritenuto, “pur a voler prescindere da tali profili e dalle questioni di carattere procedurale”, comunque “risolutiva l’infondatezza della domanda di annullamento del provvedimento … avente ad oggetto “Richiesta di riammissione in servizio” … e del decreto … con cui si è disposta la cessazione dal servizio permanente a decorrere dal 1 settembre 2005”; e ciò in quanto “ il ricorrente, neanche in occasione della presentazione dell’istanza di autotutela tesa alla rimozione dei due provvedimenti contestati, ha fornito all’Amministrazione elementi utili per far ritenere che all’epoca in cui ha presentato domanda in data 3.5.2005 di cessazione dal servizio, versasse in una situazione di incapacità naturale”.

Conseguentemente ritenuto “immune dai vizi denunciati dal ricorrente l’atto in data 19.9.2007, con il quale l’Amministrazione non ha preso in considerazione la richiesta di annullamento del decreto datato 12.8.2005 e la richiesta di riammissione in servizio dell’interessato”, è stato dal Tribunale osservato che “l’interessato ha prodotto un'unica certificazione medica rilasciata nel 2007, omettendo di fornire documenti attestanti le patologie sofferte negli anni anteriori al 2006 nel corso dei quali il militare ha assunto di aver subito disturbi psico-patologici”.

Quanto, poi, all’affermata violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 241/1990 è stato ritenuto che, con riferimento al procedimento amministrativo conclusosi con il contestato atto datato 19 settembre 2007, l’avvio su espressa richiesta dell’interessato escludesse l’incombenza, in capo all’Amministrazione, di “alcun obbligo di comunicarne l’avvio allo-OMISSIS-”.

L’appellata sentenza, da ultimo, ha escluso che, quanto ai procedimenti di autotutela trovi applicazione l’articolo 10-bis della stessa legge 241.

2. Quanto sopra premesso, le prime tre doglianze articolate con il presente appello, si soffermano sull’affermata erroneità della pronunzia del T.A.R. Lazio, nella parte in cui:

- a fronte della declinatoria di giurisdizione pronunziata dal giudice ordinario, dal sig. -OMISSIS-compulsato ex art. 700 c.p.c.;

- in presenza della riassunzione del giudizio dinanzi al giudice amministrativo, effettuata dalla parte con la proposizione del ricorso distinto al R.G. dell’anno 2009 con il n. 1402;

- e, soprattutto, in ragione del carattere pregiudiziale rivestito, anche ai fini della delibazione della precedente controversia (N.R.G. -OMISSIS-), dall’accertamento della sostenuta presenza di uno stato di transitoria incapacità di intendere e di volere, al momento della presentazione della domanda di cessazione anticipata dal servizio (3 maggio 2005);

abbia omesso, attesa la carenza di cognizione giurisdizionale in ordine alle questioni involgenti lo stato e la capacità delle persone, di declinare la propria giurisdizione (e di sollevare, in ragione di omogenea pronunzia precedentemente resa dall’A.G.O., conflitto negativo dinanzi alla Corte di Cassazione).

3. Tale prospettazione non si presta a condivisione.

3.1 È ben vero che la questione, come sopra rappresentata, concerne “lo stato e la capacità delle persone”: e, per l’effetto, è in via di principio sottratta alla cognizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 8 c.p.a.

La norma anzidetta è chiara nell’escludere che l’accertamento dello stato di incapacità di intendere e di volere, essendo questione relativa alla “ capacità delle persone”, possa essere condotto, neppure in via incidentale, dal giudice amministrativo, trattandosi di accertamento devoluto in via esclusiva alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Ciò premesso, è indiscutibile che la cognizione di tale questione riveste carattere necessariamente pregiudiziale rispetto alla delibazione della domanda con la quale parte appellante ha, in prime cure, chiesto l’accertamento dell’inefficacia (e/o la declaratoria di invalidità) della domanda di cessazione dal servizio.

E riveste il medesimo carattere di pregiudizialità rispetto alla cognizione (anche) dell’altra controversia (N.R.G. -OMISSIS-) dal T.A.R. del Lazio riunita con la n. -OMISSIS-, come dallo stesso giudice di prime cure riconosciuto;
e come, del resto, incontrovertibilmente argomentabile dal complesso svolgimento della vicenda, sottoposta all’attenzione dell’adito organo di giustizia amministrativa:

- non soltanto con riferimento alla suindicata questione, relativa allo stato di incapacità transitorio che avrebbe infirmato la validità della prima richiesta di cessazione;

- ma anche con riguardo alla determinazione (impugnata, appunto, con il ricorso n. -OMISSIS-) recante rigetto del ricorso in autotutela, dall’interessato presentato prospettando che la presentazione della domanda di cessazione dal servizio permanente (asseritamente sottoscritta in un momento di stato confusionale che lo aveva portato ad agire contrariamente alla propria volontà) fosse stata unicamente determinata dalla patologia riscontratagli.

3.2 Nondimeno, il peculiare svolgimento della sottoposta vicenda esclude la reclamabilità, da parte dell’appellante, della carenza di giurisdizione in capo all’adito giudice amministrativo.

Il giudizio è stato riassunto dinanzi a quest’ultimo, come in precedenza evidenziato, a seguito della ordinanza (recante declinatoria di giurisdizione) resa dal Tribunale di Roma, il 28 maggio 2008, ai sensi dell’art. 669- terdecies c.p.c.: in sede, cioè, di reclamo avverso il provvedimento, con il quale lo stesso giudice ordinario (in data 3 marzo 2008) aveva negato il diniego di cautela dall’appellante sollecitato, ex art. 700 del codice di rito.

A fronte di tale decisione, il sig.-OMISSIS-, senza incardinare dinanzi al giudice ordinario giudizio di merito, ha trasferito il giudizio, mediante riassunzione, dinanzi al giudice amministrativo (T.A.R. del Lazio).

Ciò posto, va rammentato come questo Consiglio (Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 856;
Sez. V, 16 aprile 2013, n. 2111, 7 febbraio 2012, n. 656 e 27 aprile 2015, n. 2064), abbia affermato “ai sensi degli artt. 74 e 88 comma 2 lett. d), c.p.a., è inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello dalla stessa parte che aveva adìto la medesima giurisdizione con l'atto introduttivo di primo grado;
tale regola processuale trova infatti fondamento nel divieto dell'abuso del diritto, quale è da ritenersi, a guisa di figura paradigmatica, il venire contra factum proprium dettato da ragioni meramente opportunistiche, in quanto vige nel nostro sistema un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva - divieto che, ai sensi dell'art. 2 Cost. e dell'art. 1175 c.c., permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto- in cui si inserisce anche l'abuso del processo”.

Medesima linea interpretativa è dato riscontrare nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha escluso che l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice, e sia rimasto soccombente nel merito, sia legittimato a interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto (ordinanza 20 ottobre 2016, n. 2160).

3.3 Non può, allora, omettere il Collegio di interrogarsi se l’odierno appellante:

- non abbia potuto omettere di adire il giudice amministrativo (a seguito della richiamata pronuncia sulla giurisdizione resa dal Tribunale Roma in sede di reclamo ex art. 669- terdecies );

- ovvero, se la riassunzione del giudizio dinanzi al T.A.R. Lazio si atteggi quale conseguenza di una scelta, dalla parte liberamente esercitata, pur a fronte della eleggibilità di diverso percorso, suscettibile di mantenere la controversia incardinata dinanzi al Giudice naturaliter munito di giurisdizione.

Rivela, a tale riguardo, più convincenti profili di persuasività la seconda delle delineate opzioni.

Va, in proposito, osservato che le decisioni pronunciate in sede di reclamo ex art. 669- terdecies – in quanto rese nel quadro di un giudizio cautelare – non rivelano attitudine definitivamente decisoria, neppure in punto di giurisdizione (non precludendo esse, in quanto insuscettibili di passare in giudicato, la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, come dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ripetutamente ribadito con sentenze 7628/87, 10378/1996, 6228/1997, 11351/1998, 138/1999, 105/2001, 6954/2003;
5052/2004, 16603/2005, 2053/2006 e 3370/2007).

Consegue a quanto osservato, che l’odierno appellante, lungi dal dover obbligatoriamente riassumere il giudizio dinanzi al giudice amministrativo, ben avrebbe potuto (a seguito della decisione resa dal Tribunale di Roma in sede di reclamo cautelare) incardinare dinanzi ad esso il giudizio ordinario di cognizione.

A fronte di una scelta processuale dalla parte liberamente intrapresa, va escluso che la stessa, una volta riassunto il giudizio dianzi al T.A.R. del Lazio, potesse – secundum eventum litis; e, quindi, a seguito della sentenza di prime cure, con la quale i riuniti ricorsi dallo stesso sig. -OMISSIS-erano stati, entrambi, respinti – risolversi a contestare la giurisdizione di quello stesso giudice amministrativo dal medesimo volontariamente adito (ovvero, a contestare la decisione di quest’ultimo di non sollevare, sul punto, conflitto negativo di giurisdizione).

4. Dato quindi atto, alla luce delle svolte considerazioni, della inammissibilità dei primi tre motivi di appello, neppure le due rimanenti censure si prestano a favorevole considerazione.

4.1 Come precedentemente osservato, il giudice di prime cure ha ritenuto inadeguatamente dimostrato, ad opera del ricorrente, lo stato di incapacità naturale nel quale il medesimo assume di aver versato all’epoca (3 maggio 2005) della presentazione della domanda di cessazione dal servizio.

Se tale, affermata, condizione integra presupposto per la sostenuta invalidità dell’anzidetta domanda (per l’effetto, argomentandosi l’obbligatorietà del sollecitato esercizio, da parte dell’Amministrazione, del potere di autotutela, invocato a proposito del decreto del 12 agosto 2005), deve allora escludersi che – come dal Tribunale di primo grado correttamente affermato – la presenza (e la rilevanza, in termini di inidoneità causativa ai fini della reclamata invalidità dell’istanza in discorso) dell’allegata condizione abbia ricevuto compiuti elementi dimostrativi.

L’odierno appellante, infatti, ha omesso di produrre, anche in occasione dell’istanza di autotutela, documentazione comprovante la sussistenza (all’epoca) dell’affermata situazione di incapacità: non potendosi riconoscere concludente idoneità probatoria alla (peraltro unica) certificazione medica rilasciata in data 7 luglio 2007, in quanto insuscettibile di dimostrare la presenza (in epoca anteriore al 2006) del rivendicato stato di alterazione psichica, avente gravità tale da indurre lo stato di incapacità.

In tal senso, non è dato – in assenza, si ribadisce, di concludenti elementi dimostrativi in ordine alla gravità e/o intensità della -OMISSIS-, certificata per il periodo agosto 2000 - aprile 2006 – annettere, ex se, a tale patologia psichica attitudine informante lo stato di incapacità: per l’effetto, dovendo escludersi che l’avversata sentenza, sul punto, dimostri la presenza di mende, suscettibili di determinarne la riforma.

4.2 Né, sotto altro profilo, la determinazione in primo grado impugnata si rivela illegittima, in ragione dell’omessa comunicazione, ad opera della procedente Amministrazione, dell’avvio del relativo iter procedimentale (così come del preavviso di rigetto).

Nel rammentare la presenza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, per cui le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che l’omessa comunicazione non ha carattere invalidante – con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell’azione amministrativa – quando l’interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti ( ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5889 e 20 febbraio 2020, n. 1290;
Sez. IV, 30 settembre 2002, n. 5003), va escluso che – quanto alla sottoposta vicenda contenziosa – l’odierno appellante non avesse acquisito cognizione dell’avvio del procedimento;
e, quindi, non sia stato posto in grado di prendere parte ad esso.

L’esercizio del potere di autotutela, come precedentemente rilevato, è stato, infatti, dallo stesso sig. -OMISSIS-formalmente promosso, a mezzo di istanza presentata presso l’Amministrazione di appartenenza: di tal guisa che si rivela insostenibile l’affermata vulnerazione delle prerogative di partecipazione endoprocedimentale, in presenza di un percorso – conclusosi, poi, con l’adozione della determinazione in prime cure avversata – il cui avvio è stato dallo stesso interessato propiziato con la suindicata richiesta dell’11 luglio 2007.

5. Conclusivamente dato atto della infondatezza delle censure dalla parte articolate avverso l’appellata sentenza del T.A.R. Lazio, dispone il Collegio la reiezione del presente mezzo di tutela.

La particolarità della controversia integra la presenza di idoneo fondamento ai fini della compensazione, fra le parti, delle spese del presente grado di giudizio.

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