Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-10-10, n. 202308852
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Pubblicato il 10/10/2023
N. 08852/2023REG.PROV.COLL.
N. 07582/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7582 del 2019, proposto da
Deveris Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato C L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Provincia di Frosinone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
G D D, A M, L L, B A, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 88/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Frosinone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2023 il Cons. Massimo Santini e udito per l’appellante l’Avv. Loreti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La appellata provincia di Frosinone metteva nel 2006 all’asta un immobile che, nel passato, era stato utilizzato come caserma dei carabinieri e che, dal 1991, era invece stato utilizzato per ospitare alloggi abitativi pubblici.
La odierna appellante risultava unica partecipante alla gara e dunque aggiudicataria, in via del tutto provvisoria, al prezzo di oltre 185 mila euro.
La suddetta aggiudicazione provvisoria formava tuttavia oggetto di autotutela, con determinazione provinciale n. 600 del 2007, in quanto nel bando non era stato inserito, come da regolamento provinciale n. 63 del 2002, l’avviso che si trattasse comunque di immobile sottoposto a vincolo di prelazione legale (da parte, ossia, degli inquilini che abitavano lo stabile stesso) ai sensi del decreto-legge n. 310 del 1990.
2. L’atto di ritiro veniva impugnato dinanzi al TAR Latina che rigettava il ricorso per le seguenti ragioni.
2.1. In disparte ogni considerazione circa il fatto che si tratti di contratti attivi (per cui non troverebbe pedissequa applicazione il codice dei contratti pubblici di cui all’allora vigente decreto legislativo n. 163 del 2006), in ogni caso la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela di aggiudicazione provvisoria, atto questo di natura endoprocedimentale, è ritenuta non strettamente necessaria da pacifica giurisprudenza;
2.2. L’aggiudicazione definitiva, una volta intervenuta la sola aggiudicazione provvisoria, non potrebbe giammai formarsi per silentium .
2.3. La espressa indicazione circa il fatto che sull’immobile gravasse vincolo di prelazione era prevista dal regolamento provinciale di cui all’art. 12 della delibera consiliare n. 63 del 22 ottobre 2002.
2.4. Né si poteva ritenere sufficiente applicare l’istituto della denuntiatio di cui all’art. 38 della legge n. 392 del 1978 a norma del quale: “Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore ” (primo comma);ed ancora: “ Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione ” (terzo comma). Ciò in quanto il richiamato regolamento provinciale aveva introdotto una sorta di autovincolo in tal senso (informazione preventiva circa la sussistenza di prelazione sull’immobile sin dall’avviso d’asta pubblica).
2.5. La domanda risarcitoria veniva infine accolta solamente in parte, ossia con riguardo alla restituzione della cauzione provvisoria da parte dell’amministrazione provinciale (importo pari ad oltre 3 mila 630 euro).
3. La sentenza di primo grado ha formato oggetto di appello per i motivi di seguito sintetizzati.
3.1. Erroneità nella parte in cui non avrebbe considerato la insussistenza dei presupposti per l’esercizio della prelazione da parte degli inquilini. Più in particolare: assenza di “uso legittimo” dell’immobile (ossia di regolari contratti di locazione) nonché di regolarità dei pagamenti delle rate di affitto.
3.2. Erroneità nella parte in cui non avrebbe comunque considerato che il mancato avviso agli inquilini dello stabile, circa la possibilità di esercitare la prelazione, sarebbe stato ben surrogabile attraverso la ordinaria applicazione del richiamato istituto della denuntiatio di cui all’art. 38 della legge n. 392 del 1978.
3.3. Si insiste di conseguenza sul diritto al risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale.
4. Si è costituita in giudizio l’appellata amministrazione provinciale per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.
5. Alla pubblica udienza del 21 settembre 2023 è stato trattenuto in decisione.
6. Tutto ciò premesso, il ricorso in appello è infondato per le ragioni di seguito indicate.
7. Con il primo motivo di appello si insiste nel ritenere insussistenti i presupposti della prelazione per due ragioni: a) non esisterebbero contratti di locazione (dunque non vi sarebbe “uso legittimo” del bene);b) gli attuali inquilini sarebbero peraltro morosi.
7.1. Ai fini che qui interessano l’art. 3, comma 109, della legge n. 662 del 1996 (il quale possiede, come correttamente messo in evidenza dalla difesa di parte appellante, una dimensione applicativa prevalente rispetto all’art. 3, comma 1-bis, del decreto-legge n. 310 del 1990) prevede in particolare che: “Le amministrazioni pubbliche … procedono alla dismissione del loro patrimonio immobiliare, con le seguenti modalità:
a) è garantito … il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto” .
7.2. Emerge dalla riportata disposizione, e per quanto di specifico interesse in questa sede, che il “diritto di prelazione” relativo alla dismissione di pubblici immobili:
(i) è riservato sul piano soggettivo: a) ai titolari di contratti di locazione in essere;b) ai titolari di contratti scaduti ma comunque relativi ad immobili ancora detenuti dai medesimi;c) ai familiari conviventi dei soggetti di cui alle lettere a) e b);
(ii) è condizionato, sul piano oggettivo, alla regolarizzazione dei canoni eventualmente non ancora versati. Tale regolarizzazione deve avvenire al momento della domanda di acquisto, ossia in fase di concreto esercizio del diritto di prelazione.
7.3. Tanto premesso, il Collegio osserva quanto segue.
7.3.1. Quanto alla prima ragione sollevata dalla difesa di parte appellante (insussistenza contratti di locazione), agli atti del presente giudizio questi contratti sono stati invece prodotti (cfr. produzione documentale da 8 a 12 in allegato ai motivi aggiunti formulati in primo grado) e risalgono tutti al 1991 (contratti stipulati tra il 22 febbraio e il 22 luglio) per essersi poi, presumibilmente, tacitamente rinnovati ogni 6 anni sino ad oggi ai sensi dell’art. 28 della legge n. 392 del 1978. In ogni caso la prelazione su simili immobili si può esercitare anche in assenza di rinnovo del contratto di locazione (art. 3, comma 109, legge n. 662 del 1996) purché vi sia legittima “detenzione”. A questo proposito si evidenzia che, come da relazioni di servizio della polizia municipale in data 18 febbraio 2000 e in data 27 novembre 2002 (i quali sono atti pubblici che fanno fede sino a querela di falso) emerge che, in relazione ai 5 contratti di locazione del 1991, 2 di questi appartamenti sono ancora “detenuti” dagli originari contraenti ed altri 2 sempre “detenuti” da familiari conviventi (figli oppure coniuge dei rispettivi contraenti originari). Di qui la presenza dei requisiti soggettivi di cui al punto 7.2.(i) per almeno 4 appartamenti, condizione questa più che sufficiente onde far scattare l’obbligo di prelazione ed ancor prima il suo presupposto vincolo informativo;
7.3.2. Quanto alla seconda ragione (morosità attuali inquilini), ciò non costituisce ragione ostativa per informare comunque gli inquilini circa la possibilità di esercitare la prelazione atteso che, secondo il citato art. 3 della legge n. 662 del 1996 (legge finanziaria per il 1997), la regolarità dei pagamenti deve essere dimostrata al momento della domanda di acquisto, ossia allorché l’inquilino decida di esercitare il previsto diritto di prelazione legale, e non prima ossia al momento in cui la PA provveda alla pubblicazione dell’avviso d’asta per l’alienazione dell’immobile stesso. La regolarizzazione dei pagamenti, in altre parole, è un requisito di esecuzione della prelazione e non un requisito di avviso ( id est : preventiva informazione agli inquilini al momento in cui si spiega l’avviso d’asta per la vendita dell’immobile) della prelazione stessa.
7.4. Per tutte le ragioni sopra evidenziate il primo motivo di appello deve essere rigettato.
8. Con il secondo motivo di appello la parte appellante ritiene di poter superare il mancato “avviso di prelazione” (comunque previsto in forma di autovincolo dal vigente regolamento provinciale all’art. 12) attraverso l’istituto della denuntiatio : dunque, nella prospettiva della parte appellante, in caso di aggiudicazione definitiva la provincia di Frosinone, prima di stipulare il contratto con la aggiudicataria, avrebbe dovuto informare di tanto i diversi inquilini ed attendere i rituali 60 giorni affinché questi ultimi potessero effettivamente esercitare il diritto di prelazione previsto in linea generale dall’art. 38 della legge n. 392 del 1978. Nella direzione auspicata dalla parte appellante, pertanto, l’informativa agli inquilini circa l’intenzione di alienare l’immobile avverrebbe post aggiudicazione e non pre aggiudicazione ossia in sede di avviso d’asta.
Ritiene il collegio che debbano essere tenute distinte, in ossequio al principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., da un lato, le posizioni di chi versa in situazioni tali da vedersi assegnati alloggi pubblici e, dall’altro lato, quelle di coloro che invece ottengono alloggi privati sul libero mercato, seppure a determinate condizioni. Per i primi il legislatore statale (ed anche il regolatore provinciale, nel caso di specie) ha previsto che sin dall’avviso d’asta gli inquilini debbono essere previamente informati di tale intenzione (alienazione alloggi con eventuale prelazione legale) sì da poter avere un termine più ampio, tenuto conto dei “tempi di gara” dall’avviso d’asta alla aggiudicazione definitiva, rispetto a quello ordinariamente previsto per il mercato privato (60 giorni). E ciò proprio allo scopo di dare loro un tempo sufficientemente congruo per organizzarsi sul piano finanziario sia per l’acquisto finale sia, ancor prima, per la eventuale regolarizzazione delle quote non ancora versate a titolo di affitto.
Di qui l’esigenza di prevedere una simile informazione preventiva sin dalla pubblicazione dell’avviso di asta pubblica e non soltanto allorché la procedura competitiva sia giunta al momento della aggiudicazione definitiva.
Nel senso appena indicato va dunque interpretato l’autovincolo che si è nella sostanza imposta l’amministrazione provinciale attraverso l’art. 12 del regolamento di cui alla delibera consiliare n. 63 del 2002 (a norma del quale, giova rammentare: “I bandi di gara ed i relativi avvisi devono espressamente indicare la circostanza che il bene oggetto della vendita sia gravato da diritti di prelazioni in favore di terzi ”).
Si veda, allo stesso fine, anche l’art. 11 del citato regolamento provinciale, e ciò nella parte in cui si prevede che del predetto avviso di pubblica alienazione sia data adeguata informazione anche alle associazioni rappresentative degli inquilini, e tanto proprio allo scopo di “far circolare la notizia”, in una fase per così dire embrionale , tra soggetti che versano in particolare situazione di disagio sociale ed economico e che dunque hanno bisogno di un più ampio lasso di tempo onde provvedere alla relativa provvista.
Nei termini di cui sopra anche il secondo motivo di appello deve pertanto essere rigettato.
9. Va infine respinta la domanda risarcitoria da responsabilità precontrattuale atteso che, una volta esclusa la responsabilità contrattuale, ossia da buon amministratore (il provvedimento di ritiro si è infatti rivelato legittimamente adottato, alla luce delle considerazioni sopra svolte), non sono stati in ogni caso allegati elementi utili a delineare comunque una responsabilità da cattivo contraente , ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1337 c.c.
Del resto la stessa Corte di cassazione (cfr., ex multis : Cass. Civile, sez. III, 18 maggio 2016, n. 10156) ha affermato a più riprese che: “la responsabilità ex art. 1338 c.c., che costituisce una specificazione della responsabilità precontrattuale di cui all'articolo precedente, presuppone non solo la colpa di una parte nell'ignorare la causa di invalidità del contratto, ma anche la mancanza di colpa dell'altra parte nel confidare nella sua validità (Sez. L, Sentenza n. 16508 del 21/08/2004);ma quando la causa di invalidità (nel caso di specie, parziale) del negozio derivi da una norma imperativa o proibitiva di legge, o da altre norme aventi efficacia di diritto obiettivo, tali - cioè - da dover essere note per presunzione assoluta alla generalità dei cittadini e, comunque, tali che la loro ignoranza bene avrebbe potuto o dovuto essere superata attraverso un comportamento di normale diligenza, non si può configurare colpa contrattuale a carico dell'altro contraente, che abbia omesso di far rilevare alla controparte l'esistenza delle norme stesse (Sez. 3, Sentenza n. 6337 del 26/06/1998)” .
Invalidità che nel caso di specie, attraverso la normale diligenza, doveva essere nota per il tramite sia della legislazione statale, sia della regolamentazione provinciale qui ampiamente citata e trattata.
Di qui il rigetto della domanda risarcitoria per eccessiva genericità.
10. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, il ricorso in appello deve essere rigettato, con compensazione delle spese di lite stante la peculiarità delle esaminate questioni di diritto.