Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-14, n. 202106912

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-14, n. 202106912
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106912
Data del deposito : 14 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/10/2021

N. 06912/2021REG.PROV.COLL.

N. 09058/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9058 del 2011, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato S B, con domicilio eletto presso lo studio del dottor M G in Roma, via Laura Mantegazza, n. 24;

contro

- il Comune di Polignano a Mare, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato V A P, con domicilio eletto presso la signora A D A in Roma, via Portuense, n. 104;
- il Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, sede -OMISSIS-, sezione terza, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Polignano a Mare e del Ministero della cultura;

visti tutti gli atti della causa;

relatore il consigliere F F nell’udienza pubblica del giorno 13 aprile 2021, svoltasi con modalità telematica, e dati per presenti, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, gli avvocati S B e V A P;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante ha proposto il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, sede -OMISSIS-, avverso: il provvedimento del Comune di Polignano a Mare prot. n. -OMISSIS-, avente ad oggetto « diffida all’esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande in località -OMISSIS-. Diffida al conferimento di rifiuti ai contenitori ubicati sul territorio comunale »;
dell’ivi richiamato verbale di atti di accertamento del 18 maggio 2009, prot. n. -OMISSIS-.;
la nota del Comune di Polignano a Mare prot. n. -OMISSIS-, avente ad oggetto « divieto di prosecuzione dell’esercizio di attività abusiva di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande » e del richiamato verbale del 18 maggio 2009;
all’occorrenza, l’ordinanza di sospensione lavori del Comune di Polignano a Mare n.-OMISSIS-.

1.1. Con i primi motivi aggiunti, l’interessato ha altresì impugnato la nota del Comune di Polignano a Mare prot. n. -OMISSIS-, con cui è stato denegato il rinnovo dell’autorizzazione amministrativa per l’anno 2010 per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Con i secondi motivi aggiunti, egli ha impugnato: la nota del Comune di Polignano a Mare prot. -OMISSIS-, avente ad oggetto il rigetto della richiesta di autorizzazione amministrativa stagionale avanzata dall’interessato per la somministrazione di alimenti e bevande;
la nota prot. -OMISSIS-di preavviso di diniego ex art. 10- bis della legge n. 241/1990 e di diffida allo svolgimento dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande. Con i terzi motivi aggiunti, egli ha impugnato: la nota del Comune di Polignano a Mare prot. n. -OMISSIS-di rigetto della richiesta di accertamento in conformità ex art 36 d.P.R. n. 380/2001 presentata dall’interessato e la presupposta nota della Soprintendenza per i beni culturali e per il paesaggio -OMISSIS- prot. -OMISSIS-.

1.2. Il Comune di Polignano a Mare si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

2. Con l’impugnata sentenza n. -OMISSIS-2011, il T.a.r. per la -OMISSIS-, sede -OMISSIS-, sezione terza, ha respinto i terzi motivi aggiunti e ha dichiara l’improcedibilità del ricorso introduttivo, nonché dei primi e secondi motivi aggiunti;
il collegio di primo grado ha altresì condannato il ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale, delle spese di lite, liquidate in 2.500 euro.

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 2 novembre 2011 e in data 17 novembre 2011 – la parte privata ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando cinque motivi e riproponendo i motivi svolti in primo grado.

4. Il Comune di Polignano a Mare si è costituito in giudizio, resistendo al gravame e censurando con controricorso la reiezione da parte del T.a.r. dell’eccezione di tardività deli terzi motivi aggiunti;
il Ministero della cultura si è costituito in giudizio.

5. L’appellante e il comune hanno depositato memorie e memorie di replica.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 13 aprile 2021, svoltasi con modalità telematica.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.

8. Il collegio osserva che la situazione fattuale è chiara ed immediatamente percepibile, sicché non è necessaria la consulenza tecnica chiesta dall’appellante.

9. I motivi di gravame, stante la loro stretta embricazione, vanni vagliati congiuntamente.

In particolare, l’appellante ha lamentato un erroneo apprezzamento, da parte del T.a.r., dei presupposti de legge e un travisamento dei fatti in relazione agli articoli 31 e 36 del d.P.R. n. 380/2001, al decreto legislativo n. 42/2004, al decreto legge n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006, all’art. 1 della legge regionale della -OMISSIS- n. 17/2006, agli articoli 19 e 21- octies della legge n. n. 241/1990, 64 del decreto legislativo n. 59/2010 e 3 del decreto legislativo n. 114/1998.

Siffatte doglianze sono infondate.

Del tutto correttamente il T.a.r., infatti, ha precisato che: « L’azione demolitoria complessivamente proposta dall’odierno ricorrente poggia sull’accertamento della fondatezza della pretesa a poter legittimamente continuare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande erogata da alcuni anni presso località (…) , unitamente all’accertamento, di carattere pregiudiziale, della conformità urbanistico-edilizia delle opere realizzate strumentali a tale attività. Ritiene il Collegio di esaminare prioritariamente l’impugnativa di cui ai terzi motivi aggiunti del diniego di sanatoria edilizia ai sensi dell’art 36 d.p.r. 380/2001, essendo l’accertamento della conformità alle prescrizioni in materia edilizia-urbanistica condizione sia per il rilascio delle autorizzazioni commerciali per l’apertura di esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, sia per la stessa valutazione della perdurante legittimità dell’attività assentita, pervenendosi altrimenti ad un ingiustificato contrasto con il principio di buona amministrazione, non potendosi autorizzare un’attività che poi si dovrebbe reprimere sul piano edilizio (così T.A.R. Campania Napoli III 12 aprile 2010, n.1923, in termini Consiglio di Stato sez V 28 maggio 2009 n.3262, id. sez V 5 aprile 2005 n.1543, T.A.R. Liguria sez II 11 aprile 2008 n. 543). La normativa statale di riferimento in materia di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è d’altronde chiara nel richiedere un coordinamento tra l’attività amministrativa di autorizzazione commerciale e quella di verifica della conformità urbanistico edilizia in sede di rilascio dei titoli abilitativi di cui al d.p.r. 380/2001, alla stregua di un vero e proprio “collegamento provvedimentale” ».

Sul punto si evidenzia che il legittimo esercizio dell’attività commerciale è ancorato alla conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui l’attività commerciale si va a svolgere, non soltanto in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per la intera sua durata di svolgimento, alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività commerciale esercitata in locali non conformi alla disciplina urbanistica (cfr., ex aliis , Consiglio Stato, sezione VI, sentenza 23 ottobre 2015, n. 4880;
Consiglio Stato, sezione V, sentenza 29 maggio 2018, n. 3212).

L’istituto della segnalazione certificata di inizio attività non è applicabile al caso si specie, sia in quanto la conformità urbanistico edilizia dei locali è presupposto di operatività od esistenza per la formazione dello stesso titolo abilitativo tacito, sia poiché esso non può operare in presenza di un vincolo di natura paesaggistica (art 19, comma 1, della legge n. 241/1990) e vi sia insistenza su area demaniale occupata (seppur parzialmente) sine titulo .

Il diniego di istanza di permesso di costruire in sanatoria è basato su plurimi motivi ostativi alla doppia conformità, trattandosi di opere realizzate su un’area in concessione demaniale e con vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 42/2004.

Al riguardo, conformemente alla ormai univoca giurisprudenza amministrativa, va esclusa ogni rilevanza alla cosiddetta sanatoria giurisprudenziale, atteso che il requisito della doppia conformità deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformità ( ex aliis , Consiglio di Stato, sezione VI, sentenze 17 febbraio 2021, n. 1457, 4 gennaio 2021, n. 43, e 18 luglio 2016, n. 3194).

Ciò posto, è assorbente quanto precisato nel parere contrario della Soprintendenza del 13 ottobre 2010 sul riscontrato aumento di volume e superficie utile del chiosco, trattandosi di struttura chiusa su tre lati, con una conseguente variazione essenziale rispetto al progetto assentito nel 2003, a cui non è applicabile “mini-sanatoria” paesaggistica di cui all’articolo 167, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004.

In proposito va evidenziato che non vi è coincidenza tra precarietà e utilizzo stagionale delle opere qualora le cicliche esigenze stagionali vadano a trasformare in modo durevole l’area scoperta preesistente con conseguente impatto sul territorio. Ed invero, « i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario (es.: gazebo o chiosco) non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale » (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 3 giugno 2014, n. 2842;
nello stesso senso cfr., ex aliis , Consiglio di Stato, sezione IV, decisione 22 dicembre 2007, n. 6615;
Consiglio Stato, sezione V, decisione 12 dicembre 2009, n. 7789;
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 1° dicembre 2014, n. 5934).

Ne discende che la realizzazione di interventi non meramente manutentivi, ma determinanti la creazione di superfici utili o volumi, con conseguente aumento di carico urbanistico, richiede la previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, che è un titolo autonomo non conseguibile a sanatoria ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 146 e 167, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 42/2004.

Nel caso di specie è stata cagionata inoltre un’alterazione dello stato dei luoghi determinata dallo scavo del banco di roccia per la realizzazione della fossa di tipo Imhoff , non prevista dalle concessioni demaniali e dal permesso di costruire, che non autorizzavano alcun tipo di scavo della roccia, ma soltanto l’installazione di bagni chimici e facendo comunque salva la necessità di realizzarle nell’ambito dell’area oggetto della concessione, e non fuori da essa, come, invece, in concreto verificatosi.

Sul punto è inconferente il richiamo all’art. 11 della legge regionale della -OMISSIS- n. 17/2006 recante l’obbligo in capo al concessionario di stabilimento demaniale marittimo di garantire i servizi minimi (igienico-sanitari, docce e chiosco-bar), poiché tale obbligo va ottemperato nel rispetto della normativa e non autorizza ovviamente la realizzazione di opere abusive.

Con riferimento all’occupazione abusiva del demanio marittimo per la realizzazione di tali opere, la normativa di settore non prevede la possibilità di una specifica sanatoria, non avendo peraltro il pagamento dell’indennità per l’occupazione abusiva alcun effetto sanante;
diversamente opinando, infatti, si darebbe ingresso ad un’illegale sanatoria atipica demaniale e si aggirerebbe l’obbligo di una procedura di evidenza pubblica aperta a tutti gli operatori economici interessati propedeutica all’affidamento della concessione.

Ne deriva che l’amministrazione comunale non avrebbe potuto in alcun modo accoglier l’istanza di sanatoria edilizia, stante la natura vincolata del predetto parere negativo di compatibilità paesaggistica poiché, « nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (specie dopo l’entrata in vigore, a regime, dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004), il previo parere della Soprintendenza ha natura vincolante » (Consiglio di Stato, sezione VI, 8 agosto 2018, n. 5770);
in ogni caso, la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che, anche in presenza di un permesso di costruire, l’inizio dei lavori in zona paesaggisticamente vincolata richiede il rilascio anche dell’autorizzazione paesaggistica, trattandosi di titoli che hanno contenuti differenti, seppure ambedue relazionati al territorio, e di ambedue i titoli, sicché il permesso di costruire, in assenza del nulla osta paesaggistico, è inefficace. (cfr., ex aliis , Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 14 dicembre 2015, n. 5663, 13 aprile 2016, n. 1436, e 21 maggio 2021, n. 3952). Ne consegue peraltro che ai sensi dell’art. 21- octies , comma 2, della legge n. 241/1990 qualsivoglia vizio formale e procedimentale verrebbe sterilizzato dalla natura vincolata e necessitata del diniego di sanatoria edilizia adottato dal Comune.

10. Il rigetto delle suddette contestazioni comporta l’assorbimento di ogni altra censura, questione e deduzione e, in particolare, va confermato il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del ricorso introduttivo e dei primi e secondi motivi aggiunti, dichiarato dal T.a.r., in quanto la conferma del provvedimento comunale di rigetto della richiesta di accertamento in conformità ex art. 36 d.P.R. 380/2001 rende « non più conseguibile dall’odierno ricorrente l’utilità sostanziale azionata in giudizio, consistente nel rilascio delle autorizzazioni permanenti e/o stagionali per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande per cui è causa, attesa la riscontrata difformità delle opere ad essa strumentali rispetto ai parametri urbanistico-edilizi e paesaggistici ».

11. L’infondatezza dell’appello assorbe ogni questione sollevata dall’appellante circa la ritualità dell’impugnazione incidentale, nonché ogni valutazione circa la fondatezza di tale gravame.

12. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’impugnazione incidentale e conferma della sentenza impugnata.

13. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante al pagamento, in favore del Comune di Polignano a Mare, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 3.000 (tremila), oltre agli accessori di legge (15% a titolo di rimborso di spese generali, I.V.A. e C.P.A.);
la posizione marginale sul piano sostanziale e nel presente grado di giudizio del Ministero della cultura giustifica la compensazione delle spese di lite tra l’appellante e l’amministrazione statale.

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