Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-10-12, n. 201007418

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-10-12, n. 201007418
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201007418
Data del deposito : 12 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05667/2005 REG.RIC.

N. 07418/2010 REG.SEN.

N. 05667/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 5667 del 2005, proposto dalla Seconda Università degli Studi di Napoli, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi 12,

contro

il prof. M I, rappresentato e difeso dall'avv. F D V, con domicilio eletto presso lo Studio Liberati-D'Amore Del Vecchio Alfredo in Roma, viale Parioli 76;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE II n. 17681/2004, resa tra le parti, concernente EX PRESIDE - RIGETTO ISTANZA DI ASSUNZIONE IMPEGNO IN FACOLTA' A TEMPO DEFINITO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione in giudizio dell’appellato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2010, il consigliere Paolo Buonvino;

Udito l’avv. dello Stato Noviello;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1) - Con il ricorso di primo grado è stato chiesto l’annullamento:

- della nota rettorale n. 1039/A/4 del 25 novembre 2002;

- di ogni altro atto preparatorio, conseguente o comunque connesso, con particolare riferimento alla nota rettorale n. 133 del 28 gennaio 2003.

Il ricorrente e odierno appellato, professore ordinario della Facoltà di economia e commercio della Seconda Università degli studi di Napoli, premesso d’aver esercitato, nel triennio accademico 1995 – 1998 e poi nel quadriennio accademico 1998 – 2002, funzioni di Preside di Facoltà, nonché d’essersi ricandidato anche per il periodo successivo, senza tuttavia essere eletto, rappresentava, con il ricorso al TAR, d’aver comunicato, all’Amministrazione universitaria, la volontà d’assumere, per il biennio accademico 2002 – 2004, il regime d’impegno a tempo definito;
ma l’Ateneo napoletano, nel respingere la richiesta, con la citata nota rettorale n. 1039/A/4 del 25 novembre 2002, aveva invocato il disposto dell’art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, secondo cui l’istanza andava presentata sei mesi prima dell’inizio del biennio accademico e aveva specificato, nella successiva nota del 28 gennaio 2003, in risposta alle osservazioni presentate dall’interessato, che lo stesso avrebbe potuto, nel predetto termine, presentare istanza per il regime a tempo definito, subordinandola alla mancata riconferma nel mandato di Preside di Facoltà.

Avverso dette determinazioni sono stati svolti molteplici motivi di censura.

Il TAR ha accolto il ricorso ritenendo che il diritto alla libera espressione dell’opzione per il tempo definito doveva prevalere sulle finalità organizzative dell’Amministrazione;
essendo, infatti, il regime d’impegno a tempo definito incompatibile, tra l’altro, con la carica di Preside di Facoltà, la sussistenza della carica operava, nel caso in esame, quale circostanza impeditiva della decorrenza del termine, che non poteva maturare sino a quando, venuto meno l’impedimento istituzionale in questione, il docente fosse posto nuovamente nella condizione di poter liberamente esercitare la sua facoltà di scelta;
mentre sarebbe stato ultroneo richiedere al medesimo, in presenza di siffatto ostacolo, la manifestazione di un’opzione per il regime a tempo definito, condizionata alla mancata riconferma nella carica;
opzione condizionata che non trovava corrispondenza nella previsione di cui all’art. 11 del d.P.R. n. 382/80.

2) – Per l’Università appellante la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata;
in particolare, non si potrebbe aderire all’assunto dell’originario ricorrente, condiviso dal TAR, secondo il quale il termine di cui all’art. 11, secondo comma, del d.P.R. n. 382/1980 (entro il quale esercitare l’opzione per il tempo definito) si riferirebbe soltanto a coloro che possono esercitare un diritto di libertà di scelta che la stessa norma sancisce, mentre, nei casi di svolgimento della funzione di rettore, preside, membro elettivo del consiglio d’amministrazione, direttore di dipartimento e direttore di corsi di dottorato di ricerca, che impongono il tempo pieno, non potrebbe farsi applicazione delle modalità temporali fissate in via generale dalla norma;
del resto, osserva la deducente, sarebbe la legge stessa che disciplina espressamente i casi in cui è possibile presentare una richiesta di variazione di regime di impegno oltre i termini di cui al citato art. 11;
in particolare, si tratterebbe dell’ultimo comma dell’articolo ora detto, introdotto dall’art. 4 della legge n. 118 del 18 marzo 1989, secondo cui le incompatibilità di cui al comma 4, lett. a), del medesimo art. 11 operano al momento dell’assunzione di una delle funzioni ivi previste, con il contestuale automatico passaggio al regime d’impegno a tempo pieno;
a tal fine, è necessario che l’interessato, all’atto della presentazione della propria candidatura, produca una preventiva dichiarazione di opzione per il regime a tempo pieno in caso di nomina;
e proprio tenendo conto di tale previsione, l’impostazione di controparte non sarebbe sostenibile, considerato che l’interessato, a seguito della specifica opzione, versava in regime di impegno a tempo pieno sin dal biennio accademico 1985/1987, tacitamente confermato negli anni successivi.

Pertanto, conclude l’appellante Università, un automatico ritorno al regime di tempo definito non sarebbe stato neppure ipotizzabile;
e ciò non senza considerare che l’interessato, conoscendo la data di scadenza del proprio incarico di Preside, ben avrebbe potuto avanzare in termini una domanda di restituzione al tempo definito, subordinandola alla mancata riconferma del mandato, anziché attendere, come di fatto avvenuto, il giorno prima dell’inizio dell’anno accademico.

Si è costituito l’appellato insistendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

3) – L’appello merita accoglimento.

L’art. 11, secondo comma, del d:P.R. n. 382 dell’11 luglio 1982 si limita, infatti, a prevedere che l’opzione per il tempo definito per chi proviene dal tempo pieno e quella per il tempo pieno per chi, viceversa, proviene dal tempo definito, venga esercitata con domanda da presentare almeno sei mesi primi dell’inizio di ogni anno accademico.

La norma, come ricordato dal patrocinio erariale, non prevede possibilità di deroghe, salvo una, contenuta, nell’ultimo comma del medesimo art. 11, che consente, a coloro che si candidino per gli incarichi (incompatibili con il tempo pieno) di cui al comma quarto, lettera a) - funzioni di rettore, preside, membro elettivo del C.d’A. etc. – di produrre una preventiva dichiarazione di opzione per il regime d’impegno a tempo pieno in caso di nomina, senza, peraltro, porre, in tal caso, alcun limite temporale;
con la conseguenza che la dichiarazione ora detta può essere resa anche senza tenere conto del predetto termine semestrale.

Ora, se il legislatore, nello stesso art. 11, ha inteso introdurre la norma cardine e, subito dopo, la norma – unica – di carattere derogatorio, è segno che la sola eccezione ritenuta dal medesimo ammissibile era quella di cui al citato ultimo comma, ogni differente ipotesi rientrando, quindi, nell’ordinario regime di cui al predetto secondo comma.

Né una disciplina siffatta – volta a soddisfare, secondo criteri di ragionevolezza, le ordinarie esigenze organizzative e di programmazione degli atenei - appare manifestamente lesiva della posizione giuridica di coloro che versano nella condizione dell’originario ricorrente;
ciò in quanto l’eventuale partecipazione ad altre procedure volte al conferimento degli incarichi di cui al quarto comma non inibisce agli interessati non solo di presentare la dichiarazione di cui al ripetuto ultimo comma, ma anche di presentare – in tal caso, però, nell’ordinario termine di cui al secondo comma – una domanda volta alla scelta del tempo definito (se del caso, condizionata all’esito delle procedure di conferimento degli incarichi anzidetti, ove le relative procedure concorrenziali fossero già avviate, con manifestazione d’interesse a concorrere da parte del docente interessato).

E, invero, la presentazione, in termini, della domanda per il tempo definito non preclude la possibilità di inoltrare la nota d’impegno di cui al citato ultimo comma dell’art. 11;
e, per converso, la presentazione di questa non è in grado di privare d’efficacia la domanda per il tempo definito nell’ipotesi in cui l’interessato non consegua le nomine per le quali aveva manifestato interesse a concorrere.

4) – Per tali motivi l’appello in epigrafe va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

In considerazione della novità delle questioni trattate possono essere integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado.

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