Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-03-01, n. 201700941

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-03-01, n. 201700941
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700941
Data del deposito : 1 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2017

N. 00941/2017REG.PROV.COLL.

N. 04522/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENZA

sul ricorso numero di registro generale 4522 del 2016, proposto dai Signori T C, M A, M G, C M, M B M R, D F N, S M, C Leonardo, C Carmela, C Michelina, D S Concetta, C Santucci B, C Maria, Zita B, Z A, Z T, C V G, P M, C F, D B M D, M M C, rappresentati e difesi dagli avvocati L R C C.F. CRSLRD36C14H898I, F C C.F. CRSFRZ71L29A783T, con domicilio eletto presso Studio Legale Sandulli Borrillo Marialaura in Roma, via Fulcieri Paulucci de' Calboli 9;

contro

Comune di Alberona non costituito in giudizio;

nei confronti di

Società Ivpc - Italian Vento Power Corporation a r.l., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Abbamonte C.F. BBMNDR62D18F839S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA –Sede di BARI - SEZIONE I n. 428/2016, e della sentenza parziale del T.A.R. per la PUGLIA –Sede di BARI - SEZIONE I n. 885/2015, resa tra le parti, concernente acquisizione, ex art. 42 bis, al patrimonio indisponibile della societa' I.v.p.c. del diritto di servitù coattiva - restituzione aree illecitamente acquisite - risarcimento danni - parziale difetto di giurisdizione


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Ivpc - Italian Vento Power Corporation A R.L.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2017 il consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati L.R. Crisci, F. Crisci, A. Abbamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza non definitiva in epigrafe appellata n. 885 del 17 giugno 2015 e con la successiva sentenza definitiva in epigrafe impugnata n. 428 del 24 marzo 2016 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Sede di Bari – ha definito un complesso ricorso collettivo di primo grado proposto dalla odierna parte appellante principale teso ad ottenere l’annullamento del decreto del 3 luglio 2013, adottato dal Comune di Alberona a mezzo del Dirigente dell'U.T.C. recante, ai sensi dell'art. 42 bis comma 6 d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, l'acquisizione al patrimonio indisponibile della Società I.V.P.C. S.r.l. del diritto di servitù coattiva sulle aree di pertinenza dalla odierna parte appellante principale e diretto ad ottenere altresì la condanna del Comune di Alberona alla restituzione delle aree illecitamente acquisite con la conseguente cancellazione della trascrizione - se effettuata - presso il competente Ufficio RR.II. ed alla corresponsione del risarcimento dei danni arrecati.

2. La complessità della vicenda necessita di una puntualizzazione della sequenza cronologica delle iniziative giurisdizionali succedutesi:

a) gli odierni appellanti principali (nella qualità proprietari di taluni fondi a destinazione agricola prescelti ed utilizzati da soggetti imprenditoriali impegnati nel campo della produzione elettrica da fonte eolica, ubicati in agro di Alberona, sulla dorsale appenninica della Daunia )avevano convenuto innanzi al Tribunale Civile di Lucera la società I.V.P.C. s.r.l. deducendo che quest’ultima nel 1996 aveva installato in prossimità dei predetti suoli, taluni aerogeneratori, in tesi violando la disciplina delle distanze dal confine, invadendo ed occupando i fondi di loro pertinenza con le pale eoliche sporgenti per una lunghezza di oltre 22,5 mt ed avevano chiesto che venisse ordinata la demolizione, lo spostamento e/o l’arretramento degli aerogeneratori, nonché la rimozione delle pale eoliche rotanti e dei cavidotti elettrici, con condanna al risarcimento dei danni;

b) in pendenza dei predetti giudizi civili la società I.V.P.C. s.r.l. aveva ottenuto dal Comune di Alberona l’emanazione di separati decreti di imposizione di servitù di sorvolo ai sensi dell’art. 43 comma 6 bis del d.P.R. 327/2001;

c) gli appellanti principali avevano impugnato detti decreti innanzi al T.a.r. della Puglia - Sede di Bari – che però con la sentenza n. 2088 del 7 maggio 2008 aveva respinto il loro ricorso;
essi avevano quindi proposto appello, ed il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 2089/2010 aveva accolto l’impugnazione annullando i richiamati decreti impositivi di servitù coattiva;

d) essi avevano quindi agito per l’ottemperanza della detta decisione n. 2089/2010 innanzi al Consiglio di Stato, Sez. IV, che però con la sentenza n. 5178/2012 aveva dichiarato detto ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione: la detta sentenza era stata da essi impugnata con ricorso per cassazione, ma con esito negativo (sentenza n. 26583/2013 delle SS.UU);

e) nelle more della decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la società I.V.P.C. s.r.l. aveva chiesto ed ottenuto dal Comune di Alberona l’adozione del decreto del 3 luglio 2013 di asservimento coatto ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. 327/2001, che gli odierni appellanti principali avevano impugnato innanzi al T.a.r. della Puglia con il ricorso n. 1245/2013 nell’ambito del quale sono state emesse le due sentenze oggetto della odierna impugnazione proponendo sette articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Il Comune di Alberona e la società I.V.P.C. s.r.l. - Italian Vento Power Corporation si erano costituite chiedendo che il ricorso venisse dichiarato inammissibile, ovvero respinto in quanto infondato.

4. Il T.a.r. con la sentenza non definitiva n. 885 del 17 giugno 2015 ha partitamente esaminato le doglianze proposte, ed ha soltanto parzialmente accolto il ricorso, deducendo che:

a) erano infondate le prime sei censure - volte a dimostrare la nullità ovvero la illegittimità intrinseca del contestato decreto acquisitivo- in quanto il medesimo era stato emesso in presenza di tutte le condizioni di legge, era fornito di perspicua motivazione, erano state rispettate le disposizioni tese a garantire i diritti infraprocedimentali e di difesa dei destinatari dell’atto, era stato ponderato l’interesse pubblico ed era stata dimostrata l’indispensabilità del provvedimento e l’assenza di ragionevoli alternative alla emissione del medesimo;

b) quanto alla settima doglianza, incentrata sulla contestazione della determinazione dell’indennizzo offerto in conseguenza del decreto impositivo di servitù impugnato, il T.a.r., ritenuta la propria giurisdizione sul punto, ha disposto un approfondimento istruttorio riposante in una consulenza tecnica d’ufficio di tipo estimativo ed ha rinviato ad una successiva udienza per la definizione integrale del procedimento.

5. Con la successiva sentenza definitiva n. 428 del 24 marzo 2016 il T.a.r. ha integralmente confermato la sentenza non definitiva n. 885/2015 ad eccezione delle statuizioni rese limitatamente al settimo motivo di doglianza: quanto a quest’ultimo ha ritenuto essere sopraggiunto il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla questione concernente la quantificazione dell’indennizzo ed ha declinato la propria giurisdizione unicamente quanto a tale segmento della controversia alla stregua delle argomentazioni contenute nell’ordinanza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 22096 del 29.10.2015.

6. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente, (che aveva proposto riserva di appello) avverso la sentenza non definitiva n. 885 del 17 giugno 2015 ha proposto un articolato atto di appello, nell’ambito del quale, dopo avere ripercorso il prolungato iter del contenzioso intercorso, ha dedotto che:

a) la sentenza non definitiva n. 885 del 17 giugno 2015 era gravemente errata, e non aveva colto che il contestato decreto era nullo, ovvero illegittimo anche per difetto di motivazione, e comunque emesso da un organo incompetente, riproponendo tutte le sei censure contenute nel ricorso di primo grado respinte dal Ta.r. attualizzandole rispetto alla motivazione della sentenza;

b) la sentenza definitiva n. 428 del 24 marzo 2016 era altresì errata, in quanto:

I) a tutto concedere il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in punto di determinazione del quantum dell’indennizzo dovuto ex art. 42 bis del TUEspropriazione poteva riscontrarsi unicamente allorchè il tema della quantificazione dell’indennizzo fosse l’unico dedotto in giudizio, e non anche laddove (come pacificamente nel caso di specie) fossero state dedotte anche censure attingenti il “merito” del decreto ex art. 42 bis sotto il profilo della nullità/illegittimità di quest’ultimo;

II) in ogni caso era precluso al T.a.r. declinare la giurisdizione sul punto, in quanto la problematica era stata espressamente affrontata dalla sentenza non definitiva n. n. 885 del 17 giugno 2015 e ci si trovava al cospetto di una preclusione processuale insuperabile.

7. In data 10.6. 2016 la appellata società controinteressata I.V.P.C. s.r.l. si è costituita con atto di stile, ed in data 15.7.2016 ha depositato una articolata memoria deducendo che:

a) l’appello proposto dalla parte originaria ricorrente di primo grado doveva essere dichiarato inammissibile, in quanto teso unicamente a riproporre le censure di primo grado respinte e privo di argomenti critici attingenti la motivazione delle sentenze impugnate;

b) esso era comunque meritevole di reiezione perché infondato.

8. In data 18.7.2016 parte appellante ha depositato una articolata memoria ed in data 19.7.2016 ha depositato una ulteriore memoria, integrativa della prima, puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

7. Alla camera di consiglio del 21 luglio 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione sull’accordo delle parti la trattazione della controversia è stata differita all’udienza di merito.

8. In data 30.1.2017 la appellata società controinteressata I.V.P.C. s.r.l. ha depositato una ulteriore memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

9. In data 31.1.2017 la parte appellante ha depositato una ulteriore memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

10. In data 4.2.2017 la parte appellante ha depositato una memoria di replica puntualizzando e ribadendo le proprie tesi e facendo presente che l’appello da essa proposto era conforme al dettato dell’art. 101 del c.p.a..

11. Alla odierna pubblica udienza del 16 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue.

1.1. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), è evidente che in ordine logico è prioritario lo scrutinio della eccezione contenuta nella memoria di costituzione dell’appellata società nella quale si sostiene che l’appello dovrebbe essere dichiarato inammissibile per genericità.

1.2. La eccezione è palesemente infondata: in contrario senso si osserva che la parte appellante ha prospettato –con sufficiente specificità- una ricostruzione sia fattuale che giuridica opposta a quella patrocinata dal T.a.r., e dalla quale discenderebbe –ove essa fosse accolta dal Collegio-la illegittimità della azione amministrativa sfociata nel contestato decreto;
le censure non sono né generiche né incomplete, per cui la eccezione va senz’altro disattesa.

2. Venendo alle censure di merito, appare evidente che, in ordine logico, è necessario scrutinare le censure di incompetenza, in armonia con il consolidato orientamento (tra le tante T..A.R. Palermo, -Sicilia-, sez. II, 06/05/2015, n. 1095 T.A.R. Perugia –Umbria- sez. I 28 novembre 2016 n. 729 ) secondo il quale “il vizio formale d'incompetenza, deve essere sempre scrutinato per primo, poiché, se fosse fondato, la valutazione nel merito della controversia alla stregua delle altre censure sostanziali proposte sarebbe impedita, risolvendosi in un giudizio meramente ipotetico sull'ulteriore attività amministrativa dell'organo competente, cui spetta l'effettiva valutazione della vicenda e che potrebbe emanare, o non, l'atto in questione e, comunque, provvedere con un contenuto diverso. Pertanto, la decisione di accoglimento del ricorso fondata sul vizio d'incompetenza esaurisce l'oggetto stesso del giudizio e rende obbligatorio l'assorbimento delle eventuali censure sostanziali: dato che in tutte le situazioni di incompetenza e di carenza di proposta o di parere obbligatorio si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice, anche ai sensi ex art. 34, comma 2 c.p.a, non può fare altro che rilevare il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo ritenersi vincolato dalla prospettazione del ricorrente e dalla eventuale graduazione dei motivi da quest'ultimo effettuata.”.

2.1. La parte appellante sostiene che l’impugnato provvedimento sarebbe viziato sotto tal profilo in quanto non poteva essere disposto dal dirigente dell’U.t.c. (ma sarebbe invece spettato al Consiglio comunale disporlo) e, più radicalmente, che trattandosi di impianti relativi ad energie rinnovabili non era competenza del Comune (che infatti non è il soggetto “che utilizza il bene”) provvedere all’acquisizione sanante.

2.2. La prima articolazione della doglianza è infondata in quanto:

a) è ben vero che sotto un profilo generale è stato a più riprese predicato dalla giurisprudenza (Cons. St., sez. V, 13 ottobre 2010, n. 7472, e sez. III, 31 agosto 2010, n. 775 T.A.R. Pescara, -Abruzzo-, sez. I, 07/05/2012, n. 189) interpretando la previgente normativa contenuta nell'art. 43 del T.U. sulle espropriazioni che il Consiglio comunale è competente a deliberare tale acquisizione, in quanto tale atto è emesso ab externo al procedimento espropriativo, quindi non è disciplinato dalle relative norme;
inoltre, i provvedimenti di acquisizione rientrano a pieno titolo nelle competenze consiliari di cui alla lett. l) dell'art. 42, comma 2, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la quale elenca "acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari", così ricomprendendo anche l'ipotesi di acquisto di immobili mediante lo strumento di diritto pubblico in parola;

b) può altresì concordarsi sulla circostanza che tale orientamento formatosi in costanza della previgente legislazione sia traslabile anche alla acquisizioni disposte ai sensi dell'art. 42-bis, che ha nella sostanza reintrodotto un meccanismo di acquisizione sanante delle occupazioni illegittime parzialmente analogo a quello disciplinato dal predetto art. 43;

c) senonchè, come già osservato dal T.a.r. l’art. 15 della Legge della Regione Puglia n. 13/2001 (“1. Il dirigente del Settore lavori pubblici esercita le funzioni comunque attribuite alla Regione in materia di dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e di indifferibilità dei lavori, per tutte le opere di competenza regionale.

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