Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-12-02, n. 202409643

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-12-02, n. 202409643
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202409643
Data del deposito : 2 dicembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2024

N. 09643/2024REG.PROV.COLL.

N. 05145/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5145 del 2024, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Ulpiano Morcavallo e Francesco Morcavallo, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;



contro

Consiglio superiore della magistratura e Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, -OMISSIS-, n. -OMISSIS-.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia con il Consiglio superiore della magistratura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Udito. nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2024, l’avvocato Francesco Morcavallo;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, magistrato attualmente in servizio nella Procura della repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS-del -OMISSIS- con cui il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, -OMISSIS-, ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del Consiglio superiore della magistratura (Csm) in data -OMISSIS-, in cui si disponeva il mancato superamento della seconda valutazione di professionalità.

Le amministrazioni appellate si sono costituite con atto formale.

In vista della trattazione le parti hanno depositato memorie conclusive.

L’appellante ha replicato con memoria depositata il -OMISSIS-.

L’amministrazione, con separato atto, ha chiesto la decisione della causa sugli scritti.

All’udienza del 6 novembre 2024, sentito il difensore dell’appellante, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’appellante ha assunto le funzioni giurisdizionali dall'aprile -OMISSIS-ha prestato servizio in qualità di sostituto Procuratore presso la Procura della repubblica del Tribunale di -OMISSIS-. In seguito è stata trasferita a domanda presso la Procura della repubblica di -OMISSIS-.

La stessa ha conseguito con esito favorevole la prima valutazione di professionalità e, con riguardo alla seconda valutazione, ha ottenuto un primo giudizio favorevole, in data -OMISSIS-, da parte del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di -OMISSIS-.

Nelle more è stata sottoposta a procedimento disciplinare, nell'ambito del quale è stata incolpata:

- dell'illecito di cui agli articoli 1 e 2, comma 1, lett. g), del d. lgs. n. 109/2006, per avere disposto (in qualità di pubblico ministero nell'ambito del procedimento penale -OMISSIS-una nuova consulenza, nominando il perito indicato in atti, sebbene fosse incompatibile con l'ufficio richiesto perché citato come testimone nella lista presentata dall'imputato;

- dell'illecito disciplinare, previsto dal medesimo titolo, per avere fondato il proprio parere favorevole alla revoca di un sequestro preventivo (avanzata anche nell'interesse dell'imputato) esclusivamente sulla base delle conclusioni della ridetta consulenza tecnica, affetta da nullità in ragione della prospettata situazione di incompatibilità in cui versava il detto professionista.

La sentenza disciplinare -OMISSIS- del -OMISSIS- ha condannato la ricorrente alla sanzione della censura, assolvendola, per converso, dalle incolpazioni riguardanti l’omesso deposito in segreteria della documentazione relativa alla consulenza tecnica, con impossibilità di visione per le parti, e la richiesta al consulente di valutazioni di natura giuridica, riservate al magistrato.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, hanno annullato con rinvio la sentenza del Csm.

All'esito del giudizio di rinvio, la Sezione disciplinare, con decisione -OMISSIS- del -OMISSIS-, ha pronunciato sentenza di assoluzione, escludendo l’esistenza degli addebiti.

Nell'ambito della procedura relativa alla seconda valutazione professionalità, in corso al momento dei fatti disciplinari, la quarta commissione del Csm ha, quindi, richiesto al Consiglio giudiziario un parere integrativo, che tenesse conto dei fatti disciplinari.

Il Consiglio giudiziario, in data -OMISSIS-, ha reso parere negativo sui prerequisiti. A seguire è stata adottata la delibera del Csm, impugnata dinanzi al Tar per vizi di violazione e falsa applicazione di legge, nonché di eccesso di potere, declinato in varie figure sintomatiche.

Il Tar Lazio ha respinto il ricorso in sintesi osservando:

- che i “prerequisiti” dell'equilibrio, dell'indipendenza e dell'imparzialità del magistrato rientrano comunque nella valutazione di professionalità sicché la suddetta valutazione non si incentra solo sul mero esame della professionalità “pura” del magistrato (legata alla capacità tecnico-giuridica, alla laboriosità e alla diligenza), ma deve tener conto anche della necessaria permanenza delle riferite precondizioni di indipendenza e di equilibrio, consustanziali alla stessa immagine del magistrato;

- che le valutazioni periodiche di professionalità sostanziano dei giudizi autonomi, nell’ambito dei quali il Csm può valorizzare, come accaduto nel caso di specie, fatti desunti da altre procedure i quali, tuttavia, sono oggetto di rinnovata valutazione, non condizionata dagli esiti dei ridetti paralleli procedimenti, sicché non è illegittimo l’operato del Csm laddove ha richiesto al Consiglio giudiziario un nuovo parere, dopo quello positivo già espresso in data -OMISSIS-;

- che la valutazione operata dall’amministrazione non risulta illegittima considerato che i fatti valorizzati dal Csm sono confermati dagli atti del procedimento penale incardinato a carico della ricorrente per il reato di cui all'articolo 371 bis del codice penale (poi conclusosi con l'archiviazione);

- che, di conseguenza, il Csm legittimamente ha concluso che il magistrato avesse dimostrato una carenza del requisito dell’indipendenza nella gestione di un procedimento di grande delicatezza;

- che, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, l’Organo di governo autonomo non si è ingerito nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali dell’istante, ma ne ha rilevato la condotta sconveniente.

3. L’appellante innanzitutto evidenzia di aver documentato in primo grado di aver conseguito in corso di giudizio, all’esito della nuova osservazione, la positiva valutazione di professionalità ma di aver manifestato l’interesse alla prosecuzione del giudizio per vedersi attribuire la valutazione positiva ex tunc sia agli effetti economici sia, viepiù, per ragioni di dignità professionale.

3.1. Ciò posto, con il primo motivo evidenzia di non aver mai censurato l’acquisizione, da parte del Csm, del parere integrativo del Consiglio giudiziario ma di aver, viceversa, denunciato la carenza di potere del Consiglio giudiziario, che a valle avrebbe viziato anche la valutazione del Csm. Ella aveva denunciato che il Consiglio giudiziario avrebbe fondato il suo parere su questioni estranee all’oggetto della richiesta di integrazione, basandosi non sulle vicende del procedimento disciplinare a suo carico bensì su esiti istruttori rivenienti da procedimenti penali e disciplinari a carico di terzi nonché sui fatti di un procedimento penale instaurato suo carico per fatti afferenti alla sua deposizione in merito alla responsabilità penale di terzi.

Quindi aveva sostenuto che il secondo parere del Consiglio giudiziario sarebbe non una integrazione, bensì una indebita, non consentita e contraddittoria rimeditazione del primo positivo parere, alla stregua di fatti originari già noti.

L’appellante inoltre evidenzia che un ulteriore profilo di doglianza, del tutto trascurato dal giudice di primo grado, riguardava il fatto che gli organi valutativi non si sarebbero limitati a procedere ad una nuova ed integrativa disamina degli elementi considerati nel giudizio disciplinare e in quelli estranei al giudizio medesimo, ma li avrebbero ricostruiti in modo diverso, in via di mera illazione, procedendo ad una non consentita integrazione ipotetica e, addirittura, al sovvertimento delle risultanze istruttorie.

Contesta l’affermazione del Tar secondo cui non le condotte addebitate in sede disciplinare avrebbero inciso sul giudizio valutativo, bensì alcuni specifici comportamenti.

3.2. Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui afferma che la complessiva valutazione compiuta dagli organi preposti è immune da censure sulla congruità e coerenza logica. Secondo l’appellante la valutazione si baserebbe su ricostruzioni in fatto già in precedenza contestate le quali evidenzierebbero la distonia della valutazione rispetto ai più elementari criteri di logica e ragionevolezza.

Censura in particolare l’affermazione, recepita nella sentenza gravata, a suo dire apodittica, per cui ella sarebbe stata a conoscenza, nel periodo in valutazione, delle ragioni che avevano determinato l’estromissione del collega dalla designazione quale co-assegnatario del procedimento penale poi assegnato a lei, specie una volta accertata in sede giudiziaria l'assoluta estraneità di quest’ultima ad ogni attività illecita che ne configurasse una cointeressenza con il collega o con parti private del procedimento assegnatole.

Sostiene che sarebbe arbitrario, sul piano logico oltre che alla stregua della ricostruzione istruttoria, affermare che ella, avendo avuto percezione di dissidi tra gruppi di magistrati della Procura di -OMISSIS-, dovesse avere contezza di un interesse privato o di una cointeressenza del collega -OMISSIS- rispetto all'esito di un determinato procedimento penale.

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