Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-02-12, n. 201300818

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-02-12, n. 201300818
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300818
Data del deposito : 12 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11024/2001 REG.RIC.

N. 00818/2013REG.PROV.COLL.

N. 11024/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11024 del 2001, proposto da:
Giacché I, rappresentata e difesa dagli avv. R G e R T, con domicilio eletto presso Elena Del Trono, in Roma, viale Regina Margherita, 145;

contro

Consorzio Castello di Lerici, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. G B e P V, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
Luna Editore di De Nevi Michela;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA, SEZIONE II, n. 00923/2000, resa tra le parti, concernente fornitura in conto vendita di cataloghi concernenti museo geopaleontologico.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti l’avv. Vajano su delega dell’avv. Bormioli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I Giacché veniva invitata, in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale esercente attività di casa editrice, alla procedura di gara informale, indetta dal Consorzio di gestione del Castello di Lerici con delibera del 31 luglio 1998, n. 67, per la fornitura di 5000 copie di cataloghi illustrativi del museo geopaleontologico sito all’interno del castello, collocandosi al secondo posto, dietro la ditta Luna editore, che veniva pertanto dichiarata aggiudicataria.

Contro l’esito della procedura insorgeva davanti al TAR Liguria, deducendo che:

1) la stazione appaltante non si era attenuta al criterio selettivo della “migliore offerta economica” stabilito nella lettera di invito e nel capitolato di gara, individuando tale offerta in quella della ditta controinteressata, benché la stessa avesse offerto un prezzo unitario di 6.000 lire (Iva inclusa) per catalogo, contro i 3.995 (anch’essi comprensivi di Iva) offerti da essa ricorrente;

2) erano stati violati i principi di trasparenza e non discriminazione dei concorrenti, visto che l’autore dei testi indicato dall’aggiudicataria nella propria offerta, sulla scorta di indicazione contenuta nel capitolato, era stato anche l’allestitore del museo;

3) era stata disattesa la regola di contabilità pubblica secondo cui nelle procedure ad evidenza pubblica l’aggiudicazione deve essere effettuata in favore dell’offerta economicamente più conveniente per la stazione appaltante.

Il TAR respingeva il ricorso osservando che:

1) pur nella genericità della formulazione impiegata, la delibera di indizione della gara doveva intendersi nel senso che il criterio selettivo adottato dall’amministrazione aggiudicatrice “non poteva essere limitato unicamente all’aspetto della convenienza economica” , ciò evincendosi in particolare dal riferimento ivi operato, per la relativa valutazione, al curriculum professionale del fotografo ed autore dei testi;

2) non vi era prova che il giudizio sulle offerte fosse stato influenzato dalla presenza di tale figura;

3) il criterio selettivo individuato dall’amministrazione aggiudicatrice non riposava su considerazioni esclusivamente economiche, come evincibile dal suddetto riferimento al ridetto consulente scientifico.

Nel presente appello la Giacché formula le seguenti critiche alla decisione di primo grado (nell’ordine in cui sono esposte):

1) da nessuna indicazione della legge di gara è dato evincere che l’autore di testi e fotografie costituisse elemento di valutazione delle offerte, né tanto meno ciò si ricava dalla generica motivazione contenuta nel verbale riportante tale giudizio;

2) il criterio selettivo prescelto risulta chiaramente essere quello del maggior ribasso sulla base d’asta, indicata nel capitolato e nella lettera d’invito in lire 9.500;

3) dal provvedimento di aggiudicazione risulta che il consulente scientifico ha costituito elemento determinante nell’individuazione della migliore offerta.

L’appellante ha riproposto inoltre la domanda risarcitoria già svolta in primo grado.

Si è costituita in resistenza la sola amministrazione resistente.

All’udienza pubblica del 29 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

Preliminarmente va dato atto che l’avv. T, di parte ricorrente, con comunicazione in data 22 gennaio 2013 ha chiesto il rinvio dell’udienza in ragione di un concomitante impegno professionale.

Tuttavia l’istanza non può essere accolta: in primo luogo perché la difesa dell’appellante è demandata ad un collegio di due avvocati e non viene dedotto un impedimento per entrambi, né tanto meno sono prospettati motivi che rendano indispensabile la presenza del legale asseritamente impedito;
in secondo luogo perché, in realtà, l’impedimento per l’udienza pubblica di cui sopra non è comprovato, visto che alla comunicazione è allegato un decreto di fissazione di udienza penale davanti al Tribunale di Chiavari per il 23 ottobre 2012, concomitante all’udienza pubblica precedentemente fissata per questo giudizio.

Tanto precisato, devono essere esaminati i primi due motivi, in quanto entrambi tendenti a censurare l’operato dell’amministrazione aggiudicatrice nella fissazione ed applicazione dei criteri di selezione delle offerte.

Essi sono fondati, nella parte in cui colgono plurime violazioni di legge e sintomi di eccesso di potere dedotti nei motivi 1 e 3 del ricorso originario nell’operato del consorzio resistente.

Più precisamente, si palesa immediatamente nella sua fondatezza la doglianza relativa alla mancata esplicitazione, nella legge di gara, che i curricula professionali del fotografo e dell’autore dei testi sarebbero stati oggetto di valutazione delle offerte.

Sul punto, va innanzitutto osservato che, contrariamente a quanto eccepito dall’amministrazione resistente, non si tratta di censura proposta per la prima volta in appello, ma di mero sviluppo argomentativo dei suddetti motivi del ricorso di primo grado, imposto, in conformità al principio di specificità dell’appello previsto dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., dall’avviso del TAR, il quale ha giudicato corretto l’operato del consorzio in considerazione della facoltà ad esso attribuita di enucleare parametri valutativi ulteriori rispetto a quelli di matrice puramente economica e della conseguente applicazione degli stessi nel caso di specie.

Tanto precisato, nel disattendere i ridetti motivi, il TAR è incorso in una evidente contraddizione, laddove ha affermato che un simile elemento deve reputarsi assurto a criterio di valutazione in ragione della genericità della formula impiegata nella legge di gara, vale a dire quella della “migliore offerta” .

Proprio tale ambiguità avrebbe invece dovuto condurre all’opposta conclusione, visto che, in assenza di una chiara indicazione in tal senso, non può ritenersi che i concorrenti ne abbiano tenuto conto nella formulazione dell’offerta.

In contrario non giova richiamare, come fa il Giudice di primo grado, la circostanza che il capitolato posto a gara richiedesse “all’impresa partecipante di presentare i curricula del fotografo e dell’autore dei testi, per cui tale prescrizione risulterebbe priva di alcuna giustificazione se il criterio valutativo prescelto fosse stato limitato dall’amministrazione unicamente all’aspetto economico della singola offerta” .

Quest’avviso si espone infatti a plurime obiezioni, di seguito riportate:

- in primo luogo, se ciò fosse vero, si determinerebbe un’inammissibile commistione di requisiti soggettivi, valevoli in sede di ammissione, con elementi oggettivi propri dell’offerta (lo stesso TAR ha ritenuto “anomalo” il criterio in questione: pag. 5 della sentenza), alla luce della quale è giocoforza interpretare la legge di gara nel senso che l’unico elemento di valutazione era quello del ribasso sul prezzo unitario ivi indicato;

- inoltre, non si vede quale coerenza con l’oggetto del contratto abbia l’indicazione dell’autore dei testi e delle fotografie, visto che l’opera di questi è poi destinata a trasfondersi nel prodotto finito, vale a dire il catalogo, le cui caratteristiche qualitative avrebbero in ipotesi potuto essere oggetto del confronto competitivo;

- ancora, in chiara dissonanza rispetto all’obbligo di clare loqui imposto all’amministrazione in sede di predisposizione della legge di gara, si giunge ad enucleare un criterio di valutazione delle offerte in via logica, sulla base di un’interpretazione conservatrice della lettera di invito e del capitolato;

- in ogni caso, nella legge di gara non vi è alcuna indicazione del peso di tale supposto criterio di valutazione, attraverso l’esplicitazione del punteggio massimo per esso, in rapporto all’aspetto economico dell’offerta.

Va poi dato atto che la considerazione dell’esperienza e della professionalità dell’autore dei testi è stata espressamente elevata a criterio di valutazione delle offerte, ciò evincendosi dal verbale del 18 agosto 1998.

Ma un simile operato incorre ancora una volta nelle puntuali censure di parte appellante qui scrutinate, atteso che:

- in palese contrasto con i principi di trasparenza, imparzialità e par condicio valevoli nelle procedure ad evidenza pubblica, al cui rispetto l’amministrazione resistente si è autovincolata attraverso l’indizione della gara ufficiosa oggetto del presente giudizio, l’enucleazione di tale parametro valutativo è avvenuta non già ex ante , in sede di elaborazione della legge di gara, ma nella fase di valutazione delle offerte;

- l’ iter logico che ha condotto a ritenere preferibile l’offerta della casa editrice controinteressata risulta del tutto oscuro, visto che il citato verbale contiene un semplice richiamo ai criteri valutativi appositamente fissati, senza alcuna precisazione, in generale imposta dall’art. 3 l. n. 241/1990, ma nel caso di specie tanto più richiesta, attesa la sensibile convenienza economica dell’offerta dell’odierna appellante.

Il TAR non ha adeguatamente valorizzato questo profilo, richiamando impropriamente sul punto le previsioni della legge di gara, così come ha del tutto trascurato la valenza potenzialmente inquinante, rispetto ad un imparziale giudizio valutativo, del fatto che l’autore dei testi indicato dalla controinteressata è risultato essere l’allestitore del museo (giusta delibera del consiglio di amministrazione del consorzio resistente n. 3 del 30 maggio 1996 prodotta in giudizio).

Ciò rende palese la fondatezza anche del terzo motivo d’appello, essendo condivisibile la critica nei confronti della sentenza di primo grado, laddove essa ha escluso l’incidenza di tale circostanza nel giudizio sulle offerte.

In contrario è infatti agevole osservare che – come già visto sopra – nel ridetto verbale del 18 agosto 1998 si dà atto della maggiore convenienza dell’offerta della controinteressata in virtù del richiamo (anche) al criterio dell’esperienza e professionalità dell’autore dei testi dei cataloghi;
il che è sufficiente ad integrare la prova della dedotta arbitrarietà del giudizio sulle offerte, risultando quest’ultimo influenzato da tale elemento, non potendosi evidentemente pretendere, come invece afferma il TAR, che lo stesso sia stato il solo che ha condotto alla selezione dell’offerta migliore.

Alla luce di queste considerazioni l’appello deve essere accolto con riguardo alla domanda annullatoria, data l’accertata illegittimità degli atti impugnati.

Deve a questo punto essere esaminata la domanda di risarcimento danni, già svolta in primo grado e che l’appellante ha riproposto.

La domanda è fondata, sussistendo tutti i presupposti richiesti per configurare l’obbligo risarcitorio in capo al danneggiante;
illegittimità del potere esercitato, carattere patrimoniale del danno arrecato dall’esercizio del potere, nesso di causalità, elemento soggettivo (colpevolezza);
quest’ultimo presupposto, tra l’altro, nelle procedure inerenti gli appalti pubblici, va presunto.

Nel ricorso di primo grado la Giacché ha chiesto la condanna dell’amministrazione resistente alla somma di lire 19.975.000, ottenuta moltiplicando il prezzo di lire 3.995 offerto per il numero di cataloghi da fornire e dunque per un controvalore in divisa corrente di 10.316,23 euro.

Si tratta evidentemente di una pretesa che non può essere soddisfatta nei termini in cui è formulata.

Posto che viene in considerazione in questa sede il danno da mancata aggiudicazione, questo va circoscritto all’utile netto che l’appellante avrebbe conseguito grazie all’esecuzione della fornitura, laddove l’importo suddetto concerne il dato (economicamente a monte) del ricavo, prima che esso venga depurato dei costi, giacché altrimenti la parte danneggiata verrebbe indebitamente locupletata per equivalente monetario di un lucro che non avrebbe conseguito nella misura pretesa, in spregio alla funzione reintegratoria del rimedio risarcitorio.

In mancanza di precisazioni sul punto, può essere fatta applicazione del criterio forfetario e sussidiario del 10% del valore della fornitura, pari a 1.031,62 euro.

Alla sorte capitale devono essere aggiunti gli accessori, vale a dire la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Più precisamente, gli importi vanno cumulati nel senso che il capitale come sopra liquidato va annualmente rivalutato secondo il vigente indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati (non essendo stato dedotto un impiego dell’introito mancante maggiormente remunerativo), e sull’importo via via rivalutato come sopra devono essere aggiunti gli interessi compensativi, al saggio legale tempo per tempo vigente.

La decorrenza deve essere individuata nella data del presumibile pagamento della fornitura. In questo momento deve infatti ritenersi consumato il danno, consistente come visto poc’anzi nel mancato utile.

In mancanza di specifici elementi di prova sul punto, tale data va fissata in via di presunzione in 6 mesi dall’aggiudicazione (nota prot. 399 del 20 agosto 1998) e dunque al 20 febbraio 1999, tenuto conto dei tempi di esecuzione della fornitura e di quelli notoriamente necessari per il perfezionamento delle procedure di spesa delle pubbliche amministrazioni. La scadenza deve invece essere fissata alla data di pubblicazione della presente sentenza, dopo la quale decorreranno sul capitale complessivamente liquidato i soli interessi legali.

Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a carico solidale dell’amministrazione resistente e della controinteressata.

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