Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-07-29, n. 201905328

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-07-29, n. 201905328
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905328
Data del deposito : 29 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2019

N. 05328/2019REG.PROV.COLL.

N. 03860/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 3860 del 2012, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

contro

- il sig. M D S, rappresentato e difeso, da ultimo, dall’avvocato F P e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Filippo Corridoni n. 23;
- la sig.ra A M, la sig.ra M T, il sig. R R, la sig.ra D D S, non costituiti in giudizio;
- il sig. S A, la sig.ra A C, la sig.ra G C, la sig.ra P A, rappresentati e difesi dall’avvocato Flavio Maria Polito, e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nino Oxilia n. 21;

nei confronti

del sig. Roberto Conti e della sig.ra Cinzia Cericola, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Sede di Roma n. 402 del 16 dicembre 2012, concernente graduatoria di procedura selettiva per progressioni verticali.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del sig. M D S, del sig. S A, della sig.ra A C, della sig.ra G C, della sig.ra P A;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2019, il Cons. G L e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fabio Tortora e l’avvocato F P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con atto d’appello recante istanza cautelare, notificato il 27 aprile 2012 (data di spedizione) al sig. M D S, alla sig.ra A M, alla sig.ra M T, al sig. R R, al sig. S A, alla sig.ra A C, alla sig.ra G C, alla sig.ra P A, alla sig.ra D D S in veste di appellati, nonché al sig. Roberto Conti e alla sig.ra Cinzia Cericola in veste di controinteressati in primo grado, e depositato il 24 maggio 2012, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Sede di Roma n. 402/2012, depositata il 23 gennaio 2012 e notificata il 27 febbraio 2012.

La sentenza si è pronunciata sul ricorso n. 2220/2011 proposto dagli attuali appellati, i quali - trasferiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, unitamente alle risorse strumentali e finanziarie, in conseguenza del trasferimento alla Presidenza medesima di funzioni esercitate da altre Amministrazioni in virtù di quanto disposto dal decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (“ Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri ”), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 17 luglio 2006, n. 233 – hanno chiesto al Tar l’annullamento, con gli atti connessi, della graduatoria finale di merito di cui al decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 13 dicembre 2010, relativa alla procedura selettiva, per complessivi 26 posti, per la progressione verticale dalla categoria B alla categoria A, ai sensi degli artt, 22, 23 e 24 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) 17 maggio 2004 e dell’art. 12, commi 1 e 2, del

CCNL

31 luglio 2009 (procedura selettiva bandita con decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 1 settembre 2010) nella parte in cui quella graduatoria li escludeva dall’elenco dei vincitori, ovvero li collocava in posizione deteriore rispetto a quella loro spettante, a causa dell’attribuzione ai medesimi, in sede di valutazione dell’anzianità di servizio di cui all’art. 5, lettera A), del bando di concorso, un punteggio inferiore a quello che avrebbe dovuto esser riconosciuto.

In particolare i ricorrenti – ottenuto per effetto delle sentenze del Tribunale di Roma n. 185/2010, n. 186/2010 e n. 187/2010 l’inquadramento nel ruolo ordinario della Presidenza del Consiglio dei Ministri con decorrenza dal 18 maggio 2006 (per i provenienti da strutture CIPE e Sport) e dal 29 novembre 2006 (per i provenienti da strutture del Settore turismo) e la conseguente applicazione nei loro confronti di tutti gli istituti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale ed integrativa del comparto del personale dipendente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché il diritto al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata sino al 18 maggio 2006 (CIPE e Sport) e sino al 29 novembre 2006 (Turismo) nei ruoli del Ministero di provenienza – denunciavano dinanzi al Tar, relativamente alla contestata graduatoria, la mancata equiparazione dell’anzianità maturata nell’Amministrazione di appartenenza ad un’anzianità maturata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La sentenza ha così deciso:

1) ha dichiarato il ricorso improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, relativamente ai ricorrenti A M, Marianna Turriciano, R R, Sergio Arei, A C, G C, P A (dalla sentenza appellata: “ in quanto, come dato atto a verbale dal difensore presente in pubblica udienza, nonché documentato dalla resistente Amministrazione, la graduatoria di cui si verte ha formato oggetto di scorrimento, e, conseguentemente, essi hanno stipulato il nuovo contratto di lavoro, in relazione alla qualifica e al profilo professionale per il quale hanno concorso. Diverso, invece, è il caso del ricorrente De Simone, il quale, pur essendo stato anch’egli assunto nella nuova qualifica, ha fatto presente che, ove l’Amministrazione non avesse commesso l’illegittimità per cui è ricorso, sarebbe risultato vincitore ab origine, con tutto quanto ne consegue in termini di decorrenza giuridica ed effetti economici del nuovo inquadramento (i quali, peraltro, non formano oggetto del presente ricorso, avente portata meramente impugnatoria) ”;

2) lo ha accolto nel merito, e per l’effetto annullato, per quanto di interesse, la graduatoria impugnata;

3) ha compensato le spese.

Nel merito la sentenza, ripercorsa e valutata la normativa di riferimento - statale e di contrattazione collettiva - ha condiviso la principale argomentazione dei ricorrenti, secondo cui il servizio prestato da dipendenti di strutture confluite ope legis in quelle della Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere necessariamente equiparato, ab origine , a quello svolto, dopo l’inquadramento, nel nuovo ambito amministrativo;
rilevando che nel caso di specie è un dato oggettivo che i dipendenti trasferiti ope legi s da altre Amministrazioni hanno svolto attribuzioni che sono oggi proprie della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Quest’ultima, nell’appello, contesta l’assunto del Tar ribadendo le prospettazioni del primo grado, giustificando quindi il diverso valore attribuito al servizio prestato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri rispetto a quello prestato presso altre Amministrazioni statali in ragione della particolare struttura della Presidenza del Consiglio, in quanto comparto autonomo e con discipline sue proprie, diverse rispetto al comparto Ministeri;
ed ascrivendo alla sentenza appellata i vizi di violazione e falsa applicazione degli articoli 22, 23 e 24 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri sottoscritto il 17 maggio 2004, così come integrato dall’art. 12, commi 1 e 2, del CCNL del 31 luglio 2009, nonché dall’art. 5 del Contratto collettivo nazionale integrativo sottoscritto il 10 novembre 2009, ulteriormente integrato dall’Accordo del 27 luglio 2010;
nonché omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza.

2. - In data 5 luglio 2012 si sono costituiti il sig. S A, la sig.ra A C, la sig.ra G C, la sig.ra P A, rilevando che per effetto della sentenza appellata, la quale ha dichiarato nei loro confronti l’improcedibilità del ricorso, il giudizio di primo grado si è per loro definitivamente concluso con effetto di giudicato, stante la mancanza di specifica impugnazione in proposito;
e chiedendo che l’appello sia nei loro confronti rigettato, anche con riferimento alla istanza cautelare, in quanto inammissibile e/o improcedibile e/o irricevibile, con vittoria di spese in favore del procuratore antistatario.

Il sig. M D S ha depositato, per resistere, memoria in data 5 giugno 2012 e (con riferimento all’istanza cautelare) in data 26 giugno 2012.

Con ordinanza n. 2468 dello stesso 26 giugno 2012 l’istanza di sospensione cautelare della sentenza appellata è stata respinta, con riferimento all’assenza di gravità e irreparabilità del danno per l’Amministrazione.

In esito ad avviso di perenzione consegnato il 7 giugno 2017 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato, in data 1 luglio 2007, domanda di fissazione di udienza.

Il signor M D S ha depositato un’ulteriore memoria in data 2 maggio 2019, ribadendo la domanda di rigetto dell’appello.

Quest’ultima memoria ha anche prospettato che relativamente alla citata sentenza del Tribunale di Roma n. 185/2010 (la quale aveva riconosciuto al sig. De Simone, unitamente ad altri interessati - così come avvenuto per analoghe fattispecie con le sentenze 186/2010 e 187/2010 - il diritto all'inquadramento nel ruolo ordinario della Presidenza del Consiglio dei Ministri con decorrenza dal 18 maggio 2006 e la conseguente applicazione di tutti gli istituti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale ed integrativa del comparto del personale dipendente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché il diritto al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata sino al 18 maggio 2006 nel CIPE) vi sono stati i seguenti sviluppi processuali:

- è stato proposto appello dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, integralmente accolto;

- la Corte di Cassazione, su ricorso proposto, tra gli altri, dall’esponente, con sentenza n. 31087 depositata il 30 novembre 2018 ha disposto l’annullamento della relativa sentenza della Corte d’appello, con rinvio alla Corte d’appello di Roma - Sezione lavoro in diversa composizione, indicando in proposito i principi ai quali la Corte di rinvio avrebbe dovuto attenersi.

L’esponente ha segnalato i seguenti passi della pronuncia di cassazione:

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche ai seguenti:

1) il vincolo di ‘invarianza della spesa’, posto all’interno di normative di ampia portata, ‘va riferito agli oneri complessivi dell’intervento legislativo, comportando conseguentemente una ponderazione globale ed aggregata degli effetti positivi e negativi in termini di spesa delle nuove disposizioni’. Sicché tale vincolo consente di effettuare la compensazione tra previsioni recanti aggravi di spesa con quelle aventi effetti riduttivi, onde pervenire a risultati neutri o anche vantaggiosi in termini di equilibrio complessivo degli effetti economico finanziari prodotti dalla nuova normativa (vedi anche: Corte Cost. sentenze n. 108 del 2014;
n. 70 e 115 del 2012);

2) il rispetto del suddetto vincolo, nell’ambito del lavoro pubblico, non può mai comportare che si pervenga ad un assetto dei rapporti che possa irragionevolmente creare un potenziale vulnus al principio di parità di trattamento tra dipendenti che svolgono le stesse funzioni, che le Amministrazioni Pubbliche sono tenute a garantire in base all’art. 97 Cost. (Corte Cost., sentenza n. 311 del 2009);

3) ‘nel lavoro pubblico contrattualizzato quando la pretesa dei dipendenti investe provvedimenti non discrezionali della P.A., ma atti adottati dalla P.A. con i poteri e le capacità del datore di lavoro privato (i quali, quindi, devono essere valutati secondo parametri propri degli atti negoziali) che siano lesivi di diritti soggettivi dei dipendenti - come quelli di equiparazione del trattamento economico-normativo degli attuali ricorrenti - una simile situazione rientra a pieno titolo nell’ambito applicativo dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001. Ciò comporta che il giudice ordinario ha anche il potere di adottare nei confronti della PA qualsiasi tipo di sentenza, ivi compresa la sentenza di condanna ad un ‘facere’, data la sussistenza del diritto soggettivo dei lavoratori interessati al rispetto da parte della P.A. medesima, oltreché del generale obbligo di correttezza e buona fede, della disciplina propria del trasferimento ope legis da una Amministrazione pubblica ad un’altra e, in particolare, degli artt. 31 e 45 d.lgs. n. 165 del 2001 nonché degli artt. 3 e 97 Cost. (tra le altre: Cass. 23 febbraio 2018, n. 4436;
Cass. 28 luglio 2017, n. 18835;
Cass. 26 novembre 2008, n. 28274).

…. ( n.d.r. : la Corte d’appello) “ avrebbe dovuto condannare la Presidenza del Consiglio dei Ministri a:

1) provvedere all’inquadramento - anche per il residuo periodo 18 maggio 2006-31 dicembre 2009 - degli attuali ricorrenti nel ruolo ordinario del personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la conseguente applicazione in loro favore di tutti gli istituti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa del Comparto del personale dipendente dalla Presidenza del Consiglio stessa e salvo restando il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata sino al 18 maggio 2006 nei ruoli del Ministero di provenienza, stabilito dalla sentenza di primo grado, con statuizione divenuta cosa giudicata ”.

La causa è passata in decisione all’udienza del 4 giugno 2019.

DIRITTO

1.1- Preliminarmente va accolta la richiesta formulata dal sig. S A, dalla sig.ra A C, dalla sig.ra G C, dalla sig.ra P A nell’atto di costituzione del 5 luglio 2012, in cui essi hanno affermato che per effetto della sentenza appellata, che ha dichiarato il loro confronti l’improcedibilità del ricorso, il giudizio di primo grado si è per loro definitivamente concluso con l’effetto di giudicato, stante la mancanza di specifica impugnazione in proposito;
e hanno chiesto che l’appello sia, nei loro confronti, rigettato con vittoria di spese in favore del procuratore antistatario.

In effetti la sentenza appellata ha dichiarato nei loro confronti l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Essi pertanto risultano estranei al presente giudizio d’appello, che è incentrato esclusivamente sul merito della controversia e non su questioni di rito, e che dunque ha fatto sì che sulla pronuncia di improcedibilità nei loro confronti resa dalla sentenza di primo grado si formasse giudicato.

Erroneamente dunque essi sono stati ora evocati con apposita notifica da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Per contestare questa non dovuta evocazione in giudizio essi si sono rivolti a un difensore, antistatario;
sicché di ciò dovrà tenersi conto nella finale pronuncia sulle spese del presente appello.

1.2.- Pure in via preliminare deve precisarsi che la pronuncia della Corte di cassazione riferita dall’appellato sig. M D S non incide sulla presente controversia poiché, come la sentenza del Tribunale ordinario sulla quale si è definitivamente espressa quella pronuncia della Corte, essa attiene, per quanto qui rileva, al diritto all’inquadramento degli interessati, e non alla valutazione, ai fini concorsuali, del servizio precedentemente prestato in Amministrazione diversa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2. - Con riferimento al profilo di merito considerato nella sentenza gravata l’appello deve essere accolto.

Come risulta dall’appellata sentenza non vi sono specifiche disposizioni legislative o di contrattazione collettiva che prevedano espressamente l’equiparazione, ai fini di punteggio di graduatoria, tra servizio prestato nella precedente Amministrazione e servizio prestato dopo il trasferimento da quell’Amministrazione ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La sentenza appellata ha ritenuto questa equiparazione escludendo il rilievo del dato formale che nella contrattazione collettiva il comparto della Presidenza del Consiglio riceve disciplina sua propria;
ed ha invece ritenuto fosse da valorizzare un profilo sostanziale, ritenendo che la disciplina di concorso, nella parte relativa al servizio prestato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, tendesse a dare rilievo alla specifica esperienza professionale maturata non in seno a quell’Amministrazione ma nell’esercizio delle competenze proprie di quest’ultima, precedentemente affidate ad altre Amministrazioni poi confluite nella Presidenza del Consiglio;
sicché l’unica distinzione tra la specifica esperienza professionale maturata dagli istanti, rispetto ai dipendenti ab origine inquadrati nei ruoli della Presidenza del Consiglio, sarebbe puramente formale, non essendovi stata alcuna modifica dell’esperienza lavorativa tale da giustificare una diversa valutazione delle competenze acquisite.

Le considerazioni del primo giudice sono focalizzate unicamente sui dipendenti trasferiti da altre Amministrazioni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per i quali in effetti non sussistono, almeno al momento del nuovo inquadramento e nei primi lassi temporali ad esso successivi, significative modifiche d’esperienza lavorativa, così come del resto è in conformità ai

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