Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-09-17, n. 201006982

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-09-17, n. 201006982
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201006982
Data del deposito : 17 settembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02397/2009 REG.RIC.

N. 06982/2010 REG.DEC.

N. 02397/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 2397 del 2009, proposto da:
Liquidazione Coatta Amministrativa Societa' Cooperativa Adelca Srl, in persona del Commissario liquidatore ,rappresentata e difesa dall'avv. M S M, con domicilio eletto presso l’avv.M S M in Roma, via della Vite, 7;

contro

Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dagli avv. F A, G M L, con domicilio eletto presso l’avv.F A in Roma, via G.Bazzoni, 1;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 00080/2008, resa tra le parti, concernente DECADENZA DAL DIRITTO DI SUPERFICIE E RIMESSA IN POSSESSO DI IMMOBILI-RISARCIMENTO DANNI.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del Comune di Portoscuso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 il cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Masini e Asciano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con tre convenzioni stipulate il 21 febbraio 1985, il Comune di Portoscuso cedeva alla Cooperativa Adelca s.r.l. il diritto di superficie su alcune aree ricomprese nel Piano di Zona per l’edilizia economica e popolare per la realizzazione e la cessione di alloggi.

La cooperativa veniva successivamente posta in stato di liquidazione ed il commissario liquidatore procedeva alla trascrizione della liquidazione e di tutti i beni del patrimonio della Cooperativa, ricomprendendovi il diritto di superficie sulle aree ceduto dal Comune, redigendo lo stato passivo (pari ad oltre euro 4.000.000,00) ed indicendo l’asta per la vendita dei terreni e degli alloggi.

Il Comune di Portoscuso, avutane notizia, con deliberazione n.16 in data 18.1.2005 deliberava la decadenza della Cooperativa Adelca dal diritto di superficie ceduto con le convenzioni a suo tempo stipulate per violazione degli obblighi ivi stabiliti e, contestualmente, avviava il procedimento di rimessione in possesso degli immobili.

Il Commissario liquidatore ricorreva dinanzi al Tar per l’annullamento della deliberazione deducendo la violazione dei principi in materia li liquidazione coatta amministrativa essendo inefficaci ed inopponibili ai creditori tutte le vicende che riguardano il patrimonio del debitore posto in liquidazione coatta successive al provvedimento di liquidazione, trascritto anteriormente alla deliberazione di decadenza, l’incompetenza della Giunta comunale , la violazione dell’art. 7 L.241/90 per omessa comunicazione del provvedimento e domandando il risarcimento dei danni patiti, attestati in una relazione tecnica.

Il Tar ha respinto il ricorso, sul rilievo della distinzione della questione della legittimità della deliberazione di decadenza dal diritto di superficie oggetto del giudizio di impugnazione – che nella specie era positivamente accertata - rispetto alla opponibilità nei confronti dei creditori dopo la messa in liquidazione della cooperativa, secondo le regole degli artt. 45 e 200 della legge fallimentare che nulla dispongono in ordine alla legittimità degli atti, disciplinandone solo l’opponibilità ai creditori. Ha ugualmente respinto la censura di incompetenza, per essere l’atto applicativo di specifiche disposizioni convenzionali, e quella di violazione dell’art. 7 della legge sul procedimento, attesa la natura vincolata dell’atto, rigettando conseguentemente la richiesta di risarcimento del danno.

Avverso la sentenza propone appello il Commissario liquidatore per i seguenti motivi:

- violazione dei principi in materia di liquidazione coatta amministrativa, artt. 200 e ss. Legge fallimentare: il Tar avrebbe errato nel considerare distinti i profili della legittimità e dell’opponibilità della deliberazione della decadenza , essendo l’atto dotato di esecutività e, come tale, in contrasto con detti principi. Peraltro , dalla distinzione operata avrebbe dovuto discendere una pronuncia di inammissibilità del ricorso per carenza di lesività del provvedimento, previa declaratoria di inefficacia dei provvedimenti impugnati;

- incompetenza, violazione dell’art. 42 D.Lgs. n. 267/2000: consistendo il provvedimento di decadenza in un atto di disposizione del patrimonio immobiliare, esso rientra nelle competenze che l’art. 42 , comma 1, lett. l D.Lgs. n. 267/2000 attribuisce al Consiglio comunale, al pari del provvedimento con cui il Consiglio comunale ha deliberato la cessione del diritto di superficie , dovendosi equiparare, ai fini della competenza, gli atti costitutivi ed estintivi del diritto. Al limite, la competenza sarebbe da riconoscere in capo al Dirigente del competente ufficio comunale, ma non alla Giunta;

- violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990 : l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ha impedito la partecipazione del Commissario liquidatore al procedimento, non essendo minimamente dimostrata la natura vincolata del provvedimento adottato.

Reitera la richiesta di risarcimento del danno, riportandosi, per la quantificazione, al contenuto della relazione tecnica depositata in primo grado.

Si è costituito in resistenza il Comune di Portoscuso.

Entrambe le parti hanno depositato in prossimità dell’udienza di discussione memorie difensive.

All’udienza del 22 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.L’appello è infondato.

2.Con il primo motivo l’appellante ,censurando la sentenza di primo grado, ripropone nei confronti della deliberazione di decadenza della concessione del diritto di superficie il vizio di violazione degli articoli 200 e ss. della legge fallimentare , che vieterebbero l’ adozione di atti in pregiudizio della liquidazione. Erroneamente il Tar avrebbe operato una distinzione tra legittimità della delibera ed opponibilità dei suoi effetti nei confronti dei creditori posto che dall’adozione in violazione dei principi in materia di liquidazione coatta amministrativa non potrebbe che derivare l’illegittimità dell’atto. Seguendo il proprio ragionamento, il Tar avrebbe dovuto dichiarare semmai il ricorso inammissibile per mancanza di lesività dell’atto.

3.Il motivo è da respingere.

3.1.Va, preliminarmente, considerato che la controversia riguarda l’applicazione della convenzione in data 21.2.1985 per la cessione dal comune alla Cooperativa Adelca del diritto di superficie su aree di proprietà del Comune per la durata di 99 anni ai fini della la realizzazione di alloggi nell’ambito del Piano di Zona per l’edilizia economico popolare ai sensi dell’art. 35 della legge 22.10.1971 n. 865.

Detta convenzione prevede la decadenza del diritto di superficie per il caso di inadempimento di obblighi, quali il mancato rispetto del termine iniziale e finale dei lavori , la violazione del divieto di cessione a terzi del diritto di superficie dell’area non ancora o parzialmente edificata o di cessione di immobili prima del rilascio della licenza di abitabilità .

3.2.Riscontrate alcune tra queste violazioni, rilevato il mancato pagamento del prezzo di cessione e ritenuta la procedura di vendita all’asta avviata dal commissario in contrasto con le finalità pubbliche per le quali il Comune aveva ceduto il diritto di superficie sulle aree,comunque rimaste nel patrimonio indisponibile comunale, la Giunta municipale ,con l’impugnata delibera, ha deliberato la decadenza del diritto di superficie ed autorizzato l’avvio del procedimento di rimessa in possesso degli immobili.

3.3.La controversia attiene, pertanto, all’esercizio dei poteri da parte dell’amministrazione nell’ambito del rapporto di concessione di bene pubblico costituito ai sensi dell’art. 35 L.865/1971 (sulla instaurazione del rapporto di concessione ai sensi della L. n. 865/1971, ex multis Cass. civ. SS.UU 6.5.2003).

3.4.Il Tar ha considerato ininfluente ai fini dell’esercizio di tali poteri la circostanza dell’intervenuta procedura di liquidazione coatta amministrativa ritenendo distinti i piani dell’adozione dell’atto amministrativo e dell’opponibilità degli effetti in applicazione della legge fallimentare, ed in particolare dell’art. 45, nei riguardi dei creditori.

Tale ragionamento è condiviso dal Collegio, dal momento che l’efficacia delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi ,eseguite dopo il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa per l’impresa (cui si applica l’art. 45 della legge fallimentare in virtù dell’espresso rinvio contenuto nell’art. 200)- questione su cui si basa la prospettazione dell’appellante – non incide minimamente sulla legittimità e validità dell’atto emanato dall’amministrazione su cui soltanto è stato chiamato a giudicare il giudice adito.

La funzione della pubblicità degli atti relativi a beni immobili che si attua con il sistema della trascrizione è preordinata al solo fine di regolare i conflitti tra pretese contrastanti , risolvendoli senza incidere sulla efficacia o validità degli atti e non comporta alcun divieto riconducibile, come prospettato dall’appellante, ad un vizio di legittimità sotto forma di violazione di legge. Tale principio generale può essere richiamato per escludere radicalmente ogni correlazione tra inopponibilità e vizi di legittimità dell’atto amministrativo.

3.5.In merito a quest’ultimo, mette conto osservare che l’art. 9 della convenzione fissa, conformemente a quanto stabilito dall’art. 35, comma 8 L. n. 865/1971, numerosi obblighi con la previsione che la loro inosservanza comporta la decadenza della concessione e l’estinzione del diritto di superficie.

Deve, pertanto, ritenersi che la decadenza e l’estinzione del diritto concesso siano configurate come effetto automatico da ricollegarsi al verificarsi della violazione – ad esempio in conseguenza del semplice decorso del termine di inizio o di fine lavori - e che quindi la deliberazione impugnata abbia portata meramente ricognitiva e dichiarativa dei presupposti della decadenza indicati in convenzione.

Il relativo provvedimento è da considerarsi atto dovuto e vincolato per l’amministrazione a nulla rilevando il carattere dell’esecutività (connaturale ad ogni provvedimento amministrativo) rispetto alla salvezza degli effetti della trascrizione rispetto ai terzi.

Va quindi confermata la reiezione del motivo di ricorso con cui si intenderebbe far discendere dalla regola dell’inopponibilità ai creditori degli atti di disposizione dei beni compiuti dall’impresa posteriormente alla liquidazione un vizio di legittimità dell’atto adottato dall’amministrazione nell’esercizio dei propri poteri autoritativi .

3.6.Nè può accogliersi la richiesta – secondo l’appellante discendente dal ragionamento del Tar- di pronuncia di inammissibilità del ricorso di primo grado per l’inefficacia del provvedimento impugnato.

La sanzione dell’inefficacia colpisce, ai sensi dell’art. 44 L.Fall.applicabile anche alla liquidazione coatta amministrativa, gli atti compiuti dall’impresa posteriormente al provvedimento di liquidazione.

Essa non può , pertanto, estendersi agli atti adottati dalla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria funzione.

4.Anche il secondo motivo deve essere respinto.

4.1.Ai sensi dell’art. 42 T.U. E.L. il Consiglio Comunale esprime gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale e gli atti fondamentali di natura programmatoria. Tra questi rientrano gli atti di disposizione del patrimonio immobiliare tra cui , per quanto qui interessa, l’approvazione della cessione del diritto di superficie.

Ai sensi dell’art. 48, alla Giunta è riconosciuta competenza residuale relativamente agli atti non attribuiti alla competenza consiliare o al sindaco (Cons. St.Sez. IV, 11.12.2007, n. 6358, Sez. V, 31.1.2007, n. 383) nonché l’attuazione degli indirizzi generali del Consiglio.

4.2.Nella specie, con la delibera impugnata la Giunta si è limitata a rilevare i presupposti per la decadenza indicati in convenzione ed a dare doverosa applicazione alla convenzione. Non vi è , quindi, alcun esercizio di poteri di disposizione del patrimonio immobiliare comunale che radicherebbe la competenza del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 42, lett. l) del TUEL, divergendo la delibera impugnata dal paradigma del contrarius actus perché diretta non già ad affermare una diversa (e contraria) volontà rispetto a quella manifestata dall’organo consiliare, ma a a dare esecuzione all’indirizzo generale del Consiglio sulle modalità di esecuzione del Programma di edilizia economica e popolare trasfuse nella convenzione.

4.3.Non può inoltre configurarsi in ordine all’adozione dell’atto la competenza del dirigente preposto all’Ufficio comunale, che resta limitata agli atti di gestione in conformità alle direttiva dell’organo di governo espresse attraverso l’impugnata delibera (che ha autorizzato il procedimento di rimessa in possesso delle aree), tanto a prescindere dalla avvenuta conferma da parte del dirigente depositata agli atti del giudizio.

5.Il terzo motivo è altresì infondato.

A norma dell’art. 21-octies l.n. 241/90 il provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento , quale l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art.7, non è annullabile se, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (ex multis, Cons. St. Sez. VI, 8.6.2010, n.3642;
Sez. IV, 25.5.2010, n. 3377).

A tale principio si è uniformato il giudice di prime cure, con motivazione cui il Collegio aderisce. Invero, per quanto sopra esposto, la deliberazione di decadenza e di estinzione del diritto di superficie è configurabile come atto vincolato adottato in presenza dei presupposti indicati dalla convenzione, né parte ricorrente ha confutato la veridicità di tali presupposti adducendo vizi sostanziali e non meramente formali del procedimento.

6.Dalla conferma della decisione di primo grado in ordine alla legittimità della delibera impugnata discende anche la conferma della decisione reiettiva sull’istanza sindacale, impugnata in via derivata.

7. Altresì infondata è la richiesta di risarcimento del danno prodotto dagli atti impugnati,la cui legittimità esclude , sotto il profilo dedotto, ogni pretesa risarcitoria.

8.L’appello va quindi respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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