Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-25, n. 201800497
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Pubblicato il 25/01/2018
N. 00497/2018REG.PROV.COLL.
N. 06066/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6066 del 2015, proposto da:
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore
pro-tempore
, rappresentata e difesa
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliata per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n.12;
contro
G D, rappresentato e difeso dagli avv.ti S C e F L, e presso lo studio di quest’ultima elettivamente domiciliati in Roma, alla via Lucio Sestio n. 12, per mandato a margine del controricorso;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione 2^, n., 3030 del 23 febbraio 2015, notificata il 9 aprile 2015, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n.r. 5143/2014, integrato con motivi aggiunti, sono stati annullati il provvedimento n. 0003543 di prot. del 16 gennaio 2014, di revoca della concessione di ricevitoria del gioco del lotto MI4160-MI4336, con conseguente decreto di incameramento della cauzione mediante escussione di polizza fideiussoria, e il provvedimento n. 21269 del 13 marzo 2014, di decadenza della gestione della rivendita di tabacchi e generi di monopolio n. 178, con condanna al risarcimento del danno liquidato in complessivi € 12.460,68, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di G D;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato dello Stato Giulio Bacosi per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’avv. F L per G D;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Il signor G D è titolare di concessione per la raccolta del gioco del lotto, di cui alla ricevitoria MI4160-MI4336, ubicata in Milano in via Piero della Francesca n. 52, con annessa rivendita di tabacchi e generi di monopolio n. 178.
Con provvedimento del Direttore regionale dell'Ufficio regionale della Lombardia dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli n. 0003543 di prot. del 16 gennaio 2014, comunicato con racc.ta a.r. pervenuta all'interessato il 21 giugno 2014, è stata revocata la concessione, con contestuale ingiunzione di pagamento dell’importo di € 1.169,30 e decreto d’incameramento della cauzione, prestata mediante polizza fideiussoria.
La revoca è stata disposta in relazione al mancato versamento nei termini della suddetta somma costituente saldo a debito proventi di giocate e aggio, relativo alla settimana contabile dell’8 ottobre 2013, come già contestato con diffida di cui alla raccomandata a.r. n. 99219 del 28 ottobre 2013, ricevuta dall’interessato il 7 novembre 2013.
Il signor D provvedeva al versamento in data 27 gennaio 2014 e con ricorso in primo grado n.r. 5243/2014 ha impugnato il provvedimento di revoca e il decreto d’incameramento della cauzione.
Premesso che la raccomandata relativa alla diffida “… seppur regolarmente ritirata, è rimasta giacente assieme ad altre numerose carte ed il signor D senza alcuna specifica volontà inadempiente non ha provveduto al pagamento nel termine indicato ”, e che in generale l’interessato “… ha sempre adempiuto con regolarità agli obblighi derivanti dall’appalto concessogli riversando settimanalmente tutti i proventi del Lotto alla concessionaria indicata, e senza incorrere in altre situazioni di incompatibilità/inadempienza che possano incidere sulla concessione stessa ”, sono state dedotte, in sintesi, le seguenti censure:
1) Eccesso di potere - erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto - violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 34 comma 1 punto 9 della legge n. 1293/1957
La revoca, come prevista dall’art. 2 del disciplinare di concessione, deve intendersi riconducibile all’ipotesi, contemplata dall’art. 34 invocato, di violazione abituale delle norme relative alla gestione, che si invera quando dopo tre trasgressioni della stessa indole entro il biennio, ne viene commessa un’altra nel semestre successivo all’ultima violazione.
Nella specie si è in presenza invece di unica infrazione, e non si è tenuto conto del pregresso regolare adempimento delle obbligazioni convenzionali.
2) Eccesso di potere - violazione falsa applicazione degli artt. 6 e 34, comma 1, punto 9 della legge n. 1293/1957 – carenza di idonea istruttoria e motivazione
Il provvedimento è stato emanato senza alcuna istruttoria e con motivazione carente perché limitata al richiamo alla diffida notificata, che l’interessato “ …purtroppo, ha banalmente ‘dimenticato nel cassetto’… ” senza ricevere alcuna altra successiva comunicazione.
3) Eccesso di potere - violazione e falsa applicazione di norme civilistiche (art. 1454 n. 3 e art. 1455 cod. civ.) - erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto - violazione e falsa applicazione dell’art. 34 della legge n. 1293/1957 - sproporzione ed irragionevolezza del provvedimento
Il richiamo, contenuto nel provvedimento di revoca, all’art. 1454 cod. civ. è erroneo perché, ai sensi del successivo art. 1455 la risoluzione per inadempimento presuppone che esso sia grave e non di scarsa importanza, laddove l’entità della somma dovuta (€ 1.169,30) di per sé lo esclude, potendosi al massimo procedere all’irrogazione di sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 35 della legge n. 1293/1957.
Ne consegue l’irragionevolezza del provvedimento anche in relazione al parametro della proporzionalità.
L’interessato ha altresì formulato domanda di risarcimento del danno, da quantificare in corso di causa, conseguente alla sospensione dell’attività per il blocco dei terminali e l’impossibilità di approvvigionarsi dei tabacchi.
Costituitosi in giudizio, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha a sua volta dedotto l’infondatezza del ricorso.
Con successivi motivi aggiunti il D ha impugnato il consequenziale provvedimento di decadenza
della gestione della rivendita di tabacchi e generi di monopolio, deducendo (si riprende la serie ordinale per chiarezza espositiva):
4) Violazione e falsa applicazione di legge - art. 34-35 legge n. 1293/1957 - violazione del principio di buona amministrazione - Violazione di legge - art. 97 della Costituzione - buon andamento della Pubblica Amministrazione , in relazione all’emanazione del provvedimento in pendenza dei termini d’impugnazione della revoca.
5) Eccesso di potere - per falsità del presupposto giuridico e ingiustizia manifesta , perché la decadenza, in quanto consequenziale alla revoca, presupporrebbe la definitività di quest’ultima.
Con ordinanza n. 1271 del 19 giugno 2014 il T.A.R. per il Lazio ha accolto l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati.
2.) Con sentenza n. 3030 del 23 febbraio 2015, il T.A.R. per il Lazio ha quindi accolto il ricorso, rilevando in sintesi che:
- “ Pur in mancanza di specificazioni al riguardo contenute nel testo del provvedimento impugnato, deve fondatamente ritenersi che la revoca della rivendita di cui trattasi, alla luce del contenuto delle difese dell’amministrazione, sia stata adottata ai sensi dell’articolo 34 della legge n. 1293 del 1957. Infatti, l’articolo 6 della legge 19 aprile 1990, n. 85, “Modificazioni alla legge 2 agosto 1982, n. 528, sull'ordinamento del gioco del lotto”, dispone che “1. A tutte le concessioni del gioco del lotto si applicano le disposizioni di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni, ed al D.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1074, e successive modificazioni ”;
- “ Ciò posto, il richiamato articolo 34, comma 1, della l. n. 1293 del 1957 -alla luce del suo chiaro tenore testuale, nella parte in cui dispone che l'amministrazione “può procedere alla revoca” e non che procede alla revoca- attribuisce all’amministrazione la facoltà discrezionale di adottare la revoca quale sanzione al concessionario che si renda colpevole di una delle condotte ivi puntualmente indicate”, come confermato dal consecutivo art. 35 che prevede l’alternativa irrogazione di sanzioni pecuniarie “…per ogni irregolarità gestionale, comprese quelle passibili di revoca della gestione, che non vengano ritenute di natura e gravità tali da comportare quest'ultima, grave conseguenza ”;
- “… l’amministrazione non ha effettuato alcuna valutazione della fattispecie concreta ancorché l’importo versato in ritardo risulti di entità particolarmente esigua …(e in definitiva)… avuto riguardo alla definitività della revoca, l’amministrazione ha fatto malgoverno della propria discrezionalità, e, soprattutto, non ha correttamente applicato la normativa civilistica in materia di risoluzione per inadempimento, ancorché espressamente richiamata ”, posto che “… l’intimazione, da parte del creditore, della diffida ad adempiere di cui all'art. 1454 cod. civ. e l’inutile decorso del termine fissato per l'adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell'art. 1455 cod. civ., dell'accertamento della gravità dell'inadempimento da effettuare secondo un criterio che tenga conto sia dell'elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell'economia generale del negozio sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite una indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull'interesse del creditore all'esatto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. II^, sentenza n. 3477 del 6 marzo 2012) ”.
Quanto al risarcimento del danno -ritenuta la responsabilità dell’Agenzia che “… ha violato non solo le norme proprie dell’ordinamento di settore (le quali, come si è visto, attribuiscono carattere discrezionale all’atto di revoca), ma anche pacifici principi civilistici in tema di risoluzione per inadempimento dei contratti a prestazioni corrispettive ”- il giudice capitolino ha escluso la possibilità di accordarlo nella misura richiesta di € 23.948,84 per mancati ricavi derivanti dalla tabaccheria per il primo semestre 2014 ed euro 972,52 per mancati ricavi derivanti dalla Sisal, osservando che:
“ In primo luogo, non può riconoscersi, in quanto sfornito di qualsivoglia elemento di prova, il danno da “sviamento di clientela” per il periodo successivo al ripristino delle concessioni .
Quanto, invece, al danno derivante dalla mancata percezione degli aggi nel periodo in contestazione, il sig. D si è limitato ad allegare l’importo di quelli conseguiti nell’anno precedente, sull’assunto che la redditività dell’esercizio per l’anno 2014 sarebbe stata assolutamente identica a quella dell’anno precedente .
Si tratta, tuttavia, di una conclusione non condivisibile, sia in relazione ai fattori di aleatorietà insiti nell’attività di raccolta dei giochi, sia in considerazione del fatto che l’effettivo posizionamento di un esercizio commerciale dipende da una molteplicità di fattori, mutevoli nel tempo (si pensi ad esempio, agli effetti della crisi economico finanziaria, al mutamento delle preferenze dei consumatori ovvero all’apertura di esercizi concorrenti) .
In assenza di elementi di prova circa l’effettiva possibilità, da parte del ricorrente, di conseguire lo stesso reddito dell’anno 2013 anche nel 2014, il danno in questione può essere determinato in via equitativa sulla scorta dell'abbattimento forfetario nella misura del cinquanta per cento, della somma di euro 24.921,36 (corrispondente agli aggi guadagnati nel 2013) e, quindi, in misura pari a euro 12.460,68 .
L'ammontare del risarcimento così stabilito, in quanto debito di valore, dovrà essere aumentato della rivalutazione monetaria e degli interessi legali (cfr., al riguardo, Cons. St., sez. IV, sentenza n. 6287 del 22.12.2014) ”.
3.) A seguito della notificazione della sentenza, avvenuta in data 9 aprile 2015, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha interposto appello notificato l’8 giugno 2015 e depositato il 7 luglio 2015, con il quale senza rubricazione di motivi ne è stata dedotta l’erroneità è ingiustizia, rilevando che:
- la revoca è stata disposta in base all’art. 2 del disciplinare di concessione e dell’ivi richiamato art. 1454 comma 3 cod. civ., come chiaramente indicati sia nella diffida ad adempiere che nel provvedimento, e non già in base all’art. 34 della legge n. 1293/1957, esulando quindi ogni potere discrezionale, e risultando inattendibile la “ dimenticanza ” dell’interessato, anche tenuto conto del pregresso avviso a terminale della società GTech (Lottomatica) sin dal 14 ottobre 2013 e del blocco del terminale stesso;
- l’omesso versamento pure a seguito della diffida e per circa tre mesi e a distanza di sei giorni dalla comunicazione del provvedimento di revoca configura grave inadempimento;
- non sussiste alcun diritto al risarcimento del danno, costituendo la revoca atto dovuto, né diritto alla restituzione della cauzione poiché essa “… non è stata mai incamerata ”, e in ogni caso il giudice amministrativo capitolino “… mostra di non aver tenuto in alcun conto le evidenti negligenze del sig. D (cfr. art. 1227 cod. civ.) ”.
Costituitosi in giudizio con controricorso depositato il 7 settembre 2015, l’appellato ha chiesto declaratoria d’inammissibilità, improcedibilità o il rigetto dell’appello, e la conferma della sentenza gravata.
Con memoria difensiva depositata il 12 giugno 2017 l’appellato, ribadita l’infondatezza dell’appello, e riprodotti i motivi del ricorso in primo grado, ha chiesto la conferma della sentenza “… condannando l’amministrazione pubblica al risarcimento del danno come quantificato nel primo grado di giudizio in £ 24.957,36 oltre al danno successivamente prodottosi ed indicato complessivamente in € 14.083,27, oltre interessi dal dovuto al saldo ”.
All’udienza pubblica del 13 luglio 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è parzialmente fondato, limitatamente alla misura del risarcimento liquidato dal primo giudice in relazione alla dedotta obliterazione dell’art. 1227 cod. civ., mentre la sentenza merita conferma con riguardo alla statuizione di annullamento dei provvedimenti di revoca della concessione di ricevitoria del gioco e della consequenziale decadenza della gestione della rivendita di tabacchi e generi di monopolio.
4.1) In limine il Collegio non può esimersi dal rilevare che l’appellato non ha impugnato, mediante appello incidentale, il capo della sentenza relativo al risarcimento del danno, e all’opposto con il controricorso di costituzione nel giudizio di appello ha chiesto la conferma della medesima sentenza;richiesta reiterata con la memoria difensiva depositata il 12 giugno 2017, pur se contraddetta dalla domanda di riconoscere solo l’intera somma già richiesta nel giudizio di primo grado pari a € 24.957,36 -e accolta solo nella misura della minor somma di € 12.460,68, pari alla metà- bensì di ulteriore somma, pari a € 14.083,27 per danni ulteriori connessi alla tardiva riattivazione dei collegamenti telematici.
E’ evidente, però, che in difetto di rituale e imprescindibile impugnazione del capo di sentenza concernente la liquidazione del danno, quest’ultimo ha acquisito, relativamente all’appellato, efficacia di giudicato, onde esso è inattingibile dallo scrutinio di questo Collegio nel senso invocato con l’inammissibile domanda formulata nella memoria difensiva.
4.2) Nel merito, la sentenza non merita censure quanto all’accoglimento della domanda di annullamento.
4.2.1) 2.1) In punto di fatto deve rammentarsi che il provvedimento di revoca origina, in effetti, dalla violazione dell’obbligo posto dall’art. 30 del d.P.R. 7 agosto 1990, n. 303 (recante il “Regolamento di applicazione ed esecuzione delle leggi 2 agosto 1982, n. 528 e 19 aprile 1990, n. 85 sull’ordinamento del gioco del lotto ”).
La disposizione si inserisce nella precisa scansione temporale e nella trama di obblighi che fanno carico al concessionario e ai raccoglitori.
Il concessionario, ogni mercoledì successivo al giorno dell’estrazione, deve consegnare a ciascun raccoglitore, in via informatica, l’estratto conto riveniente dalle giocate effettuate contenente: il numero e l’importo delle giocate relative all’ultimo concorso;l’aggio corrispondente all’importo delle giocate, di spettanza del raccoglitore;il numero e l’importo delle vincite pagate;il numero e l’importo delle giocate escluse dal concorso dal concessionario e rimborsate;il numero e l’importo delle giocate annullate;l’importo netto a debito, da versare al concessionario, o a credito, da conguagliare nell’estratto conto della settimana successiva (art. 29).
A sua volta il raccoglitore il giorno successivo, ossia il giovedì di ciascuna settimana (ossia il giovedì della settimana successiva alla giocata ) deve versare il saldo a proprio debito a mezzo di una o più aziende di credito che assicurino il servizio su tutto il territorio nazionale o del servizio postale (art. 30).
Il rilievo e l’importanza di tale scansione temporale e del rispetto dei termini fissati è intuitiva poiché, in funzione della strutturazione del gioco, imperniato su estrazioni periodiche ravvicinate, sulla raccolta di un montepremi costituito dal totale delle somme giocate, sul pagamento puntuale delle vincite e/o sul rimborso delle giocate, la funzionalità del sistema, sotto il profilo finanziario e contabile, richiede la massima certezza di regolarità dei flussi finanziari.
4.2.2) Ciò posto, se è indubitabile ai sensi dell’art. 6 comma 1 della legge 19 aprile 1990, n. 85 “ A tutte le concessioni del gioco del lotto si applicano le disposizioni di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni, ed al D.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1074, e successive modificazioni ”, e quindi tra di esse l’art. 34 della legge n. 1293/1957 -il cui n. 9 del comma 1 consente la revoca per la “ violazione abituale delle norme relative alla gestione ed al funzionamento delle rivendite. L'abitualità si realizza quando, dopo tre trasgressioni della stessa indole commesse entro un biennio, il rivenditore ne commetta un'altra, pure della stessa indole, nei sei mesi successivi all'ultima delle violazioni precedenti ”;nondimeno non può obliterarsi che l’art. 21 comma 1 del d.P.R. 303/1990 stabilisce testualmente che:
“ Il rapporto di concessione del gioco del lotto viene disciplinato mediante contratto della durata massima di nove anni da stipularsi con il raccoglitore del gioco da parte del competente ispettorato compartimentale dei Monopoli di Stato ”.
Ne consegue che il disciplinare di concessione può regolare, in modo specifico, l’adempimento degli obblighi del concessionario -beninteso entro il quadro normativo legislativo e regolamentare- e anche le conseguenze della loro violazione e/o inadempimento.
4.2.3) In questa chiave, non può quindi prescindersi dal rilievo che il provvedimento di revoca richiama l’art. 2 del disciplinare e l’art. 1454 comma 3 cod.civ, onde erronea è l’inferenza del giudice amministrativo capitolino secondo cui “… deve fondatamente ritenersi che la revoca della rivendita di cui trattasi, alla luce del contenuto delle difese dell’amministrazione, sia stata adottata ai sensi dell’articolo 34 della legge n. 1293 del 1957 ”.
L’art. 2 del disciplinare prevede testualmente che:
“ Il mancato versamento nel termine di giorni cinque dal ricevimento della lettera raccomandata a.r. con la quale viene intimato l’adempimento, comporta la revoca della concessione, anche a norma dell’art. 1454 c.c. ”.
A sua volta, come noto, l’art. 1454 prevede che:
“ Alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto ” (comma 1).
“ Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore ” (comma 2).
“ Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto ” (comma 3).
4.2.4) Sennonché, non essendo richiamato nell’art. 2 del disciplinare l’art. 1456 cod.civ. (“ I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite ” (comma 1);“ In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva ”), l’effetto della revoca non può ritenersi conseguenza essenziale e ineludibile della decorrenza del termine di adempimento, dovendosi al contrario valutare, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ. il rilievo della violazione dell’obbligazione di cui alla concessione, in termini di effettiva e incidente gravità, ossia tenendo conto “… sia dell’elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell’economia generale del negozio, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite una indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull’interesse del creditore all'esatto adempimento ” (così Cass. Civ., Sez. II, 8 settembre 2015, n. 17748, oltre alla sentenza 6 marzo 2012, n. 3477, richiamata nella sentenza impugnata).
In questo senso sono quindi fondati, e condivisibili, gli ulteriori rilievi del T.A.R. per il Lazio, laddove rileva che la revoca non potrebbe ex se giustificarsi in relazione al mero richiamo della violazione dell’art. 2 del disciplinare, non essendosi data cura l’Agenzia di valutare la gravità del mancato versamento nel termine di somma di danaro comunque relativamente modesta (€ 1.169,30), in relazione alla condotta complessiva tenuta dal ricevitore con riferimento all’adempimento degli obblighi scaturenti dalla concessione.
4.2.5) L’appello è fondato, invece, quanto alla censura dell’omessa considerazione, nella liquidazione del danno, del fatto colposo del creditore ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., posto che lo stesso interessato nel ricorso in primo grado ha ammesso che la diffida ad adempiere cui alla raccomandata a.r. n. 99219 del 28 ottobre 2013 “… seppur regolarmente ritirata, è rimasta giacente assieme ad altre numerose carte …”.
Non è dubbio, in altri termini, che con la dovuta diligenza, connessa all’esame della raccomandata, viceversa “ rimasta giacente ”, l’interessato avrebbe potuto versare la somma dovuta tempestivamente e comunque prima del provvedimento, laddove il pagamento è intervenuto soltanto in data 27 gennaio 2014, alcuni giorni dopo la comunicazione del provvedimento di revoca (avvenuta il 21 gennaio 2014).
Ne consegue che la misura del risarcimento deve essere ridotta in ragione del cinquanta per cento di quella riconosciuta dal T.A.R., rimanendo esso quindi fissato nella somma di € 6.230,34 (seimiladuecentotrenta/34), oltre la maggior somma tra interessi e rivalutazione monetaria.
4.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere accolto nei sensi che precedono, con conseguente parziale riforma della sentenza gravata.
5.) In relazione all’accoglimento solo parziale dell’appello, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate le spese del doppio grado di giudizio.