Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-11-24, n. 202007343

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-11-24, n. 202007343
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007343
Data del deposito : 24 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/11/2020

N. 07343/2020REG.PROV.COLL.

N. 00071/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 71 del 2020, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S G, P D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S G in Roma, via di Monte Fiore 22;

contro

-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati F C, R E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno19 novembre 2020, svolta in modalità da remoto, il Cons. U M e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il mezzo in epigrafe la -OMISSIS- chiede la riforma della sentenza del TAR per la Lombardia, sede di Milano, Sez. III, -OMISSIS-, resa nel procedimento rg -OMISSIS-i quali, affetti da sterilità ed infertilità assolute ed irreversibili, intendevano accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo a carico del servizio sanitario regionale.

1.1. La coppia suddetta impugnava, infatti, in prime cure, la delibera di DGR. -OMISSIS-, con la quale la -OMISSIS- stabiliva di confermare, in via transitoria, fino alla definizione delle tariffe di riferimento a livello nazionale per le prestazioni di PMA eterologa, quanto già indicato nel documento approvato dalla Conferenza delle Regioni e Provincie autonome del 4 settembre 2014 e richiamato dalla dgr -OMISSIS-riguardo al numero di cicli di PMA di tipo eterologo ed età della donna, prevedendo, dunque, un massimo di 3 cicli effettuati nelle strutture sanitarie pubbliche, fino al compimento del 43° anno.

1.2. Il giudice di prime cure, con la pronuncia qui fatta oggetto di gravame, accoglieva il ricorso proposto dai sigg. -OMISSIS-sulla premessa che “una disciplina differenziata per la PMA eterologa rispetto a quella relativa alla PMA omologa sarebbe irrazionale, in quanto non giustificata da alcuna valida ragione scientifica, oltre che lesiva del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Costituzione” . Più in particolare il TAR affermava che la previsione del limite del quarantatreesimo anno di età fosse irragionevole e discriminante, ponendo in essere una disparità di trattamento;
e reputava altresì illegittimo il limite massimo di tre cicli previsto dalla delibera regionale in quanto volto a differenziare il regime di disciplina delle due tecniche terapeutiche.

2. Avverso il suindicato decisum ha interposto appello la -OMISSIS- che, a sostegno della spiegata impugnazione, deduce:

a) l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha debitamente considerato gli studi e i dati scientifici idonei a giustificare il trattamento differenziato tra le due tecniche di PMA in ragione della maggiore difficoltà di successo dell’impianto allogenico in una donna di età superiore a 43 anni: la letteratura scientifica metterebbe, dunque, in evidenza come l’ovodonazione sia un fattore di rischio di per sé, che diventa significativo a 43 anni e altamente significativo dopo i 45 anni;

b) il giudice di prime cure avrebbe, inoltre, trascurato il fatto che le condizioni di età ed il limite al numero di trattamenti a carico del SSR per accedere alla PMA eterologa fossero previsti nelle linee guida dettate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, espressamente richiamate da -OMISSIS- a fondamento della propria determinazione;

c) lamenta, altresì, l’Ente appellante che la pronuncia del TAR non avrebbe considerato gli elementi differenziali tra le due tecniche (criteri di selezione, esami da effettuare sui donatori, crioconservazione dei gameti etc) che giustificherebbero, anche in base allo studio di fattibilità compiuto, la diversità di regime della PMA eterologa anche in ragione del maggior esborso economico richiesto alla PA per garantirne l’accesso.

2.1. Si sono costituiti in giudizio i sigg. -OMISSIS-che ripropongono, ai sensi dell’art. 101 cpa, le censure formulate in primo grado e non delibate dal giudice di prime cure siccome rimaste assorbite nella statuizione di annullamento, chiedendo il rigetto dell’appello proposto dalla -OMISSIS- perché inammissibile e infondato.

2.2. All’udienza del 19 novembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. L’appello della -OMISSIS- è infondato e deve essere respinto.

4. Vale premettere, in via generale, che si ha procreazione medicalmente assistita (di seguito anche PMA) tutte le volte in cui il concepimento non è conseguenza naturale del rapporto tra un uomo e una donna ma l’effetto di un intervento di assistenza tecnica curato da sanitari specializzati.

Com’è noto, è possibile distinguere tra PMA «omologa» (se il materiale biologico appartiene ai genitori del nascituro) e PMA «eterologa» (se il materiale biologico non appartiene ad uno dei due genitori o a nessuno dei due).

4.1. Ai fini di un compiuto inquadramento della res iudicanda , il Collegio ritiene utile, anzitutto, ricostruire la cornice normativa di riferimento onde scrutinare in coerenza con le coordinate da essa evincibili i temi controversi dedotti dalle parti.

Orbene, in coerenza con la suddetta prospettiva metodologica, mette conto evidenziare che referente normativo in materia è la legge 19 febbraio 2004, n. 40 che, originariamente, all’4, comma 3, innovando il precedente permissivo quadro normativo, recava un esplicito divieto di fecondazione con gameti estranei alla coppia.

4.2. Tale divieto è, però, venuto meno a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 10 giugno 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione in argomento nella parte in cui esso stabiliva il divieto del ricorso a tecniche di «procreazione medicalmente assistita» di tipo eterologo.

Gli snodi essenziali del suindicato decisum possono essere così riassunti:

- la scelta della coppia, assolutamente sterile o infertile, di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi, riconducibile agli art. 2, 3 e 31 Cost., la quale, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali, e ciò anche quando sia esercitata mediante la scelta di ricorrere a questo scopo alla tecnica di PMA di tipo eterologo;

- la norma censurata incide, inoltre, sul diritto alla salute, che va inteso nel significato, proprio dell'art. 32 Cost., comprensivo anche della salute psichica oltre che fisica, e la cui tutela deve essere di pari grado a quello della salute fisica, atteso che l'impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio partner, mediante il ricorso alla PMA di tipo eterologo, può incidere negativamente, in misura anche rilevante, sulla salute della coppia;

- la disciplina censurata realizza un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla capacità economica delle stesse, che assurge a requisito dell'esercizio di un diritto fondamentale, negato ai soli soggetti privi delle risorse finanziarie necessarie per poter fare ricorso a tale tecnica recandosi in altri Paesi;

- infine, il divieto assoluto di fecondazione eterologa non è neppure giustificabile dalla necessità di tutelare, nell'ambito del bilanciamento degli interessi costituzionalmente coinvolti, il diritto del nato da PMA di tipo eterologo all'identità genetica, poiché l'ordinamento ammette a determinate condizioni la possibilità per il figlio di accedere alle informazioni relative all'identità dei genitori biologici. Pertanto, il censurato divieto, nella sua assolutezza, è il risultato di un irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in ragione anche del canone di razionalità dell'ordinamento.

Nel percorso argomentativo seguito dalla Consulta assume rilievo centrale il fatto che un intervento sul merito delle scelte terapeutiche, in relazione alla loro appropriatezza, non può nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore, ma deve tenere conto anche degli indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi a ciò deputati, anche in riferimento all’accertamento dell’esistenza di una lesione del diritto alla salute psichica ed alla idoneità e strumentalità di una determinata tecnica a garantirne la tutela nei termini nei quali essa si impone alla luce della nozione sopra posta.

Nel solco delle divisate coordinate la Corte ha, dunque, rilevato che la tecnica in esame (id est PMA eterologa) alla luce delle notorie risultanze della scienza medica, non comporta rischi per la salute dei donanti e dei donatari eccedenti la normale alea insita in qualsiasi pratica terapeutica, purché eseguita all’interno di strutture operanti sotto i rigorosi controlli delle autorità, nell’osservanza dei protocolli elaborati dagli organismi specializzati a ciò deputati.

Le differenze di P.M.A. di tipo omologo ed eterologo, considerate species dello stesso genus , «benché soltanto la prima renda possibile la nascita di un figlio geneticamente riconducibile ad entrambi i componenti della coppia» sono state, in definitiva, ritenute non sufficiente a giustificare una così radicale differenza di regime giuridico.

4.3. Vale, inoltre, soggiungere che, a giudizio della Corte, dalle norme vigenti sarebbe già desumibile una regolamentazione della PMA di tipo eterologo, di guisa che la pronuncia in argomento non avrebbe determinato « incertezze in ordine all’identificazione dei casi nei quali è legittimo il ricorso alla tecnica in oggetto », ovvero quando « sia stata accertata l’esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute ».

In particolare, quanto ai requisiti soggettivi, poiché la dichiarata illegittimità del divieto non incide sulla previsione recata dall’art. 5, comma 1, di detta legge, tale precetto risulta ovviamente applicabile alla PMA di tipo eterologo (come già a quella di tipo omologo);
quindi, alla stessa possono fare ricorso esclusivamente le « coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi ».

4.4 A seguito della sentenza della Corte, ed in mancanza di un intervento a livello statale, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nell’esercizio delle attribuzioni proprie di organismo di coordinamento politico e confronto fra i presidenti delle giunte regionali e delle province autonome, ha inteso fornire indirizzi operativi ed indicazioni cliniche omogenee al fine di “ rendere immediatamente esigibile un diritto costituzionalmente garantito su tutto il territorio nazionale ”, all’uopo approvando un « Documento sulle problematiche relative alla fecondazione assistita eterologa a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 162/2014 ».

Nella suddetta prospettiva, e per quanto qui di più diretto interesse, nell’apposito paragrafo riferito ai “ Requisiti soggettivi delle coppie di pazienti che possono usufruire della donazione di gameti ” il documento approvato espressamente prevede, in via generale, che “ La metodica di PMA eterologa è eseguibile unicamente qualora sia accertata e certificata una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità. Possono far ricorso alla PMA di tipo eterologo coniugi o conviventi di sesso diverso, maggiorenni, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi (art 5, legge 40 /2004). Deve ritenersi applicabile anche per la PMA eterologa il limite di età indicato nella previsione contenuta nell’art. 4 L. 40/04 secondo la quale può ricorrere alla tecnica la donna “in età potenzialmente fertile” e comunque in buona salute per affrontare una gravidanza” , soggiungendo quanto al profilo dell’età che “ su suggerimento delle Società Scientifiche, si sconsiglia comunque la pratica eterologa su donne di età >50 anni per l’alta incidenza di complicanze ostetriche ”.

Di poi, nel paragrafo finale, riferito alla “ fattibilità e aspetti finanziari della fecondazione omologa ed eterologa ”, la Conferenza, nel sottolineare l’urgente necessità dell’inserimento nei LEA delle tecniche di PMA omologa e di quella eterologa, per quanto riguarda i cicli di omologa, ha proposto “.. dei criteri di accesso a carico del SSN, che comprendono l’età della donna (fino al compimento del 43 anno) ed il numero di cicli che possono essere effettuati nelle strutture sanitarie pubbliche (massimo 3), e propone gli stessi criteri d’accesso anche per la PMA eterologa ”.

4.5. Sul tema è, poi, intervenuto il DPCM del 12/01/2017, recante la “ Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ” il quale ha inserito nelle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire, anche quelle relative alla fecondazione assistita di tipo eterologo e ha stabilito che le coppie che si sottopongono alle procedure di PMA eterologa contribuiscono ai costi delle attività nella misura fissata dalle Regioni e dalle Province Autonome. Ciò nondimeno, con circolare del Ministero della Salute del 06/11/2017 prot. 0035643-P avente ad oggetto “ Prime indicazioni per l’applicazione del

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