Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-07-20, n. 202206335

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-07-20, n. 202206335
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206335
Data del deposito : 20 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/07/2022

N. 06335/2022REG.PROV.COLL.

N. 08246/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 8246 del 2021, proposto 1) dalla società semplice agricola Fantoni Giulio e Cristiano, 2) dai signori G R e A R quali soci della omonima società agricola, 3) dal signor F P, 4) dalla società semplice agricola Musa Leopoldo, Angelo e Matteo, 5) dalla società semplice agricola Brugnoli Romano e Stefano, 6) dal signor P C, 7) dal signor D C, 8) dalla società semplice agricola Golfrè Andreasi L. P. e L., 9) dalla signora A S, le società e le aziende in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato E E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Mantova, via Valsesia, n. 61;

contro

l’A.g.e.a. - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), n. 268/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2022 il pres. L M e uditi l’avvocato E E e l'avvocato dello Stato Massimo Di Benedetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1-- Con il ricorso di primo grado n. 4 del 2019 (proposto al TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia), le società e le aziende indicate in epigrafe hanno impugnato le cartelle di pagamento inviate da A.g.e.a., riguardanti gli importi dovuti per i ‘prelievi latte sulle consegne’, a titolo di capitale e di interessi, accertati a loro carico dalla campagna lattiera 1995-96 sino alla campagna 2001-02.

2-- Con la sentenza n. 268 del 2021, il TAR ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ed ha compensato le spese del giudizio.

3— La sentenza impugnata si è basata su due rationes decidendi .

In primo luogo, il TAR ha osservato che:

- il ricorso collettivo non ha individuato in alcun passaggio le specifiche posizioni dei singoli ricorrenti, limitandosi ad articolare censure di carattere generale e non chiarendo a quali tra le aziende collettivamente ricorrenti, ed in che misura, le doglianze siano specificamente riferibili, ed inoltre non ha individuato la potenziale incidenza e il pregiudizio della normativa di volta in volta censurata rispetto alle singole posizioni;.

- non vi è identità di posizioni né sostanziali né processuali fra i ricorrenti, poiché gli atti impugnati riguardano rapporti giuridici e pretese diversi nell’ an , nel quantum, nel tempus , con proprie specificità sostanziali e procedimentali.

In secondo luogo, il TAR ha osservato che le censure formulate sulla prospettata violazione dei principi enunciati alla Corte di Giustizia (con le sentenze 27 giugno 2019 e 11 settembre 2019) risultano precluse, dal momento nella specie gli atti precedenti dell’A.g.e.a. sono stati impugnati in giudizi che si sono conclusi col giudicato di rigetto delle domande.

4-- Con l’appello indicato in epigrafe (composto da 22 pagine), gli originari ricorrenti hanno impugnato la sentenza del TAR ed hanno chiesto che, in sua riforma, le censure di primo grado siano considerate ammissibili e fondate, col conseguente annullamento degli atti impugnati.

Da p. 8, l’atto d’appello contiene censure rivolte avverso la statuizione con cui il TAR ha dichiarato inammissibili le doglianze di primo grado per violazione delle regole sulla proposizione del ricorso cumulativo.

4.1.-- Gli appellanti hanno dedotto che non corrisponderebbe al vero l’osservazione del TAR, secondo cui le originarie censure non consentivano di verificare la loro rilevanza con riferimento alle singole posizioni delle aziende e delle società interessate.

Essi hanno rilevato che le domande giudiziali sono identiche nell’oggetto e anche nella causa petendi ” e che atti impugnati in primo grado hanno lo stesso contenuto e lo stesso tenore, con deduzione delle medesime censure.

Inoltre, essi hanno lamentato la violazione degli articoli 2, 24 e 111 della Costituzione, degli articoli 6 e 13 della CEDU, dell’art. 103 del c.p.c., dell’art. 39 del c.p.a., nonché la violazione dei principi di proporzionalità e del giusto processo, oltre l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza del TAR, rilevando – con richiami giurisprudenziali - che sussisterebbero tutti i presupposti per la proposizione di un ricorso collettivo.

Gli appellanti hanno anche dedotto che, in considerazione dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia, gli atti impugnati risulterebbero nulli, per la prevalenza del diritto europeo e del decisum della medesima Corte, rispetto alle regole nazionali.

4.3.-- In data 6 giugno 2022, gli appellanti hanno depositato una memoria difensiva, con cui hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.

5-- L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio in data 4 ottobre 2021 ed ha chiesto il rigetto dell’appello.

6-- Ritiene la Sezione che l’appello vada respinto, poiché il TAR ha correttamente dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, con le due rationes decidendi sopra esposte.

7-- Gli importi dovuti nel caso di superamento delle quote latte riguardano specifici rapporti di credito-debito intercorrenti tra i produttori e l’A.g.e.a., pur quando gli importi risultati dovuti sono determinati tenendo conto delle posizioni degli altri allevatori e anche se vi siano stati meccanismi di calcolo, basati ad esempio sulle ‘compensazioni’ conseguenti al mancato utilizzo per intero delle quote spettanti ad altri allevatori.

In altri termini, gli atti emessi in materia dell’A.g.e.a. nei confronti degli allevatori, pur quando si riferiscano a conteggi o a elenchi riguardanti altri allevatori, hanno natura di atti plurimi scindibili.

I singoli rapporti giuridici tra l’A.g.e.a. e gli allevatori rilevano in sé e nei rapporti inter partes, quali rapporti di credito-debito del tutto autonomi da quelli intercorrenti tra l’A.g.e.a. e gli altri allevatori (tanto che le sentenze di annullamento di atti, a tutela di posizioni individuali, non riguardano di per sé gli altri rapporti giuridici che non siano stati sottoposti all’esame del giudice).

Pur quando i provvedimenti siano emanati simultaneamente nei confronti di più allevatori e abbiano un contenuto identico per le singole posizioni, ogni rapporto intercorrente tra il singolo allevatore e l’A.g.e.a. ha una propria autonomia.

Il singolo rapporto può nascere e può essere modificato con un atto che abbia uno o più destinatari, pur versanti in situazioni identiche o simili, e - quando è emesso un atto plurimo scindibile – è soggetto alle comuni vicende riguardanti i crediti: per ogni allevatore, possono esservi atti interruttivi della prescrizione, atti di ricognizione del debito, possibili compensazioni, proposizioni di ricorsi giurisdizionali (che comportano l’esigenza di verificare quale sia stata l’incidenza di eventuali ordinanze cautelari di accoglimento o anche di sentenze di accoglimento, se del caso riformate in sede d’appello).

Ogni rapporto giuridico intercorrente tra l’A.g.e.a. e il singolo allevatore per la sua autonomia - da un lato - resta di per sé insensibile alle vicende che riguardano gli altri rapporti giuridici intrattenuti dall’A.g.e.a. e – dall’altro – è suscettibile di avere evoluzioni in senso modificativo od estintivo, non rilevando le vicende modificative od estintive riguardanti altri allevatori.

8.-- Sul piano processuale, l’autonomia del singolo rapporto giuridico intercorrente tra l’allevatore e l’A.g.e.a. comporta che, qualora l’A.g.e.a. avanzi una pretesa nei confronti dell’allevatore, questi abbia l’onere di formulare censure chiare e determinate nei confronti del provvedimento amministrativo che intenda impugnare.

Il fatto che il creditore sia lo stesso soggetto (l’A.g.e.a.) non giustifica di per sé che i ricorsi giurisdizionali contro i suoi atti contengano censure ‘di principio’, senza alcun richiamo a quale sia la concreta situazione da porre all’esame del giudice.

Il ricorso del singolo allevatore, per risultare ammissibile, deve specificare quanto meno quale sia la pretesa posta dall’A.g.e.a. a base del proprio provvedimento e quali siano il petitum (cioè la domanda di ritenere non dovuto in tutto o in parte l’importo determinato dall’Amministrazione) e la causa petendi (la ragione giuridica posta a fondamento della pretesa).

Affinché la censura risulti chiara ed intellegibile (e non generica), ed affinché essa sia considerata rilevante, occorre dunque che il ricorso del singolo allevatore non solo lamenti ‘in astratto’ un vizio, ma individui ‘in concreto’ come la fondatezza della censura comporterebbe l’accertamento o della non spettanza dell’intero importo richiesto dall’A.g.e.a. o della non spettanza di una parte dell’importo, con conseguente riduzione del dovuto: le sentenze non possono affermare ‘principi astratti’, se non risulta la rilevanza della questione sulle posizioni individuali.

E’ dunque indispensabile non solo indicare quale sia l’annata lattiera oggetto del giudizio (o quali siano le annate lattiere), dovendosi verificare quali siano le disposizioni europee e quelle nazionali applicabili, ma occorre anche determinare quale sia il quantum della pretesa dell’Amministrazione e quale sia la somma inferiore che invece ritenga dovuta il ricorrente, ovvero occorre precisare se l’accoglimento della censura comporti che proprio nulla sia dovuto.

La specificazione di una tale censura è necessaria anche sulla base dei principi del giusto processo e degli articoli 24 e 111 della Costituzione, poiché:

- si deve consentire all’Amministrazione intimata di potersi difendere, con riferimento ad una domanda chiara nel suo contenuto e avente per oggetto deduzioni specifiche e concrete;

- si deve consentire al giudice di emanare sentenze che siano utili ‘in concreto’ e che non rischino di essere ‘astratte’, perché non riferibili concretamente al caso posto al suo esame.

9.-- Tali considerazioni di carattere processuale, già di per sé rilevanti quando vi sia il ricorso del singolo allevatore, a maggior ragione rilevano quando sia proposto un ricorso collettivo, pur quando si tratti di quote latte.

La circostanza che – anche per esigenze organizzative – l’Amministrazione emana atti plurimi scindibili, menzionando più allevatori nello stesso provvedimento, ovvero la circostanza che siano emanati atti di contenuto identico, non elimina l’esigenza che i ricorsi giurisdizionali siano chiari e determinati nel loro contenuto e, anzi, la rafforza.

Anche in considerazione della complessità della normativa europea e di quella nazionale succedutasi nel tempo, le censure dei ricorrenti devono essere specifiche, indicare con chiarezza il petitum e la causa petendi e dunque consentire la comprensibilità delle censure sia da parte dell’Amministrazione intimata, che da parte del giudice.

L’Amministrazione deve poter approntare una adeguata difesa (se del caso depositando gli atti riguardanti le specifiche posizioni individuali, specie quando sia stata dedotta la prescrizione, la decadenza o la compensazione).

Inoltre, occorre consentire che lo stesso giudice possa verificare se le censure siano rilevanti e se, nel caso di loro accoglimento, le sue statuizioni si possano correttamente riferire a specifiche posizioni individuali.

In altri termini, sotto tale profilo non è conforme ai principi enunciati dal codice del processo amministrativo la pretesa di più ricorrenti che propongano censure richiamando distinti rapporti giuridici e chiedendo l’affermazione di ‘principi’, senza consentire al giudice di verificare su quali rapporti giuridici (e come) andrebbero ad incidere le proprie statuizioni.

Del resto, nel sistema della giustizia amministrativa le sentenze devono contenere statuizioni chiare ed idonee a passare in giudicato e non si può ammettere che il contenzioso – in presenza di sentenze astratte ‘di principio’ - si ripeta ineluttabilmente nella sede d’ottemperanza per verificare se e in che limiti le eventuali statuizioni di accoglimento del giudizio di cognizione abbiano inciso sulle singole sfere giuridiche.

Va pertanto affermato il principio per il quale il ricorso introduttivo – se proposto collettivamente – deve contenere per i singoli rapporti giuridici, e con la necessaria chiarezza e precisione, tutte le indicazioni indispensabili affinché l’Amministrazione intimata possa adeguatamente difendersi innanzi al giudice, e affinché lo stesso giudice possa verificare il come le sue eventuali statuizioni di accoglimento vadano ad incidere sulle posizioni individuali.

Si deve anche considerare - nel contenzioso riguardante le quote latte – che alla pretesa dell’Amministrazione avente per oggetto una somma di denaro si contrappone la pretesa del ricorrente di pagare una somma inferiore o di non pagare affatto.

Non è dunque disagevole per la parte ricorrente il rispetto della regola di chiarezza e precisione, per la quale è suo onere indicare – unitamente alla censura formulata – anche quale debba essere l’incidenza dell’auspicata sentenza di accoglimento sul singolo rapporto giuridico che la riguarda.

10.-- Anche sulla base di tali considerazioni, ritiene la Sezione di dover ribadire e fare propria la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, che si è specificamente formata in materia di contenzioso sulle quote latte.

Al riguardo, si è osservato che – quando è proposto un ricorso collettivo e cumulativo – le censure:

- ‘implicano un onere di differenziazione e specificazione della censura in funzione delle singole posizioni’ (Cons. Stato, Sez. II, 23 maggio 2019, n. 3371);

- sono inammissibili quando riguardano senza adeguate specificazioni ‘pretesi vizi della concreta determinazione dell’importo singolarmente dovuto da ogni azienda’ (Cons. Stato, Sez. III, 2019, n. 1889);

- sono inammissibili quando – nel dedurre la maturata prescrizione – non si riferiscono ‘ai singoli e distinti rapporti obbligatori che legano ciascuno dei ricorrenti all’Amministrazione, siccome inevitabilmente contraddistinti, quanto a genesi e gestione del rapporto, a presupposti del tutto autonomi’ (Cons. Stato, Sez. III, 1° aprile 2022, n. 2425;
sez. III, 27 aprile 2022, n. 3262, Sez. III, 27 aprile 2022, n. 3267;
Sez. III, 11 novembre 2021, n. 7527), il che va affermato anche quando si deducano generiche censure sulla ‘compensazione’ (Cons Stato, Sez. III, 21 dicembre 2021, n. 8488;
Sez. II, 23 maggio 2019, n. 3371) o sulla prescrizione (Cons Stato, Sez. III, 21 dicembre 2021, n. 8488);

- sono inammissibili se ‘non è dato comprendere quali siano, nello specifico, i fatti costitutivi della pretesa avanzata da ciascuna azienda, in relazione alla situazione di ciascuna di esse’ o ‘se vi sia conflitto (anche solo potenziale) fra le ragioni di tali pretese, dal momento che il gravame si risolve in una (reiterazione della) critica ‘di sistema’ alla disciplina dei provvedimenti in materia di quote latte’ (Cons. Stato, Sez. III, 27 aprile 2022, n. 3267);

- sono inammissibili se si sia lamentato ‘genericamente l’illegittimità ora delle previsioni nazionali relative al recupero supplementare rispetto alla normativa comunitaria o ai principi costituzionali, ora la violazione delle norme che regolano il procedimento amministrativo, nonché della procedura normata dall’articolo 8 quinquies della legge 33 del 2009, ora gli errori nella determinazione dell’ an e del quantum intimato, senza mai dedurre effetti specifici e diretti a loro pregiudizio correlati ai vizi’ dedotti, tale da non rendere possibile il riferire le censure alle singole posizioni (Cons. Stato, Sez. III, 7 giugno 2022, n. 4630).

Va pertanto anche condiviso l’orientamento per il quale – anche nel giudizio di impugnazione in tema di quote latte – ‘la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i vizi-motivi si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo’ (Cons. Stato, Sez. III, 11 novembre 2021, n. 8527).

Tali considerazioni rilevano a maggior ragione, quando con un unico ricorso distinti interessati impugnano atti riguardanti annate lattiere differenti (Cons. Stato, Sez. III, 11 novembre 2021, n. 8527, cit.).

Infatti, le regole processuali non consentono che – in assenza della necessaria specificazione della parte ricorrente – il giudice debba verificare, in sede di esame dei singoli motivi di ricorso, quali di essi riguardino un ricorrente e quali un altro ricorrente, non consentono che in presenza di una deduzione generica – ad esempio sulla violazione dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia – il giudice debba d’ufficio verificare per quali singoli rapporti sia rilevante, né consentono, quando si eccepisca la prescrizione, di esaminare posizione per posizione quali siano le date rilevanti di esigibilità del credito, di interruzione , ecc.: tutto ciò costituisce onere per il ricorrente, dovendo il giudice verificare se le deduzioni di parte (complete nella descrizione dei fatti) siano o meno fondate.

10.-- Per le considerazioni che precedono, ritiene la Sezione che la sentenza impugnata abbia correttamente dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.

Effettivamente le censure originarie, pur dettagliate con riferimento a specifiche tematiche concernenti la normativa di settore, non hanno individuato nei loro passaggi argomentativi ‘le specifiche posizioni dei singoli ricorrenti’, non hanno individuato le possibili incidenze delle invocate statuizioni del giudice sui singoli ricorrenti e per le singole annate, non hanno chiarito come una favorevole sentenza sarebbe potuta andare a vantaggio di tutti.

Come ha correttamente evidenziato la sentenza appellata, non vi è identità di posizioni né sostanziali né processuali fra gli esponenti. Le cartelle impugnate con il ricorso, così come le intimazioni di pagamento oggetto del ricorso per motivi aggiunti, attengono a distinti e autonomi rapporti creditori diversi nell’ an , nel quantum , nel tempus , con proprie specificità sostanziali e procedimentali

11.—Quanto alla seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, le censure dedotte nell’atto d’appello vanno dichiarate inammissibili, poiché essa risulta generica, per le medesime ragioni sopra esposte, poiché non si è specificato quale incidenza dovrebbe avere tale sentenza sui singoli atti impugnati e sulle singole posizioni.

Peraltro, risultano infondate e vanno respinte le deduzioni secondo cui gli atti impugnati risulterebbero nulli, alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia, poiché nella specie si è in presenza di ‘rapporti esauriti’:

la natura autoritativa di un provvedimento amministrativo non viene meno se la disposizione attributiva del potere è poi dichiarata incostituzionale (Ad. Plen., sent. n. 8 del 1983) o si manifesta in contrasto col diritto europeo (Cons. Stato, Sez. II, 7 arile 2022, n. 2580;
Sez. II, 25 marzo 2022, n. 2194;
Sez. II, 16 marzo 2022, n. 1920), a maggior ragione quando – come nella specie – il contrasto col diritto europeo non ha riguardato la disposizione attributiva del potere, ma una regola sui criteri da seguire per il legittimo esercizio del potere;

tali considerazioni rilevano sia quando la cartella di pagamento non sia stata a suo tempo impugnata (Cons. Stato, Sez. III, 17 maggio 2022, n. 3910), sia, a maggior ragione, quando essa sia stata impugnata e si sia formato un giudicato, rilevante ai sensi dell’art. 2909 del codice civile, applicabile anche per i rapporti di diritto pubblico.

12.-- Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

La condanna al pagamento delle spese del secondo grado segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

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