Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-11-15, n. 201205772

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-11-15, n. 201205772
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205772
Data del deposito : 15 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00784/2011 REG.RIC.

N. 05772/2012REG.PROV.COLL.

N. 00784/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 784 del 2011, proposto dal Consorzio Lecole, in persona del legale rappresentante pro tempore, in qualità di capogruppo dell’a.t.i. con la società S.C.E.P. - Società Cinematografica e Pubblicità in accomandita semplice - rappresentato e difeso dagli avvocati R B, P P, S S e F T, con domicilio eletto presso R B in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 24;

contro

Regione Campania, in persona del presidente pro tempore, non costituito;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. della Campania – Napoli - Sezione III, n. 21439 del 25 ottobre 2010.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il consigliere V P e uditi per le parti gli avvocati Bifulco e Tedeschini per la parte appellante e Bove per l’amministrazione regionale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Consorzio Lecole, in qualità di capogruppo dell’a.t.i. con la società S.C.E.P. - Società Cinematografica e Pubblicità in accomandita semplice – (in prosieguo Consorzio Lecole), ha partecipato alla gara di appalto- concorso per l’affidamento del servizio concernente la realizzazione di studi e analisi sulle modalità di trasferimento delle buone prassi e dei modelli esemplari per la formazione, indetta con decreto dirigenziale n. 67 del 15 maggio 2006 nell’ambito dell’intervento approvato con delibera di giunta regionale n. 457 del 19 aprile 2006 (cd. azione K che aveva destinato a tale scopo 3 milioni di euro a valere sulla misura 3.5. lett. K del P.O.R. Campania per gli anni 2000 - 2006), classificandosi al terzo posto dopo le imprese Ernst &
Young (1°) e De Lorenzo Formazione s.r.l. (2°).

1.1. L’appalto è stato aggiudicato alla prima classificata con decreto n. 66 del 28 marzo 2007 per un importo di euro 2.395.000.

1.2. Successivamente i decreti dirigenziali nn. 18 del 26 gennaio 2007 e 95 dell’11 giugno 2007 hanno finanziato anche i progetti della seconda e terza classificata (per un importo complessivo di euro 8.775.638,40) riallocando le attività di cui alla misura 3.5. “Azione K”, sulla misura 3.9. “Azione di sistema” (capiente dal punto di vista finanziario), e dettando misure organizzatorie per adeguare la progettazione esecutiva allo scopo di evitare duplicazioni relative agli ambiti di analisi ed ai modelli di trasferimento proposti (con quelli offerti dalle imprese 1° e 2° classificata), anche nella prospettiva della programmazione per gli 2007 – 2013.

1.3. Il Consorzio Lecole ha quindi stipulato il contratto con la regione in data 3 agosto 2007 e ha portato a termine il progetto.

1.4. Con note del 15 e 16 aprile 2009 la regione ha comunicato, rispettivamente al responsabile della misura 3.5. e al responsabile della misura 3.9 di aver ricevuto in data 7 aprile 2009 una relazione tecnica da parte del coordinatore dell’Ufficio di Piano – controlli di II livello che, in sede di verifica dell’intervento finanziato, aveva riscontrato criticità di natura amministrativa tali da comportare la decertificazione della spesa pari a € 8.775.683,40.

Giova fin da ora precisare che l’Ufficio di controllo si è attivato in quanto il progetto in questione è stato sorteggiato nell’ambito dei controlli a campione voluti dalla normativa comunitaria ai sensi dell’art. 10 del reg. CE n. 438/2001 ai fini della validazione della spesa;
dalla relazione emergono una serie di gravi illegittimità che hanno riguardato il procedimento di concessione del finanziamento al Consorzio ricorrente;
in particolare è stato evidenziato che con i decreti dirigenziali sopra citati (d.d. n. 87/2007, d.d. n. 95/2007 e d.d. 125/2007):

a) è stata elevata la spesa dagli iniziali 3 milioni di euro agli 8,775 milioni, spostandoli dalla misura 3.5. alla misura 3.9;

b) è stata scelta la procedura accelerata per l’appalto concorso senza una adeguata motivazione;

c) sono stati modificati i progetti presentati dai concorrenti aggiudicatari a gara conclusa;

d) è stato deliberato lo scorrimento della graduatoria dopo la scadenza del bando e in piena istruttoria;

e) sono stati mantenuti fermi i prezzi delle offerte nonostante la successiva modifica dei progetti;

f) nella sostanza è stato deliberato più che un ampliamento delle attività inizialmente programmate una modifica dei progetti per realizzare una ripartizione per tipologia di intervento tra i 3 soggetti aggiudicatari;

g) la impossibilità di certificare la spesa eseguita.

1.5. Il responsabile della misura 3.5. ha suggerito, con nota del 23 aprile 2009 (prot. 2009.0349422) di decertificare non l’intero progetto bensì solo le somme (€ 5.901.638), che avevano consentito lo scorrimento della graduatoria al 2° e al 3° classificato della procedura ad evidenza pubblica. Conseguentemente il responsabile della misura 3.9 ha comunicato, in data 24 giugno 2009 (prot. 2009.056085) l’avvio del procedimento amministrativo di revoca in autotutela del finanziamento e, acquisite le osservazioni del Consorzio interessato, infine, ha adottato il provvedimento impugnato (decreto dirigenziale n. 673 dell’8 settembre 2009).

2. Avverso il decreto n. 673 del 2009 è insorto davanti al T.a.r. della Campania il Consorzio Lecole articolando cinque autonomi motivi.

3. L’impugnata sentenza - T.a.r. della Campania – Napoli - Sezione III, n. 21439 del 25 ottobre 2010 -:

a) ha respinto, con dovizia di argomenti, tutti i motivi posti a base del ricorso;

b) ha compensato fra le parti le spese di lite.

4. Con atto ritualmente notificato (in data 21 e 27 gennaio 20011) e depositato (in data 3 febbraio 2011), il Consorzio ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza contestandone le statuizioni sfavorevoli anche attraverso censure nuove.

5. Non si è costituita la Regione Campania.

6. All’udienza pubblica del 6 novembre 2012:

a) è comparsa, nell’interesse della Regione Campania, l’avvocato A B che ha chiesto l’autorizzazione a depositare memoria di costituzione e il fascicolo di parte relativo al giudizio di primo grado;

b) gli avvocati di controparte si sono opposti;

c) il collegio ha negato l’autorizzazione alla costituzione in giudizio in considerazione della palese tardività del deposito della documentazione e della memoria, a mente del combinato disposto degli artt. 38, co.1, 46, 5495-93cf-d1294e9bf17a::LRB56D80AD6CB8F4848EA2::2010-07-07" href="/norms/codes/itatexti9fkbifolgczza/articles/itaart7hbzekyrdd4d5j?version=57caaebe-e509-5495-93cf-d1294e9bf17a::LRB56D80AD6CB8F4848EA2::2010-07-07">co. 1, 54, co.1, 73, co. 1 e 101, co. 2, c.p.a.;

d) la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Preliminarmente il collegio:

a) rileva l’inammissibilità dell’introduzione, per la prima volta nel giudizio di appello, di doglianze ulteriori rispetto a quelle che, proposte con atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del thema decidendum in prime cure;
non si può tener conto di tali profili nuovi perché sollevati in spregio al divieto dei nova sancito dall’art. 104, co.1, c.p.a. (cfr., ex plurimis , Cons. St., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2232;
sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640;
ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26, cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.);
conseguentemente, per ragioni di comodità espositiva, prende in esame direttamente i motivi posti a base dell’originario ricorso al T.a.r;

b) ribadisce l’inammissibilità della costituzione in giudizio della regione direttamente all’udienza pubblica di discussione in quanto tale facoltà è prevista esclusivamente in sede cautelare (art. 55, co. 7, c.p.a.) e non risultano dedotte le ragioni che avrebbero reso estremamente difficile la produzione tempestiva della memoria e dei documenti tali da consentire al collegio l’esercizio dell’eccezionale potere di rimessione in termini sancito dall’art. 54, co. 1,c.p.a.

7.1. Con il primo motivo dell’originario ricorso di primo grado (pagine 6 – 8) è stata dedotta la violazione degli artt. 3, 21 quinquies e 21 octies della legge n. 241 del 1990;
si sostiene che dall’esame del contenuto del provvedimento impugnato non si comprendono né le ragioni della decertificazione né quelle della revoca del finanziamento e l’organo procedente non ha esibito, in quanto asseritamene non acquisita agli atti dello stesso, la relazione tecnica del 7 aprile 2009 redatta dall’Ufficio di controllo, cosicché non può neppure configurarsi una motivazione per relationem del provvedimento.

7.1.1. Il motivo è infondato.

7.1.2. Il provvedimento è motivato dalle criticità di natura amministrativa riscontrate dall’Ufficio di controllo che dà conto di una serie di illegittimità amministrative commesse nel procedimento di assegnazione del finanziamento che rendono necessaria la decertificazione della spesa dell’intero progetto (per l’importo pari a € 8.775.683,4).

Dalla ricostruzione dei fatti emerge con chiarezza come l’amministrazione sia intervenuta con un provvedimento di secondo grado annullando d’ufficio in autotutela la concessione del finanziamento ab origine illegittima.

La rimozione dell’atto, impropriamente qualificata revoca, si è resa necessaria dopo aver preso atto dei rilievi contenuti nella relazione tecnica redatta dall’Ufficio controlli.

Da quanto precede risultano chiaramente le violazioni compiute a danno della disciplina comunitaria e nazionale in materia di gare e assegnazione dei contributi comunitari che rendono evidenti le ragioni che hanno determinato l’amministrazione regionale ad intervenire con l’impugnata revoca del finanziamento.

Tanto premesso in ordine alla esatta individuazione della natura giuridica del provvedimento impugnato, la sezione osserva che l’art. 3 della legge n. 241 del 1990 consente l’uso della motivazione per relationem con riferimento ad altri atti dell’amministrazione che devono essere indicati e resi disponibili nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione e di chiederne la produzione in giudizio.

Nella fattispecie il provvedimento di revoca del finanziamento è stato motivato rinviando alle criticità amministrative descritte nella dettagliata relazione tecnica del 7 aprile 2009 dell’Ufficio controlli.

L’erronea risposta del dirigente del settore all’istanza di accesso in questo senso formulata dal Consorzio (nella quale si afferma di non avere a disposizione la relazione agli atti, invece che acquisirla dall’organo competente e metterla a disposizione), non vale a rendere il provvedimento privo di motivazione.

Inoltre, come correttamente sottolineato dall’impugnata sentenza, la stessa relazione è stata resa disponibile dall’amministrazione nel corso del giudizio di primo grado ma non ha formato oggetto di motivi aggiunti.

L’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo non può ritenersi violato quando, anche a prescindere dal tenore letterale dell'atto finale, i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni e l' iter motivazionale della determinazione assunta attraverso la lettura degli atti afferenti alle diverse fasi in cui si articola il procedimento;
tanto in omaggio ad una visione non meramente formale del’obbligo di motivazione ma coerente con i principi di trasparenza, solidarietà e lealtà gravanti anche sul privato e desumibili dagli artt. 2 e 97 Cost. (cfr. Cons. giust. amm., 29 marzo 2012, n. 364;
Cons. St., sez. IV, n.8291 del 2010;
sez. V, 20 maggio 2010 , n. 3190, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, 88, co. 2, lett. d), e 120, co. 10, c.p.a.).

Nel caso di specie risultano evidenti le ragioni che hanno determinato l’amministrazione all’intervento in autotutela consistenti in numerose illegittimità commesse dalla stessa regione nel procedimento di assegnazione del finanziamento comunitario.

7.2. Con il secondo motivo (pagine 8 - 10), è stata dedotta la violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 in quanto non sussistevano i presupposti della revoca (sopravvenuti motivi di pubblico interesse, i mutamenti della situazione di fatto, la nuova valutazione dell’interesse pubblico originario) e non era stato previsto alcun indennizzo avuto anche riguardo al fatto che l’atto impugnato incideva su un rapporto negoziale, ovvero il contratto stipulato in data 3 agosto 2007, ormai portato a termine.

7.2.1. Il motivo è infondato.

7.2.2. Come assodato al precedente punto 7.1. il provvedimento di secondo grado è qualificabile come atto di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 in quanto teso a rimuovere un provvedimento ab origine illegittimo e non come revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, per mutamenti della situazione di fatto o per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (art. 21 quinquies ).

Ritiene poi il collegio che nel caso di specie sussistano tutti i presupposti richiesti dall’art. 21 nonies cit, nell’interpretazione datane, seppure in altri contesti, dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale l’esercizio del potere di autotutela di provvedimenti che comportano un illegittimo esborso di pubblico denaro non richiede una specifica valutazione sulla sussistenza e prevalenza dell’interesse pubblico, essendo questo in re ipsa nella indebita erogazione di benefici economici a danno della finanze pubbliche, senza che assuma rilievo in senso contrario il decorso del tempo (cfr. Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2010, n. 743, relativa a fattispecie concernente l’annullamento in autotutela di procedure di gara;
sez. VI, 23 aprile 2009, n. 2910, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, 88, co. 2, lett. d), e 120, co. 10, c.p.a.).

Ritiene il collegio che nel caso di specie l’impossibilità di disporre delle risorse finanziarie messe a disposizione dalla Comunità europea per le numerose e gravi irregolarità compiute nella assegnazione delle stesse rendono la revoca del finanziamento non solo legittima ma addirittura dovuta. Ciò a prescindere dalla effettiva decertificazione della spesa che il ricorrente afferma non essere mai avvenuta.

La sola presenza dei gravi vizi del procedimento riscontrati ex post dall’amministrazione e, come sopra ricordato, rimasti incontestati da parte ricorrente, giustificano, infatti, l’esercizio del potere di autotutela.

In questo senso si è espressa questa sezione, in sede cautelare, nell’analogo giudizio instaurato dalla impresa 2° classificata De Lorenzo Formazione s.r.l. (cfr. ordinanza n. 1798 del 20 aprile 2011 che ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza del T.a.r. Campania n. 640 del 2011 nel presupposto del carattere doveroso dell’esercizio dell’autotutela).

7.3. Con il terzo motivo (pagine 10 – 11), è stata lamentata la violazione del principio del legittimo affidamento, del principio di buona fede e di correttezza dell’azione amministrativa alla luce della stabilità dei vincoli contrattuali.

7.3.1. Il motivo è infondato.

7.3.2. Alla luce delle considerazioni che precedono l’interesse pubblico alla revoca dell’illegittimo finanziamento al ricorrente prevale sull’eventuale affidamento ingenerato nello stesso.

Soprattutto, considerando le modalità palesemente illegittime attraverso le quali il ricorrente si è visto assegnare il finanziamento comunitario (violazione del principio di immodificabilità del bando, della pubblicità degli atti di gara, violazione della par condicio ), è da escludere che si possa essere ingenerato un qualsiasi legittimo affidamento (cfr. sul punto i principi affermati da Cons. St., sez. IV, n. 8291 del 2010 cit.;
sez. V, n. 743 del 2010 cit., cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, 88, co. 2, lett. d), e 120, co. 10, c.p.a.).

7.4. Con il quarto motivo (pagina 11), è stata contestata la violazione dell’art. 3, co. 4, della legge n. 241 del 1990 non essendo stato indicato né il termine per la proposizione del ricorso né l’autorità alla quale rivolgersi.

7.4.1. Il motivo è infondato.

7.4.2. E’ ius receptum che la mancata indicazione dei termini e dell’autorità alla quale è possibile proporre ricorso non è motivo di illegittimità dell’atto impugnato bensì di mera irregolarità (cfr. fra le tante C.d.S., sez. V, n. 7243 del 2009, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, 88, co. 2, lett. d), e 120, co. 10, c.p.a.).

7.5. Con il quinto mezzo (pagine 11 – 15), è stato dedotto eccesso di potere per irrazionalità, contraddittorietà, disparità di trattamento, difetto di motivazione, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria sotto vari profili: per non aver mosso l’amministrazione alcun rilievo in merito alle attività espletate dal ricorrente;
per essere stata decertificata la sola spesa inerente ai progetti classificati al 2° e 3° posto;
per aver considerato la revoca del finanziamento necessitata dalla decertificazione.

7.5.1. Il motivo è infondato.

7.5.2. Quanto al primo punto, si è già chiarito come la revoca del contributo comunitario non tragga origine da un inadempimento delle obbligazioni assunte con il contratto, bensì dalla originaria illegittimità nell’esercizio del potere concessorio da parte dell’amministrazione. Sotto questo profilo si palesa irrilevante la censura della omessa contestazione al ricorrente di eventuali prestazioni inesatte.

Con riguardo alla presunta contraddittorietà nell’operato dell’amministrazione che avrebbe deciso di decertificare la sola spesa del ricorrente e del 2° classificato e non dell’intero progetto, giova osservare che le illegittimità rilevate dall’Ufficio controlli nella più volte citata relazione si appuntano principalmente sullo scorrimento della graduatoria e, dunque, sul finanziamento dei progetti proposti dal ricorrente e dal 2° classificato. Dal che si deduce la ragionevolezza della scelta dell’amministrazione di revocare solo questi ultimi finanziamenti. D’altra parte il ricorrente non ha alcun interesse a invocare la decertificazione dell’intero progetto con la revoca del contributo anche al 1° classificato.

Quanto all’ultimo punto, si è già detto della natura sostanzialmente doverosa dell’annullamento in autotutela dell’illegittima ammissione al finanziamento. Non è, infatti, in gioco solo la validazione della spesa da parte dell’Unione europea ma la necessità stessa di ripristinare la legalità violata che ha originato una indebita erogazione di benefici economici comunque a danno delle finanze pubbliche.

8. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello.

9. Nessuna determinazione adotta il collegio sulle spese del presente grado di giudizio non essendosi costituita l’intimata amministrazione.

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