Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-04, n. 202306524

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-04, n. 202306524
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306524
Data del deposito : 4 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/07/2023

N. 06524/2023REG.PROV.COLL.

N. 02236/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2236 del 2021, proposto dal signor
-OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati L D P e L M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L M in Roma, via Eustachio Manfredi, n. 5;

contro

Ministero dell'Interno - Dipartimento di Pubblica Sicurezza, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione Prima, n.-OMISSIS-resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Dipartimento di Pubblica Sicurezza;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione orale presentata dal difensore della parte appellante;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2023 il Cons. Cecilia Altavista;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con l’appello in esame il sig. -OMISSIS- sovrintendente Capo della Polizia di Stato, in servizio presso la Sezione Polizia postale e comunicazioni di -OMISSIS-, ha impugnato la sentenza segnata in epigrafe che ha respinto il ricorso avverso il Decreto del Capo della Polizia n. 333-D89039 del 29 luglio 2019, recante l’irrogazione nei suoi confronti della sanzione disciplinare della deplorazione, nonché avverso la nota della Sezione di -OMISSIS- del Dipartimento della Pubblica Sicurezza prot. n. 19/0698 del 29 gennaio 2019 di contestazione degli addebiti e tutti gli altri atti a tali provvedimenti comunque connessi, presupposti e/o conseguenti.

2. La sanzione disciplinare si fonda sulla allegata delibera della Commissione provinciale di disciplina del 17 giugno 2019 che proponeva di irrogare la deplorazione in considerazione della riprovevolezza del “ comportamento tenuto dal Sovrintendente capo -OMISSIS-consistito sostanzialmente nell’avere avvicinato sulla pubblica via (seppur a pochi passi dall’ufficio della Polizia postale) di -OMISSIS- da solo, senza preventivo accordo con i superiori e senza che dell’incontro venisse redatta una relazione, un imprenditore che si era rivolto alla Polizia per il tramite dei suoi legali rappresentanti, proponendosi per una collaborazione ”, integrante “ una mancanza gravemente lesiva della dignità di un appartenente alla Polizia di Stato, in quanto ha ingenerato negli utenti ( il querelante e gli avvocati della ditta RDE) forti dubbi e perplessità riguardo al comportamento tenuto in qualità di appartenente alla Polizia di Stato e che tutto si è svolto nel lasso di tempo in cui il -OMISSIS-come investigatore e il -OMISSIS- come querelante erano coinvolti in una stessa attività di indagine instaurata presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS- ”. “ La proposta di consulenza anche se non è stata reiterata o insistita è comunque da ritenersi assolutamente non consona ai doveri e alle funzioni di un appartenente alla Polizia di Stato ”;
il sovrintendente “ lungi dall’ammettere una eventuale incomprensione circa la sua disponibilità a proporsi come esperto informatico durante l’incontro con -OMISSIS-, ha seccamente e decisamente smentito alcun accenno di proposta come consulente informatico, arrivando altresì a smentire anche il fatto storico dell’incontro avvenuto a settembre 2018, così come asserito a verbale dal -OMISSIS- dinanzi al magistrato…della Procura della Repubblica di -OMISSIS-, basando la sua difesa dinanzi a questo Consiglio di disciplina sulla dimostrazione alquanto ardita e complicata di un fantomatico e a dir la verità poco credibile piano diffamatorio ordito ai sui danni da -OMISSIS-in combutta con i suoi legali ”. Secondo la commissione di disciplina nel corso della trattazione orale era “ emerso inequivocabilmente che i due incontri tra il -OMISSIS-e il -OMISSIS- sono oggettivamente avvenuti, mentre la proposta di collaborazione anche se avvenuta non sarebbe stata insistita o riproposta nel tempo ”, ciò sulla base delle dichiarazioni rese dal -OMISSIS- in sede di sommarie informazioni davanti al magistrato procedente circa due incontri “ entrambi di breve durata e solo nel corso del primo vi sarebbe stata la proposta di collaborazione quale esperto informatico ”.

E’ da segnalare che con la predetta proposta la commissione di disciplina aveva derubricato l’originaria incolpazione da violazione dei punti 1, 2 e 4 dell’art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, che avrebbe potuto comportare la destituzione, a quella meno grave di cui ai sensi art. 5 comma 1 n. 4 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, per le “ mancanze gravemente lesive della dignità delle funzioni ”, che prevedeva come sanzione la deplorazione.

3. La contestazione di addebiti in data 29 gennaio 2019 aveva riguardato un episodio accaduto nel settembre 2018, allorquando – secondo l’incolpazione - il sovrintendente -OMISSIS-aveva avvicinato il signor -OMISSIS- “ rappresentandogli di essere a conoscenza del furto di dati sensibili del sistema informatico del gruppo di cui è azionista, in quanto incaricato dall’Autorità giudiziaria di svolgere indagini in ragione dell’appartenenza alla Sezione Polizia postale ”, informandolo dell’attività svolta, rappresentandogli “ la vulnerabilità del sistema informatico del gruppo ”, e offrendosi “ contestualmente quale consulente per la messa in sicurezza della rete telematica della società, precisando che gli era consentito svolgere prestazioni remunerate ”. Tale comportamento - in base alla contestazione - integrava la violazione dei punti 1, 2 e 4 dell’art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, in quanto “ atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale… in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento… dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato

3.1. Il procedimento disciplinare era stato avviato a seguito dell’attività investigativa compiuta dalla Procura della Repubblica di -OMISSIS-, a seguito di una annotazione di servizio effettuata dall’Ispettore-OMISSIS- in servizio presso la Sezione di Polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS- del 3 ottobre 2018, il quale aveva riferito che il responsabile legale della società -OMISSIS-, avv. -OMISSIS- suo amico (che circa sei mesi prima lo aveva chiamato per una intrusione al sistema informatico della società per cui era stata presentata denuncia querela), lo aveva contattato il 19 settembre, chiedendogli informazioni sul collega -OMISSIS-della Polizia postale di -OMISSIS- - incaricata delle indagini dalla Procura di -OMISSIS- relativamente ad un accesso al sistema informatico della società -OMISSIS- - chiedendo se fosse in possesso di conoscenze tecnico - informatiche per svolgere l’incarico di consulente informatico della società;
l’Ispettore-OMISSIS-aveva riferito in particolare che il -OMISSIS-aveva fermato il sig. -OMISSIS-- nei pressi della propria abitazione offrendosi quale consulente informatico per la sicurezza sulla rete telematica della società, affermando di potere assumere quell’incarico in quanto in procinto di andare in quiescenza e che l’avvocato-OMISSIS- gli aveva precisato di aver informato dell’episodio il superiore del -OMISSIS-l’Ispettore -OMISSIS- sempre al fine di conoscere le capacità tecniche del -OMISSIS-

3.2. Nel corso dell’ attività svolta dalla Procura della Repubblica di -OMISSIS- era poi emerso che il soggetto contattato dal sovrintendente -OMISSIS-era stato il signor -OMISSIS- (e non il fratello -OMISSIS--), che aveva confermato l’episodio, avvenuto nel settembre 2018, di cui aveva informato nell’immediatezza gli avvocati-OMISSIS- dell’ufficio legale della società (che lo avrebbero riferito all’Ispettore-OMISSIS-);
il signor -OMISSIS- dava atto di un secondo incontro, avvenuto sempre nelle vicinanze della propria abitazione nel novembre 2018, in occasione del quale il sovrintendente -OMISSIS-lo aveva invitato a recarsi sollecitamente in ufficio per essere sentito a sommarie informazioni testimoniali, onde poter chiudere l’indagine in corso.

3.3. Il sovrintendente -OMISSIS-aveva decisamente respinto gli addebiti disciplinari, sottolineando di avere incontrato il sig. -OMISSIS- una sola volta nel novembre 2018, nelle vicinanze della sua abitazione, prossima alla sede la Polizia postale, di essersi presentato quale soggetto incaricato dello svolgimento delle indagini relative alla intrusione nel sistema informatico della società;
di averlo sollecitato a recarsi all’ufficio per essere sentito a sommarie informazioni testimoniali, fornendogli a tal fine il proprio recapito telefonico per prendere l’appuntamento;
che era stato il -OMISSIS- a far riferimento ad una dipendente che avrebbe avuto rapporti personali con la persona indicata nella querela come unico autore dei fatti informatici;
aggiungendo poi di essersi recato nel proprio ufficio e avere riferito dell’incontro, nonché del riferimento alla questione della dipendente, all’Ispettore -OMISSIS- Il sovrintendente -OMISSIS-aveva ancora precisato di aver successivamente raccolto le dichiarazioni testimoniali del signor -OMISSIS-, insieme all’ispettore -OMISSIS-il 4 dicembre 2018, e in quell’occasione il predetto sig. -OMISSIS- aveva richiesto l’indicazione di nominativi di soggetti o aziende in zona in grado di provvedere alla sicurezza informatica, richiesta della quale sia il -OMISSIS-che l’ispettore -OMISSIS-avevano ravvisato l’inopportunità;
aveva quindi rappresentato che il 14 dicembre 2018 si era recato insieme al nuovo responsabile dell’ufficio, l’Ispettore-OMISSIS- presso la sede della -OMISSIS-, in quanto si era verificato un attacco informatico ad una società del gruppo, e al termine delle verifiche il sig. -OMISSIS--, figlio di -OMISSIS- aveva loro chiesto di lavorare per conto della società dopo il pensionamento;
aveva stigmatizzato l’operato dell’Ispettore-OMISSIS-che aveva redatto l’annotazione di servizio solo molti giorni dopo il fatto di cui era venuto a conoscenza da parte dell’avv.-OMISSIS-, sottolineando che il predetto Ispettore-OMISSIS-doveva sapere che non era prossimo alla pensione, non mancando di evidenziare la confusione circa l’identificazione del soggetto da lui fermato, -OMISSIS- e non -OMISSIS--.

Il sovrintendente -OMISSIS-aveva ancora rappresentato che la società -OMISSIS- era stata oggetto nel novembre 2018 di una perquisizione da parte della Guardia di finanza nell’ambito di una indagine della Procura di Gorizia e che il 19 settembre egli non avrebbe neppure potuto indicare al sig. -OMISSIS- la vulnerabilità del sistema informatico, essendo questa circostanza emersa solo a seguito delle sommarie informazioni di alcuni dipendenti della società in data 25 settembre 2018, riconducendo in conclusione l’episodio contestatogli alla volontà del sig. -OMISSIS- di screditarlo per aver evidenziato, nel corso delle indagini da lui svolte, la carenza di sicurezza del sistema informatico della società, mentre l’originaria querela presentata dalla società avrebbe avuto lo scopo di colpire la specifica persona querelata.

3.4. L’Ispettore Superiore -OMISSIS- nel corso dell’istruttoria con nota del 4 marzo 2019, precisava di essere stata responsabile dell’Ufficio fino al 4 ottobre e che dal 23 maggio 2018 era stata assegnata al Sovrintendente -OMISSIS-la delega per le indagini sull’attacco al sistema informatico della società -OMISSIS-;
escludeva di essere stata informata dell’incontro tra il predetto -OMISSIS-e il sig. -OMISSIS- dai legali di quest’ultimo;
confermava di avere contattato l’avv. -OMISSIS- il 19 settembre 2018 per sentire due testimoni, mentre solo il successivo 29 settembre aveva richiesto la presenza anche del sig. -OMISSIS- per sentirlo a sommarie informazioni;
confermava ancora che il Sovrintendente -OMISSIS-le aveva riferito dell’incontro con il sig. -OMISSIS-, collocandolo nel mese di novembre, nonché la circostanza, riferita dal predetto sig. -OMISSIS-relativa alla richiesta del sig. -OMISSIS- circa soggetti in grado di garantire la sicurezza informatica della società.

3.5. Il funzionario istruttore concludeva la propria attività con la relazione in data 25 febbraio 2019 nella quale rilevava che “ dagli accertamenti esperiti non sono emersi elementi certi di responsabilità a carico del Sovrintendente ”, rimettendo la valutazione finale dell’intera vicenda al Questore, in quanto anche il secondo incontro tra il sovrintendente -OMISSIS-ed il sig. -OMISSIS- non era da considerarsi opportuno in considerazione dell’indagine in corso, non mancando di sottolineare che l’Ispettore-OMISSIS- non aveva confermato la circostanza che già il 19 settembre aveva comunicato all’avv. -OMISSIS- la necessità di dover sentire il signor -OMISSIS-.

3.6. Il Questore procedeva al deferimento al Consiglio provinciale di disciplina del Sovrintendente -OMISSIS-

Anche nella fase innanzi al Consiglio di disciplina il sovrintendente -OMISSIS-negava ogni addebito, rappresentando la propria estraneità rispetto al primo incontro con il sig. -OMISSIS-, rilevando che l’Ispettore-OMISSIS- aveva escluso che gli avvocati di -OMISSIS- le avessero comunicato l’incontro (circostanza che invece risultava dall’annotazione di servizio dell’Ispettore -OMISSIS-), confermando che al momento delle sommarie informazioni, il 4 dicembre 2018, il signor -OMISSIS- aveva richiesto indicazioni circa soggetti in grado di occuparsi della sicurezza informatica della società, richiesta che egli stesso e l’Ispettore-OMISSIS- avevano giudicato inopportuna.

Il Consiglio di disciplina nella seduta del 18 aprile 2019 deliberava di assumere ulteriori informazioni dagli avvocati -OMISSIS- e-OMISSIS- e dal signor -OMISSIS-. Il funzionario istruttore sentiva il il 14 maggio 2019 l’avv.-OMISSIS-, il quale riferiva che il signor de Eccher, “ almeno un paio di settimane ” dopo la presentazione della denuncia querela della società, lo aveva ragguagliato circa l’incontro avvenuto con il sovrintendente -OMISSIS-(in ordine all’intrusione nel sistema informatico della società) e all’ “ eventuale supporto che l’agente -OMISSIS-specializzato della Polizia postale, poteva darci per eventuali accessi futuri ”;
aggiungeva di non averne parlato con l’Ispettore-OMISSIS- e di non avere avuto dubbi sulle capacità del predetto sovrintendente, pur avendo trovato strano l’incontro, e di averlo riferito all’Ispettore -OMISSIS-. L’avv. -OMISSIS-, sentito in pari data, confermava l’incontro nel settembre 2018 in occasione del quale il Sovrintendente -OMISSIS-avrebbe indicato le falle del sistema informatico e la necessità di una consulenza, aggiungendo di non ricordare se il predetto sovrintendente si fosse proposto anche come consulente o se fosse stato il signor -OMISSIS- ad avere un dubbio in tal senso;
precisava di avere informato l’Ispettore-OMISSIS- dell’incontro nello stesso pomeriggio, facendo riferimento solo alla necessità di una consulenza per le falle del sistema informatico e non a ciò che poteva avere percepito il sig. -OMISSIS-.

Non veniva sentito il signor -OMISSIS- per la sua indisponibilità.

3.7. All’esito della complessa attività istruttoria la commissione di disciplina, come accennato al paragrafo, concludeva nel senso della responsabilità del Sovrintendente -OMISSIS-per i fatti addebitatigli proponendo l’irrogazione della deplorazione, come poi effettivamente disposta dal Capo della Polizia di Stato con il decreto del 29 luglio 2019.

4. Il TAR del Lazio, adito dall’interessato, con la sentenza segnata in epigrafe, nella resistenza dell’intimata amministrazione dell’Interno, respingeva il ricorso proposto dal Sovrintendente -OMISSIS-ritenendo infondati i due motivi di censura sollevati, con cui erano stati lamentati la violazione dell’art. 5 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, il difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, la contraddittorietà e illogicità, l’eccesso di potere per irragionevolezza della sanzione della deplorazione irrogata (primo motivo) e la violazione dell’art. 21 D.P.R. n 737 del 1981 per il mancato rispetto dei termini di comunicazione del decreto di irrogazione della sanzione.

In particolare secondo il TAR risultava sorretta da idonea prova la circostanza fattuale dei due incontri intervenuti tra il ricorrente e l’imprenditore querelante, posto che uno (ovvero quello di novembre 2018) è stato pacificamente ammesso nella sua esistenza storica dallo stesso ricorrente (vedi Relazione di giustificazione in data 27 febbraio 2019, pt. 2.2.1) e circa l’esistenza dell’altro (quello di settembre 2018) sussistono plurimi elementi tra loro convergenti che consentono di affermarne l’esistenza, quali le dichiarazioni rese dal querelante al P.M. in data 24/11/2018, sotto il vincolo di rispondere a verità, quelle rese dai due avvocati del medesimo, -OMISSIS- e-OMISSIS-, nel corso del procedimento disciplinare e finanche la mail dimessa da uno dei due, senza contare che anche la stessa data dell’annotazione di servizio stesa dall’ispettore-OMISSIS-e quella della prima (erronea) convocazione dell’imprenditore effettuata dalla Procura della Repubblica depongono inequivocabilmente in tal senso ”;
escludeva la sussistenza della dedotta censura di sproporzione della sanzione, richiamando la discrezionalità dell’Amministrazione, che aveva anche rimodulato l’originaria proposta di destituzione;
riteneva la natura non perentoria del termine di comunicazione del provvedimento.

5. Di tale sentenza il Sovrintendente -OMISSIS-ha chiesto la riforma lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di tre motivi.

Con il primo motivo ha lamentato la violazione dell’art. 73 c.p.a., in quanto il giudice di primo grado avrebbe deciso sulla base delle difese e dei documenti depositati dall’Amministrazione tardivamente, nonostante la rituale e tempestiva eccezione formulata al riguardo.

Con il secondo motivo ha riproposto le censure sollevate in primo grado di difetto di motivazione, travisamento e errore di fatto in relazione al contenuto e alla portata del primo motivo del ricorso, di violazione dell’art. 5 del D.P.R. n. 787 del 1981, difetto dei presupposti e di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza della sanzione della deplorazione irrogata, in quanto non sarebbe stata provata la sua proposta di collaborazione in base alle dichiarazioni degli avvocati -OMISSIS- e-OMISSIS- rese nel procedimento disciplinare, nonché alle dichiarazioni dell’Ispettore-OMISSIS-;
ha altresì reiterato la decisa contestazione dei fatti addebitati, deducendo che la stessa relazione del funzionario istruttore aveva concluso per la mancanza di elementi di responsabilità a suo carico, così che il Questore avrebbe dovuto archiviare il procedimento o deferire alla commissione di disciplina per l’irrogazione di una sanzione meno grave a nulla rilevando che poi la stessa commissione di disciplina avesse proposto l’irrogazione di una sanzione meno grave della destituzione, non essendo stata provata neppure sotto tale profilo la sussistenza della gravità della condotta, necessario presupposto anche per la deplorazione. Secondo l’appellante in ogni caso l’istruttoria era stata incompleta e lacunosa, non essendo stati sentiti né il sig. -OMISSIS- (pure indicato dallo stesso consiglio di disciplina nella seduta del 18 aprile 2019), né la Dirigente -OMISSIS- e l’Ispettore Superiori -OMISSIS- (indicati dall’ inquisito). L’appellante ha insistito per la sproporzione della sanzione rispetto all’unico fatto provato ovvero l’incontro in cui era stata indicata la necessità di una maggiore sicurezza dell’azienda (fornendo le informazioni pubblicizzate anche sul sito della Polizia di Stato) ed era stato sollecitato il sig. -OMISSIS- a presentarsi all’ufficio per rendere le sommarie informazioni testimoniali.

Con il terzo motivo l’appellante ha insistito per la contraddittorietà dell’azione amministrativa, deducendo di essere stato successivamente destinatario di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale, prima a Belluno il 14 agosto 2019 e poi a -OMISSIS- il 25 ottobre 2019, a seguito dell’accoglimento della sua richiesta di autotutela, accoglimento che a suo avviso avrebbe confermato la insussistenza dei profili di responsabilità inopinatamente ritenuti provati dalla sentenza impugnata;
ha dedotto altresì di avere presentato il 31 dicembre 2020 un’istanza di annullamento in autotutela della sanzione della deplorazione, sulla quale l’Amministrazione non si era pronunciata.

6. L’Amministrazione ha resistito al gravame deducendo l’infondatezza dell’appello, di cui ha chiesto il rigetto.

7. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione l’appellante ha presentato memoria e memoria di replica insistendo nelle proprie tesi difensive.

All’udienza pubblica del 16 maggio 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

8. L’appello è fondato e va accolto alla stregua delle osservazioni che seguono.

8.1. E’ innanzitutto da ritenersi fondato il primo motivo di ricorso quanto alla dedotta violazione dell’art. 73 c.p.a..

Non è invero condivisibile l’assunto del primo giudice secondo cui il pacifico deposito tardivo dei documenti da parte della resistente amministrazione statali poteva considerarsi superato dall’accettazione del contraddittorio da parte della difesa del ricorrente, accettazione che avrebbe integrato una rinuncia implicita all’eccezione.

Dalla lettura del verbale di udienza risulta infatti che la difesa del ricorrente aveva proposto formalmente l’eccezione e che aveva poi esposto le sue argomentazioni nel merito senza alcuna rinuncia all’eccezione, né accettazione del contraddittorio, che avrebbero dovuto essere espressamente manifestate, trattandosi di un comportamento incidente sull’esercizio del diritto di difeso;
ovvero risultare da fatti gravi, precisi e concordanti che non emergono tuttavia in concreto.

Tuttavia, per completezza, non può sottacersi che nel caso di specie non vi è prova che il giudice di primo grado abbia formato il proprio convincimento esclusivamente sulla documentazione tardivamente prodotta dall’amministrazione, atteso che quella stessa documentazione era stata depositata in giudizio anche dallo stesso ricorrente.

8.2. E’ fondato il secondo motivo di appello con cui il Sovrintendente -OMISSIS-ha lamentato il difetto di istruttoria, il travisamento dei fatti, la contraddittorietà, l’illogicità e l’irragionevolezza della sanzione inflittagli.

Giova invero rilevare che anche nel procedimento disciplinare deve essere applicato il principio dell’onere della prova secondo cui ai fini della legittimità della sanzione è ineludibile la necessità di un adeguato riscontro probatorio degli specifici fatti addebitati (cfr. Cons. Stato Sez. III, 12 settembre 2016, n. 3843).

Nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, non risulta che sia stata raggiunta la prova della effettiva sussistenza dell’episodio contestato al sovrintendente -OMISSIS-ovvero dell’offerta che questi avrebbe fatto al sig. -OMISSIS- di occuparsi della sicurezza informatica della società -OMISSIS-.

Le uniche dichiarazioni in tal senso sono quelle del signor -OMISSIS-, conosciute in un primo tempo solo attraverso l’annotazione di servizio dell’Ispettore-OMISSIS-(che peraltro in un primo momento aveva indicato come colui che aveva riferito i fatto il sig. -OMISSIS-- e non il sig. -OMISSIS-), al quale erano state riferite dall’avv.-OMISSIS- informalmente, venendo dato atto dallo stesso-OMISSIS-del rapporto di amicizia con l’avv.-OMISSIS-.

Inoltre nell’annotazione di servizio dell’Ispettore-OMISSIS-si faceva riferimento alla prossima quiescenza del Sovrintendente -OMISSIS-circostanza non corrispondente né alla reale situazione anagrafica e di servizio dello stesso, né alle successive dichiarazioni del sig. -OMISSIS-. che si riferiva alla possibilità che avrebbe avuto il Sovrintendente -OMISSIS-di svolgere attività professionale remunerata;
nonché all’ avvenuta comunicazione dell’incontro all’Ispettore -OMISSIS- circostanza non confermata dalla stessa.

Il signor -OMISSIS-, sentito il 24 novembre 2018 a sommarie informazioni dalla Procura della Repubblica di -OMISSIS-, ha confermato l’incontro avuto col Sovrintendente -OMISSIS-e la offerta di collaborazione, ma con alcuni aspetti differenti (la possibilità di svolgere attività professionale remunerata).

La deposizione resa dagli avvocati-OMISSIS- e -OMISSIS-, nel corso dell’istruttoria disciplinare, è risultata vaga e lacunosa quanto alla circostanza dell’offerta di collaborazione: l’avv.-OMISSIS- ha collocato l’incontro un paio di settimane dopo la presentazione della querela per l’intrusione informatica alla società -OMISSIS-, mentre se l’incontro fosse avvenuto a settembre sarebbero passati circa cinque mesi dalla presentazione della querela;
ha poi fatto riferimento ad un “ eventuale supporto che l’agente -OMISSIS-specializzato della Polizia Postale, poteva darci per eventuali accessi futuri ”;
l’avv. -OMISSIS- ha dichiarato espressamente “ Non ricordo che si fosse esplicitamente proposto, di certo aveva lasciato a -OMISSIS- il dubbio ”, escludendo di avere riferito alla Ispettrice-OMISSIS- di quanto “ il -OMISSIS- aveva inteso circa il possibile proporsi del -OMISSIS-come consulente”, circostanza che invece era stata indicata nell’annotazione di servizio di -OMISSIS-.

Anche la mail dell’avv. -OMISSIS- al sig. -OMISSIS- del 24 settembre 2018, che fa riferimento ad un incontro dell’avv. -OMISSIS- con l’Ispettore -OMISSIS- fa presente che l’ispettore era a conoscenza dell’incontro tra il sig. -OMISSIS- e il Sovrintendente -OMISSIS-“ ma non le era stato riportato nulla sul contenuto della conversazione, tantomeno i suggerimenti che il maresciallo - prossimo alla pensione - si era offerto di dare ”;
aggiungendo poi che durante con la conversazione con l’Ispettore-OMISSIS- era emerso che volevano coinvolgere nell’indagine -OMISSIS- “ nonostante nella querela l’avessimo volutamente tenuta nell’ombra ”, secondo quanto dedotto dal Sovrintendente -OMISSIS-nel corso delle difese presentate nel procedimento disciplinare.

Anche tale mail, ritenuta un elemento di prova della condotta addebitata al predetto sig. -OMISSIS-sia dal funzionario istruttore nella relazione del 2 giugno 2019 che dal TAR, in realtà non chiarisce pienamente il contenuto delle conversazioni tra il Sovrintendente -OMISSIS-e il signor -OMISSIS-.

In definitiva anche dalle acquisizioni istruttorie del procedimento disciplinare non risultano chiaramente confermate le circostanze di fatto, così come descritte nell’annotazione dell’Isp.-OMISSIS-(anche in ordine alla conoscenza dell’episodio da parte dell’Ispettore-OMISSIS-) nonché nelle sommarie informazioni rese dal sig. -OMISSIS-, mentre risulta evidente che quanto indicato nella detta annotazione di servizio era frutto di elementi oggetto di una conoscenza indiretta, essendo stati riferiti dall’avv.-OMISSIS-, a cui erano stati riferiti a sua volta dal signor -OMISSIS-, per come erano stati percepiti da quest’ultimo, in base a quanto successivamente dichiarato dall’avv. -OMISSIS-.

Inoltre, successivamente alle sommarie informazioni rese il giorno 24 novembre 2018 davanti al Pubblico ministero, il signor -OMISSIS- era stato sentito nell’ambito del procedimento per l’intrusione informatica alla società -OMISSIS- dallo stesso Sovrintendente -OMISSIS-e dall’Ispettore-OMISSIS- il 4 dicembre 2018, i quali entrambi hanno dichiarato che in quell’occasione proprio il sig. -OMISSIS- aveva richiesto l’indicazione di nominativi di soggetti o aziende in zona in grado di provvedere alla sicurezza informatica della società.

Se è pur vero che l’accertamento della responsabilità disciplinare non deve raggiungere il grado di assoluta certezza (al di là di ogni ragionevole dubbio) propria della responsabilità penale, potendo attestarsi sul “più probabile che non”, è pur tuttavia indispensabile che i fatti addebitati siano sufficientemente e precisamente delineati, situazione che non sussiste nel caso di specie.

Altamente significativa della incertezza del quadro probatorio è la stessa conclusione della relazione del funzionario istruttore del 25 febbraio 2019 secondo cui “ dagli accertamenti esperiti non sono emersi elementi certi di responsabilità a carico del Sovrintendente ”;
né può sottovalutarsi la stessa difficoltà del Consiglio di disciplina che, nella seduta del 18 aprile 2019, riteneva indispensabile un supplemento istruttorio, il cui esito tuttavia, diversamente da quanto superficialmente ritenuto dalla commissione di disciplina (e giusta quanto si è osservato in precedenta), non risultava in realtà idoneo a superare le perplessità del funzionario istruttore.

Del resto la indeterminatezza sulle effettive circostanze di fatto risulta ulteriormente riconosciuta dallo stesso Consiglio di disciplina, che ha fatto riferimento alla proposta di consulenza con un margine di incertezza, in quanto “ anche se avvenuta non sarebbe stata insistita o riproposta nel tempo ”;
inoltre con riguardo alla difesa dell’incolpato ha richiamato la mancata ammissione di “ una eventuale incomprensione circa la sua disponibilità a proporsi come esperto informatico durante l’incontro con -OMISSIS- ”, denotando che la presumibile spiegazione della vicenda potesse essere ricondotta proprio ad una possibile incomprensione nel corso del colloquio (come peraltro confermato anche dall’avv. -OMISSIS-).

Tutti tali elementi palesano la contraddittorietà nella valutazione delle risultanze istruttorie sia da parte del funzionario istruttore che del Consiglio di disciplina, in quanto al di là del numero di incontri con il -OMISSIS-, non risulta sicuramente provata con sufficiente precisione, anche quanto al suo effettivo contenuto, la condotta per cui è stata inflitta la sanzione della deplorazione ovvero la proposta di collaborazione.

In proposito si deve rilevare ancora come la prova di tale circostanza non poteva essere desunta - come ha fatto espressamente il Consiglio di disciplina - dal comportamento dell’incolpato, che ha sempre negato l’addebito, pena la violazione del diritto di difesa, non sussistendo nell’ordinamento alcun obbligo per l’imputato (nel procedimento penale), né per l’incolpato (in un procedimento disciplinare) di affermare il vero. Diversa è invece la valutazione dell’eventuale comportamento tenuto nel procedimento, ai fini della scelta della sanzione da irrogare, che, peraltro, nel caso di specie, è stata irrogata in forma meno grave di quella per cui il procedimento disciplinare era stato avviato.

Sotto tale profilo emerge un ulteriore elemento di contraddittorietà nel processo decisionale del Consiglio di disciplina, che ha ravvisato una condotta meno grave di quella contestata, infliggendo la sanzione della deplorazione in luogo della destituzione, ipotizzata nell’atto di avvio del procedimento disciplinare, con ciò manifestando un ulteriore profilo di indeterminatezza anche in ordine all’effettiva condotta censurata, avendo fatto riferimento nella motivazione del provvedimento anche alle condotte relative ai due incontri (che secondo il Consiglio di disciplina sarebbero provati entrambi) ovvero per avere avvicinato il -OMISSIS- “ sulla pubblica via senza preventivo accordo con i superiori e senza che dell’incontro venisse redatta una relazione ”. L’attenzione a tali condotte emerge anche nella relazione del funzionario istruttore del 2 giugno 2019 che si riferisce alla circostanza che gli avvocati -OMISSIS- e-OMISSIS- avessero “ ritenuto strano e fuori luogo il comportamento tenuto dal -OMISSIS-di fermare il -OMISSIS- e parlargli sulla pubblica via ”.

Nel confuso quadro probatorio relativo alla proposta di collaborazione non si comprende dunque per quale condotta sia stata effettivamente irrogata la deplorazione, la quale, comunque, ai sensi dell’art. 5, comma 1, n. 4, richiedeva la prova di “ mancanze gravemente lesive della dignità delle funzioni ”, mentre, in base all’art. 1 comma 2 del D.P.R. 737 del 1981, le “ sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per la Amministrazione o per il servizio ”, avendo invece l’Amministrazione fatto riferimento, in sostanza ad un comportamento “ non consono ai doveri e alle funzioni di un appartenente alla Polizia di Stato”.

Al riguardo possono richiamarsi i consolidati orientamenti giurisprudenziali secondo cui le valutazioni dell'Amministrazione in materia di sanzioni disciplinari sono connotate da ampia discrezionalità, anche quelle in ordine alla valutazione dei fatti ascritti al dipendente, al convincimento sulla gravità delle infrazioni e alla conseguente sanzione da infliggere - ciò in considerazione degli interessi pubblici che devono essere attraverso tale procedimento tutelati - con la conseguenza che il provvedimento disciplinare sfugge ad un pieno sindacato di legittimità del giudice, il quale non può sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall'Amministrazione, salvo che queste ultime siano inficiate da travisamento dei fatti, evidente sproporzionalità o qualora il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente ovvero sia viziato da palese irrazionalità (Cons. Stato Sez. II, 27 giugno 2022, n. 5261;
30 marzo 2022, n. 2337;
Sez. IV, 10 febbraio 2020, n. 1013), rilevando, però, che, nel caso di specie, sono emerse palesi carenze di istruttoria nonché profili di contraddittorietà nelle valutazioni delle risultanze istruttorie e di travisamento dei fatti, tali da superare i limiti del sindacato giurisdizionale.

La fondatezza di tale motivo di appello comporta l’annullamento della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

8.3. E’ invece irrilevante quanto affermato con il terzo motivo di appello rispetto al provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale e alla successiva autotutela in relazione alla diversa natura del trasferimento per incompatibilità ambientale rispetto ai provvedimenti disciplinari. Secondo la consolidata giurisprudenza infatti i provvedimenti di trasferimento per ragioni d’incompatibilità ambientale non hanno carattere sanzionatorio, non postulano un comportamento contrario ai doveri d’ufficio, ma sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione e preordinati a ovviare a situazioni d’incompatibilità ambientale, prescindendo da ogni giudizio di rimproverabilità della condotta dell'interessato e dal rilievo disciplinare della condotta (Cons. Stato Sez. IV, 14 maggio 2021, n.3819;
Sez. 29 marzo 2021, n. 2629;
Sez. IV, 27 luglio 2021, n. 5560).

9. In conclusione l’appello è fondato e deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado.

In considerazione della particolarità della vicenda le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate

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