Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-08-09, n. 201104754

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-08-09, n. 201104754
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201104754
Data del deposito : 9 agosto 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06306/2010 REG.RIC.

N. 04754/2011REG.PROV.COLL.

N. 06306/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6306 del 2010, proposto da:
Ministero dell’Interno,
in persona del Ministro p.t.,
ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

PROJECT COSTRUZIONI GENERALI INFRASTRUTTURE s.r.l.,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to D C ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. M G Lo Iudice, in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 55

nei confronti di

CONSORZIO SVILUPPO E LEGALITA’ VIBONESE,
in persona del legale rappresentante p.t.,
non costituitosi in giudizio,

per la riforma della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO - SEZIONE II n. 00300/2010, resa tra le parti, concernente APPALTO LAVORI DI REALIZZAZIONE CENTRO DI AGGREGAZIONE SOCIALE - INFORMATIVA ANTIMAFIA.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’impresa appellata;

Visto che non si è costituito in giudizio il Consorzio evocato;

Vista l’Ordinanza n. 3839/2010, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 30 luglio 2010, di accoglimento della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 25 marzo 2011, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Elisabetta Corsini dello Stato per l’appellante e l’avv. D C per l’appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Il Dirigente Affari generali. e Lavori pubblici. del Consorzio Sviluppo e Legalità Vibonese, con nota in data 18 febbraio 2008, in riferimento alla procedura di appalto per «Lavori di realizzazione del centro di aggregazione sociale Le Muse del Sorriso in Filogaso», comunicava all’odierna appellata, risultata aggiudicataria provvisoria della gara, la révoca dell’aggiudicazione stessa «in relazione all’acquisizione di informazioni ai sensi del DL 629/82».

1.1 – L’impresa proponeva pertanto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro e, all’ésito dell’acquisizione agli atti del processo della nota prefettizia “riservata” in base alla quale l’ente appaltante aveva disposto la contestata révoca, successivi motivi aggiunti.

2. – Con la sentenza indicata in epigrafe il T.A.R. ha:

a) disatteso l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata con riferimento alla mancata specifica impugnazione dell’intervenuto provvedimento di aggiudicazione definitiva dei lavori in favore della controinteressata;

b) respinto il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali si lamentava la mancata comunicazione di avvio del procedimento e di adeguata motivazione in relazione alle norme sull’autotutela;

c) accolto il terzo ed il quarto motivo di impugnazione, con i quali si censuravano la totale mancanza di motivazione della nota consortile impugnata, nonché l’eccesso di potere viziante la nota prefettizia pure impugnata, manifestantesi nelle forme sintomatiche del travisamento dei fatti e del difetto di istruttoria.

3. – La sentenza è appellata dal Ministero dell’Interno, che, premessa la natura non provvedimentale della informativa prefettizia atipica di cui si tratta ( che “non esprime determinazioni assunte e non espone valutazioni svolte dall’Amministrazione che lo ha posto in essere”: pagg.

2-3 app. ), sottolinea, sulla base di un’ampia ricostruzione in fatto della fattispecie, come l’informativa supplementare oggetto del giudizio sia stata emessa sulla base di una adeguata istruttoria, sì da non esser suscettibile di annullamento giurisdizionale.

Si è costituita in giudizio l’appellata impresa, la quale, premessa una eccezione di inammissibilità dell’appello ( per essere lo stesso vòlto a ripristinare un atto della Prefettura non avente natura provvedimentale, mentre i soli atti provvedimentali erano quelli del Consorzio Sviluppo e Legalità Vibonese, l’annullamento dei quali da parte della sentenza di primo grado non risulta impugnato dal Consorzio stesso), ne contesta comunque la fondatezza. A quest’ultimo fine richiama gli argomenti svolti con il terzo ed il quarto dei motivi di censura del ricorso di primo grado e dei successivi motivi aggiunti, ritenuti dal TAR meritevoli di accoglimento.

Non si è costituita in giudizio, benché ritualmente evocata, la stazione appaltante.

Con ordinanza n. 3839/2010, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 30 luglio 2010, è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata, “nella parte in cui riguarda provvedimenti dell’Amministrazione appellante”.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 25 marzo 2011.

4. – L’appello è infondato.

4.1 – Va, preliminarmente, respinta la veduta eccezione di inammissibilità dell’impugnazione.

E’ vero, infatti, che si verte nella fattispecie in tema di informativa antimafia c.d. atipica, di cui all'art. 1 septies del D.L. n. 629/1982, che ha un valore meramente endoprocedimentale circoscritto all'Amministrazione cui è indirizzata, la quale rimane titolare di un potere discrezionale circa la valutazione delle informazioni ricevute ai fini dell'affidamento dell'appalto, ed è quindi assimilabile ad un parere non vincolante.

Nondimeno, ritiene il Collegio che – diversamente da quanto adombrato dalla stessa Amministrazione appellante – non si possa dubitare, nel caso di specie, che essa abbia sia l’interesse a ricorrere sia la legittimazione attiva ad insorgere in sede giurisdizionale avverso l’annullamento, pronunciato dal Giudice di primo grado, dell’informativa medesima e degli atti della stazione appaltante discesi dalle informazioni ricevute dal Prefetto.

Infatti, una posizione giuridica attiva tutelata dall’ordinamento si ravvisa in capo all’appellante Amministrazione dell’Interno anche in ordine alla predetta, seconda, serie di atti (cioè quelli del Consorzio), sì da legittimarne la contestazione in sede di appello del relativo annullamento giurisdizionale.

L’azione amministrativa censurata con il ricorso di primo grado deve infatti essere considerata nella sua sostanziale unitarietà, avuto riguardo alla sua natura di procedimento complesso ed a quella degli interessi pubblici oggetto di cura, che, nella materia de qua, attengono com’è noto alla lotta alle associazioni mafiose per mezzo di un’efficace aggressione dei loro interessi economici, sicuramente rientrante nella funzione di polizia e di sicurezza attribuita al Ministero dell’Interno.

4.2 – Ciò premesso, passando alle critiche rivolte alla decisione di primo grado con l’unico articolato motivo del ricorso in appello, va anzitutto sottolineato che le informative prefettizie cc.dd. atipiche sono atti non vincolanti, che lasciano spazio ad una discrezionale valutazione dell'amministrazione aggiudicatrice, che, per "ragione di pubblico interesse", può agire con un atto di “autotutela" ( Consiglio di Stato, sez. IV, 01 marzo 2001, n. 1148 ).

Ciò implica la necessità di una motivazione, che dovrà essere particolarmente ampia nel caso in cui si decida di instaurare o proseguire il rapporto con l'impresa pur a seguito dell'informativa, ma che non può comunque mancare anche nel caso opposto ( ricorrente appunto nel caso all’esame ), in cui l'Amministrazione decida di non instaurare o non proseguire il rapporto ( in materia, fra le altre, Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1948 ).

Orbene, la totale assenza di motivazione che caratterizza nella vicenda in considerazione il provvedimento consortile di révoca dell’aggiudicazione in favore dell’odierna appellata ( nel quale non una parola viene spesa riguardo alle valutazioni effettuate in ordine agli interessi pubblici e privati coinvolti e riguardo alle circostanze caratterizzanti la vicenda stessa ), ne comporta sicuramente l'illegittimità, attesa la mancanza di un qualsiasi apparato motivazionale a corredo dell’atto in questione, che si limita a richiamare semplicemente l’intervenuta “acquisizione di informazioni ai sensi del D.L. 629/82”, senz’alcuna esternazione né degli elementi così acquisiti, né degli interessi, in funzione dei quali viene adottata la decisione di révoca del provvedimento di aggiudicazione.

Anche, peraltro, l’impianto dell’iniziativa prefettizia non sfugge alle censure mosse con il ricorso e successivi motivi aggiunti di primo grado, dovendosi condividere la valutazione, compiuta dal T.A.R., di eccessiva genericità degli elementi informativi contenuti nella nota prefettizia, essendo essi “riferiti ad una mera relazione di parentela con personaggi appartenenti alla mafia, senza alcun ulteriore elemento dal quale si possa desumere una qualsiasi frequentazione con i mafiosi, una relazione fattuale idonea a fondare la presunzione di una effettiva ingerenza mafiosa nell’attività di impresa” (pag. 10 sent.).

In proposito, invero, si ricorda che la fase istruttoria del procedimento finalizzato a comunicare la presenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di un'impresa, si concreta essenzialmente nell'acquisizione di tutte le informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezza sono in possesso al fine di effettuare, sulla base di tali risultanze, una obiettiva valutazione sulla possibilità di un eventuale utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici destinati ad iniziative private o delle risorse pubbliche devolute al settore degli appalti pubblici (utilizzo, che la normativa di settore mira appunto ad evitare).

A tal fine, se non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, non possono tuttavia ritenersi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale. Al contrario è pur sempre richiesta l'indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche di connessioni o collegamenti con le predette associazioni (Consiglio Stato, sez. VI, 17 luglio 2006, n. 4574) e di indizi ottenuti con l’ausilio di particolari indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo ( Cons. St., VI, 31 dicembre 2007, n. 6902 ).

Ciò premesso in linea di principio e passando alla fattispecie, pare al Collegio che gli elementi di generico sospetto risultanti dall’informativa di cui si discute non assurgano ad una portata di rilevanza tale da poter inquadrare la fattispecie nel novero di quelle in cui vi sia anche solo la possibilità ( da desumersi comunque da elementi non esclusivamente congetturali ) di trovarsi in presenza di un’impresa, che possa anche in via indiretta favorire la criminalità:

- non, invero, la affermata qualità di “pluripregiudicato” del padre dei legali rappresentanti dell’impresa in argomento, a proposito del quale (in disparte la stessa correttezza e rilevanza ai fini di cui si tratta della affermata sua qualità di “pluripregiudicato”, comunemente riferibile esclusivamente a pronunce giudiziarie definitive di condanna penale e dunque nel caso di specie addebitabile esclusivamente a due condanne divenute definitive circa nove anni prima ed incontestatamente riferite a fatti di reato risalenti a vent’anni prima, per di più del tutto svincolati da qualsiasi matrice mafiosa) non viene fornito dall’informativa medesima alcun concreto elemento nel senso ch’egli sia in grado di influire, favorendo l’infiltrazione di gruppi criminali organizzati, sulla conduzione dell’impresa, nella quale è incontestato ch’egli non rivesta alcun ruolo formale ed il cui intervento nelle attività delle imprese condotte dai figli viene solo in giudizio ( e per di più in grado di appello ) indebitamente prospettato ( in aperta violazione del divieto di integrazione postuma dello stesso contenuto del provvedimento impugnato e, sotto diverso angolo prospettico, dell’art. 345 c.p.c. ), con riferimento ad elementi ( quale quello dell’influenza ritenuta esercitata dallo stesso su diversa società nei cui confronti venne a suo tempo emessa informativa interdittiva c.d. tipica ) non puntualmente fatti oggetto di rilievo nell’informativa oggetto del presente giudizio ( e comunque non sottoposti a puntuale riscontro con riguardo alle attività della società, della quale soltanto qui si tratta ), di cui si configurano dunque persino come integrazione della stessa attività preliminare istruttoria;

- nemmeno, poi, il rapporto di coniugio del fratello ( del tutto estraneo all’impresa ) degli stessi legali rappresentanti con la figlia del “capo dell’omonima cosca mafiosa operante in questa Provincia”, atteso che, in mancanza di qualsivoglia emergenza istruttoria ( ancora una volta non utilmente integrabile in sede giudiziale ) circa i rapporti intrattenuti da detti legali rappresentanti con il citato clan, dagli elementi deduttivi, di natura logica, discendenti esclusivamente dalla sussistenza di un (incancellabile e non altrimenti abiurabile o rimuovibile) legame di sangue, non è certo possibile inferire un giudizio impingente sull'attività di impresa;
né, del resto, i legali rappresentanti dell'impresa potrebbero fare alcunché, "in positivo", per dimostrare la impossibilità di ingerenza della parentela della loro cognata negli affari dell'impresa.

Sul punto, tenendo conto del giudizio "probabilistico" che il Collegio è chiamato a rendere nella "chiave valutativa" del pericolo infiltrativo, pare doversi ricordare che la giurisprudenza amministrativa ha avvertito l'esigenza di affermare che "è illegittima l'informativa prefettizia negativa fondata sul mero rapporto di parentela o affinità, di amministratori o soci di un'impresa con elementi malavitosi, essendo necessari anche altri elementi, sia pure indiziari, tali, nel loro complesso, da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l'attività d'impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata" (Consiglio di Stato , sez. VI, 02 maggio 2007, n. 1916, nel cui iter motivazionale si è richiamato l'insegnamento della Corte Costituzionale di cui alla sentenza 31 marzo 1994, n. 108, resa in una vicenda in cui si discuteva del possesso delle "qualità morali e di condotta" per l'ammissione ai concorsi in magistratura, nella quale la Corte sottolineava come è certamente arbitrario presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza od a singoli membri della stessa diversi dall'interessato debbano essere automaticamente trasferiti all'interessato medesimo).

4.3 - Alla stregua di quanto finora esposto, ritiene il Collegio che, pur nella accertata esistenza, nei termini sinora rappresentati, di elementi deduttivi di sospetto ( così come rappresentati e risultanti dall’atto prefettizio oggetto del giudizio e non certo dall’indebito e sostanzioso ampliamento degli elementi di fatto nello stesso evidenziati operato in maniera del tutto inammissibile in giudizio e per di più in grado d’appello), l’appellata decisione di annullamento degli atti prefettizio e consortili frutto dell’azione amministrativa complessa spiegata resista alle censure spiegate nel ricorso in appello proposto dall’Amministrazione dell’Interno, che deve essere conseguentemente respinto, con le integrazioni alla motivazione della sentenza impugnata risultanti dalle considerazioni di cui sopra.

5. - Le spese del presente grado di giudizio devono essere compensate, sussistendone le condizioni di legge, ravvisabili nella particolarità e complessità degli aspetti fattuali sottesi alla presente controversia.

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