Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-12-28, n. 201706136
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Testo completo
Pubblicato il 28/12/2017
N. 06136/2017REG.PROV.COLL.
N. 05375/2007 REG.RIC.
N. 01453/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
-sul ricorso numero di registro generale 1453 del 2001, proposto dai signori T, A e R M, quali eredi universali della signora G T, erede di R M, rappresentati e difesi dall'avvocato L A, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via della Scrofa, 47;
contro
il Comune di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati A R, C M e M B, dell’Avvocatura civica, con domicilio eletto in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
il Ministero per i beni culturali e ambientali e per il turismo (in seguito anche MIBACT), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
-sul ricorso numero di registro generale 5375 del 2007 proposto dagli eredi M, come sopra rappresentati, difesi ed elettivamente domiciliati;
contro
il Comune di Roma Capitale e il MIBACT, in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”, come sopra rappresentati, difesi ed elettivamente domiciliati;
per la riforma
- quanto al ricorso n. 1453 del 2001, della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II BIS, n. 2625/1999, resa tra le parti, in materia edilizia; e
- quanto al ricorso n. 5375 del 2007, della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE II BIS, n. 8938/2006, resa tra le parti, in materia edilizia;
Visti i ricorsi in appello, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del MIBACT;
Vista la decisione di questa sezione VI n. 5427 del 2008 di sospensione del processo;
Vista l’ordinanza di questa sezione VI n. 3028 del 2011 di “continuazione della sospensione del processo già decisa con l’ordinanza n. 5427 del 24.6.2008”;
Viste le memorie difensive delle parti appellanti e del MIBACT;
Vista l’ordinanza della sezione n. 2105 del 2017 e le memorie depositate dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;
Vista la documentata nota di Roma Capitale – Direzione Edilizia – U. O. Condoni – Servizio Contenzioso, prot. n. 101166 dell’8 giugno 2017;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del 23 novembre 2017 il cons. M B e uditi per le parti gli avvocati L A per la parte appellante e Beatrice Gaia Fiduccia, dell’Avvocatura generale dello Stato per il MIBACT; nessuno comparso per Roma Capitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con l’ordinanza collegiale n. 2105 del 2017, ex art. 73, comma 3, del c.p.a. , questa Sezione ha riepilogato la – annosa e travagliata – vicenda, amministrativa e processuale, degli eredi M, di cui ai ricorsi in epigrafe, nei termini che seguono.
1.Giungono in decisione gli appelli in epigrafe, n. 1453 del 2001 e n. 5375 del 2007, proposti dagli eredi della signora G T, a sua volta erede del signor R M, contro le sentenze del T del Lazio –Roma –sezione II bis, n. 2625 del 1999 e n. 8938 del 2006.
2.Con la sentenza n. 2625 del 1999, di accoglimento parziale, parziale rigetto e pronuncia istruttoria, il T aveva preliminarmente riunito, per ragioni di connessione soggettiva e per consequenzialità e identità delle questioni trattate, quattro ricorsi presentati dal signor R M, rubricati ai nn. 3813/1988, 16193/1997, 16191/1997 e 16190/1997 e riferiti, il primo, alla impugnazione di un parere ministeriale negativo, comunicato con nota del 4.10.1988, contraria al rilascio del nulla osta paesistico di cui all’art. 32 della l. n. 47 del 1985, in relazione a “diversi interventi edilizi realizzati dal signor R M lungo la Via Trionfale del Comune di Roma, per realizzare uffici e depositi a uso commerciale, su terreni di proprietà pubblica dei quali il ricorrente rivendica…quantomeno la detenzione come conduttore” (così a pag. 3 della sent. del T del 1999); e i rimanenti tre ricorsi, ad altrettanti dinieghi di concessione edilizia, opposti con determinazioni dirigenziali tutte adottate il 13.9.1997 e notificate il 25.9.1997: la n. 55, oggetto del ricorso n. 16193/1997, riferita a una istanza di condono ex l. n. 47 del 1985 presentata il 18.1.1986; e la seconda e la terza determina –ossia le nn. 53 e 54, oggetto dei ricorsi n. 16191 e 16190 del 1997-, relative a istanze di sanatoria ex l. n. 724 del 1994 presentate nel 1995.
3.Nei ricorsi al T si affermava che il signor M, fornitore di materiale edilizio, conduce in locazione sin dal 1966 il terreno sito in Roma, Via Trionfale n. 10104, km. 7, Tenuta Insugherata, della superficie di circa 20.000 mq. ; e che su tale terreno, inizialmente di proprietà del Pio Istituto Santo Spirito e Ospedali Riuniti di Roma, poi passato, “ex lege”, nella proprietà dell’Amministrazione comunale, il M aveva realizzato corpi di fabbrica per la vendita e il deposito di materiale edilizio, per i quali erano state presentate domande di condono ai sensi della l. n. 47 del 1985 e della l. n. 724 del 1994.
Con i dinieghi impugnati, l’Ufficio speciale condono edilizio rilevava:
-che ai sensi dell’art. 32, comma 4 (“ recte ”, comma 6, in seguito alle modifiche introdotte dalle leggi n. 724 del 1994 e n. 662 del 1996), per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali, il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell’ente proprietario a concedere onerosamente l’uso del suolo su cui insiste la costruzione;
-che gli abusi insistono su un’area di notevole interesse ambientale, atteso che l’area medesima ricade all’interno del Piano Territoriale Paesistico n. 15/2 –Insugherata;
-che il Comune di Roma, cui compete la gestione di tali aree e che è tenuto all’adozione di tutti gli atti che permettano la manutenzione, la conservazione e la preservazione dei beni in questione, ai sensi della DGRL n. 6279 dell’1.8.1995, aveva espresso con nota della Ripartizione IX del 3.4.1996 parere negativo al rilascio della concessione in sanatoria, e che il Ministero per i beni culturali aveva dato parere contrario al rilascio delle concessioni in sanatoria, per motivi di degrado paesistico / ambientale, costituito dai manufatti realizzati abusivamente in maniera eterogenea e precaria;
-che dunque non sussistevano i presupposti per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria per gli abusi suindicati.
4.Con la sentenza n. 2625 del 1999 il T:
-ha accolto il primo ricorso, n. 3813 del 1988, contro il parere negativo sul nulla osta paesistico di cui all’art. 32 della l. n. 47 del 1985, “con riferimento…alla censura di incompetenza” dedotta, spettando alle regioni il potere consultivo delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo in materia paesaggistica;
-sui restanti tre ricorsi, premesso che per quanto attiene ai tre dinieghi di sanatoria, “contestati con identici motivi di gravame”, “le motivazioni addotte dal Comune … sono in effetti speculari, mentre diversa è la situazione di fatto e di diritto riconducibile al ricorso n. 16193/97 rispetto a quella di cui ai ricorsi nn. 16191/97 e 16190/97”; il T, si diceva, ha respinto i due ricorsi citati da ultimo, interposti avverso le determinazioni dirigenziali n. 53 e n. 54 del 1997, sulle istanze di sanatoria presentate nel 1995, relative al cambio di destinazione d’uso, da commerciale a uffici, risalente al 1993, per una superficie di circa 90 mq., di parte del fabbricato già oggetto della precedente domanda di sanatoria del 18.1.1986; e a un locale di circa 24 mq. destinato a deposito merci, coperto da una tettoia in lamiera. Ad avviso del T, per questi due ricorsi, riferiti ad abusi edilizi che nelle istanze di sanatoria, ex l. n. 724/1994, si affermano completati entro il 1993, non può parlarsi di silenzio assenso in presenza di vincoli, posti con il d. m. 22.5.1985 di sottoposizione alle prescrizioni della l. n. 1497 del 1939 “della zona della Insugherata con le zone limitrofe”, posto che vigeva la regola del silenzio rifiuto per le domande di nulla osta paesaggistico. Anzi, per il T sarebbe dubbio che tale sub procedimento relativo al rilascio del nulla osta paesaggistico sia stato avviato. Ove avviato, l’esito sarebbe stato in ogni caso negativo. Inoltre, neppure una verifica sulla insussistenza di un regime vincolistico sull’area “de qua” ai fini dell’applicabilità dell’art. 35, commi 18 e 19, della l. n. 47 del 1985, potrebbe giovare ai fini dell’accoglimento dei due ricorsi, posto che in presenza di più motivi tra loro autonomi che sorreggono un provvedimento sfavorevole, quest’ultimo deve considerarsi legittimo ove anche una sola delle ragioni giustificatrici enunciate non abbia formato oggetto di validi motivi di gravame, e sia idonea “ex se” a sorreggere l’atto lesivo. Per rigettare i ricorsi nn. 16191 e 16190, inerenti a domande di condono presentate nel 1995, precisato in via preliminare che restano fuori dal perimetro del giudizio, costituendo integrazione postuma della motivazione degli atti impugnati, come tale inammissibile, le argomentazioni comunali sul carattere “dolosamente infedele” delle domande di condono presentate dal M, per il giudice di primo grado “non può invocarsi la sussistenza del contratto di locazione, che poteva ritenersi in corso…al 18.1.1986, con conseguente applicabilità dell’art. 32, comma 6, l. n. 47 cit. (che richiede la necessaria disponibilità, per la proposizione della domanda di condono, da parte dell’ente proprietario, a concedere