Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-05-31, n. 202404879

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-05-31, n. 202404879
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404879
Data del deposito : 31 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2024

N. 04879/2024REG.PROV.COLL.

N. 05319/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5319 del 2022, proposto da
Genertellife S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G C, G C e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G C in Roma, via Cicerone 44;

contro

I, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati N G, D A M Z e E G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.N G in Roma, via Quirinale, 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 03221/2022, resa tra le parti, per l'annullamento, in parte qua,

dell'ordinanza-ingiunzione emessa da IVASS con prot. n. 0122245/17 del 21.06.2017, successivamente notificata e ricevuta da Genertellife s.p.a. il 27.06.2017, con la quale sono state irrogate alla ricorrente le sanzioni amministrative pecuniarie di cui agli artt. 318, c. 1 e 319, c. 1, d.lgs. 209/2005 complessivamente quantificate in € 41.000 (doc. 1);

nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale, quali in particolare: l'atto di contestazione adottato da IVASS prot. n. 0095142/2016 dell'11.05.2016 ed il rapporto ispettivo formato dal Servizio Ispettorato – IVASS (doc. 2).

con conseguente condanna

di IVASS alla restituzione delle somme già versate

ovvero, in via subordinata,

per la rideterminazione dell'importo della sanzione in misura più favorevole alla ricorrente, con conseguente condanna di IVASS alla restituzione delle somme già versate.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di I, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il Cons. O M C e uditi per le parti gli avvocati G C, N G e D A M Z;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma (Sezione Seconda Ter), n. 01433/2021, di reiezione del ricorso proposto Genertellife S.p.A., per l’annullamento in parte qua dell'ordinanza-ingiunzione emessa da IVASS con prot. n. 0122245/17 del 21.06.2017, d’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui agli artt. 318, c. 1 e 319, c. 1, d.lgs. 209/2005 complessivamente quantificate in € 41.000.

Cumulativamente, oltre ad estendere il gravame all’atto di contestazione adottato da IVASS prot. n. 0095142/2016 dell'11.05.2016 ed al rapporto ispettivo formato dal Servizio Ispettorato – IVASS;
la società ricorrente ha chiesto la condanna di IVASS alla restituzione delle somme già versate ovvero, in via subordinata, per la rideterminazione dell'importo della sanzione in misura più favorevole all’appellante, con conseguente condanna di IVASS alla restituzione delle somme già versate.

2. La sanzione consegue all’accertamento di cinque distinte ipotesi di violazione del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (artt. 182 e 183) e di diverse norme regolamentari poste in essere dalla Società appellante con riferimento alla commercializzazione di “BG Stile Libero”, prodotto che combina assicurazioni di ramo I con assicurazioni di ramo III di cui all’articolo 2, c. 1, del d.lgs. 209/2005 (“Codice delle Assicurazioni Private”).

Gli illeciti ritenuti sussistenti sono i seguenti:

- utilizzo di materiale pubblicitario contenente espressioni che non consentono una chiara comprensione dei rischi finanziari che caratterizzano il prodotto (illecito a);

- illustrazione fuorviante del regime fiscale relativo alle componenti esenti da

tassazione (illecito b);

- mancata consegna del “Progetto esemplificativo rielaborato in forma personalizzata” (illecito c);

- non piena attendibilità dell’indicatore “Costo Percentuale Medio Annuo” riportato nella scheda sintetica (“CPMA”) (illecito e);

- carenti istruzioni alla rete distributiva in tema di raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione di adeguatezza dei contratti offerti alle esigenze assicurative dei contraenti (illecito f).

3. Con i primi quattro motivi (da I a IV) del ricorso di primo grado la società appellante lamentava “I vizi del provvedimento sanzionatorio”;
nei restanti cinque motivi (da V a IX) denunciava l’ “Insussistenza delle violazioni”;
con il decimo motivo (X) chiedeva in subordine la rideterminazione della sanzione in caso di mancato accoglimento della domanda di annullamento.

4. Il T ha respinto il ricorso.

Il Giudice di prime cure ha confermato la violazione rubricata sub a) nel testo dell’ordinanza gravata con la quale I ha contestato l’utilizzo di materiale pubblicitario contenente espressioni che non consentivano una chiara comprensione dei rischi finanziari che caratterizzavano il prodotto.

Sul punto, il T osserva che la broucher del prodotto si presentava inequivocabilmente omissiva sia in ordine alle percentuali con le quali la componente assicurativa e quella finanziaria andavano a comporre il prodotto, sia in ordine alla tipologia di rischio che è sicuramente difforme dal canone di chiarezza indicato dalla disposizione regolamentare, e da quello di correttezza richiamato anche dalla disposizione legislativa.

Infatti, sebbene la società ha utilizzato dato atto della natura composita del prodotto, nulla s’è chiarito in ordine all’effettiva composizione del prodotto stesso che presentava una spiccata componente finanziaria e significativi rischi di mercato a carico dei contraenti i quali, per una parte compresa tra 70% e il 95% del premio versato, non avevano alcuna garanzia di capitale né tantomeno di rendimento minimo, così che il prodotto nel suo insieme risultava oggettivamente connotato da un cospicuo rischio di perdita del capitale, non percepibile dalla lettura della brochure.

In merito alla violazione rubricata sub b) con la quale I ha ritenuto che la ricorrente abbia illustrato in maniera fuorviante il regime fiscale relativo alle componenti esenti da tassazione, il giudice di prime cure osserva che le espressioni utilizzate non erano chiare e comprensibili in punto di informazione fiscale, atteso che le stesse non rendevano agevolmente percepibile quali somme fossero esenti da imposta di successione e quali da Ipef.

Il T conferma anche la violazione rubricata sub c) con la quale I sanzionava la Società appellante per non avere consegnato ai clienti il “progetto esemplificativo rielaborato in forma personalizzata” come prescritto dalla normativa. Dalle risultanze istruttorie acquisite in sede ispettiva emerge che il progetto esemplificativo è stato solo mostrato per presa visione.

Analogamente, la violazione rubricata sub e) con la quale I ha ritenuto che Geneterllife non abbia riportato, nella scheda sintetica, l’indicatore Costo Percentuale Medio annuo (CPM) in maniera attendibile, trova conferma, secondo il T, nel modo in cui l’indice è stato redato senza che emergano, in maniera chiara, i livelli di onerosità del prodotto “BG Stile Libero”.

Infine il giudice di prime cure riscontra positivamente anche la violazione rubricata sub f) per aver fornito alla rete distributiva informazioni carenti in tema di raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione di adeguatezza dei contratti offerti alle esigenze assicurative dei contraenti.

Nel respingere i vari motivi di ricorso, il T aggiunge che le conclusioni raggiunte dall’I risultano supportate da riscontri documentali acquisiti in sede di visita ispettiva e correttamente inquadrate in fattispecie di illecito sufficientemente specificate.

In merito alla quantificazione della sanzione, il T richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di motivazione del quantum delle sanzioni amministrative pecuniarie, la scelta tra il minimo ed il massimo di pena pecuniaria risponde allo scopo di rimettere al potere dell'amministrazione la commisurazione della sanzione alla concreta gravità del fatto illecito, senza necessità che sia specificato il criterio seguito. La quantificazione della sanzione costituisce espressione di discrezionalità amministrativa non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere nelle sue varie forme sintomatiche.

5. Appella la sentenza Genertellife S.p.a.

6. Si è costituito in giudizio l’I.

7. Alla pubblica udienza del 9 maggio 2024 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

8. Con il primo motivo di appello l’appellante censura l’ordine con cui il Giudice di prime cure ha esaminato i motivi di ricorso, anteponendo l’esame delle censure relative all’insussistenza delle violazioni (motivi da V a IX) rispetto alla disamina delle doglianze sui vizi del provvedimento sanzionatorio (motivi da I a IX).

In particolar modo l’appellante censura il fatto che il T abbia postergato l’esame e respinto il primo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione del principio di legalità, determinatezza e tassatività delle fattispecie sanzionabili, dei principi di certezza del diritto e degli artt. 1 l. n. 689/1981 e 182 e 183 del c.a.p.

Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, nel caso in esame, non si riscontrerebbero fattispecie sanzionatorie astratte, ricostruibili in chiari termini precettivi perfettamente comprensibili da un primario operatore del settore assicurativo.

L’appellante, in particolare, in merito alla possibilità di ricostruire gli illeciti sanzionati riconducendoli alle fattispecie sanzionatorie astratte in chiari termini precettivi, osserva che la sentenza (p. 15) ammette che gli artt. 182 e 183 CAP, per la determinazione del loro contenuto, necessitano di una eterointegrazione mediante il rinvio ad una norma diversa da quella “incriminatrice”.

Nondimeno, alla pagina successiva (p. 16), ad avviso dell’appellante, la pronuncia in maniera criptica e tautologica, afferma che “ con riferimento alle cinque figure di illecito ritenute ricorrenti da I, vengono, di volta in volta, in rilievo violazioni di obblighi fondamentali gravanti sull’impresa assicuratrice quali quello di chiarezza, trasparenza e correttezza … la cui violazione – oltre a rilevare su un piano civilistico, ai sensi degli artt. 1337,1366 e 1375 c.c. – integra pure gli illeciti amministrativi delineati dagli artt. 182 e 183 del d,lgs. 209/2005 ”.

L’appellante sostiene che il giudice di prime cure avrebbe omesso di esaminare la necessità di eterointegrazione dei precetti normativi;
le fonti integrative richiamate non sarebbero dotati di quei caratteri di determinatezza e di tassatività che controparte stessa ritiene indispensabili a suffragare il rispetto della riserva di legge.

Sul punto, il T avrebbe fatto mal governo dei precedenti giurisprudenziali citati nella sentenza poiché gli addebiti, contrariamente a quanto precisato nelle decisioni, sarebbero formulati facendo sostanzialmente rinvio a clausole generali (diligenza, correttezza, trasparenza) che non sono ancorate ad alcun concreto parametro oggettivo. Pertanto, nemmeno si realizzerebbe un effettivo meccanismo di eterointegrazione della norma sanzionatoria primaria attraverso norme secondarie.

In merito all’illecito sub a) (utilizzo di materiale pubblicitario con espressioni fuorvianti), richiamando le norme che l’I assume violate (art. 182 c. 1 CAP;
art. 39 c. 1 Reg. 35/2010), l’appellante osserva che le norme impongano il rispetto dei principi generali (correttezza e chiarezza) senza precisarne il contenuto.

Il T si limiterebbe a rilevare che chiarezza e correttezza impongono che il messaggio pubblicitario sia tale da far comprendere le caratteristiche principali del prodotto, tuttavia non risulterebbe alcun obbligo di precisare nel messaggio pubblicitario le proporzioni tra la componente assicurativa e la componente finanziaria del prodotto.

In merito all’illecito sub b) (Illustrazione fuorviante del regime fiscale relativo alle componenti esenti da tassazione) l’appellante osserva, da un lato, come il T si sofferma sull’eccesiva tecnicalità delle espressioni utilizzate dall’appellante (che il provvedimento gravato sanziona), dall’altro lato, come le norme che si assumono violate si caratterizzano per l’elevato tecnicismo delle regole. In secondo luogo la norma che si assume violata (All. 3 punto 8 Reg. 35/2010) stabilisce che deve essere “indicato” il trattamento fiscale applicabile al contratto;
al contrario l’illecito è rubricato “illustrazione”. I due concetti non sarebbero sovrapponibili: “indicare” significherebbe fornire informazioni;
“illustrare” significherebbe chiarire nei particolari.

In merito all’illecito sub c) (Mancata consegna del progetto esemplificativo rielaborato in forma personalizzata), l’appellante lamenta che la tesi del T, secondo cui a norma del regolamento sarebbe necessario che il cliente riceva in consegna il documento in quanto la presa visione non sarebbe sufficiente a rispettare il precetto normativo, è formalistica. La messa a disposizione del progetto, comprovata dall’attestazione di presa visione, indicherebbe che il documento è stato sottoposto al cliente prima di concludere il contratto.

In merito all’illecito sub e) (Non piena attendibilità dell’indicatore Costo Percentuale Medio Annuo riportato nella scheda sintetica) l’appellante osserva che non verrebbe indicata quale previsione specifica della normativa regolamentare sia stata violata, di conseguenza resterebbe indeterminato il criterio concretamente prescritto dall’all. 2 Reg. 35/2010 e concretamente disatteso.

In merito all’illecito f) (Carenti istruzioni alla rete distributiva in tema di raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione di adeguatezza dei contratti offerti alle esigenze assicurative dei contraenti) l’appellante sostiene che il T si limita a riportare i profili di criticità rappresentati nel provvedimento sanzionatorio, tanto da essere indefinito il quadro delle regole che avrebbe violato. Il giudice di prime cure non affronterebbe la questione relativa alla mancanza di parametri oggettivi che guidino nell’applicazione della normativa alle polizze multi-ramo.

8.1 Il motivo è infondato.

Quanto all’ordine d’esame delle censure, va ribadito che non è prescritto da parte del Giudice un ordine preciso di esame dei vari motivi proposti qualora essi non siano stati graduati dal ricorrente o, come nel caso di specie, non siano eccepiti il vizio di incompetenza o il difetto di legittimazione.

Viceversa, nell’economia della decisione, il riscontro analitico delle singole violazioni ha evidenziato in modo puntuale, riferito al caso concreto, la sostanziale determinatezza dei precetti sanzionatori applicati.

Sul piano generale, quanto alla denunciata violazione della necessaria determinatezza e tassatività delle fattispecie sanzionabili si può osservare che la riserva di legge prevista dall’art. 1 l. 689/81 è precettiva solo per quanto attiene alla determinazione della sanzione, esigendo la norma che la stessa sia comminata sulla base di norma primaria, ma consentendo il rinvio (cfr., Corte Cost. 11 luglio 1961, n. 48) " a provvedimenti amministrativi della determinazione di elementi o di presupposti espressione di discrezionalità tecnica ".

La riserva di legge – sul presupposto che la sanzione sia comminata direttamente dalla legge –consente l’integrazione meramente tecnica del precetto da parte di fonti non legislative.

Le norme di settore contenenti i precetti non possono materialmente declinare tutte le fattispecie di violazione dei princìpi stessi perché ne risulterebbero norme pletoriche e comunque non esaustive di tutte le possibilità. Le norme in esame richiamano princìpi generali, individuabili senza incertezze, in cui il fatto viene accertato e sussunto nella fattispecie normativa per effetto dei rilievi in fatto contenuti nel rapporto ispettivo o azione di vigilanza “off site”.

In definitiva la contestazione d’addebiti e il provvedimento finale, s’integrano vicendevolmente e la portata lesiva dei fatti ed il loro disvalore nell’ordinamento di settore valutati nella motivazione del provvedimento impugnato..

La portata semantica degli elementi normativi evocati dai ridetti princìpi generali deriva dall’attività interpretativa tecnico-discrezionale dell’autorità procedente di cui il provvedimento e, prima ancora, gli atti prodromici – assunti in regìme di piena trasparenza e di contraddittorio – danno conto in motivazione.

9. Con il secondo motivo di appello l’appellante censura la pronuncia nel punto in cui ha respinto il secondo motivo di ricorso relativo alla mancata prova dei supposti illeciti.

Il T ha sostenuto che le conclusioni di I sarebbero supportate da riscontri documentali e inquadrate in fattispecie sufficientemente specificate, pertanto sarebbero soddisfatti gli oneri istruttori e motivazionali.

Il giudizio espresso dal T sarebbe sostanzialmente apodittico, in quanto non sorretto da una effettiva dimostrazione. Sul secondo punto rinvia a quanto sostenuto nel primo motivo di appello.

9.1 Il motivo è infondato.

Gli atti acquisiti in sede ispettiva e gli atti del procedimento, quali l’atto di contestazione e l’ordinanza gravata, circoscrivono i fatti contestati richiamando le disposizioni violate, anche tramite rinvio al rapporto ispettivo.

La prova degli illeciti è stata offerta in concreto, consentendo all’ingiunta di percepire le contestazioni e di controdedurre nel corso del procedimento e corrisponde al paradigma probatorio tipico degli illeciti omissivi.

Vale a dire che la prova della condotta positiva di adempimento degli obblighi derivanti dalla collocazione del prodotto finanziario-assicurativo, ai fini del rispetto dei princìpi di tutela in argomento, gravava - a fronte della contestata omissione - sull’impresa (cfr., Cass., Sez. Un., 30/9/2009, n. 20930, cit., anche in richiamo di Cass. Sez. Un., 30/10/2001, n. 13533).

10. Con il terzo motivo di appello, l’appellante censura la pronuncia nel punto in cui ha rigettato il terzo motivo di ricorso con cui aveva lamentato la “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 326 c. 1, CAP e dell’art. 5, Reg.

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