Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-02-19, n. 202101484

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-02-19, n. 202101484
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101484
Data del deposito : 19 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/02/2021

N. 01484/2021REG.PROV.COLL.

N. 00690/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 690 del 2013, proposto da
sul ricorso n. 690 del 2013, proposto da C D, S R, S C e S L, rappresentate e difese dagli avvocati P F ed E R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

- Comune di Ardenno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E M ed A S, presso quest’ultima elettivamente domiciliato in Roma, alla Salita di Poggio San Lorenzo, n. 10;
- Ministero per i Beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

- Millennium Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante;
- Salini Angelo e Adoni Marilena;
non costituiti in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 1431 del 24 maggio 2012, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ardenno e del Ministero per i Beni e le attività culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, richiamato dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176) il Cons. Roberto Politi;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espongono le appellanti – proprietarie di un immobile sito in Comune di Ardenno e censito al catasto terreni al foglio 27, mappali da 103 a 108;
ed in possesso di una ulteriore porzione immobiliare (identificata catastalmente al medesimo foglio 27, parte dei mappali 41, 42, 289 e 290, costituita da un “regresso” adiacente alla Via Indipendenza ed immediatamente frontistante al fabbricato, nel tempo utilizzato come parcheggio) – che Millenium Immobiliare s.r.l. ha presento al medesimo Comune denuncia di inizio attività (D.I.A.) in data 25 maggio 2011, per la realizzazione di parcheggi interrati al servizio di fabbricati di proprietà della stessa società e dei signori Salini e Adoni.

Tale D.I.A. è connessa ad altre, depositate in data 19 maggio 2011 e 21 giugno 2011, oltre che ad una successiva D.I.A. in variante del 27 settembre 2011.

Con nota del 19 settembre 2011, le appellanti invitavano il Comune a verificare la legittimità dell’intervento edilizio di Millenium Immobiliare, diffidando altresì quest’ultima dall’eseguire i lavori.

Tale nota era riscontrata negativamente dall’Amministrazione comunale con nota del 22 settembre 2011, poi ribadita da ulteriore comunicazione del successivo 31 ottobre.

2. Con ricorso N.R.G. 3327 del 2011, proposto innanzi al T.A.R. della Lombardia, le odierne appellanti hanno chiesto l’annullamento dei suindicati provvedimenti.

3. Avverso la sentenza con la quale l’adito Tribunale ha respinto il ricorso, vengono, ora, articolate le seguenti censure:

3.1) Erroneità delle considerazioni contenute nella sentenza impugnata nel capo sub I (pagine 4-7)

Diversamente rispetto a quanto sostenuto nell’appellata sentenza, la proprietà del “regresso”, come sopra qualificato, deve ricondursi alle odierne appellanti e non alla società Millennium: a tale riguardo, rilevando non soltanto il chiaro contenuto dell’atto di acquisto (che fa espresso riferimento ai “regressi”), ma anche il decreto ministeriale di apposizione del vincolo storico-artistico, che ricomprende questi ultimi tra le aree da vincolare, ben descrivendo inoltre i passaggi di proprietà delle aree.

Sarebbe, inoltre, errata l’affermazione, secondo cui le appellanti non vanterebbero alcun possesso del regresso di che trattasi: al riguardo, osservandosi come quest’ultimo sia stato esplicitamente riconosciuto dal Tribunale di Sondrio con ordinanza del 5 luglio 2012, anche con riferimento all’autorizzazione edilizia rilasciata dal Comune in favore della signora Donatella C.

3.2) Erroneità delle considerazioni contenute nella sentenza impugnata nel capo sub II (pag. 7-9).

Avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che i realizzandi parcheggi siano interrati, benché essi siano stati progettati al di sopra, e non al di sotto, del piano di campagna (risultando le autorimesse destinate a sostituire un manufatto esistente, costituito per effetto del contenimento di terreni a suo tempo ivi trasportati da una piena del torrente Olgello).

Nel giustificare l’interramento, il T.A.R. ha considerato come “piano di campagna naturale” il piano a livello dell’orto, rispetto al quale il manufatto esistente (prima) ed i parcheggi (poi) sono effettivamente interrati;
e non il piano di campagna del regresso, rispetto al quale emerge (dapprima) il manufatto esistente e (nel progetto) i parcheggi.

L’erroneità del ragionamento al riguardo condotto dal giudice di prime cure rileverebbe, in quanto il piano di campagna non può essere riferito all’orto pensile (realizzato al di sopra del corpo di fabbrica esistente), bensì al predetto manufatto, che corrisponde al regresso, poiché mentre il livello dell’orto pensile è stato creato artificialmente dall’uomo, il livello del manufatto (corrispondente al livello del regresso) corrisponde alla naturale opera di livellamento realizzatasi nel corso del tempo.

Viene, per l’effetto, contestato quanto dal giudice di prime cure sul punto sostenuto, atteso che – ad avviso della parte appellante – non può essere considerato “piano di campagna naturale” una superficie realizzata a suo tempo in modo artificiale, ottenuta in contenimento a terreno ivi trasportato dall'esondazione del vicino torrente.

3.3) Erroneità delle considerazioni contenute nella sentenza impugnata nel capo sub III (pag. 9 – 11)

Avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che la strada realizzata dalla società Millennium sia qualificabile come un “cavedio” totalmente interrato, non interferente con il regolare deflusso delle acque del torrente.

Secondo parte appellante, diversamente, il manufatto posto in essere non può che considerarsi come strada e – lungi dall'essere interrato – si trova al di sopra del piano di campagna, ad una distanza dall’alveo inferiore rispetto a quella prevista dall'art. 96 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523 (in proposito, osservandosi che alla presenza del vincolo idraulico accede la inedificabilità, con conseguente impossibilità di realizzare alcun intervento e/o manufatto all’interno della fascia di dieci metri dall’alveo, non rilevando in alcun modo né l’interramento, né l’esecuzione dell’opera fuori terra).

Conclude la parte per l’accoglimento dell’appello;
e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

4. In data 7 febbraio 2013, l’Amministrazione statale appellata si è costituita in giudizio con memoria di mero stile.

5. Il Comune di Ardenno si è costituito in giudizio il 22 febbraio 2013.

6. In vista della trattazione nel merito del ricorso, parte appellante ha depositato in atti (alla data del 2 gennaio 2021) conclusiva memoria, con la quale, ribadite le argomentazioni già esposte con l’atto introduttivo, ha insistito per l’accoglimento del proposto mezzo di tutela.

7. L’appellata Amministrazione comunale (con memoria depositata il 30 dicembre 2020), nel ribattere a tutti i rilievi di controparte, ha analiticamente confutato le deduzioni da quest’ultima esposte, ribadendo la richiesta di reiezione dell’appello.

Ed ha, con ulteriore memoria depositata in atti il 13 gennaio 2021, replicato alle argomentazioni dalla parte appellante dedotte con la memoria indicata al precedente punto 6.

8. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 2 febbraio 2021.

DIRITTO

1. Giova, preliminarmente alla disamina dei proposti motivi di appello, succintamente ripercorrere gli essenziali tratti motivazionali della gravata pronunzia del T.A.R. Lombardia.

Quanto alla titolarità dei mappali oggetto, inter partes, di contestazione, il giudice di prime cure ha rilevato che “i titoli di proprietà degli stessi … escludono che i ricorrenti possano vantare un titolo di proprietà” e che “dalla lettura della documentazione catastale e notarile, è agevole rilevare che il proprietario esclusivo dei mappali 289, 290 e 41 è Millenium Immobiliare Srl, mentre il mappale 42 è di proprietà dei signori Adoni e Salini”.

Né le “iniziative giurisdizionali davanti al giudice ordinario … hanno condotto … ad una soluzione favorevole alle tesi degli esponenti”, in quanto “con due ordinanze del 16.4.2012, rese in due distinti procedimenti (RG 1526/2011 e RG 1407/2011), il Tribunale ordinario di Sondrio ha sia respinto un ricorso per la reintegrazione nel possesso sia revocato un proprio pregresso provvedimento di sospensione dei lavori, in cause promosse dagli attuali esponenti contro l’attuale società controinteressata”.

Escluso, quindi, che “il Comune di Ardenno abbia condotto una istruttoria lacunosa o incompleta sui titoli di proprietà di Millenium Immobiliare Srl, in presunta violazione dell’art. 23 del DPR 380/2001 o dell’art. 42 della LR 12/2005”, il Tribunale ha ulteriormente disatteso l’ulteriore argomentazione dei ricorrenti di prime cure, secondo cui i parcheggi a servizio del realizzando complesso alberghiero, “anziché essere interrati – come prescritto nei progetti assentiti – sarebbero in realtà edificati sopra il suolo, con conseguente violazione della disciplina sulle distanze prevista dal codice civile e dagli strumenti urbanistici”.

Sul punto, il giudice lombardo:

- preliminarmente rammentato che “sullo stesso terreno il Comune di Ardenno aveva consentito nel 2001 lavori di asportazione materiale e sistemazione dell’area di cantiere e di successiva costruzione di autorimesse interrate, a favore di Darma Immobiliare Srl”;

- ed ulteriormente osservato come, “nel progetto originariamente assentito … i parcheggi interrati dovevano essere costruiti al di sotto di un terrapieno naturale, che Darma aveva semplicemente sbancato, senza però procedere a successive edificazioni”;

ha preso atto che “l’attuale intervento costruttivo di Millenium realizza i parcheggi nella stessa posizione prevista per l’originario progetto – poi abbandonato – del 2001, quindi al di sotto del terrapieno naturale rimosso da Darma Immobiliare, portando così le autorimesse al livello del primigenio piano di campagna”: la contestata realizzazione delle autorimesse consentendo “il ripristino dello stato dei luoghi, mutato da Darma Immobiliare con un intervento edilizio parziale ed incompleto, tale da creare una situazione obiettivamente antigiuridica”.

Se, alla stregua di quanto sopra sintetizzato, il giudice di primo grado ha, sotto tale aspetto, conclusivamente ritenuto che “le attuali autorimesse devono reputarsi interrate, per cui non si pone neppure il problema della violazione delle distanze minime, fermo restando che, trattandosi di costruzioni accessorie, non sono computate ai fini delle distanze, stante l’espressa previsione dell’art. 8 del Piano delle Regole del PGT”, nell’appellata sentenza viene, ulteriormente, confutata la tesi di parte appellante circa la violazione della fascia di rispetto, con riferimento alla collocazione dell’argine del torrente Olgello.

Il T.A.R. ha, in proposito, rilevato che “il Comune ha accertato … che il cavedio (struttura piana costituente intercapedine), realizzato da Millenium è totalmente interrato, per cui non interferisce con il deflusso delle acque del torrente, sia in condizioni normali sia in condizioni straordinaria di esondazione per una eventuale piena;
né risulta violato l’art. 13 del Piano delle Regole del PGT sui corsi d’acqua, in quanto la citata struttura piana può essere assimilata ad una difesa radente, consentita dal medesimo art. 13”;
né vi sarebbe “concreta prova della realizzazione della succitata nuova strada, che si configura invece come un camminamento già esistente”.

2. Di quanto sopra preso atto, va, in primo luogo, esclusa la fondatezza delle argomentazioni con le quali parte appellante ha rivendicato la titolarità dominicale sulla porzione immobiliare (di cui al foglio 27, parte dei mappali 41, 42, 289 e 290, costituita da un “regresso” adiacente alla Via Indipendenza, utilizzato come parcheggio) oggetto di intervento da parte della controinteressata società Millennium.

Nel rinviare, sul punto, a quanto esaustivamente indicato nell’appellata pronunzia, va ulteriormente soggiunto che il quadro di riferimento – che, univocamente, induce ad escludere che la proprietà dell’area in questione faccia capo alle odierne appellanti, in difetto della documentale dimostrazione dell’esistenza di titoli asseveranti l’esistenza di un diritto dominicale consolidatosi in capo alle stesse – non ha subito mutamenti significativi neppure a fronte dell’esito del contenzioso svoltosi dinanzi al Tribunale di Sondrio (dalla parte evocato a conforto dell’affermato diritto).

L’adito giudice ordinario, investito della richiesta, dalle appellanti avanzata ai sensi dell’art. 669- terdecies c.p.c., nell’osservare che “le parti reclamanti deducono la tutela di un possesso pieno ed esclusivo sugli immobili oggetto della controversia, che è quello corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà sulla cosa”, ha ritenuto che “le risultanze documentali agli atti … e gli esiti delle istruttorie … svolte abbiano dato la piena prova che il possesso pieno ed esclusivo delle aree oggi in contestazione appartiene a C D, S S, S C, S L e S R, che lo esercitano da almeno 17 anni in modo incontrastato”.

Ed ha concluso, nel senso che “ da oltre 17 anni i C utilizzano l’area in contestazione comportandosi come proprietari della medesima e ne sono pertanto i possessori”, mentre “diversa è la posizione della Millennium Immobiliare S.r.l. e degli altri convenuti, che l’area hanno utilizzato solo sporadicamente e solo per parcheggiare”.

Escluso, dunque, che le risultanze del giudizio (possessorio) svoltosi in sede civile rechino alcun elemento dimostrativo a conforto della tesi delle appellanti, per cui la proprietà dell’area farebbe alle medesime capo, neppure è dato inferire, con concludente valenza probatoria, elementi di convincimento:

- dal rilascio, in favore della sig.ra Donatella C, di autorizzazione alla realizzazione dei lavori di pavimentazione con acciottolato dell’area di pertinenza posta a nord del fabbricato (mappale n. 103 del foglio n. 27), in quanto nella relativa richiesta è stato dall’interessata dichiarato di avere “la disponibilità urbanistica ad eseguire i lavori di manutenzione straordinaria su area pertinenziale … posta a nord dell’edificio di proprietà”;

- dal decreto del Ministro per i Beni culturali ed ambientali in data 16 ottobre 1980, recante dichiarazione di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 dell’immobile distinto in catasto al foglio 27, particelle 103, 104, 105, 106, 107 e 108, “di proprietà di C Luigi e C Corrado”;

- dalla indicazione, contenuta nella citata sentenza del Tribunale di Sondrio, per cui “il comportamento uti domini dei C sull’area in questione si è ripetuto di recente nel 2011 allorché – circostanza questa da ritenersi pacifica in quanto non contestata da nessuna delle parti – i medesimi hanno completamente recintato l’area destinata a parcheggio per l’effettuazione di lavori sul proprio immobile adiacente, senza chiedere alcuna autorizzazione né alcun permesso, e utilizzando pertanto per l’ennesima volta l’intera area … come se fosse propria”.

Nessuno degli indicati elementi comprova l’acquisizione, in favore delle appellanti, della proprietà sull’area oggetto di contestazione: né il richiamato decreto ministeriale impositivo di vincolo, si rivela idoneo – pur dandosi, in esso, atto della proprietà dell’immobile in capo ai signori C – ad illustrare l’acquisizione a titolo dominicale delle particelle in esso indicate.

Il pur allegato possesso di durata ultraventennale, neppure è suscettibile di consolidare l’acquisizione proprietaria dell’area, atteso che la parte ha omesso di dimostrarne l’intervenuta trascrizione, con riveniente opponibilità dell’acquisto a titolo originario del bene.

3. Di quanto sopra preso atto, rammenta il Collegio – quanto all’affermata carenza di approfondimenti istruttori, da parte della procedente Amministrazione comunale, ai fini del rilascio del titolo ad aedificandum in favore della società appellata (in capo alla quale viene, invero indimostratamente, confutata la titolarità dominicale sulla particella contestata) – che consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2397, 19 dicembre 2016, n. 5363, 23 maggio 2016, n. 2116, 7 settembre 2016, n. 3823, 25 settembre 2014, n. 4818), consentono di precisare che:

- in base all'art. 11, comma 1, del T.U. edilizia di cui al D.P.R. 380 del 2001, il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo: la legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio configurandosi non solo in capo al proprietario del terreno, ma anche al soggetto titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne al riguardo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010 n. 4557, 2 settembre 2011 n. 4968);

- sussiste l’onere della P.A. di accertare con serietà e rigore siffatta legittimazione a chiedere il titolo edilizio (arg. ex Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823);
dovendo, pertanto, l’Amministrazione accertare che l’istante sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo, o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2012, n. 1990);

- l’Amministrazione, quando venga a conoscenza dell’esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, deve compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell’A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

Il comune di Ardenno, a fronte delle ripetute istanze e diffide presentate dalle odierne appellanti, ha svolto approfondimenti presso l’Agenzia del Territorio, la quale ha confermato che le delimitazioni graficamente poste (quanto alle risultanze catastali) sull’area da queste ultime rivendicata “non costituiscono il limite di proprietà, bensì la presenza di un manufatto all'interno della particella, che deve essere definita da linee continue sia essa privata che pubblica”.

4. Confutata, sulla base di quanto precedentemente esposto, la fondatezza del primo motivo appello, viene all’esame l’ulteriore argomento di doglianza, con il quale si assume che nella gravata sentenza di prime cure sarebbe stato erroneamente apprezzato il carattere “interrato” assunto dal parcheggio assentito dal Comune di Ardenno, atteso che il Tribunale non avrebbe correttamente individuato l’originario piano di campagna, al di sotto del quale dovevano essere realizzati i parcheggi.

Per costante giurisprudenza di questo Consiglio, al fine di individuare se un manufatto sia o meno interrato, va fatto riferimento al livello naturale del terreno, con la conseguenza che la sporgenza di un manufatto dal suolo va riscontrata con riferimento al piano di campagna, cioè al livello naturale del terreno (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7094;
Sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2847;
Sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8547).

Conseguentemente, per “costruzione interrata” si intende una costruzione che sia totalmente a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna;
l’art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, non trovando applicazione nel caso di realizzazione di un garage che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di sistemazione del soprassuolo per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l’originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture della specie resta ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali, se ed in quanto sotterranee (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 485).

Ciò premesso, quanto alla fattispecie in esame, risulta essere intervenuto un primo intervento di sbancamento dell’area (eseguito nel 2001 da Darma Immobiliare) per la realizzazione di un garage interrato, poi non portata a compimento: sbancamento, rispetto al quale l’opera in contestazione si pone in posizione interrata rispetto al piano di campagna.

Il parcheggio interrato non realizzato da Darma Immobiliare, si poneva, infatti, al di sotto di un terrapieno naturale, che quest’ultima si era limitata a sbancare, senza tuttavia procedere alla realizzazione dell’opera autorizzata nel 2001 (e, come osservato nella sentenza appellata, l’esistenza del terrapieno risulta anche dalla documentazione fotografica relativa alle pratiche edilizie del 2001, oltre ad essere stata ammessa anche da parte delle appellanti).

Ne consegue che l’intervento edilizio di Millenium presenta identità ubicativa del parcheggio, rispetto al progetto originario (non portato a compimento) autorizzato nel 2001: al di sotto, quindi, del terrapieno naturale rimosso da Darma Immobiliare, con riveniente collocazione delle autorimesse al livello del piano di campagna.

Né, a fronte dell’intervenuto sbancamento del terrapieno (al quale, come detto, non ha fatto seguito il perfezionamento dell’intervento realizzativo di parcheggio interrato), la condotta tenuta dall’appellato Comune (sostanziatasi nell’ordine di ordinare di ripristino dell’originaria situazione dei luoghi) rivela profili di illegittimità;
ulteriormente dovendo osservarsi come proprio il progetto in contestazione consenta, attraverso il compimento delle opere precedentemente non ultimate, il ripristino dello stato dei luoghi, immutato a seguito di un (primo) intervento (solo) parzialmente attuato e rimasto successivamente incompleto.

Va poi, ulteriormente, soggiunto che l’art. 8 del Piano delle Regole del Comune di Ardenno prevede che, in caso di costruzioni accessorie, non si computano le distanze: con la conseguenza che, in presenza di un manufatto (quale il garage interrato) denotante evidente carattere di accessorietà, non potrebbe comunque essere evocata, da parte delle stesse appellanti, la violazione di alcuna disposizione in termini di rispetto delle distanze di che trattasi.

5. Sostiene ulteriormente parte appellante, riproducendo censura già in prime cure articolata, che il contestato intervento edilizio contemplerebbe la presenza di nuova strada in prossimità del mappale 42, a ridosso dell’argine del torrente Olgello, in violazione della fascia di rispetto (con riveniente vulnerazione delle previsioni a tutela dei corsi d’acqua e del Regolamento di polizia idraulica del Comune di Ardenno).

Sul punto si osserva che:

- il cavedio “tecnico” realizzato da Millenium è interrato, sì da escludere che il posizionamento di esso integri interferenza con il deflusso delle acque del suddetto torrente;

- l’art. 13, lett. c), del Piano delle Regole del P.G.T. sui corsi d’acqua disciplina le opere di c.d. “difesa radente”, ovvero quelle non emergenti dal piano di campagna e preordinate alla mitigazione degli effetti di fenomeni esondativi.

Rammenta il Collegio come la lett. f) dell’art. 96 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, stabilisca che “sono lavori ed atti vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese … le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”.

Come da questo Consiglio osservato (cfr. Sez. VI, 5 agosto 2019, n. 5537), “il rinvio alla normativa locale assume carattere eccezionale”, di talché “tale normativa, per prevalere sulla norma generale, deve avere carattere specifico, ossia compendiarsi in una normativa espressamente dedicata alla regolamentazione della tutela delle acque e alla distanza dagli argini delle costruzioni, che tenga esplicitamente conto della regola generale espressa dalla normativa statale e delle peculiari condizioni delle acque e degli argini che la norma locale prende in considerazione al fine di stabilirvi l'eventuale deroga”.

Se si dimostra consentito che “la norma locale sia espressa anche mediante l'utilizzo di uno strumento urbanistico, come può essere il piano regolatore generale” (purtuttavia occorrendo che “tale strumento contenga una norma esplicitamente dedicata alla regolamentazione delle distanze delle costruzioni dagli argini anche in eventuale deroga alla disposizione della lettera f) dell'art. 96, in relazione alla specifica condizione locale delle acque di cui trattasi (cfr., in tal senso, Cass. civ., Sez. Un., 18 luglio 2008 n. 19813 e Cons. Stato, Sez. IV, 29 aprile 2011;
n. 2544)”,
deve, allora escludersi che l’opera in questione (ovvero, il suindicato “cavedio interrato”) integri una violazione delle prescrizioni urbanistiche locali (consentite, in ragione del carattere di specificità in esse ravvisabili, all’interno del perimetro derogatorio della disposizione generale ex art. 96 del R.D. 523 del 1904).

Conseguentemente:

- se la suindicata struttura costituente intercapedine, peraltro interrata, non integra elemento interferenziale rispetto al deflusso delle acque torrentizie,

- e non consta violazione della disciplina urbanistica locale (atteso che, come si è visto, l’art. 13 del Piano delle Regole del P.G.T. ammette la realizzazione di opere che integrino la presenza di una “difesa radente”);

difetta ulteriormente la prova della realizzazione ex novo della “strada”, per come dalla parte appellante denunciata, con riveniente inaccoglibilità della censura ora all’esame.

6. La constatata infondatezza delle esaminate doglianze, impone la reiezione dell’appello, con riveniente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;
in proposito, precisandosi che le spese stesse possono formare oggetto di compensazione fra la parte appellante ed il Ministero per i Beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, in ragione dell’omesso svolgimento, da parte di tale Amministrazione, di attività defensionale successivamente alla costituzione in giudizio.

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