Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-05-03, n. 201902866
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Testo completo
Pubblicato il 03/05/2019
N. 02866/2019REG.PROV.COLL.
N. 06060/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6060 del 2016, proposto da:
Etd S di C F &C, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati A I e G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M in Roma, via Paraguay, 5;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato S S, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Asl Roma 1, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato G D G, con domicilio eletto presso l’Asl Roma 1, in Roma, borgo Santo Spirito, 3;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO, ROMA, SEZIONE II-TER, n. 7710/2016, resa tra le parti, concernente il divieto di prosecuzione dell’attività di laboratorio di gastronomia calda.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e dell’Asl Roma 1;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2018 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Mancini Giancarlo, di Gregorio Gloria, Siracusa Sergio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La presente controversia ha ad oggetto l’appello interposto da ETD s.a.s. di C F &C. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II ter, 5 luglio 2016, n. 7710, che ha respinto il suo ricorso avverso il divieto comunale di prosecuzione (di cui alla determina dirigenziale in data 23 marzo 2016) dell’attività di cottura dei cibi svolta nel locale sito in Roma, alla via dei Cerchi 55, nell’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.
2. - Tale provvedimento è stato adottato da Roma Capitale in ragione della riscontrata assenza, in tale locale, della canna fumaria e della ritenuta inadeguatezza dell’impianto alternativo di smaltimento dei fumi, a carboni attivi, utilizzato.
Nel giudizio di primo grado la società ETD ha dedotto, tra l’altro, che alla propria attività commerciale non è applicabile l’art. 64 del regolamento di igiene, su cui l’Amministrazione capitolina fonda il proprio provvedimento, e che comunque detta norma consente l’impianto di captazione dei fumi installato all’interno del locale alternativo alle canne fumarie, nonché la violazione degli artt. 3 e 19 (in tema di SCIA sanitaria) della legge n. 241 del 1990.
3. - La sentenza di primo grado, come premesso, ha respinto il ricorso affermando la perdurante vigenza del regolamento comunale di igiene, e rilevando che è mancato l’accertamento preventivo, in concreto, circa l’equivalenza degli effetti di neutralizzazione dei fumi (e dunque l’efficienza di rendimento) con l’impianto a carboni attivi rispetto a quelli tradizionali.
4. - All’esito della sentenza di primo grado la società ha fatto espletare, in data 1 febbraio 2017, un’indagine ambientale tradottasi in perizia giurata, il cui epilogo è stato quello per cui l’impianto con filtrazione di carboni attivi garantisce una resa qualitativamente maggiore di quella assicurata da una via di fumo tradizionale con canna fumaria.
5. - Con l’appello la ETD s.a.s. deduce, nel merito, principalmente, la violazione dell’art. 64 del regolamento di igiene del Comune di Roma, la violazione degli artt. 3, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 19 della stessa legge in tema di S.C.I.A. sanitaria, nonché la violazione dell’art. 271, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006.
6. - Si è costituita in resistenza la A.S.L. Roma 1, assumendo l’obbligo di installazione della canna fumaria ai sensi dell’art. 64 del regolamento di igiene del Comune di Roma e dell’art. 48 del regolamento edilizio del Comune di Roma a tutela della salute pubblica.
7. - Si è altresì costituita in resistenza Roma Capitale eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso in appello, nell’assunto della insalubrità delle esalazioni da cottura di cibi non convogliate con canna fumaria esterna oltre il tetto.
8. - Con ordinanza 12 maggio 2017, n. 2234 la Sezione ha disposto un approfondimento istruttorio, in particolare finalizzato all’acquisizione di documentate informazioni da parte di Roma Capitale circa le ragioni che la inducono a ritenere che la tipologia di impianti del genere e del tipo per cui è causa risulti pericolosa per la qualità dell’aria, e dunque per la pubblica salute.
9. - L’Amministrazione capitolina, con relazione del Municipio Roma 1 Centro, Unità Organizzativa Amministrativa, SUAP-Commercio e Artigianato, depositata presso la Segreteria della Sezione in data 13 giugno 2017, in evasione alla richiesta istruttoria, ha esposto, dopo una puntuale ricostruzione della normativa multilevel che disciplina la materia in esame, di non essere competente ad esprimersi sulla pericolosità degli impianti che assumono rilievo nella presente controversia, spiegando altresì che i provvedimenti interdittivi dell’attività di cottura in assenza di canna fumaria sono stati adottati a seguito di segnalazioni della ASL RM1, richiamanti la necessità della canna fumaria, quale prerequisito strutturale degli esercizi che effettuano la cottura degli alimenti a vario titolo, alla stregua di quanto disposto dall’art. 64 del regolamento di igiene del Comune di Roma del 1932.
10. - Con successiva ordinanza 19 luglio 2018, n. 4380 la Sezione ha disposto una verificazione tecnica, finalizzata a chiarire se l’impianto tecnologico di smaltimento dei fumi adottato dalla società appellante sia idoneo, alla stregua della normativa vigente, a garantire la conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città, in alternativa alla via di fumo tradizionale, e cioè mediante canna fumaria, officiando per tale incombente istruttorio l’ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, in persona del suo Presidente, con facoltà di delega al Dipartimento o soggetto con maggiori competenze nel campo specifico oggetto della verificazione.
11. - Con memoria depositata in data 10 settembre 2018 l’appellante ha rappresentato di avere conseguito, nel corso del giudizio, le necessarie autorizzazioni per l’installazione della canna fumaria, sì che, al momento, non vi sono più impianti a carboni attivi nel locale, circostanza, questa, che ha precluso l’esecuzione dell’incombente istruttorio. Ha allegato peraltro di avere ancora interesse alla decisione del ricorso anche ai fini della statuizione sulle spese di giudizio, richiamando le risultanze delle perizie tecniche giurate comprovanti la salubrità dell’impianto ed il fatto che l’impianto a carboni attivi garantisce condizioni di salubrità/efficienza almeno equipollenti a quello con la canna fumaria.
12. - All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.-Occorre anzitutto precisare che la verificazione tecnica disposta dal Collegio non è stata effettuata avendo l’appellante sostituito l’impianto di captazione ed abbattimento dei fumi installato nel locale con quello con canna fumaria;in ragione di ciò va anzitutto revocata la disposta verificazione tecnica.
Sotto il profilo processuale, può sostenersi che la eseguita modificazione dell’impianto privi di interesse il ricorso avverso un provvedimento che precludeva la prosecuzione dell’attività proprio in ragione dell’assenza della canna fumaria nel locale.
Ma, vertendosi in fase di appello, può ravvisarsi un residuale interesse alla riforma della sentenza di primo grado che ha visto l’appellante soccombente.
2. - Le risultanze della perizia giurata svolta dall’appellante non sono contestate da Roma Capitale e consentono di ritenere illegittima l’impugnata determinazione che ha disposto il divieto di prosecuzione dell’attività di cottura nell’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande per i profili dedotti.
Invero, l’art. 12 del regolamento regionale n. 1 del 2009 consente ai Comuni di garantire l’equilibrio tra le esigenze di tutela dei contesti urbani di particolare pregio artistico-architettonico e quelle di tutela della libera iniziativa economica degli esercizi già operanti all’interno dei contesti stessi.
Tale bilanciamento di interessi viene effettuato dalla norma riconoscendo a tali esercizi la possibilità di « utilizzare, in alternativa alle canne fumarie, altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi, la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia ».
Ciò tanto più in considerazione del fatto che la stessa l.r. Lazio 29 novembre 2006, n. 21 (in esecuzione della quale è stato adottato il regolamento regionale supra ricordato), all’art. 7, comma 2, lett. d), prevedeva, da parte dei Comuni, l’adozione di regolamenti per disciplinare, in particolare, « l’utilizzo, da parte dei locali in cui si svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande, di più moderni ed ecologicamente idonei strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi, di preferenza senza immissione in atmosfera, e per la diminuzione dell’inquinamento acustico, con particolare riferimento ai centri storici ».
Peraltro, anche con riferimento alla disciplina di cui al (comunque subordinato, sul piano della gerarchia delle fonti) regolamento di igiene del Comune di Roma, risalente al 1932, va precisato che l’art. 64, ultimo comma, prevede che l’Ufficio d’Igiene « potrà anche prescrivere caso per caso, quando sia ritenuto necessario, l’uso esclusivo dei carboni magri o di apparecchi fumivori ».
Si aggiunga che l’art. 58 del regolamento edilizio, pur prescrivendo in generale che ogni “focolare” deve essere dotato di canna fumaria prolungata oltre il piano di copertura dell’edificio e che i locali destinati a cucina devono inoltre essere dotati di cappa posta sopra i fornelli comunicante con canna esalatrice, precisa che nel caso in cui « si usino fornelli elettrici è sufficiente che detta canna esalatrice sfoci all’aria libera, su un muro esterno, purchè sia dotata di efficiente aspiratore elettrico e purchè lo sbocco non sia ubicato direttamente sotto finestre di stanze di abitazione ».
Dal complesso delle disposizioni in esame deve escludersi che per i locali commerciali in cui si svolge l’attività di gastronomia calda sussista un obbligo inderogabile di convogliare i fumi ed i vapori sulla sommità dell’edificio e di espellere gli stessi tramite una canna fumaria.
Come sostenuto dall’appellante, le disposizioni ora richiamate consentono un’alternativa a tale sistema (nel caso di specie, l’impianto a carboni attivi di smaltimento dei fumi), purchè in grado di abbattere il livello delle emissioni inquinanti.
L’illegittimità dell’ordine di cessazione è dunque derivante dal fatto che Roma Capitale non ha verificato la possibilità di percorrere le alternative previste a livello regolamentare.
Ogni ulteriore motivo di appello rimane dunque assorbito.
3. - Alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
La complessità e novità delle questioni controverse giustifica la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.