Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-04-11, n. 202403320

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-04-11, n. 202403320
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202403320
Data del deposito : 11 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/04/2024

N. 03320/2024REG.PROV.COLL.

N. 08514/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8514 del 2021, proposto dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in persona del Ministro pro tempore , e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Cassa nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti– CNPADC, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A P e F D, con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, Viale Liegi, n. 32, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il dottor Walter Anedda, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio-Roma, Sezione III- Bis , 19 febbraio 2021, n. 2098, resa tra le parti, non notificata e concernente la richiesta di annullamento “ della Nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 11659 del 7.8.2014 ”;


Visti il ricorso in appello e relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’atto di costituzione della Cassa nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti– CNPADC e del dottor Walter Anedda;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2024 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in appello in esame, notificato il 20 settembre 2021 e depositato il 7 ottobre successivo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’economia e delle finanze hanno impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza 19 febbraio 2021, n. 2098, con cui il Tribunale amministrativo per il Lazio-Roma, Sezione III-Bis ha accolto il ricorso proposto dalla Cassa nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti– CNPADC (di seguito anche “Cassa”) per l’annullamento della nota n. prot 11569 del 7 agosto 2014, con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha chiesto all’ente di sottoporre a nuovo esame da parte dei suoi organi di amministrazione il prospetto di budget 2014, ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dal decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, e del primo assestamento.

2. Il gravame viene affidato a tre motivi di censura, con i quali Ministeri appellanti deducono l’inammissibilità del ricorso in prime cure (primi due mezzi) e lamentano l’erroneità della sentenza in relazione alla normativa di settore applicabile (terzo motivo)

Più in particolare, gli appellanti chiedono la riforma della sentenza del Tribunale territoriale per:

1. Inammissibilità del ricorso al TAR per difetto di interesse. ”: la ricorrente in prime cure sarebbe stata priva di un concreto ed attuale interesse all’annullamento del provvedimento, alla luce del comportamento assunto, che dimostrerebbe la sua intenzione di fare acquiescenza al provvedimento impugnato;

2. Inammissibilità, sotto altro profilo, del ricorso dinanzi al Tar per avere la ri-corrente impugnato un provvedimento endoprocedimentale privo di lesività. ”: da un concorrente ed ulteriore aspetto, il gravame di primo grado sarebbe inammissibile perché avente ad oggetto la richiesta di annullamento di un atto endoprocedimentale e, come tale, non immediatamente impugnabile perché sprovvisto di lesività, e non conterrebbe censure contro il d.m. 17 marzo 2013 e della circolare n. 35 del 22 agosto 2013;

3. Falsa applicazione degli articoli 13, 16 e 17 del decreto Legislativo n. 91del 2011, nonché degli articoli 1, 2, 3 e 4 del Decreto Ministeriale del 27 marzo 2013 recante “Criteri e modalità di predisposizione del budget economico delle Amministrazioni pubbliche in contabilità civilistica”. Violazione dell’art. 12 Preleggi. ”: con tale mezzo, viene lamentata l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui il Tar non ha adeguatamente valorizzato la persistenza dell’obbligatorietà in capo agli enti tenuti al regime di contabilità civilistica, come la Cassa appellata, ad adottare un unico documento concernente il budget da riclassificare secondo le regole della contabilità degli enti pubblici.

3. La Cassa si è costituita in giudizio per resistere all’appello con atto depositato il 22 novembre 2021 ed ha prodotto memoria ex articolo 73 c.p.a. il 4 marzo 2024 e all’udienza del 4 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Devono essere esaminate in limine litis le due eccezioni preliminari sollevate con i primi due motivi di doglianza dai Ministeri appellanti, secondo i quali il ricorso in primo grado sarebbe stato inammissibile perché la Cassa non avrebbe avuto interesse a promuovere il ricorso di prime cure e perché il suo gravame avrebbe ad oggetto la richiesta di annullamento di un atto endoprocedimentale, privo di autonoma efficacia lesiva, e non conterrebbe censure rispetto al decreto ministeriale 27 marzo 2013 ed alla circolare attuativa, da considerarsi atti presupposti.

Entrambe le eccezioni sono da disattendere.

Quanto al primo profilo, con la nota n. prot. 10749/14 del 25 novembre 2014, trasmessa via pec in pari data, l’ente appellato ha trasmesso ai Ministeri appellanti, alla Corte dei Conti e al Presidente del proprio Collegio sindacale la delibera 11/14/AdD dell’Assembla dei delegati della Cassa del 21 ottobre 2014, precisando che in quella sede “ è stato trattato il tema degli adempimenti connessi al d.lgs. 31 maggio 2011, n. 91, a seguito della nota del Ministero del Lavoro prot. n. 36/0011569 del 7 agosto 2014 ” e che “ tale deliberazione è stata assunta senza prestare acquiescenza alla nota ” ministeriale oggetto di impugnativa.

Dalla posizione così assunta dalla Cassa (anche negli anni successivi) non può, dunque, farsi ragionevolmente conseguire la cessazione della materia del contendere, come eccepito col primo motivo di appello.

Del pari, non può ritenersi che il gravame di primo grado fosse inammissibile sul presupposto che avesse ad oggetto un atto endoprocedimentale, ovvero che non contenesse censure avverso gli atti presupposti (d.m. 27 marzo 2013 e relativa circolare attuativa).

Ritiene al riguardo il Collegio che:

i ) il provvedimento impugnato dinanzi al Tar contenesse certamente un elemento di immediata lesività, atteso che:

- l’Amministrazione aveva in quella sede segnalato all’ente che erano stati segnalati “ i rilievi sopraindicati, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, c. 3 del decreto legislativo n. 509/1994 ”, che così stabilisce: “ Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con i Ministeri di cui al comma 1, può formulare motivati rilievi su: i bilanci preventivi e i conti consuntivi;
le note di variazione al bilancio di previsione;
i criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo;
le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva. I suddetti rilievi devono essere formulati per i bilanci consuntivi entro sessanta giorni dalla data di ricezione e entro trenta giorni dalla data di ricezione, per tutti gli altri atti di cui al presente comma. Trascorsi detti termini ogni atto relativo diventa esecutivo.
”;

- l’articolo 2, comma 6 del medesimo decreto legislativo prevede che “ nel caso in cui gli organi di amministrazione e di rappresentanza si rendessero responsabili di gravi violazioni di legge afferenti la corretta gestione dell'associazione o della fondazione, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri di cui all'art. 3, comma 1, nomina un commissario straordinario con il compito di salvaguardare la corretta gestione dell'ente e, entro sei mesi dalla sua nomina, avvia e conclude la procedura per rieleggere gli amministratori dell'ente stesso, così come previsto dallo statuto ”, con la conseguenza che, nel caso del mancato annullamento dell’atto impugnato, la Cassa appellata sarebbe stata esposta al suo eventuale commissariamento;

ii ) nella prospettiva della ricorrente in primo grado, il decreto ministeriale e la circolare potevano ben essere letti in coerenza con l’impianto del gravame proposto dinanzi al Tar, che non contiene, neanche indirettamente, alcuna censura contro di essi.

5. Sempre in via preliminare, rileva la Sezione che con i successivi provvedimenti versati in atti i Ministeri appellanti hanno, in sostanza, dimostrato di accettare, senza formulare alcun rilievo, la prassi della Cassa di predisporre due documenti contabili, rispetto ai quali avevano in precedenza espresso criticità con l’atto impugnato in prime cure.

Pur sussistendo, dunque, elementi di possibile improcedibilità dell’appello, tenuto conto del contegno assunto dalle Amministrazioni in ordine alle conseguenze derivanti dalla statuizione del Tar, ritiene la Sezione di poter prescindere dell’esame di tale profilo, considerato che la decisione impugnata è immune dei vizi denunciati.

Passando all’esame del merito dell’appello, dunque, deve essere respinto anche il terzo motivo nel quale si articola.

Rileva la Sezione che, a seguito della privatizzazione degli enti previdenziali introdotta dal decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, la Cassa appellata rientra nell’allegato A del citato provvedimento legislativo ed è assoggettata ai principi di armonizzazione contabile, rispetto ai quali il rapporto con l’autorità vigilante si declina in generale secondo un’interlocuzione di tipo dialettico- collaborativo (Consiglio di Stato, Sezione III, 27 settembre 2022, n.8313).

Condivisibilmente, da questo punto di vista, il Tar ha stabilito che “ tale finalità, prevista dalla normativa primaria, interessa il budget pubblicistico, nel senso che gli enti compresi nell’elenco istat, nell’elaborazione dei documenti contabili pubblicistici, devono attenersi al rispetto dei principi contabili armonizzati rilevanti ai fini dell’applicabilità della normativa pubblicistica, ma da tale principio non può ricavarsi, in via automatica e in mancanza di una espressa previsione normativa, il principio in base al quale sia precluso all’ente adottare, oltre al budget conforme alla normativa pubblicistica, un ulteriore budget conforme alla normativa civilistica.

Tale corretta ricostruzione del dato normativo riposa anche sull’esame del d.m. 27 marzo 2013, che, secondo il primo giudice, “ non contiene elementi dai quali desumere l’unicità dell’atto ” contabile, considerato che, ai sensi dell’articolo 1, “ l’utilizzo della espressione linguistica “almeno” costituisce

un elemento dal quale desumere che l’elenco dei documenti descritti non ha carattere tassativo ”, con la conseguenza che, “ ferma l’obbligatorietà della relativa predisposizione, non emergono elementi ostativi all’adozione di un ulteriore e differente budget rilevante ai fini civilistici e conforme alla relativa normativa ”, anche per quanto si ricava “ dall’esame dell’art. 2 del medesimo decreto ministeriale, rubricato <Il budget economico annuale> ” e che “ il generico richiamo al citato decreto ministeriale non appare quindi sufficiente e idoneo a sorreggere l’argomento sviluppato dall’amministrazione resistente nella nota impugnata.

Con un percorso argomentativo condivisibile, il Tribunale territoriale ha, quindi, ritenuto che gli enti come la Cassa appellata, che hanno assunto “ la personalità giuridica di diritto privato ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile ” (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 509/1994) possono, per ragioni legate alla loro natura ed alla propria autonomia gestionale, organizzativa e contabile prevista dall’articolo 2, comma 1, dotarsi di strumenti differenti, se meglio confacenti alle proprie esigenze, costituiti da due documenti di budget , uno civilistico ed uno ex decreto legislativo n. 91/2011, il cui articolo 17 dimostra, come rileva il primo giudice, che “ il legislatore impone la riclassificazione, ma al tempo stesso, per quanto riguarda gli enti tenuti al regime di contabilità civilistica, non estingue l’obbligo di adottare documenti conformi alla normativa civilistica – che tiene anzi fermo utilizzando l’espressione “tenuti” – ma aggiunge un obbligo rappresentato dall’attività di riclassificazione, che si traduce nello svolgimento di un’attività ulteriore che può realizzarsi all’interno del medesimo documento o tradursi nell’adozione di due documenti differenti.

6. In base a tutte le considerazioni che precedono, in conclusione, l’appello non può trovare accoglimento.

8. La particolarità della vicenda contenziosa e le questioni trattate consentono al Collegio di disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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