Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-11, n. 202100341

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-11, n. 202100341
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100341
Data del deposito : 11 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2021

N. 00341/2021REG.PROV.COLL.

N. 06085/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6085 del 2019, proposto da
Arera - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Gp Infrastrutture S.r.l. già Gas Plus Reti S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L P e M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 00881/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gp Infrastrutture S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati L P e dello Stato Luigi Simeoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso in primo grado dinnanzi al Tar Lombardina, Milano, l’odierna appellata ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione del 12 dicembre 2013, n. 573/2013/R/Gas, avente ad oggetto la regolazione tariffaria dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2014-2019, e il relativo allegato A – Parte II del Testo Unico delle diposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas (TUDG).

In particolare, l’odierna appellata, deducendo di operare nel settore della distribuzione del gas naturale, ha formulato tre motivi di impugnazione, censurando:

- il metodo di valorizzazione dei costi attinenti alle reti e agli impianti di erogazione del servizio, incentrato sul costo storico rivalutato dei cespiti (corrispondente al costo iscritto a bilancio al momento del primo utilizzo o di prima realizzazione, rivalutato nel tempo e degradato secondi i parametri fissati dall’Autorità), come risultante dai libri obbligatori delle società di distribuzione, e soltanto in fattispecie eccezionali sulla base di perizie giurate;
secondo la prospettazione della ricorrente, invece, il costo storico sarebbe risultato largamente inferiore ai valori reali come determinabili mediante apposite perizie, ragion per cui sarebbe stato irragionevole e discriminatorio limitare l’utilizzo delle perizie (avendo riguardo alle sole operazioni di aggregazione societaria entro il 31.12.2003 e alle aziende speciali), tenuto conto, altresì, che la scelta di valorizzare i beni al costo storico avrebbe riguardato sia la regolazione tariffaria, sia l’indennizzo dovuto al gestore uscente e a base delle future procedure di gara;

- il tasso di recupero di produttività, determinato, da un lato, in misura fissa, con la conseguenza che annualmente si sarebbero ridotti costantemente i costi operativi del servizio di distribuzione riconosciuti in tariffa (come tali, ammessi a copertura), in contrasto con il fisiologico contrarsi dei livelli di efficienza;
dall’altro, in misura differenziata a seconda delle dimensioni degli operatori economici (computate sulla base del numero dei punti di riconsegna serviti), imponendo irragionevolmente alle società di minori dimensioni margini di recupero di efficienza superiori rispetto alle grandi imprese;

- il meccanismo per il trattamento in tariffa dei contributi pubblici e privati, prevedendo due metodi alternativi di detraibilità, tra cui potere scegliere entro il breve termine del 28 febbraio 2014, senza, tuttavia, alcuna indicazione circa gli effetti che sarebbero derivati dalla scelta di ciascun metodo, in violazione dei principi di certezza, trasparenza e adeguata remunerazione del sistema tariffario.

2. Con ricorso per motivi aggiunti la società Gas Plus Reti SrL ha impugnato la sopravvenuta deliberazione 24 luglio 2014, n. 367/2014/R/Gas, avente ad oggetto la regolazione tariffaria dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2014-2019, e il relativo allegato A – Parte II del Testo Unico delle diposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2014-2019 (TUDG).

La ricorrente, illustrando il contenuto precettivo della nuova delibera assunta dall’Autorità e ritenendo che, attraverso l’introduzione di “ trattamenti di casi di valore delle immobilizzazioni nette disallineate rispetto alle medie di settore ”, la parte resistente avesse effettivamente riconosciuto il limite proprio del sistema di valorizzazione dei costi attinenti alle reti e agli impianti fondato sul costo storico, ha comunque ritenuto lesiva la delibera sopravvenuta, sia perché il meccanismo correttivo così introdotto non avrebbe trovato applicazione immediata, sia perché la stessa delibera non avrebbe comunque superato le molteplici criticità censurate con il ricorso principale.

Per l’effetto, con la proposizione di motivi aggiunti la ricorrente, oltre ad estendere ai nuovi atti le originarie censure, ha contestato:

- il meccanismo correttivo per la valorizzazione delle immobilizzazioni di località, incentrato sul mero riallineamento del costo storico alla media di settore, tale da non prendere in considerazione valori effettivamente rappresentativi delle immobilizzazioni, fondandosi pur sempre su una media nazionale dei costi storici e, dunque, su valori distanti dal dato reale;
in ogni caso, la decisione dell’Autorità di differire la correzione di valore all’esito degli affidamenti per ambiti territoriali minimi sarebbe stata irragionevole e comunque sarebbe stata foriera di discriminazioni in danno dei distributori che avrebbero proseguito la propria attività nelle gestioni “individuali”;

- il tasso di recupero di produttività, inficiato dai medesimi motivi di illegittimità già dedotti con il ricorso principale, prevedendosi irragionevolmente un tasso di riduzione annuale dei costi operativi, da un lato, maggiore per le società di medie dimensioni rispetto a quelle di grandi dimensioni, dall’altro, in misura fissa, anziché decrescente, come invece imposto dalla giurisprudenza formatasi in materia;

- il meccanismo di determinazione del valore di rimborso delle immobilizzazioni nette di località, che avrebbe dovuto ritenersi illegittimo, se fosse stato inteso come incentrato sul solo valore di ingresso senza alcuna misura di rivalutazione.

3. L’Autorità intimata si è costituita in giudizio, al fine di resistere ai motivi di ricorso.

4. Il Tar, a definizione del giudizio, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso principale, nonché ha, in parte accolto, in parte rigettato, in altra parte dichiarato improcedibile i motivi aggiunti.

In particolare, alla stregua di quanto statuito dal primo giudice:

- la deliberazione impugnata con i motivi aggiunti aveva sostituito la precedente deliberazione, con l’effetto di rendere il ricorso principale improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;

- la prima censura svolta con i motivi aggiunti risultava infondata, in quanto il riferimento al criterio del costo storico rivalutato costituisce l’indicazione generale della regolazione, essendo, al contrario, residuali le ipotesi di ricorso al valore peritale;

- trattasi, in particolare, di scelta legittima in quanto assegnava, comunque, una centralità al metodo individuale e, inoltre, determinava vantaggi sul piano della semplificazione procedimentale, della tutela della concorrenza e dei benefici per gli stessi consumatori;

- anche le deroghe a tale criterio di valorizzazione dovevano ritenersi giustificate in ragione della differente situazione in cui si trovavano le imprese nella fase di passaggio dal vecchio sistema, basato sul solo metodo parametrico, al nuovo sistema, basato sui due metodi posti in una posizione di libera alternatività;

- con specifico riferimento alle aziende speciali, interessate da un processo di privatizzazione disposto dal legislatore, inoltre, la deroga risultava giustificata dalla possibile indisponibilità di dati contabili derivanti dalla diversa precedente natura giuridica del soggetto preso in considerazione dal regolatore;

- per l’effetto, non poteva riscontrarsi l’inaffidabilità del metodo del costo storico rivalutato in ragione del meccanismo di riequilibrio introdotto dal regolatore, suscettibile di riequilibrare situazioni marginali nelle quali tale metodo, correttamente operante in situazioni fisiologiche e dove si registravano scelte improntate a criteri di efficienza economica, esigeva adeguamenti al fine di evitare distorsioni alla concorrenza;

- né avrebbe potuto contestarsi la scelta dell’Autorità di far operare l’adeguamento al momento di aggiudicazione delle gare indette per l’affidamento del servizio di distribuzione, trattandosi di decisione connessa alla concreta finalità che il meccanismo intendeva raggiungere e non determinava l’impossibilità di effettuare scelte consapevoli da parte dell’operatore, cui era, comunque, consentita una stima della misura di determinazione della R.A.B., applicando le previsioni di cui agli artt. 22 e 23 del Testo unico;

- doveva, invece, ritenersi fondata la seconda censura articolata con i motivi aggiunti, tenuto conto che:

a) da un lato, alla stregua della giurisprudenza amministrativa formatasi in materia, costituiva fatto notorio la circostanza che i risparmi derivanti dal miglioramento di efficienza vanno diminuendo con gli anni fino addirittura ad esaurirsi, con la conseguenza che il recupero di produttività deve essere decrescente;
nel caso concreto occorreva, dunque, svolgere un’istruttoria per accertare il corretto livello di progressiva diminuzione della produttività in relazione ai decrescenti margini di recupero di efficienza;
istruttoria nel caso di specie omessa, non emergendo una valutazione analitica che potesse ritenere dimostrato che l’obiettivo perseguito dal price cup fosse declinato in termini ragionevoli e proporzionali non tenendo conto della progressiva diminuzione dei risparmi derivanti dal miglioramento di efficienza nel tempo;

b) dall’altro, all’esito di una specifica disamina condotta dall’Autorità con il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino, era emerso che le economie di scala consentivano alle grandi imprese di raggiungere livelli di efficienza e risparmi più elevati, con conseguente maggiore contrazione dei costi fissi operativi;
sicché la regolazione impugnata risultava contraddittoria, in quanto, pur riconoscendo che le grandi imprese avevano maggiori possibilità di raggiungere risparmi di costo, alle stesse era stato applicato un tasso di riduzione annuale dei costi unitari riconosciuti a copertura dei costi operativi del servizio di distribuzione pari al 1,7 per cento;
al contrario per le piccole e medie imprese il tasso era stato ricompreso in misura pari al 2,5 per cento;
per l’effetto, le grandi imprese (già agevolate nel raggiungimento di maggiori efficienza e risparmi di costo dalle economie di scala) risultavano ulteriormente meno gravate dalla regolazione, mentre alle piccole e medie imprese si richiedevano sforzi ulteriori giustificabili solo in ragione degli obiettivi di riallineamento, dovendosi, comunque, tenere conto dei dati economici reali e della capacità delle imprese di raggiungere simili obiettivi secondo una modulazione proporzionata proprio alle capacità dell’impresa;
in conclusione, una regolazione come quella in esame che, partendo dalla constatazione della maggior facilità per le grandi imprese di raggiungere risparmi di costi, imponesse un tasso di riduzione annuale maggiori alle piccole e medie imprese appariva irragionevole;

- doveva dichiararsi l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della terza censura articolata nell’ambito del ricorso per motivi aggiunti, in quanto i chiarimenti forniti dall’Autorità in data 13 marzo 2013 avevano confermato la prevista rivalutazione del valore di cui all’art. 26.1, lett. b) oggetto di impugnazione.

5. L’Autorità ha proposto appello avverso il capo di sentenza con cui il Tar, in accoglimento del secondo motivo di ricorso articolato nei motivi aggiunti, ha annullato la deliberazione del 24 luglio 2014, n. 367/2014/R/gas, imponendo alla parte resistente di provvedere ad una nuova determinazione che tenesse conto della riduzione del livello di progressiva diminuzione della produttività in relazione ai decrescenti margini di recupero di efficienza e delle effettive capacità di recupero della produttività tra le varie categorie di imprese.

6. La società intimata si è costituita in giudizio, resistendo all’appello.

7. Sulla base di ulteriori documenti prodotti nel presente grado di appello, le parti hanno argomentato la fondatezza delle rispettive conclusioni con memorie difensive depositate in data 14 settembre 2020 (quanto all’Autorità) e 29 settembre 2020 (quanto alla società appellata), provvedendo, altresì, a replicare alle avverse deduzioni con memorie del 2 ottobre 2020.

8. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 15 ottobre 2020.

DIRITTO

1. Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento e avere riportato, per quanto più di interesse ai fini del presente giudizio, i criteri di determinazione delle tariffe per la distribuzione del gas applicabili in relazione ai differenti periodi regolatori, con il primo motivo di appello l’Autorità censura la sentenza di prime cure nella parte in cui ha escluso la ragionevolezza di una previsione regolatoria volta ad imporre in misura fissa il tasso di riduzione annuale dei costi unitari riconosciuti a copertura dei costi operativi del servizio di distribuzione.

1.1 Al riguardo, la parte appellante, precisando che la previsione di cui all’art. 11 della

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