Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-26, n. 202306249

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-26, n. 202306249
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306249
Data del deposito : 26 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2023

N. 06249/2023REG.PROV.COLL.

N. 01410/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1410 del 2017, proposto da
Studiocinque Outdoor S.r.l. – Società Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Rufini in Roma, via G. Bettolo n. 17;

contro

Comune di Pescara, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P D M e M D F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R C in Roma, viale Liegi 35/B;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), 15 luglio 2016, n. 269, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pescara;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 28 marzo 2023 il Cons. G M;
preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza degli avvocati Di Marco, De Flaviis, Di Gifico per delega dell'Avv. Ciccarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza del 15 luglio 2016, n. 269, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo ha respinto il ricorso proposto dalla società Studiocinque Outdoor s.r.l. per l’annullamento dell’atto implicito di conferma, per l’anno 2015, delle tariffe relative all'imposta di pubblicità fissate con la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara n. 965 del 2003, relativa alla approvazione del nuovo regolamento dell'imposta sulla pubblicità e diritti di pubbliche affissioni e determinazione delle relative tariffe. Nel ricorso introduttivo la società, che opera nel settore della cartellonistica e delle affissioni pubblicitarie ed è titolare di impianti installati nel territorio del Comune di Pescara, esponeva di aver provveduto al pagamento della prima rata dell’imposta relativa al 2015;
successivamente, in data 25 marzo 2015 e 30 giugno 2015, in occasione del pagamento della seconda rata d’imposta, comunicava all’AIPA (concessionaria per il Comune di Pescara del servizio di riscossione tributi) che i propri versamenti erano da ritenersi soggetti a riserva di ripetizione, sull’assunto che il Comune di Pescara non avesse fissato le tariffe per l’anno di imposta 2015 con provvedimento esplicito ma attraverso l’implicita conferma di quelle approvate negli anni precedenti (in particolare con la deliberazione del Consiglio comunale n. 965 del 2003), ai sensi dell’art. 10, comma 11, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
disposizione, tuttavia, abrogata dall’art. 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 134.

2. Il giudice di primo grado, nel respingere il ricorso, ha rilevato che l’abrogazione della norma che prevedeva la possibilità di aumentare le tariffe, se ha privato (per il futuro) gli enti locali di tale potere non avrebbe inciso invece sulle tariffe già deliberate, non essendo stata abrogata la disposizione di cui all’art. 3, comma 5 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 secondo la quale: «Le tariffe dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni sono deliberate entro il 31 ottobre di ogni anno ed entrano in vigore il primo gennaio dell'anno successivo a quello in cui la deliberazione è divenuta esecutiva a norma di legge e, qualora non modificate entro il suddetto termine, si intendono prorogate di anno in anno […] » . Inoltre, l’art. 1, comma 739, della legge n. 208 del 2015 (secondo cui «l'articolo 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui abroga l'articolo 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, relativo alla facoltà dei comuni di aumentare le tariffe dell'imposta comunale sulla pubblicità, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212, si interpreta nel senso che l'abrogazione non ha effetto per i comuni che si erano già avvalsi di tale facoltà prima della data di entrata in vigore del predetto articolo 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012» ) non autorizzerebbe la conclusione che il legislatore abbia inteso estendere l’effetto abrogativo anche alle tariffe legittimamente maggiorate. Trattandosi di norma di interpretazione autentica, essa assegna alla disposizione interpretata un significato che era già ricavabile da questa, limitandosi ad espungere interpretazioni dirette a far retroagire l’effetto abrogativo a una data precedente l’entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2012 (con il che sarebbe manifestamente infondata anche l’eccezione di illegittimità costituzionale).

3. Ha proposto appello la Studiocinque Outdoor con un unico motivo nel quale lamenta l’erroneità della sentenza appellata per violazione dell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile e dell’art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 507 del 1993, riproponendo altresì i motivi del ricorso di primo grado.

3. Si è costituito il Comune di Pescara, reiterando l‘eccezione di irricevibilità del ricorso (già proposta nel corso del giudizio di primo grado);
in ogni caso chiede che l’appello sia respinto nel merito con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 28 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado proposta dal Comune di Pescara. Dall’esame della documentazione di causa non risulta infatti alcun elemento probatorio che possa attestare il momento nel quale la società ricorrente abbia avuto comunicazione dell’atto o abbia acquisito la piena conoscenza della deliberazione impugnata. Come riferito in fatto, nel caso in esame manca in realtà un provvedimento esplicito di determinazione delle tariffe dell’imposta di pubblicità per l’anno 2015, posto che queste sono state implicitamente confermate facendo riferimento alle tariffe dei precedenti anni.

Inoltre, come esattamente obiettato dall’appellante, il termine per deliberare le tariffe dell’imposta per il 2015 coincideva con quello previsto per l’approvazione del bilancio preventivo del Comune, ossia il 31 luglio 2015. Pertanto, tenuto conto della sospensione feriale dei termini, è tempestiva la notificazione del ricorso effettuata il 12 ottobre 2015.

6. Nel merito, con l’unico motivo di appello la Studiocinque Outdoor s.r.l. lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha affermato che gli aumenti della tariffa base prevista dal d.lgs. n. 507 del 1993, effettuati in passato esercitando la facoltà prevista dall’art. 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (in particolare con la deliberazione di C.C. 31 dicembre 2003 n. 965), non fossero travolti dall’intervenuta abrogazione del citato art. 11, comma 10, della legge n. 449/1997. L’appellante rileva inoltre che l’intervenuta norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 739, della legge n. 208 del 2015, già sopra richiamata, introdurrebbe una parziale abrogazione della norma interpretata (ossia dell’art. 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012) al fine di escluderne gli effetti per i Comuni che si siano già avvalsi del potere di aumento delle tariffe in virtù del più volte citato art. 11, comma 10, della legge n. 449/1997. L’appellante ripropone, pertanto, anche la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 739, della legge 28 dicembre 2015, n. 258, con riferimento agli artt. 3, 23, 53, 97, 102, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione, nella parte in cui non estende a tutti i Comuni l’efficacia dell’abrogazione della facoltà di aumento delle tariffe base dell’imposta di pubblicità.

7. Il ricorso è fondato.

7.1. L’art. 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ha previsto che le tariffe dell’imposta di pubblicità e i diritti di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, potessero essere aumentate dagli enti locali «fino ad un massimo del 20 per cento a decorrere dal 1° gennaio 1998 e fino ad un massimo del 50 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2000 per le superfici superiori al metro quadrato, e le frazioni di esso si arrotondano al mezzo metro quadrato» .

La norma era stata sospesa dall’art. 77- bis , comma 30, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. L’art. 4, comma 4, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, entrato in vigore il 2 marzo 2016), ha poi abrogato l’art 77- bis , comma 30, cit. ;
per l’anno 2012, quindi, i Comuni potevano disporre nuovamente le maggiorazioni previste dalla legge n. 449 del 1997.

7.2. Interveniva quindi l’art. 23 del decreto-legge n. 83 del 2012, entrato in vigore il 26 giugno 2012, che abrogava (comma 7), con decorrenza da tale data, l’art. 11, comma 10, della legge n. 449 del 1997, precisando (comma 11) che i procedimenti già avviati dovevano definirsi in base alle norme abrogate;
successivamente interveniva anche l’art. 1, comma 739, della l. 28 dicembre 2015, n. 208, di interpretazione autentica dell’art. 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, precisando che l’abrogazione dell’art. 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, non aveva effetto per i Comuni che si erano già avvalsi di tale facoltà prima della data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge.

In tale contesto normativo è stato adottato l’atto con il quale il Comune di Pescara ha prorogato, per l’anno 2015, l’applicazione delle tariffe relative all’imposta di pubblicità determinate (in applicazione della facoltà di aumento prevista dall’art. 11, comma 10, della legge n. 449 del 1997) con la deliberazione del Consiglio Comunale di Pescara 31 dicembre 2003 n. 965.

7.3. Come correttamente prospettato da parte appellante, le delibere, anche tacite, confermative delle tariffe applicate in base alla legge n. 449 del 1997, poi abrogata, sono da ritenersi illegittime, atteso il mutamento della disciplina di riferimento intervenuto dopo il 2012. Anche la mera conferma di tali tariffe rappresenta, infatti, l’approvazione di tariffe effettuata in base ad una norma ormai non più vigente.

7.4. In particolare, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 30 gennaio 2018, n. 15, non può essere condivisa la tesi secondo la quale la nuova disciplina aveva comportato esclusivamente l’illegittimità degli aumenti tariffari disposti dopo l’entrata in vigore dell’art. 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012, facendo salvi gli atti confermativi degli aumenti, anche successivi all’entrata in vigore della legge abrogatrice. La Corte Costituzionale, con la sentenza anzidetta, ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 739, della legge n. 208 del 2015, nella considerazione che non potrebbe dirsi corretta l’interpretazione dell’art. 1, comma 739, della legge n. 208 del 2015 secondo la quale la norma ripristinerebbe retroattivamente la potestà di applicare maggiorazioni alle tariffe per i Comuni che, alla data del 26 giugno del 2012, avessero già deliberato in tal senso.

Ed invero la disposizione nulla ha disposto in merito alla possibilità di confermare o prorogare, successivamente al 2012, di anno in anno, le tariffe maggiorate, limitandosi unicamente a precisare la salvezza degli aumenti deliberati al 26 giugno 2012. Alla stregua di ciò, venuta meno la norma che consentiva di apportare maggiorazioni all’imposta di pubblicità, gli atti di proroga tacita di quest’ultima relativi ad anni di imposta successivi a tale data devono ritenersi illegittimi, essendo venuto meno il potere di disporre le suddette maggiorazioni tariffarie.

L’intervento del legislatore non ha introdotto, quindi, alcun doppio regime impositivo e non ha perciò creato ingiustificate disparità di trattamento tra i Comuni, rientrando nei limiti di quella ragionevolezza che deve caratterizzare le leggi di interpretazione autentica (così la citata sentenza 30 gennaio 2018, n. 15).

In ultima analisi, il Comune di Pescara non avrebbe potuto imporre, anche per l’anno 2015, la proroga delle tariffe relative all’imposta di pubblicità determinate nel 2003.

8. In conclusione, l’appello va accolto e, previa riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento degli atti con esso impugnati.

9. Considerata la peculiarità della controversia esaminata e l’incerto quadro normativo, chiarito solo a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

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