Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-12-27, n. 201106822
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N. 06822/2011REG.PROV.COLL.
N. 05913/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5913 del 2007, proposto dalla s.p.a. David 2, in prsona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati F P V e R C, con domicilio eletto presso il signor M G in Roma, via L. Mantegazza, 24;
contro
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 2067/2007, resa tra le parti, concernente SANZIONE AMMINISTRATIVA PER INGANNEVOLEZZA MESSAGGI PUBBLICITARI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2011 il consigliere R V e uditi per le parti l’avvocato Videtta e l'avvocato dello Stato Bruni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La s.p.a. David 2, operante nel settore della telefonia mobile, chiede la riforma della sentenza con la quale il Tar del Lazio ha respinto il suo ricorso proposto avverso il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora innanzi: Agcom, ovvero Autorità) in data 31 maggio 2006, recante inibizione e conseguente sanzione di 45.600 euro, per ingannevolezza di messaggi pubblicitari.
I) Dell’esistenza del procedimento concluso con il provvedimento oggetto del giudizio, la società ricorrente è stata informata con comunicazione in data 14 dicembre 2005, diretta a verificare la contestata ingannevolezza di sette messaggi diffusi sull’emittente televisiva Italia 1 nella fascia oraria tra le ore 14 e le ore 16, tesi a promuovere un servizio di suoneria per cellulari.
L’Agcom ha rilevato che l’invito ad attivare le suonerie non precisava adeguatamente che tale servizio era reso a pagamento;a fronte della promessa in ‘regalo’ dell’invio di una suoneria, il servizio avrebbe infatti comportato la sottoscrizione di un abbonamento a costo fisso, il cui prezzo era stato indicato in maniera scarsamente leggibile, attraverso una sovraimpressione veloce, durante l’andata in onda dello spot televisivo.
Con nota del 30 gennaio 2006, l’Autorità ha sottolineato che avrebbe valutato non solo l’eventuale ingannevolezza dei messaggi, ai sensi degli artt. 19, 20 e 21 d.lgs. n. 206 del 2005, ma anche l’eventuale violazione dell’art. 25 del medesimo d.lgs. per quanto concerne lo spot avente ad oggetto le suonerie per bambini e adolescenti.
II) La sentenza impugnata:
- ha respinto la censura di tardività del provvedimento, notificato il 20 giugno 2006, sollevata con riferimento al termine previsto dall’art. 5 dpr n. 284 del 2003, posto che la conclusione del procedimento va computata al momento dell’adozione dell’atto finale, nella specie emesso il 31 maggio 2006;
- ha respinto il motivo teso a contestare il merito della determinazione dell’Agcom circa la decettività dei messaggi pubblicitari, determinazione in ordine alla quale il sindacato giurisdizionale può aversi per vizi di legittimità (sia pure sotto tutti i profili di eccesso di potere), in ragione della sfera di discrezionalità propria dell’Autorità;
- ha esclusa la sussistenza dei lamentati vizi logici nell’iter decisorio seguito dall’Agcom, tenuto conto della fascia oraria di programmazione, solitamente dedicata ad un pubblico infantile, dei programmi che vi trovano collocazione, della struttura e del contenuto degli spot, conclusione non scalfita dalla circostanza che la protezione specifica per i minori sarebbe prevista per la fascia di programmazione dalle ore 16 alle ore 19, dal momento che lo stesso Codice di autoregolamentazione contempla anche una fascia di protezione rafforzata tra le ore 7 e le 16 e fra le ore 19 e le 22,30;
- ha osservato che la disciplina di settore (d.lgs. n. 206 del 2005) prevede che dall’accertamento dell’ingannevolezza del massaggio pubblicitario discenda l’applicazione della misura inibitoria, e quindi vale ad escludere la pretesa violazione del principio di leale collaborazione tra pubblico e privato in ragione del mancato previo suggerimento di modifiche necessarie a emendare gli spot;
- ha respinto la doglianza circa l’entità della sanzione e la carenza di motivazione della quantificazione oltre il minimo edittale, posto che il provvedimento impugnato reca le indicazioni che la ricorrente assume mancanti, relative alla gravità e alla durata dell’infrazione, e che il d.lgs. n. 206 del 2005, sebbene non ancora entrato in vigore al momento dello svolgimento dei fatti contestati, non ha introdotto modifiche al sistema sanzionatorio previgente, il quale è quindi rimasto immutato senza soluzione di continuità.
III) In questo secondo grado del giudizio, l’appellante ripropone i medesimi profili di illegittimità già sollevati davanti al Tar nei confronti del provvedimento in esame, in particolare insistendo sulla immediata percezione che, anche attraverso il messaggio vocale inserito negli spot pubblicitari, avreppe potuto avvertire l’utente della onerosità dell’offerta, nonché sulla mancanza dell‘abuso della credulità infantile che, ai sensi dell’art. 25 d.lgs. n. 206 del 2005 integra l’ingannevolezza della pubblicità, e deducendo altresì doglianze in ordine alla ‘eccessività’ della misura sanzionatoria.
All’appello resiste l’Autorità intimata.
IV) Ritiene la Sezione che la sentenza impugnata merita conferma.
Deve innanzitutto essere disattesa la censura diretta a evidenziare la tardività del provvedimento impugnato, che l’appellante deduce con riferimento alla pretesa natura recettizia dello stesso, che, sebbene emesso il 31 maggio 2006, le è stato notificato il 20 giugno successivo: invero, la richiesta di attivazione dei suoi poteri è pervenuta completa all’Autorità in data 23 novembre 2005, e la determinazione finale è stata emessa il 31 maggio 2006, nel rispetto, quindi, del termine prescritto dall’art. 5 dpr n. 284 del 2003, sospeso ai sensi del successivo art. 12 in ragione della necessità di attendere il parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, richiesto dall’Agcom il 10 aprile 2006 e pervenuto in data 10 maggio 2006.
Nessun rilievo assume, contrariamente alla tesi dell’appellante, il momento in cui il provvedimento le è stato notificato: la ratio della norma è quella di stabilire un termine per la conclusione del procedimento, analogamente a quanto prevede l’art.2 della legge n. 241 del 1990 per la generalità dei procedimenti amministrativi, conclusione che non può essere procrastinata ad libitum dell’Amministrazione, mentre, d’altra parte, la legge per il caso in esame non ha stabilito la natura recettizia del provvedimento, in quanto ha riferito il termine finale alla data della sua emanazione.
Anche sotto gli altri aspetti dedotti l’appello è infondato.
Ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. n. 74 del 1992, rilevate nel giudizio ratione temporis , costituisce pubblicità ingannevole "qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico".
Tale disposizione è stata sostanzialmente trasfusa nel Codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005), il cui art. 18 ha riportato la previgente definizione, sanzionando "l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo...ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso". L’art. 20 dello stesso Codice definisce scorretta una siffatta pratica commerciale, che secondo il successivo art. 22 è ingannevole in quanto "induce o è idonea ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".
All’esame della controversia nei suoi specifici aspetti va premesso in via di principio che, come questo Consiglio di Stato ha più volte osservato (per tutte, sez. VI, 9 dicembre 2008 , n. 6085),
non è sindacabile il giudizio di ingannevolezza del messaggio svolto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato in caso di corretta e completa acquisizione degli elementi di fatto rilevanti, se non sul piano della ragionevolezza e della congruità della valutazione, con esclusione di considerazioni di carattere sostitutivo incompatibili con l'opinabilità dei giudizi.
Nel caso di cui si discute, sia l’acquisizione degli elementi di fatto, sia il giudizio condotto dall’Agcom alla stregua di tali elementi si sottraggono alle censure riproposte con l’appello: invero, risulta dalla documentazione versata in atti come tutti i profili dei fatti contestati e le deduzioni presentate dalla ricorrente siano stati analiticamente considerati nell’iter procedimentale sfociato nel provvedimento impugnato, e come la determinazione finale sia con tali elementi congruente.
Il provvedimento oggetto del giudizio ha infatti desunto gli elementi di giudizio dall’analisi degli spot pubblicitari, in base ai quali è stato evidenziato come le informazioni relative all’attivazione del servizio fornite attraverso le indicazioni vocali e le informazioni diffuse mediante i ‘super’ sia fissi che in movimento, eccessivamente veloci e resi con caratteri estremamente ridotti (e, quindi, di impossibile compiuta lettura), non risultassero idonee a rendere i destinatari consapevoli circa le reali condizioni di fruizione del servizio.
E’ d’altra parte evidente che messaggi incentrati su di un elemento determinante ai fini della scelta del consumatore, qual è quello della gratuità o meno della promozione lanciata, nella specie, attraverso il mezzo televisivo, devono porre il potenziale acquirente in condizione di avere chiara ed immediata contezza di tale elemento. Sul punto, il provvedimento impugnato considera anche le deduzioni opposte dalla società sottoposta ad esame, relative alla sufficienza della dicitura “servizio in abbonamento” a rendere edotto il consumatore della onerosità dell’offerta e alla non decettività della promessa di invio di una suoneria in regalo, e confuta tali deduzioni con puntuale, logica e congrua motivazione.
Risulta, in conclusione, rispettato il principio di ragionevolezza e congruità, che, si ripete, costituisce limite al sindacato giurisdizionale sul provvedimento dell’Autorità, come ha rilevato il primo giudice.
V) La sentenza merita conferma anche per quanto riguarda l’ammontare della sanzione, determinato dall’Agcom in 45.600 euro.
L’Autorità dispone, infatti, di ampio potere discrezionale sia in sede di determinazione dei criteri in base ai quali stabilire gli importi delle sanzioni, sia in sede di sussunzione al caso specifico dei criteri in tal modo prefissati. La congruità della sanzione può, peraltro, essere valutata anche nel merito dal giudice amministrativo in forza della prescrizione contenuta nell’art. 134, lett. c), cod. proc. amm., che, essendo norma di carattere processuale sostanzialmente ricognitiva della precedente giurisprudenza di questo Consiglio, è di immediata applicazione anche alle controversie insorte prima dell’entrata in vigore del codice stesso.
Nella fattispecie, l’Agcom, nella quantificazione della sanzione, ha rispettato i canoni di adeguatezza e proporzionalità con la condotta contestata: anche nel merito la determinazione finale sfugge, pertanto, alle contestazioni svolte dall’appellante.
Il provvedimento impugnato, invero, si è attenuto ai criteri individuati dall’art. 11 legge n. 689 del 1981, richiamati dall’art. 26, comma 12, d.lgs. n. 206 del 2005, criteri attinenti, in particolare, alla gravità della violazione, all’opera svolta per eliminare o attenuare l’infrazione dall’interessata, nonché alle condizioni economiche della stessa, e determina l’ammontare della sanzione attribuendo rilevanza alla violazione dell’art. 25 d.lgs. n. 206 del 2005, che, avendo attinenza alla protezione di bambini e adolescenti e mirando a reprimere abusi della credulità propria della loro età, prevede un minimo edittale pari a 25.000 euro.
Con riguardo alla gravità dell’infrazione (unico profilo riproposto in appello avverso la determinazione della sanzione), l’Autorità sottolinea le ampie modalità di diffusione del messaggio, trasmesso attraverso una emittente televisiva nazionale, e, appunto, la fascia oraria di programmazione, abitualmente dedicata a bambini, che non possono che percepire come ‘regalo’ quanto pubblicizzato come ‘regalo’.
La determinazione conclusiva, che tiene conto del periodo di diffusione successivo al 19 aprile 2005, data di entrata in vigore della legge n. 49 del 2005 che prevede l’irrogazione di sanzioni pecuniarie in una con il divieto di continuazione della pubblicità ritenuta ingannevole, si manifesta, perciò, adeguatamente e congruamente motivata ed adeguata alla palese gravità della condotta tenuta dalla società ricorrente, in ordine alla cui valutazione si richiamano le considerazioni già esposte.
VI) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
Le spese del secondo grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo, nella misura che tiene conto dell’attività difensiva svolta dalle parti.