Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-18, n. 201402001

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-18, n. 201402001
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402001
Data del deposito : 18 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02127/2013 REG.RIC.

N. 02001/2014REG.PROV.COLL.

N. 02127/2013 REG.RIC.

N. 05595/2013 REG.RIC.

N. 05596/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2127 del 2013, proposto da:
A D B, R D B, E D B, L D B, B D B, rappresentati e difesi dagli avv.ti V A P, L M, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Comune di Lucera, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. I L, con domicilio eletto presso I L in Roma, via Lovanio, 16 Scala B;
Regione Puglia in persona del Presidente p.t.;

nei confronti di

O Costruzioni srl., Immobiliare A srl, rappresentate e difese dall'avv. Nino Matassa, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
Francesco Gianferrini;



sul ricorso numero di registro generale 5595 del 2013, proposto da:
O Costruzioni Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Rosa Volse, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Comune di Lucera, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Castiello, con domicilio eletto presso Francesco Castiello in Roma, via Giuseppe Cerbara, 64;

nei confronti di

Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. A B, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92;
R D B, P D B, B (nato 7.10.1969) D B, A D B, R D B, E D B, B (nato 17.3.1972) D B, Daniela D B, L D B, rappresentati e difesi dagli avv. V A P, L M, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Società Immobiliare A, Sport 2000 Società Sportiva Dilettantistica srl;



sul ricorso numero di registro generale 5596 del 2013, proposto da:
Società Immobiliare A srl, rappresentata e difesa dagli avv. Nino Matassa, Rosa Volse, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Comune di Lucera, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Castiello, con domicilio eletto presso Francesco Castiello in Roma, via Giuseppe Cerbara, 64;

nei confronti di

R D B, P D B, B (nato 7.10.1969) D B, Daniela D B, A D B, R D B, E D B, L D B, B (nato 17.3.1972) D B, rappresentati e difesi dagli avv. V A P, L M, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Società O Costruzioni S.r.l., Sport 2000 Società Sportiva Dilettantistica srl;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. A B, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92;

per la riforma

quanto al ricorso n. 2127 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione I n. 01683/2012, resa tra le parti, concernente variante al piano particolareggiato - risarcimento danni;

quanto ai ricorsi n. 5595 del 2013 e n. 5596 del 2013

della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 00003/2013, resa tra le parti, concernente variante alle n.t.a. piano particolareggiato Comune di Lucera – diniego permesso di costruire.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Lucera, di O Costruzioni a r.l. e di Immobiliare A a r.l.;
di Comune di Lucera, di Regione Puglia e di R D B, P D B, B (nato 7.10.1969) D B, Daniela D B, A D B, R D B, E D B, L D B, B (nato 17.3.1972) D B;
e di Comune di Lucera, di R D B, P D B, B (nato 7.10.1969) D B, Daniela D B, A D B, R D B, E D B, L D B e B (nato 17.3.1972) D B;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati L M, V A P, Nino Matassa, I L, Francesco Castiello, Rosa Volse e Vincenzo Colalillo (su delega di A B);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A - Appello 201302127.

I sigg.ri D B sono proprietari di alcune aree ricomprese nel Piano Particolareggiato del Comune di Lucera a suo tempo approvato con del. G.R. n. 8203 del 14 settembre 1981 e destinate a “servizi e verde” (F1).

Stante l’inerzia dell’Amministrazione comunale in merito alla ritipizzazione della generalità delle aree ricomprese nel suddetto Piano, asseritamente interessate da vincoli preordinati all’esproprio ormai decaduti, alcuni proprietari (fra questi non i D B) e, in particolare, Immobiliare A s.r.l. e O Costruzioni s.r.l., promuovevano ricorso contra silentium al fine di conseguire una nuova disciplina urbanistica.

Con sentenze n. 8042 e 8043 del 28 dicembre 2006, il Consiglio di Stato, dinanzi all’obiezione dell’amministrazione locale incentrata sull’efficacia interruttiva del silenzio da riconoscere al pendente procedimento di approvazione del Piano Urbanistico Generale, affermava che, “se il Comune è libero di provvedere con una nuova pianificazione generale ovvero con una variante parziale, è viceversa obbligato a provvedere in tempi brevi e con sollecitudine, quando, come nel caso di specie, sia chiesta la ritipizzazione di aree bianche”. Indi accoglieva il ricorso ed assegnava termine per provvedere.

Con deliberazione C.C. n. 35 del 12 maggio 2007, il Comune di Lucera adottava “variante al Piano Particolareggiato”, in dichiarata ottemperanza alle richiamate sentenze del Consiglio di Stato, pur ritipizzando, al contempo, anche ulteriori aree ricomprese nel Piano, non interessate dal predetto giudicato, tra cui quelle di proprietà dei sigg.ri D B.

Questi ultimi impugnavano la deliberazione C.C. n. 35 del 12 maggio 2007 di “adozione” della suddetta variante al Piano Particolareggiato, deducendo difetto di motivazione, disparità di trattamento, violazione del principio di perequazione, difetto di istruttoria. Con motivi aggiunti, impugnavano, altresì, la deliberazione n. 12 del 23 febbraio 2010 con la quale il Commissario ad acta (insediatosi in forza delle sentenze 1969/09 e 1970/09, a seguito del ritardo nella prosecuzione dell’iter di approvazione), approvava, con i poteri del Consiglio comunale, la variante già oggetto di adozione. In particolare, in relazione a tale ultima deliberazione, i ricorrenti stigmatizzavano la violazione del procedimento previsto dalla legge per l’approvazione delle varianti, trattandosi, nella fattispecie, di una vera e propria variante al PRG. Chiedevano altresì il risarcimento del danno derivante dal ritardo nella ripianificazione urbanistica.

Il TAR dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di interesse, essenzialmente rilevando che la nuova disciplina urbanistica, data a mezzo della variante, era comunque migliorativa rispetto alla precedente, avendo previsto per i suoli dei ricorrenti un indice di edificabilità di 1 mc/mq, a fronte dell’iniziale inedificabilità. Respingeva la domanda risarcitoria in quanto generica e non provata.

La sentenza è ora gravata dai sigg.ri D B, i quali premettono che l’originario PRG di Lucera del ’74 ha incluso le proprie aree in zona di espansione residenziale con indice di fabbricabilità territoriale di 1,78 mc/mq, soggetta alla disciplina attuativa di Piani particolareggiati o lottizzazioni. Il Piano particolareggiato dell’81 ha poi individuato i lotti concretamente edificabili e quelli dedicati ad infrastrutture e servizi, imponendo a coloro che avessero voluto e potuto edificare, di cedere una porzione di suolo per gli standard o, in alternativa, di accedere alla cd monetizzazione. Quest’ultima facoltà ed il suo abuso avrebbe - nella narrazione degli appellanti - provocato distorsioni al principio perequativo che informava il Piano (principio secondo il quale proprietario di suoli edificabili avrebbe comunque dovuto procurarsi dagli altri proprietari quelle da cedere a standard), poiché i proprietari di suoli edificabili sono stati massicciamente ammessi alla monetizzazione, mentre i proprietari delle aree dedicate ad attrezzature pubbliche hanno finito per essere sottoposti ad un sostanziale vincolo espropriativo. La scadenza dei vincoli sarebbe legata alla scadenza del Piano;
e dunque opererebbe per tutti i terreni interessati dalla previsioni, a prescindere dall’avvenuta coltivazione con successo del contenzioso da parte di alcuni dei proprietari (bene, dunque, avrebbe fatto l’amministrazione ad estendere la ritipizzazione a tutte le aree oggetto di previsioni scadute). Questi ultimi, in sede di adozione ed approvazione della variante, avrebbero avuto un trattamento ingiustificatamente più favorevole. L’amministrazione, sua sponte , avrebbe compreso l’esistenza di illegittimità, ma la definitiva approvazione della variante da parte del Commissario ad acta inibiva ripensamenti, a meno di non voler ricorrere ai poteri di autotutela. Acquisito un parere dall’amministrazione regionale, sarebbe emerso che la variante, in quanto incidente sul PRG, necessitava dell’approvazione regionale.

Ciò premesso, gli appellanti deducono i seguenti errores in iudicando: 1) sarebbe del tutto erronea l’affermazione del Giudice di prime cure, secondo la quale i suoli degli appellanti avrebbero ricevuto una destinazione migliorativa, risultando invece reiterato il medesimo vincolo che innanzi li gravava. In realtà, con la scadenza del precedente vincolo conseguente alla decadenza del PP, l’area sarebbe divenuta zona bianca, sicché la nuova imposizione del vincolo sarebbe senz’altro pregiudizievole e lesiva. Da qui l’indubbio interesse ad impugnare;
2) ribadito l’interesse, gli appellanti ripropongono i motivi di “merito” non esaminati in prime cure, ed evidenziano, in particolare, la violazione del procedimento previsto dalla legge per l’approvazione della variante: si tratterebbe in sostanza di una variante generale al PRG e non già di una variante specifica al PP (tra l’altro non imposta dal giudicato) concernente solo alcuni dei suoli ricompresi nel PP, atteso che, la decadenza di quest’ultimo, in ragione del trascorso decennio, avrebbe l’effetto di assoggettare tutte le aree non trasformate alla disciplina delle zone bianche. Il Commissario ad acta, di conseguenza, avrebbe dovuto limitarsi a trasmettere alla Regione la variante “adottata” per l’approvazione, ai sensi dell’art. 16 della legge regionale 56/80;
3) in ogni caso il deliberato del Commissario ad acta, e quello consiliare di adozione della variante sarebbero il frutto di un dichiarato trattamento preferenziale dei soggetti che avevano attivato e vinto il giudizio per silentium (A ed O), sfociato in deroghe rispetto agli indici di PRG;
4) risulterebbe altresì violato il principio di perequazione, con illegittima agevolazione di alcuni proprietari a danno di altri, sui cui suoli sono stati imposti, per compensare l’aumento di volumetria in favore dei primi, vincoli pubblicistici preordinati all’esproprio, con contestuale riproposizione della facoltà di “monetizzare”;
5) la disparità di trattamento rispetto a quello riservato alle società A ed O costruzioni, basata su una presunta posizione di maggior tutela derivante dal giudicato, risulterebbe per tabulas dallo stesso tenore della deliberazione 12/2010;
6) sussisterebbe, comunque, un assoluto difetto di motivazione in relazione alle scelte urbanistiche fatte, oltre che un difetto di istruttoria;
7) la deliberazione gravata si sarebbe infine sottratta all’obbligo di ritipizzazione di tutte le aree, a prescindere dalla proposizione di apposite istanze sollecitatorie. Quanto al denegato risarcimento del danno, si insiste per l’accoglimento della domanda, avuto riguardo al dovere dell’amministrazione di dare disciplina urbanistica alle aree bianche, a prescindere da un’espressa domanda in tal senso, ed al lungo tempo trascorso dalla scadenza dei vincoli.

B - Appelli 201305596 e 201305595.

Le società Immobiliare A e O costruzioni, anch’esse proprietarie di aree site nell’ambito del Piano Particolareggiato e gravate da vincoli di natura espropriativa, ricorrevano, come già sopra accennato, all’azione per silentium, ed ottenevano dal Consiglio di Stato sentenza di condanna dell’amministrazione alla ritipizzazione urbanistica conseguente alla constatata scadenza dei vincoli (dec. 8042 e 8043 del 2006)

L’amministrazione, come innanzi visto, adottava la variante al PP contemplante anche la suddetta ritipizzazione (del. CC 35/2007), ma non portava celermente a conclusione il procedimento di approvazione, sicché il TAR Puglia nominava un commissario ad acta (sentenze 1969 e 1970/09). Il Commissario provvedeva ad approvare in data 23 febbraio 2010 una nuova disciplina urbanistica in variante al PP, non solo delle aree di proprietà di A ed O, ma anche di ulteriori aree originariamente ricomprese nel Piano particolareggiato, di proprietà dei sigg.ri D B. Il Consiglio comunale, ancora, approvava la deliberazione CC n. 13 del 3/3/2011, che a mezzo dell’introduzione dell’art. 18 bis nelle NTA al PP, limitava fortemente la possibilità di ricorrere alla monetizzazione.

Successivamente, il Comune di Lucera, dubitando della legittimità della variante approvata dal Commissario, chiedeva parere alla Regione Puglia circa la necessità del coinvolgimento di quest’ultima nel procedimento di approvazione. La Regione riscontrava la richiesta, sottolineando che il provvedimento avrebbe dovuto essere sostanzialmente qualificato come variante al PRG, con conseguente necessità della propria approvazione. A seguito della risposta, il Comune chiedeva alla Regione di provvedere all’annullamento d’ufficio del provvedimento commissariale, ma la Regione rifiutava, trattandosi di atto promanante da un ausiliario del giudice.

Nel frattempo, A ed O, sulla base della deliberazione commissariale, avanzavano richiesta per 4 permessi di costruire, che erano denegati dal Comune per: a) l’asserita mancanza di un necessario passaggio procedimentale in Consiglio comunale, e b) la pendenza del procedimento di annullamento in autotutela della deliberazione commissariale citata.

Le due società proponevano ricorso dinanzi al TAR Puglia, censurando sia la deliberazione consiliare n. 13 del 3/3/2011, medio tempore intervenuta a limitare il ricorso alle monetizzazione, sia il diniego dei permessi di costruire, sia, infine, gli atti che hanno segnato le fasi del confronto tra il Comune di Lucera e l’amministrazione regionale in ordine alla validità della deliberazione commissariale.

Il TAR Puglia, nella sentenza 3/2013, osservava, quanto alla deliberazione CC n.. 13 del 3/3/2011 – nella parte in cui ammette la monetizzazione per la sola superficie eccedente quella minima necessaria per assicurare la tenuta del Piano particolareggiato (20.000 mq circa) una volta che quest’ultima sia stata ceduta – che la stessa potesse considerarsi legittima, atteso che essa: a) non cela intenti persecutori, ma prende atto della esigenza di standard, necessari anche per sviluppare la volumetria richiesta dai ricorrenti;
b) assicura l’ordinato sviluppo del territorio, così come originariamente concepito nelle previsioni del PP;
c) non è stata, del resto, tempestivamente contestata in relazione ai diversi ed ulteriori profili di incompatibilità del Sindaco (vizio oggetto dei motivi aggiunti). Rigettava altresì le ulteriori domande d’annullamento, affermando che il passaggio procedimentale effettivamente mancante ai fini della valutazione del permesso di costruire era quello relativo alla “sistemazione delle aree residue ed alla convenzione per la cessione delle aree a servizi” e che, pertanto, una volta verificata la legittimità della deliberazione 13 del 3/3/2011, dovesse conseguentemente ritenersi legittimo anche il diniego del permesso. Quanto all’impugnazione della corrispondenza intercorsa tra Comune e Regione ed agli atti conseguenti, la dichiarava inammissibile in quanto avente ad oggetto atti di natura non provvedimentale e comunque non lesivi.

Le due società propongono ora autonomi appelli (A 201305594 e O 301305595). Deducono:

1) omessa pronuncia su sei distinti ed autonomi vizi relativi alla deliberazione limitativa sulla monetizzazione (a. avvenuto incasso da parte dell’amministrazione comunale, di somme sufficienti a reperire gli standard;
b. surrettizia reintroduzione dei vincoli scaduti;
c. spettanza all’ente locale, e non ai privati, del compito di reperire gli standard;
d. contraddittorietà con il deliberato del Commissario ad acta;
e. disponibilità di aree a sufficienza, già superiori allo standard minimo previsto dal DM 1144/68;
f. sussistenza di una specifica finalità pregiudizievole nei confronti delle ricorrenti). Il TAR, dinanzi alla pluralità di censure si sarebbe limitato ad opporre tautologiche esigenze di opportunità.

2) Il TAR avrebbe altresì errato nel ritenere tardivo il motivo “aggiunto”, relativo all’incompatibilità del Sindaco. La notizia della parentela di quarto grado esistente tra il Sindaco ed i sigg.ri D B non era conosciuta al momento del ricorso introduttivo;
e ciò sarebbe del tutto verosimile avuto riguardo alla densità popolativa del Comune, né sarebbe stato provato il contrario.

3) Quanto al diniego del permesso di costruire, il TAR avrebbe travisato il senso del riferimento ai “propedeutici ed obbligatori adempimenti di propria competenza” (essi si riferirebbero alle aree “interne” alla variante e non a quelle “esterne”).

4) Avrebbe altresì errato nel giungere a conclusioni reiettive in forza dell’accertata inammissibilità dei motivi aventi ad oggetto il parere regionale e gli altri atti della corrispondenza intercorsa tra Comune e Regione. Proprio perché tali atti non avevano contenuto provvedimentale (su questo punto c’è adesione degli appellanti), il TAR avrebbe dovuto ritenere immotivato il diniego del permesso nella parte in cui, per converso, basato sull’asserita qualificazione in termini di autotutela degli stessi. A ben vedere la Regione si sarebbe rifiutata di annullare la deliberazione commissariale, sicché era da escludere l’autotutela.

5) Altre censure non sarebbero state affatto esaminate dal Primo giudice: a. mancata comunicazione del preavviso di rigetto del permesso di costruire;
b. travisamento dei presupposti, atteso che nessun atto propedeutico di natura regolamentare necessitava al fine di valutare il permesso di costruire;
b.

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