Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-09-30, n. 201504554

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-09-30, n. 201504554
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504554
Data del deposito : 30 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04949/2014 REG.RIC.

N. 04554/2015REG.PROV.COLL.

N. 04949/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4949 del 2014, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dall'avvocato F O, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, n.50;

contro

Ministero per i beni e le attivita' culturali – Soprintendenza Speciale per il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico e per il polo museale di Napoli, , Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia del Demanio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per la riforma

della sentenza n.5124 del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI (Sezione settima) del 15 novembre 2013, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali – Soprintendenza Speciale per il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico e per il polo museale di Napoli, , del Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia del Demanio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015, il Cons. C M e uditi per le parti l’avvocato Orefice e l’avvocato dello Stato Marrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Dalla documentazione acquisita agli atti risulta che l’attuale appellante e originario ricorrente si rivolgeva al TAR Campania per l'annullamento del provvedimenti del Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale di Napoli, adottati in data 12 dicembre 2012 e 29 gennaio 2013, rispettivamente per la rideterminazione del canone di indennità di occupazione alloggio di servizio e per il rilascio del medesimo alloggio. Il ricorrente, dipendente della Amministrazione concedente, abita in un alloggio dato in concessione al padre, sin dal 1960, sulla base di un’iniziale concessione non più rinnovata dal febbraio del 1996, alloggio ricompreso nell'area afferente il complesso denominato Villa Pignatelli - Palazzina Rothschild sito in Napoli alla Riviera di Chiaia.

Il primo giudice, con la sentenza impugnata,dichiarava illegittima la rideterminazione del canone per carenza di dialettica procedimentale e per la genericità del percorso contabile elaborato per la stessa determinazione, ritenendo comunque illegittima la richiesta degli arretrati, fatti decorrere da una data stabilita unilateralmente per un importo irragionevole e notevolmente incrementato rispetto a quello già abitualmente pagato. Lo stesso giudice riteneva, invece, legittimo l'ordine di sgombero dell’alloggio, rientrando il complesso monumentale Pignatelli - Rothschild nella consistenza demaniale dello Stato, come tale trasferito dalla Agenzia del Demanio alla Soprintendenza competente a valutare la destinazione pubblicistica dei beni demaniali di pertinenza, senza che possa essere valutato da parte del privato un diverso interesse, subordinato comunque all'interesse pubblico.


2. Con l'appello in epigrafe, l' appellante ha impugnato la sentenza, nella parte in cui il primo giudice ha rigettato il ricorso per l'annullamento dell'ordine di sgombero. Ciò eccependo plurimi motivi di censura e, in particolare, evidenziando:

a. l'insufficiente e inesatta motivazione della sentenza, l'erronea determinazione dei presupposti e l'omessa valutazione della documentazione probatoria, con conseguente illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti. Il primo giudice non ha, infatti, considerato che l'alloggio in questione e' un bene destinato da sempre non a servizio pubblico, ma esso è produttivo di reddito per la pubblica amministrazione, il che vale ad escludere l'attuale ed effettiva destinazione a servizio pubblico. Come tale, il bene fa dunque parte del patrimonio disponibile dell'Amministrazione, utilizzato come bene economico, il che obbliga l'Amministrazione a motivare adeguatamente la propria scelta di recuperare l’alloggio dato in concessione da oltre cinquanta anni, ne' invero la eccepita demanialità dell'alloggio o una generica motivazione come quella fornita nella specie, possono essere ritenuti sufficienti a legittimare la discrezionalità dell'Amministrazione, trasformatasi in arbitrio. Le sole esigenze istituzionali non motivate contraddicono comunque l'atteggiamento tenuto dalla Soprintendenza per un tempo decisamente troppo prolungato;

b. la violazione degli articoli 3, 4, 23 e 36 della Costituzione e degli articoli 3, 7, 8, 9, 10 e 21 bis della legge n.241/90, nonché' degli articoli 822,823,825 e 826 del codice civile e, inoltre, l'eccesso di potere per difetto di istruttoria e per indeterminatezza, inesistenza dei presupposti, abnormità e difetto assoluto di motivazione e irragionevolezza. Ciò' in quanto il complesso monumentale di Villa Pignatelli e la Palazzina Rothschild sono due immobili autonomi adibiti a finalità diverse, il primo a museo, la seconda dove è dislocato l'appartamento dell'appellante, quasi completamente ad uso abitativo. La palazzina è solo attigua al polo museale di Villa Pignatelli e non rientra nei beni di interesse storico, artistico e archeologico. Non potendosi così considerare come demaniale, rientra nel patrimonio disponibile dell’Amministrazione, attesa la sua effettiva e concreta destinazione nell'ultimo cinquantennio e l’assenza di caratteristiche tali da essere destinata a finalità istituzionali, come ha del resto appurato un'apposita perizia di parte, Peraltro, i due immobili in questione sono inseriti in due categorie catastali distinte, il primo nella categoria A/9 essendo bene di interesse storico, artistico e archeologico, il secondo in categoria A/4-abitazioni di tipo popolare, e la sua scarsa rilevanza storica, archeologica e artistica non consente di individuarlo come bene demaniale o afferente al patrimonio indisponibile. In tale categoria A/4 l'immobile è rimasto anche dopo la variazione catastale del 2006 e ciò rende incompatibile un suo effettivo inserimento nei beni del demanio storico-artistico o nei beni del patrimonio indisponibile. Il primo giudice, senza alcuna motivazione, non ha tenuto conto di quanto sopra e nemmeno del fatto che tutti gli alloggi della Palazzina Rothschild sono stati dati in concessione a dipendenti dell’Amministrazione e, per tale ragione, sono fonti di provento patrimoniale diretto o indiretto per l'Amministrazione medesima che ne riscuote i canoni;

c. che un bene immobile può essere ricondotto nel catalogo dei beni del patrimonio indisponibile di cui all'articolo 826 del codice civile, solo se sussiste la proprietà della P.A. e vi sia la sua concreta destinazione al pubblico servizio che, nella specie, non sussiste, non avendo l'Amministrazione dato contezza neanche di un progetto di utilizzazione per un fine diverso dall'attuale. Non potendo quindi la Palazzina Rothschild essere catalogata tra i beni del patrimonio indisponibile, non è possibile per l'Amministrazione recuperarne il possesso in regime di autotutela esecutiva di cui all'articolo 823, comma 2 del codice civile. Di conseguenza, l’Amministrazione è obbligata ad avvalersi dei mezzi ordinari di tutela e ha l'obbligo di motivare in maniera dettagliata e articolata le ragioni che l'hanno indotta ad assumere una decisione che lede l’interesse del privato, non godendo di una posizione di supremazia speciale;

d. che il primo giudice non ha considerato il comportamento omissivo dell’Amministrazione la quale, in palese violazione della legge n.241/90, non ha garantito la partecipazione dell'appellante al procedimento;

e. che l'Amministrazione, in ogni caso non avrebbe potuto procedere, avvalendosi dell' articolo 823, comma 2 del codice civile che le conferisce la possibilità di tutelare i beni demaniali abusivamente occupati dal privato con gli ordinari mezzi previsti dal codice medesimo o esercitando il potere di autotutela possessoria, ordinando al privato di rilasciare il bene demaniale abusivamente occupato. Ciò' in quanto comunque manca, nella specie, l'azione di disturbo dell'appellante che è destinataria di un comportamento illegittimo dell'Amministrazione che ha qualificato concessione quello che è un'ordinaria locazione ad uso abitativo ed ha reiteratamente disatteso le molteplici istanze dell'interessato tese a regolarizzare il rapporto. Per di più, è trascorso ben più di un anno dal momento in cui l'appellante avrebbe occupato abusivamente l'alloggio in questione;

f. che la sentenza impugnata non ha considerato che l'ordine di sgombero è eccessivo e sproporzionato rispetto alla fattispecie in esame e che l’istruttoria è assolutamente carente al pari della motivazione priva di ogni indicazione necessaria ad individuare l'interesse pubblico giustificante la scelta adottata che non ha tenuto in alcun conto la stessa condizione del dipendente che ha oggettivamente maturato un affidamento consolidatosi nel tempo;

g. che la qualificazione del bene come appartenente al patrimonio disponibile presuppone che il negozio giuridico che disciplina il godimento del bene medesimo non può che configurarsi quale contratto di diritto privato. È quindi illegittimo l'aver configurato quale concessione, invece che come ordinaria locazione ad uso abitativo, il rapporto esistente tra l'appellante e l'Amministrazione che arbitrariamente si è avvalsa di un potere autoritativo senza che ne ricorressero i presupposti di legge;

h. che il primo giudice non ha accolto la richiesta della nomina di CTU o di una verificazione per stabilire la natura e la corretta classificazione dell'immobile in questione, richiesta che è stata rinnovata.

3. Con memoria del 2 maggio 2015, la parte appellante ha specificato ulteriormente i motivi di appello, riaffermando l'illegittimità' del provvedimento di sgombero e rinnovando ancora la richiesta di un consulente tecnico di ufficio o di una verificazione per accertare la fondatezza di tutti i fatti di causa.

Con l'ordinanza del 23 luglio 2015, questa Sezione ha accolto l'istanza cautelare proposta dall'appellante.

DIRITTO

L'appello è fondato per le ragioni di seguito esposte. Dalla documentazione agli atti della causa emerge che l'immobile individuato come Palazzina Rothschild è stato messo a reddito dall'Amministrazione, destinandolo da oltre cinquanta anni ad alloggio per i dipendenti della Soprintendenza. In tal senso, l'immobile medesimo e gli appartamenti tra cui quello dell'appellante fanno parte del patrimonio disponibile dell’Amministrazione, essendo la effettiva e attuale loro destinazione diversa da quella del servizio pubblico poichè utilizzati come beni economici. Del resto,negli anni ,come ha fatto rilevare la difesa dell'appellante, l'Amministrazione ha manifestato la volontà' di regolarizzare con un contratto di locazione il rapporto intercorrente con il signor M ma nonostante i ripetuti inviti di quest'ultimo, non vi è' mai stata alcuna regolarizzazione. E di ciò' non può ' essere responsabile l'appellante.

Trattandosi quindi di bene appartenente al patrimonio disponibile, l'Amministrazione non ha fornito, per evidenziare gli interessi pubblici sottesi alla scelta di recuperare l’alloggio,

una motivazione adeguata e si è limitata ad indicare la necessità' di destinare gli ambienti alle proprie generiche esigenze istituzionali. Ciò rivela l'insufficiente motivazione, ma pure l'illogicità e l'irragionevolezza del provvedimento adottato e impugnato.


Nè è condivisibile il ragionamento del primo giudice basato sul riferimento alla demanialità del bene in questione come attestata dall'Amministrazione resistente, senza che si sia proceduto ad un'analisi dei fatti e della documentazione esibita dalla parte appellante.

Il complesso monumentale di Villa Pignatelli e la Palazzina Rothschield sono, infatti, immobili autonomi adibiti a finalità diverse e la Palazzina,che si eleva per quattro piani fuori terra, è stata sempre destinata ad uso abitativo, ad eccezione delle consistenze ubicate al piano terra in uso alla Soprintendenza. Essa non rientra quindi nella categoria dei beni di interesse storico, artistico e archeologico. Lo rivela la stessa circostanza che i due beni sono inseriti in categorie catastali distinte e solo il polo museale di Villa Pignatelli è censito come categoria catastale A/9 propria dei beni di interesse storico, artistico e archeologico, a differenza della Palazzina Rothschild accatastata in categoria A/4 ( abitazioni di tipo popolare, unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive e di rifiniture di modesto livello) e ciò anche in seguito alle variazioni catastali avvenute nel 2006. Va escluso, peraltro, che possa essere considerata un bene del patrimonio indisponibile dell’Amministrazione, in virtù della mancanza di concreta destinazione dello stesso bene al pubblico servizio e ciò prescinde dalla proprietà che è afferente all’Amministrazione medesima. Nella specie, peraltro, manca qualunque progetto di utilizzazione, idoneo a dare una potenziale effettività alla destinazione pubblica, in quanto l’Amministrazione non lo ha neanche adombrato. E non è priva di rilievo l’osservazione della parte appellante secondo cui se il Ministero per i beni e le attività' culturali avesse ritenuto la Palazzina Rothschild rientrante nel patrimonio indisponibile perchè di qualche pregio, avrebbe certamente provveduto ad ottenere il mutamento della classe e della categoria dell'immobile medesimo, il che non è avvenuto neanche in occasione dell'ultima variazione catastale del 2006. Appare quindi singolare la posizione dello stesso primo giudice, secondo il quale spetta unicamente all'Amministrazione preposta alla tutela dei beni pubblici, valutare la destinazione pubblicistica dei beni, prescindendo dall'attuale e concreta destinazione dei medesimi e dalla sussistenza dei presupposti di legge.

Ciò' posto, non trattandosi di bene appartenente al patrimonio indisponibile, non vi è' possibilità per l’ Amministrazione proprietaria, di recuperarne il possesso in regime di autotutela esecutiva di cui all'articolo 823, comma 2 del codice civile. Qualora, infatti, il bene appartenga al patrimonio disponibile, l’Amministrazione è tenuta ad avvalersi dei mezzi ordinari di tutela previsti dal codice civile con l'obbligo di motivare, in modo specifico e articolato, le ragioni della scelta della sua pretesa. Nella fattispecie all'esame, la decisione di sottrarre all’attuale e pluriennale destinazione di alloggio l'abitazione del M, esigeva, di conseguenza, una puntuale motivazione che, invero, non si rinviene nel provvedimento impugnato.

Deve, in ogni caso, essere evidenziato che, anche quando l’Amministrazione, ai sensi del citato articolo 823, comma 2 del codice civile, ritenga di esercitare il potere di autotutela possessoria, adottando un'ordinanza di rilascio di un bene demaniale occupato, occorre che l’occupazione sia abusiva. Nel caso specifico, invece, tale condizione non si è mai verificata, in quanto l'appellante non ha recato alcun disturbo all'Amministrazione che, anzi, nonostante le ripetute sollecitazioni ricevute dall’inquilino dal quale veniva riscosso il canone pattuito, non ha mai regolarizzato il rapporto in essere così da giustificare un ragionevole e legittimo affidamento della parte privata.

Nè può non osservarsi, come diligentemente ha fatto la difesa della parte appellante, che è comunque trascorso più di un anno dall'adozione dell'ordine di sgombero che ha reso in effetti abusiva l'occupazione, ma l'Amministrazione non si è' rivolta al giudice ordinario per l'autotutela possessoria, avendo lasciato trascorrere il tempo previsto dall'articolo 1168 del codice civile.

Alla luce di quanto sopra esposto, il primo e il secondo motivo di appello sono fondati, ma risulta di pregio anche il terzo motivo proposto nell'appello, poichè dalla constatazione della natura di bene del patrimonio disponibile, propria dell'appartamento occupato dall'appellante, discende pure l’esigenza che l'Amministrazione utilizzi lo strumento privatistico del contratto di locazione ad uso abitativo e non lo strumento della concessione amministrativa che trova fondamento normativo solo quando la natura del bene è ascrivibile al patrimonio indisponibile, così implicando l'esistenza di un rapporto giuridico pubblicistico ob rem giuridicamente qualificata. Con la conseguenza dell'illegittimità anche sotto questo profilo del provvedimento impugnato per il palese sviamento di potere.

La fondatezza dei primi tre motivi di appello consente di non procedere all'esame degli ulteriori due motivi, in quanto l'esame non apporterebbe un ulteriore contributo alla decisione di questo Collegio che è quella di accogliere l'appello con conseguente riforma, in senso ampliativo rispetto rispetto alla pretesa sostanziale del ricorrente,,della sentenza di primo grado impugnata.

Per la complessità della vicenda giuridica, si ritiene di compensare, tra le parti, le spese di giudizio.

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