Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-03-15, n. 201201449

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-03-15, n. 201201449
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201449
Data del deposito : 15 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03821/2010 REG.RIC.

N. 01449/2012REG.PROV.COLL.

N. 03821/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 3821 del 2010, proposto da Hapax s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti M A S e A R, ed elettivamente domiciliata presso il primo dei difensori in Roma, corso Vittorio Emanuele n. 349, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Levanto, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. M A Q, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via G. Carducci n. 4, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, n. 246 del 19 febbraio 2009.;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Levanto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2012 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati M A S e Paolo Gaggero su delega di M A Q;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3821 del 2010, Hapax s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, n. 246 del 19 febbraio 2009 con la quale è stato dichiarato improcedibile il ricorso proposto contro il Comune di Levanto per l'annullamento della deliberazione di c.c. 22 gennaio 2005 di approvazione del progetto definitivo del P.U.C. di Levanto, nella parte in cui lo stesso (in particolare artt. 29 e 38 norme di conformità e congruenza) impone un vincolo di destinazione d’uso alberghiera su un fabbricato di proprietà della ricorrente.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, il p.u.c. di Levanto nella parte in cui il medesimo imponeva un vincolo di destinazione d’uso alberghiero sul fabbricato di sua proprietà denominato Hotel Stella d’Italia, risalente ai primi anni del ‘900 e fortemente degradato, tanto da aver cessato da oltre un anno l’attività ricettiva.

Premetteva in fatto la ricorrente di aver avuto l’intenzione di conservare la destinazione ricettiva, superando però la tradizionale gestione alberghiera e attuando le trasformazioni necessarie per ottenere la destinazione – anch’essa ricettiva - di residenza turistico alberghiera, ritenuta maggiormente redditizia e più confacente all’attuale tipo di permanenza turistica in Levanto.

Sennonché l’intervenuto piano urbanistico comunale congelava tutte le trasformazioni degli alberghi tradizionali, ammettendo l’attivazione di nuove residenze turistico alberghiere, solamente modificando gli edifici residenziali;
ed avverso tali previsioni la ricorrente sollevava le seguenti censure:

1.Violazione dell’art. 7 L. 1150/42, del d.m. 2 aprile 1968, degli artt. 41 e 42 Cost. e dei principi generali in materia di pianificazione in zonizzazione urbanistica. Il p.u.c. non consente alcun mutamento di destinazione d’uso degli alberghi tradizionali, neppure parziale e neppure verso la diversa categoria ricettiva della residenza turistico alberghiera;
quindi il Comune introduce mediante lo strumento urbanistico un vero e proprio vincolo assoluto di destinazione su tutte le strutture alberghi esistenti, esorbitando in tal modo dal potere di pianificazione territoriale, il quale deve dettare la disciplina urbanistica delle strutture ricettive all’interno di concrete previsioni e sulla base di indagini sui flussi turistici e sulle tendenze della domanda. Perciò, oltre detto sviamento, il piano urbanistico diventa uno strumento di limitazione del diritto d’impresa e del diritto di proprietà, ritenuto illegittimo dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria.

2.Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90. Difetto assoluto di motivazione e difetto di istruttoria. Qualora si dovessero ritenere legittime le contestate disposizioni vincolistiche, si deve però rilevare che il vincolo di immodificabilità è privo di quella puntuale esternazione delle ragioni che ne hanno determinato l’introduzione e di quella puntuale analisi della capacità ricettiva comunale esistente in raffronto ai prevedibili fabbisogni futuri.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 legge reg. n. 36/97. La legge urbanistica regionale prevede che il piano urbanistico comunale sia dotato delle indicazioni inerenti la capacità turistico - ricettiva complessiva del Comune e nulla è dato rinvenire nel p.u.c. di Levanto, il quale si limita ad individuare cartograficamente le strutture ricettive esistenti, senza formulare alcuna analisi previsionale di fabbisogno.

Costituitosi il Comune di Levanto, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva improcedibile il ricorso, stante la nuova disciplina dell’attività alberghiera contenuta nella sopravvenuta legge regionale 7 febbraio 2008.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione al mancato conseguimento di alcun utile a seguito dell’impugnativa ed alla non veritiera valenza generale e totalizzante della norma generale sopravvenuta.

Nel giudizio di appello, si è costituita il Comune di Levanto, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2012, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

In via preliminare, occorre osservare come la questione dell’ambito di applicazione, dell’efficacia spaziale e della durata temporale dei vincoli di destinazione d’uso a carattere alberghiero sono stati analizzati funditus dalla Sezione con la sentenza n. 5487 del 6 ottobre 2011. Riprendendo da questa decisione il tema dell’inquadramento ordinamentale di vincoli di tal specie, ed in particolare di quelli apposti sine die, va osservato come <la questione della durata dei vincoli di destinazione alberghiera sia stata esaminata dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 4 del 28 gennaio 1981 dove, dichiarando la illegittimità costituzionale dell'art. 5 del d.1. 27 giugno 1967, n. 460, convertito nella legge 28 luglio 1967, n. 628, il giudice delle leggi si è espresso per la intrinseca natura temporalmente limitata dei vincoli per l’uso alberghiero di un immobile. Tali vincoli, in via di principio legittimi, in quanto espressione di “un diverso approccio del legislatore al modo di vincolare l'uso dell'immobile, e di instaurare quel controllo sulla proprietà e l'iniziativa private, che costituisce il riflesso dell'interesse, e qui dello stesso aiuto pubblico, all'espansione e al miglioramento dei servizi turistici”, hanno ragione di esistere in ragione di esigenze concrete e sono destinati naturalmente ad affievolirsi. Pertanto, le discriminazioni introdotte con un regime vincolistico troppo lungo, sconfinano “oltre il ragionevole esercizio della discrezionalità legislativa”, venendo così a violare il principio costituzionale di eguaglianza. La posizione della Corte costituzionale è diventata quindi canone di azione del legislatore. Con la legge 17 maggio 1983, n. 217 “Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica”, pur prevedendo all’art. 8 “Vincolo di destinazione”, la possibilità di istituire un vincolo di destinazione per le strutture ricettive, veniva espressamente disposto, al comma 5, la possibilità di rimozione del detto vincolo, dando carico alle Regioni, al successivo comma 6, di procedere all’individuazione delle modalità, fermo rimanendo che la detta limitazione dovesse in ogni caso venir meno “su richiesta del proprietario solo se viene comprovata la non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva e previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente percepiti e opportunamente rivalutati ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato”. Gli interventi normativi a livello nazionale successivi, ossia la legge 29 marzo 2001, n. 135 ed ora il D.Lgs. 23 maggio 2011 n. 79, hanno spostato a livello di legislazione regionale il piano delle attribuzioni, senza però ovviamente poter intaccare i principi di rango costituzionale che permeano la materia. Da tale ricostruzione, emerge che il rispetto del canone di temporaneità e di modificabilità del vincolo di destinazione d’uso alberghiero, lungi dall’essere una possibilità liberamente valutabile dal legislatore regionale, appartiene alla stessa ragion d’essere della sua istituzione e deve ritenersi a questo intrinseco>.

Le osservazioni sopra riportate pongono in palese evidenza la circostanza che l’apposizione di un vincolo di destinazione d’uso alberghiero in tanto sia costituzionalmente compatibile in quanto non sia destinato a perpetuarsi indefinitamente nel tempo. A tal proposito, la legge regionale Liguria n. 1 del 7 febbraio 2008 “Misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi e disposizioni relative alla disciplina e alla programmazione dell'offerta turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali”, della cui legittimità costituzionale non si verte in questo contesto, contiene previsioni che rendono esplicita la temporaneità del vincolo stesso, prevedendo all’art. 2, comma 4, il suo venir meno in presenza di alcune circostanze (in particolare, articolando altresì il modulo procedimentale necessario, la legge precisa che il vincolo possa venir meno in presenza di una delle seguenti cause: “a) oggettiva impossibilità dell'immobile ad adeguare le sue caratteristiche distributive, funzionali e dimensionali al livello degli standard qualitativi del settore alberghiero, a causa dell'esistenza di vincoli paesaggistici, monumentali od urbanistico-edilizi non superabili;
b) collocazione della struttura in un contesto le cui caratteristiche urbanistiche o territoriali determinino la incompatibilità o la insostenibilità della funzione alberghiera”).

Le osservazioni appena svolte sono sufficienti a determinare l’accoglimento dell’appello proposto, fornendo soluzioni alle questioni processuali e sostanziali evidenziate nel ricorso introduttivo.

2. - Con il primo motivo di diritto, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha debitamente tenuto conto che la disciplina regionale sopravvenuta, oltre a non incidere, quanto meno sotto il profilo dell’eventuale risarcimento del danno, sul periodo pregresso di vigenza dell’atto ritenuto illegittimo, contiene previsioni concrete nel rispetto delle quali lo stesso vincolo alberghiero è destinato a venir meno.

2.1. - La censura è fondata e va accolta.

Occorre osservare in dettaglio il contenuto della normativa tecnica gravata dall’appellante, con la precisazione che, sebbene il ricorso sia rivolto per l’annullamento in parte qua degli art. 29 e 38, contro tale ultima disposizione, che viene evocata a mero parametro di riscontro dell’illegittimità delle scelte pianificatorie del Comune, non sono dedotte censure in grado di appello. Le doglianze vanno quindi ricondotte alla questione della legittimità del solo art. 29.

L’appena citato art. 29 delle Norme tecniche di attuazione di conformità e di congruenza del progetto definitivo del Piano urbanistico comunale del Comune di Levanto, al punto 2. “Disposizioni a carattere generale”, contiene due disposizioni espressamente censurate dalla parte appellante: la prima, al secondo capoverso, recita: “Le superfici di solaio aventi all’atto dell’adozione del Piano funzione turistico ricettiva in tutte le forme e categorie disciplinate dalla L.R. 11/82 e s.m. non possono esse oggetto di interventi che ne comportino il mutamento della destinazione d’uso”;
la seconda, all’ultimo capoverso, prevede: “In assenza di specifiche diverse disposizioni contenute negli articolati d’ambito o nelle schede di settore l’impegno a non variare la destinazione ricettiva attribuita è da intendersi a tempo indeterminato, con conseguente attribuzione definitiva della destinazione stessa agli immobili interessati”.

Ritiene la Sezione, con ciò sottolineando l’infondatezza della difesa comunale sul punto, che la disciplina di piano, impedendo espressamente e definitivamente qualsiasi mutamento di destinazione d’uso, renda del tutto attuale l’interesse della parte appellante, proprio in relazione alle due circostanze evidenziate, come sostrato probatorio, dal Comune di Levanto: da un lato, la considerazione che anche l’eventuale pendenza del procedimento del progetto di ristrutturazione proposto dalla Hapax s.r.l., vicenda peraltro convincentemente smentita dalla produzione della parte appellante che individua il suo interesse nell’opposta determinazione a conseguire lo svincolo dell’immobile, renderebbe comunque rilevante la decisione sulla disciplina impugnata;
e dall’altro, la circostanza che anche i successivi interventi modificativi del piano urbanistico comunale (ossia le norme tecniche approvate con deliberazione della Giunta regionale n. 858 del 23 luglio 2010 e sostitutive, tra l’altro, del comma 3 dell’art. 29 in esame), pur contemplando l’immobile destinato ad ospitare l’hotel Stella d’Italia, non hanno inciso sulle norme oggetto di censura, che permangono ancora applicabili alla fattispecie.

Sulla base di queste premesse, la Sezione deve unicamente osservare come la disciplina sopra illustrata e direttamente colpita dalle doglianze della parte appellante, per la sua radicalità e soprattutto in relazione alla sua inderogabilità nel tempo, venga a porsi in diametrale contrasto con la lettura costituzionale prima data della disciplina della temporaneità dei vincoli alberghieri.

Ciò comporta l’irrilevanza della sopravvenienza della legge regionale Liguria n. 1 del 7 febbraio 2008;
e ciò sia sul piano astratto, atteso che la normativa comunale ha comunque un contenuto di maggiore ristrettezza rispetto alla previsione regionale, imponendo prescrizioni ulteriori e maggiormente gravose, e sia sul piano concreto, atteso che, anche in esito agli adeguamenti imposti dalla legge regionale, le norme di vincolo non hanno avuto alcuna attenuazione contenutistica.

Deve quindi notarsi come erroneamente il giudice di prime cure abbia dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso da parte dell’attuale appellante, dove invece non vi è dubbio che permanga un interesse concreto alla sua decisione.

3. - La ricostruzione in senso costituzionale del sistema dei vincoli alberghieri consente di ritenere altresì fondato anche nel merito l’appello proposto, dove, riproponendo i motivi non esaminati in prime cure, viene evidenziata l’illegittimità della normativa comunale impugnata, avendo il Comune travalicato i propri poteri di pianificazione territoriale e comprimendo oltre ogni ragionevole limite il diritto di iniziativa economica e di proprietà dell’appellante.

Non può, infatti, che rimarcarsi come, stante la necessaria temporaneità del vincolo di destinazione alberghiero, le drastiche disposizioni dell’art. 29 delle norme tecniche, sopra riportate e comportanti una limitazione sine die alla possibilità di mutamento di destinazione d’uso, provochino una compressione delle facoltà proprietarie oltre gli ambiti del consentito.

Ne discende quindi l’annullamento del punto 2. “Disposizioni a carattere generale” dell’art. 29 delle Norme tecniche di attuazione di conformità e di congruenza del progetto definitivo del Piano urbanistico comunale del Comune di Levanto, nella parte in cui, disponendo che: “Le superfici di solaio aventi all’atto dell’adozione del Piano funzione turistico ricettiva in tutte le forme e categorie disciplinate dalla L.R. 11/82 e s.m. non possono esse oggetto di interventi che ne comportino il mutamento della destinazione d’uso” e che: “In assenza di specifiche diverse disposizioni contenute negli articolati d’ambito o nelle schede di settore l’impegno a non variare la destinazione ricettiva attribuita è da intendersi a tempo indeterminato, con conseguente attribuzione definitiva della destinazione stessa agli immobili interessati”, introduce un vincolo di destinazione permanente ed immodificabile.

4. - L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.

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