Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-05-12, n. 201402417

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-05-12, n. 201402417
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402417
Data del deposito : 12 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07959/2012 REG.RIC.

N. 02417/2014REG.PROV.COLL.

N. 07959/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7959 del 2012, proposto da:
Condominio di Roma, alla via Santi Quattro 35/B- C, in persona dell'Amministratore pro-tempore, Comunione di Roma alla via Santi Quattro 15/B-C tra Gaspare Bernardi e Hotel Celio S.n.c., in persona dell'Amministratore pro-tempore,M V B, tutti rappresentati e difesi dall'avv. C L, e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via Santi Quattro n. 35/B, per mandato a margine dell'appello;

contro

- Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
entrambi rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti di

- Roma Capitale, già Comune di Roma, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Domenico Rossi e Umberto Garofoli, e con gli stessi elettivamente domiciliata in Roma, alla via del Tempio di Giove n. 21, presso gli uffici dell'Avvocatura comunale, per mandato in calce all'atto di costituzione nel giudizio d'appello;
- Roma Metropolitane S.r.l., con sede in Roma, in persona del Direttore generale pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Giuffré e Luigi Strano, e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via degli Scipioni n. 288, per mandato a margine dell'atto di costituzione nel giudizio d'appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I n. 5467 del 14 giugno 2012, resa tra le parti, con cui è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte rigettato il ricorso in primo grado n.r. 4053/2011, integrato con motivi aggiunti, proposto per l'annullamento della deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (C.I.P.E.) n. 60 emanata nella seduta del 22 luglio 2010 e pubblicata nella G.U.R.I. n. 52 del 4 marzo 2011, con cui è stato approvato il progetto definitivo della tratta T3 Colosseo-San Giovanni del tracciato fondamentale da T2 a T7 (Clodio/Mazzini-Monte Compatri/Pantano) della linea C della metropolitana di Roma, con relativo finanziamento, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, con condanna al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi € 3.000,00 in ragione di € 1.500,00 per Roma Capitale e € 1500,00 per Roma Metropolitane S.r.l.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di Roma Capitale, di Roma Metropolitane S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2013 il Cons. L S e uditi l'avv. L per gli appellanti, l'avvocato dello Stato Collabolletta per le Autorità statali appellate, l'avv. Reggio D'Aci, per delega dell'avv. G, per Roma Metropolitane S.r.l.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) Il Condominio di via Santi Quattro n. 35/b-c in Roma, la Comunione di via Santi Quattro n. 35/b-c in Roma tra Gaspare Bernardi e Hotel Celio S.n.c., M V B, titolare di un'autorimessa nello stesso stabile, nonché i Condominii di via Celimontana n. 38 e di via Ostilia n. 5 in Roma e C G hanno presentato ricorso collettivo in primo grado, iscritto al n.r. 4053/2011, poi integrato con motivi aggiunti, per impugnare la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (C.I.P.E.) n. 60 emanata nella seduta del 22 luglio 2010 e pubblicata nella G.U.R.I. n. 52 del 4 marzo 2011, con cui è stato approvato il progetto definitivo della tratta T3 Colosseo-San Giovanni del tracciato fondamentale da T2 a T7 (Clodio/Mazzini-Monte Compatri/Pantano) della linea C della metropolitana di Roma, con relativo finanziamento, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale.

Assumendo di essere interessati alla procedura espropriativa, in funzione del percorso e dell'attraversamento nelle proprietà condominiali e/o private da parte della nuova linea, i ricorrenti hanno dedotto, col ricorso, in estrema sintesi, le seguenti censure:

1) Violazione di legge per inosservanza dell’art. 20, comma 1, del D.P.R. 327/2001 in relazione agli artt. da 137 a 150 c.p.c. , essendo mancata la notifica individuale della dichiarazione di pubblica utilità.

2) Invalidità della delibera impugnata per nullità della presupposta fase espropriativa e conseguente violazione di legge , per derivazione dal vizio che precede della deliberazione del C.I.P.E.

3) Violazione dell’art. 42 comma 3 della Costituzione per mancata corresponsione dell’indennizzo conseguente agli atti espropriativi, per la mancata corresponsione dell'indennità di esproprio.

4) Eccesso di potere per manifesta illogicità dei criteri di controllo, emergenti dalla delibera impugnata, sulle opere per le quali sono stati stanziati i fondi , perché si affida al soggetto attuatore, Roma Metropolitane S.r.l., la verifica del progetto esecutivo prima dell'inizio dei lavori, così elidendosi il controllo da parte del Ministero sull'esecuzione dei lavori.

5) Violazione dell’art. 3, comma 1, della legge 241/1990 per difetto assoluto di motivazione della deliberazione del C.I.P.E.

Con i motivi aggiunti sono stati poi dedotti i seguenti ulteriori motivi:

1) Violazione di legge ed eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria in ordine all’adozione della delibera impugnata , come comprovato dalla durata affatto breve e inadeguata all'importanza dell'opera della riunione del C.I.P.E.

2) Invalidità della delibera impugnata per violazione di legge conseguente alla mancata inserzione, tra le voci di spesa, delle indennità da corrispondere ai proprietari degli stabili interessati al sottopassaggio delle progettate gallerie .

3) Violazione di legge per mancato avvio del procedimento relativo alla determinazione dell’indennità di esproprio e mancata evocazione del contraddittorio con gli interessati .

Nel giudizio di primo grado si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze, Roma Capitale (già Comune di Roma) e Roma Metropolitane S.r.l., che hanno dedotto l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.

Con la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I n. 5467 del 14 giugno 2012, richiamata la disciplina speciale applicabile alle infrastrutture strategiche (art. 165 e 166 d.lgs. n. 163/2006), il ricorso è stato dichiarato in parte inammissibile (per omessa impugnazione della deliberazione n. 65/2003 del 1° agosto 2003 (pubblicata in G.U. 6 novembre 2003 n. 258), con la quale il CIPE ha approvato il progetto preliminare relativo alla tratta di metropolitana – Linea C di Roma, con effetti impositivi del vincolo espropriativo), e nella residua parte infondato, sempre in relazione all'applicabilità delle suddette disposizioni e alle speciali forme di comunicazione ivi previste dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione di pubblica utilità, nonché dell'art. 22 bis comma 2 lettera a) del d.P.R. n. 327/2001, alla previsione dell'affidamento al soggetto attuatore della verifica della conformità del progetto esecutivo alle prescrizioni del C.I.P.E., come contenuta nell'art. 169 del d.lgs. n. 163/2006, alla genericità e carenza di riscontri dei rilievi relativi al difetto di motivazione (da riferirsi al progetto preliminare, non impugnato) e al difetto d'istruttoria, nonché alla carente indicazione dei mezzi finanziari per le espropriazioni.

2.) Con appello notificato il 29 ottobre 2012 e depositato il 12 novembre 2012, i soli Condominio di via Santi Quattro n. 35/b-c in Roma, Comunione di via Santi Quattro n. 35/b-c in Roma tra Gaspare Bernardi e Hotel Celio S.n.c. e M V B hanno impugnato la sentenza suindicata, deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:

1) Palese inesattezza dell'asserzione dei primi giudici sulla ritenuta parziale inammissibilità del ricorso , sotto due profili: da un lato, si evidenzia che il vincolo relativo all'esproprio non può essere ricollegato all'approvazione del progetto preliminare (intervenuta con delibera del C.I.P.E. n. 65/2003), ai sensi dell'art. 165 del d.lgs. 163/2006, entrato in vigore solo tre anni dopo;
dall'altro, si rileva che col ricorso è stato impugnato anche ogni altro atto espropriativo presupposto, e dunque anche la suddetta delibera.

2) Errato rigetto del primo motivo del ricorso originario , perché il richiamato art. 22 bis del d.lgs. n. 163/2006 postula l'emanazione di decreto motivato, nella specie mai emanato, onde si conferma l'esigenza della notifica individuale.

3) Errato rigetto del secondo motivo del ricorso originario , sempre in ragione degli effetti invalidanti dell'omissione della notifica individuale.

4) Erronea reiezione del terzo motivo del ricorso originario , dovendo trovare applicazione, nel caso di specie, l'art. 20 del d.lgs. n. 163/2006.

5) Erronea reiezione del quarto motivo del ricorso originario , ribadendosi che la delibera C.I.P.E. ha affidato al soggetto attuatore la verifica della conformità del progetto alle prescrizioni impartite prima dell'inizio dei lavori, laddove l'art. 169 del d.lgs. n. 163/2006 stabilisce che essa vada operata nello sviluppo del progetto esecutivo, e comunque non essendo assicurato il controllo di cui al successivo art. 185.

6) Erronea reiezione del quinto motivo del ricorso originario , perché nella deliberazione non vi è alcuna motivazione a suo sostegno.

7) Evidente travisamento dei fatti nella lettura del primo motivo aggiunto , perché la durata della seduta, in rapporto all'importanza e complessità dell'opera pubblica, denota l'assoluta carenza d'istruttoria e la mancanza di valutazione collegiale.

8) Errata lettura del secondo motivo aggiunto , perché le spese relative agli espropri non sono indicate in alcuna parte della delibera, né vi è quindi indicazione di disponibilità a tal fine di risorse finanziarie.

9) Erroneo rigetto del terzo motivo aggiunto , ribadendosi l'omessa comunicazione d'avvio del procedimento espropriativo.

Costituitisi in giudizio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'economia e delle finanze, con memoria difensiva dell'Avvocatura generale dello Stato depositata il 10 maggio 2013 hanno dedotto (riproponendo anche le eccezioni pregiudiziali non esaminate dal primo giudice):

a) l'inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva dei Condominii ricorrenti (e quindi del Condominio appellante) in difetto della prova di assunzione di deliberazione dell'assemblea condominiale di autorizzazione dell'amministratore alla proposizione dell'impugnativa, eccedente i limiti di cui all'art. 1130 cod. civ.;

b) l'inammissibilità del ricorso per carenza d'interesse ad agire, in funzione dei contenuti della deliberazione del C.I.P.E. impugnata e non avendo i ricorrenti dedotto alcuna censura specifica in ordine alla lesività della realizzazione dell'opera;

c) l'inammissibilità dei motivi di ricorso e dei motivi aggiunti perché inconferenti rispetto alla deliberazione impugnata;

d) l'infondatezza dell'appello: trattandosi di infrastruttura strategica, essa è disciplinata dagli artt. 2 e ss. del d.lgs. n. 190/2002, e quindi dagli artt. 163 ss. d.lgs. n. 163/2006, ossia da normativa speciale, che già stabiliva (art. 3 comma 7 d.lgs. n. 190/2002) la valenza dell'approvazione del progetto preliminare ai fini dell'imposizione del vincolo espropriativo, nonché precipue modalità di comunicazione, puntualmente rispettate;
l'invocata notifica ex art. 20 d.lgs. n. 163/2006 attiene al decreto di esproprio e non alla previa declaratoria di pubblica utilità, come pure la corresponsione dell'indennità a momento successivo;
la delibera non esclude affatto i controlli di cui al successivo art. 169;
la motivazione è recata dall'ampia istruttoria, e l'esame del progetto definitivo è stato preceduto dalla riunione preparatoria;
la delibera richiama tutti gli atti approvati, ivi compreso il quadro economico di sintesi, nel quale è indicata la somma occorrente per gli espropri in € 20 milioni;
la pretesa omissione dell'avviso d'avvio del procedimento avrebbe dovuto esser dedotta ab origine e non con i motivi aggiunti.

Rilievi consimili hanno svolto Roma Capitale e Roma Metropolitane S.r.l., con memorie difensive depositate il 10 maggio 2013.

In replica, con memoria difensiva depositata il 24 maggio 2013, gli appellanti hanno, a loro volta, eccepito la tardività della riproposizione delle eccezioni pregiudiziali non esaminate dal primo giudice -in quanto non formulate nell'atto di costituzione, e comunque nel termine ex art. 46 comma 1, 101 comma 2 e 119 comma 2 c.p.a.-, e l'assenza nell'art. 3 comma 7 del d.lgs. n. 190/2002 della previsione dell'imposizione del vincolo espropriativo con l'approvazione del progetto preliminare, ribadendo le altre censure svolte nell'appello.

Riunita la sospensiva al merito, all'udienza pubblica dell'11 giugno 2013 l'appello è stato discusso e deciso, con pubblicazione, a richiesta degli appellanti, del dispositivo.

3.) L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, potendosi quindi prescindere dalle eccezioni pregiudiziali spiegate dalle parti appellate, la cui riproposizione peraltro è avvenuta soltanto con memorie difensive depositate il 10 maggio 2013, ben oltre il termine dimidiato (trenta giorni) di cui al combinato disposto degli artt. 46 comma 1, 101 comma 2 e 119 comma 2 c.p.a., decorrente dalla data della ricevuta notifica dell'appello (29 ottobre 2012), e quindi spirato sin dal 28 novembre 2012, con conseguente inammissibilità delle medesime.

3.1) Come anticipato nella narrativa in fatto, la deliberazione del C.I.P.E. n. 60 del 22 luglio 2010, pubblicata sulla G.U.R.I., serie generale, n. 52 del 4 marzo 2011, ha provveduto all'approvazione del progetto definitivo (con prescrizioni e raccomandazioni) e "anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità", della tratta "T3 Colosseo-San Giovanni" del tracciato fondamentale da T2 a T7 (Clodio/Mazzini-Monte Compatri/Pantano) della linea C della Metropolitana di Roma, con il relativo finanziamento, pari a € 792.000.000,00 e le relative assegnazioni di fondi.

Il progetto preliminare dell'opera era stato approvato "...ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 del decreto legislativo n. 190/2002..." con deliberazione del C.I.P.E. n. 65/2003 del 1° agosto 2003, pubblicata in G.U.R.I., serie generale n. 258 del 6 novembre 2003.

L'assoggettamento alle speciali disposizioni recate dal d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (recante " Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale ") riviene dall'inserimento nel primo programma delle infrastrutture strategiche, approvato ai sensi dell'art. 1 della legge n. 443/2001 con deliberazione del C.I.P.E. n. 121 del 21 dicembre 2001, in cui è ricompresa nell'allegata tabella, nei "Sistemi Urbani", l'indicazione della (nuova) linea C, nonché della linea B1 e del G.R.A.

E' noto che per le infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 gli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 190/2002, poi abrogati e sostituiti dagli artt. 165 e 166 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con decorrenza dal 1° luglio 2006, dettano una precipua disciplina, che assegna al Ministero delle infrastrutture e trasporti l'istruttoria (coadiuvato da apposita struttura tecnica di missione) e al Comitato interministeriale per la programmazione economica l'approvazione e del progetto preliminare e del progetto definitivo.

Peraltro l'art. 165 comma 5 del d.lgs. n. 163/2006 prevede ora che il C.I.P.E. provveda con il consenso, ai fini della intesa sulla localizzazione, dei presidenti delle regioni e province autonome interessate, che si pronunciano, sentiti i comuni nel cui territorio si realizza l'opera, ciò che si realizza, per solito -e comunque tanto è avvenuto nel caso di specie- con la partecipazione ai lavori dell'organo (in tal senso in composizione integrata) dei titolari delle cariche elettive di vertice degli enti locali e/o di loro delegati.

Nella originaria formulazione dell'art. 3 comma 7 del d.lgs. n. 190/2002 l'approvazione del progetto preliminare "...determina, ove necessario ai sensi delle vigenti norme, l'accertamento della compatibilità ambientale dell'opera e perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l'intesa Stato-regione sulla sua localizzazione, comportando l'automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati...", laddove, a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 2 del d.lgs 17 agosto 2005, n. 189, esso implica anche che "... gli immobili su cui è localizzata l'opera sono assoggettati al vincolo preordinato all'esproprio ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327;
(e che) il vincolo si intende apposto anche in mancanza di espressa menzione...".

E' dunque esatto quanto rilevato nel primo motivo dell'appello, secondo cui all'approvazione del progetto preliminare, intervenuta prima della "novella" dell'art. 3 comma 7, non può ricollegarsi l'imposizione del vincolo espropriativo;
e nondimeno tale aspetto non assume alcuno specifico rilievo perché avendo l'approvazione del progetto preliminare delle infrastrutture c.d. strategiche efficacia di variante urbanistica (come stabilito dall'art. 3 anche nella sua originaria formulazione), tale effetto è assicurato ex lege dall'art. 9 comma 1 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, che com'è noto dispone, in linea generale, che (corsivi dell'estensore) " Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un opera pubblica o di pubblica utilità ".

3.2) Ciò posto, e con riferimento alla censura relativa al vizio procedimentale concernente la pretesa omessa comunicazione dell'avvio del procedimento espropriativo deve osservarsi che:

- secondo quanto rilevato in modo esatto dal primo giudice, gli appellanti non hanno impugnato la deliberazione del C.I.P.E. n. 65/2003 del 1° agosto 2003, non potendosi ad essa riferire la generica formula afferente agli atti connessi, presupposti e consequenziali secondo giurisprudenza granitica (tra le più recenti, vedi Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1826;
Sez. IV 30 luglio 2012 n. 4318;
Sez. VI, 24 gennaio 2012, n. 291);

- al contrario dell'avvio del procedimento diretto alla declaratoria della pubblica utilità, sfociato nell'emanazione della deliberazione del C.I.P.E. n. 60 del 22 luglio 2010, è stato dato rituale avviso nelle forme prescritte dall'art. 166 comma 2 seconda parte del d.lgs. n. 163/2006 (e prima dall'art. 4 comma 2 seconda parte del d.lgs. n. 190/2002), che testualmente dispone che (corsivi dell'estensore) "L'avvio del procedimento di dichiarazione di pubblica utilità è comunicato dal soggetto aggiudicatore, o per esso dal concessionario o contraente generale, ai privati interessati alle attività espropriative ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
la comunicazione è effettuata con le stesse forme previste per la partecipazione alla procedura di valutazione di impatto ambientale dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377 ", e quindi con la "... pubblicazione, sul quotidiano più diffuso nella regione o provincia autonoma territorialmente interessata e su un quotidiano a diffusione nazionale, di un annuncio contenente l'indicazione dell'opera, la sua localizzazione ed una sommaria descrizione del progetto.";
nel caso di specie, come riportato nel preambolo della deliberazione e peraltro incontestato, avvenuta sui quotidiani "Il Messaggero", "La Repubblica" e "Il Corriere della Sera" del giorno 6 agosto 2009.

Peraltro l'ultimo periodo del comma 2 dell'art. 166, in modo affatto inequivoco, chiarisce che "Le disposizioni del presente comma derogano alle disposizioni degli articoli 11 e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327", e quindi esclude che, per le infrastrutture c.d. strategiche, sia necessaria la comunicazione d'avvio del procedimento impositivo del vincolo espropriativo (identica formulazione aveva, peraltro, l'art. 4 comma 2 ultima parte del d.lgs. n. 190/2002).

In sintesi riepilogativa, dunque, mentre deve negarsi l'esigenza di comunicazione d'avvio del provvedimento impositivo del vincolo (ossia di quello sfociato nella deliberazione del C.I.P.E. n. 65/2003 del 1° agosto 2003), è indubbio che la dovuta comunicazione d'avvio del procedimento relativo alla declaratoria di pubblica utilità, come recata dalla deliberazione del C.I.P.E. n. 60 del 22 luglio 2010, sia stata data nelle forme normativamente previste.

Dai rilievi che precedono consegue, quindi, l'infondatezza dei motivi sub 3) e 9) dell'appello.

3.3) Non hanno poi maggior pregio le doglianze dedotte con i motivi sub 2) e 4), poiché, secondo gli esatti rilievi delle parti appellate, l'invocata notifica ex art. 20 d.lgs. n. 163/2006 attiene al decreto di esproprio e non alla previa declaratoria di pubblica utilità, come pure la corresponsione dell'indennità.

3.4) Destituiti di fondamento sono i motivi d'appello sub 6) e 7), quanto alla dedotta carente motivazione e al difetto d'istruttoria in relazione alla durata della seduta del C.I.P.E.: quanto alla prima è chiaro che le scelte localizzative dell'opera, come peraltro già recate dal progetto preliminare, trovano ampia spiegazione e giustificazione negli atti tecnici, mentre non può seriamente sostenersi, a cospetto dell'ampiezza e complessità delle attività preparatorie, della relazione del Ministero delle infrastrutture - Struttura tecnica di missione, della relativa proposta, della discussione svoltasi nella riunione preparatoria del 20 luglio 2010, che l'approvazione del progetto definitivo, con la declaratoria della pubblica utilità, non sia sorretta da ampia e adeguata istruttoria.

3.5) Non ha pregio, poi, il motivo sub 5), posto che la previsione che il soggetto attuatore prima dell'inizio dei lavori debba dare assicurazioni al Ministero dell'avvenuto recepimento, nel progetto esecutivo, delle prescrizioni di cui all'allegato 1) alla deliberazione (come contenuta nel punto 4.3) del provvedimento) è del tutto coerente alla disposizione dell'art. 169 d.lgs. n. 163/2006, che appunto stabilisce che "Il soggetto aggiudicatore verifica che nello sviluppo del progetto esecutivo sia assicurato il rispetto delle prescrizioni impartite dal CIPE in sede di approvazione del progetto definitivo e preliminare", e quindi che ciò debba appunto avvenire prima dell'avvio dei lavori, tenendo "...fermi i compiti e le verifiche di cui all'articolo 185", che non sono affatto esclusi dalla deliberazione impugnata.

4.) In conclusione, l'appello in epigrafe deve essere rigettato siccome infondato, con la conferma della sentenza gravata.

5.) Il regolamento delle spese del giudizio d'appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

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