Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-08, n. 202005984

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-08, n. 202005984
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005984
Data del deposito : 8 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/10/2020

N. 05984/2020REG.PROV.COLL.

N. 04639/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4639 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G C e G C, presso i quali è elettivamente domiciliato in Roma, al Viale Bruno Buozzi, n. 87;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. -OMISSIS- resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 il Cons. Roberto Politi;
nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espone l’appellante – Sottufficiale in s.p.e. RN della Guardia di finanza, presso la cui Compagnia di -OMISSIS- ha da ultimo prestato servizio – di essere stato sottoposto, il 18 giugno 2009, a visita medica presso il reparto di -OMISSIS-il Centro ospedaliero di Milano, il quale gli accertò un «-OMISSIS-».

Ottenuta una licenza straordinaria di convalescenza per sessanta giorni, con effetto dal 19 giugno al 17 agosto 2009, il sig. -OMISSIS-veniva, nel frattempo, condannato alla pena definitiva di un -OMISSIS-

A seguito della sottoposizione a procedimento disciplinare, veniva nei confronti dell’odierno appellante irrogata la sanzione della perdita del grado per rimozione.

2. Con ricorso N.R.G. -OMISSIS-, proposto innanzi al T.A.R. del Lazio, il signor -OMISSIS-ha chiesto l’annullamento:

- della determinazione del 18 settembre 2009, con la quale il Comandante interregionale della Guardia di Finanza per l'Italia Nord-occidentale ha disposto la perdita del grado per rimozione;

- della determinazione prot. n. -OMISSIS-, con cui il Comandante regionale della Guardia di Finanza per la Lombardia ha nominato e convocato la commissione di disciplina;

- della nota prot. n. -OMISSIS-, mediante la quale l'Ufficiale Inquirente ha disposto la riassunzione del procedimento disciplinare;

- di tutti gli altri atti comunque presupposti, connessi e/ o conseguenti, tra i quali la nota prot. n. -OMISSIS-, con cui sono stati contestati gli addebiti disciplinari.

A sostegno della proposta impugnativa, l’interessato ha dedotto:

- l’omissione di una legittima contestazione degli addebiti;

- la violazione degli artt. 7 e 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241, non essendo egli mai stato messo in condizione di prendere visione degli atti del procedimento e di produrre memorie a sua discolpa;

- la sua incapacità, in relazione alla patologia riscontratagli il 18 giugno 2009, tale da impedire una cosciente e consapevole partecipazione difensiva al procedimento stesso, nonostante l'inchiesta – sospesa appunto per tal ragione – sia stata, in un secondo tempo, ripresa dalla Guardia di Finanza.

3. Costituitasi l’Amministrazione intimata, il Tribunale ha respinto il ricorso, ed ha condannato parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, per complessivi € 2.000,00.

4. Avverso tale pronuncia, il signor -OMISSIS-ha interposto appello, notificato il 10 maggio 2011 e depositato il successivo 4 giugno.

Lamenta, in primo luogo, di non aver mai ricevuto formale contestazione di addebiti;
e di essere venuto a conoscenza del procedimento disciplinare instaurato nei propri confronti soltanto in una fase avanzata del relativo iter.

La notificazione degli addebiti, in particolare, sarebbe avvenuta in un Comune (Acireale) diverso da quello di residenza dell’interessato (-OMISSIS-) ed a mani di familiare non convivente.

In ragioni della invalidità della suindicata modalità partecipativa dell’avvio del procedimento, tutti gli atti di quest’ultimo – fino alla conclusiva effusione provvedimentale, con la quale è stata irrogata la contestata sanzione espulsiva – sarebbero derivativamente illegittimi.

Avrebbe, quindi, errato il Tribunale nel ritenere che la contestazione degli addebiti sia stata correttamente effettuata;
in proposito, lamentando il sig. -OMISSIS-:

- il mancato rispetto delle previsioni dettate dall’art. 64, comma 2, della legge 599 del 1954 (nonché delle indicazioni all’uopo dettate dalla Circolare della Guardia di Finanza -OMISSIS-), con riferimento all’art. 138 c.p.c.;

- la preclusa piena ed effettiva conoscenza del fatto addebitatogli: sul punto, osservando come, in ragione dell’acquisita conoscenza della sentenza penale di condanna pronunziata nei confronti dello stesso (3 marzo 2009), non incombesse sull’Amministrazione alcuna improrogabile urgenza di procedere all’avvio del procedimento entro il successivo 25 giugno, attesa la tempistica per esso prevista.

Evidenzia ulteriormente l’appellante di non essere mai stato, anche a seguito della notificazione di successivi atti del procedimento disciplinare (sospensione dell’iter;
atto di nomina e convocazione del Consiglio di disciplina), posto in grado di acquisire piena contezza in ordine ai fatti a fondamento dell’intrapresa attività sanzionatoria, nonché alla natura ed all’entità degli addebiti mossi nei propri confronti.

Quanto al luogo nel quale la notificazione di che trattasi è stata effettuata (Comune di Acireale, comunque non identificabile quale “luogo di dimora”), viene sottolineato come l’Amministrazione non potesse non essere a conoscenza (anche attraverso l’agevole consultabilità delle risultanze anagrafiche) del fatto che il sig. -OMISSIS-si fosse trasferito dall’anzidetto Comune fin dal 1991.

Quand’anche dalla notificazione dei successivi atti del procedimento disciplinare fosse stato possibile inferire il contenuto degli addebiti mossi nei confronti dell’appellante, quest’ultimo evidenzia come, in ragione delle precarie condizioni di salute in cui versava (peraltro, documentalmente comprovate), non fosse in grado di partecipare consapevolmente al procedimento stesso e di dispiegare, in tale sede, le proprie difese (come dimostrato, peraltro, dalla sospensione di quest’ultimo, inizialmente disposta dalla procedente Amministrazione).

Avrebbe, poi, errato il Tribunale nel ritenere che il parere del Dirigente del Servizio sanitario del Reparto T.L.A. in ordine allo stato psicologico accusato dal sig. -OMISSIS-non fosse attendibile;
diversamente, assumendosi la piena idoneità di tale apporto al fine di determinare la sospensione dell’intrapreso procedimento disciplinare.

Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento dell’appello;
e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

6. In data 23 giugno 2011, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio;
ed ha, in pari data, depositato memoria difensiva, riproducente le considerazioni dalla stessa articolate nel corso del giudizio di primo grado.

7. La richiesta cautelare presentata dall’appellante è stata respinta dalla Sezione IV di questo Consiglio, con ordinanza n. 2975 in data 13 luglio 2001.

8. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 29 settembre 2020.

DIRITTO

1. Come in narrativa riportato, le censure dalla parte appellante dedotte avverso la gravata pronunzia del T.A.R. Lazio, essenzialmente si incentrano sulla errata valutazione che il giudice di prime cure avrebbe operato con riferimento alle modalità di partecipazione della contestazione di addebiti, che ha dato luogo all’avvio del procedimento disciplinare conclusosi, poi, con l’irrogazione della sanzione della perdita del grado per rimozione.

1.1 Giova, quindi, soffermarsi sulla articolata motivazione della sentenza appellata – oggetto di analitica contestazione nell’atto introduttivo del presente giudizio – segnatamente per quanto concerne la ricostruzione del quadro normativo ed interpretativo di riferimento che assiste l’effettuazione della comunicazione di che trattasi.

Muove il ragionamento all’uopo sviluppato dal Tribunale, dall’art. 64, comma 2, della legge 31 luglio 1954, n. 599, in base al quale “… l'inchiesta formale comporta la contestazione degli addebiti, con facoltà al sottufficiale di presentare le sue discolpe …”.

In proposito, il giudice di primo grado:

- escluso che dalla riportata disposizione sia dato evincere “necessariamente che siffatta contestazione vada notificata soltanto con le formalità ex artt. 137 e ss., c.p.c., all’uopo risultando sufficiente, secondo ovvi criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che sia assicurata all’incolpato l’effettiva e piena conoscenza del fatto addebitatogli per consentirgli ogni possibile discolpa”;

- ha ritenuto che sia meramente “opportuna e suggerita, ma non necessitata, la notificazione formale di tal contestazione”, atteso che, se “il procedimento disciplinare trova nelle norme sulla notificazione l’espressione più immediata delle garanzie sostanziali che l’ordinamento appresta nei confronti di tutti gli attori coinvolti”, nondimeno “tali garanzie vanno però intese anche a favore della e non solo contro la P.A. procedente, pure nella fase d’apertura del procedimento stesso, in particolare nell’obbligo, di pari intensità, di rispetto del termine per la contestazione degli addebiti”;

- ed ha dato atto che “spetta alla P.A. … di dare idonea ed utile comunicazione della contestazione degli addebiti nei confronti del militare incolpato, all’uopo adoperando ogni strumento, compresa certo la notificazione, che ben contemperi tempestività e partecipazione e non la seconda a scapito della prima. Certo, è onere della P.A. stessa di dimostrare d’aver notiziato l’incolpato in modo serio ed adeguato, cosa, questa, che può avvenire, a seconda delle circostanze, con o senza la notificazione, purché l’effetto utile sia realizzato e giustificato”.

Prosegue l’appellata sentenza, rilevando che, se “la notificazione non è obbligo della P.A. stessa, non torna utile alla tesi attorea la citazione della circolare n. -OMISSIS- della GDF, recante istruzioni sulla gestione del procedimento disciplinare e ciò per una duplice ragione. Da un lato, tal circolare per sua natura non è atto-fonte regolamentare attuativo dell’art. 64, II c. della l. 599/1954, onde essa non vincola questo Giudice ed in sostanza serve soltanto ad indicare le migliori pratiche in materia. Dall’altro, essa al più esprime l’opportunità della notificazione a mani proprie ex art. 138 c.p.c. nei riguardi dell’incolpato, cosa, questa, che ove applicata in modo meccanicistico implicherebbe la paradossale esclusione d’ogni altra forma di notificazione, anche quella di cui al successivo art. 140 che, pure, è stata adoperata per alcuni atti endoprocedimentali”.

Il giudice di prime cure, peraltro, dimostra di non aver recisamente escluso la fondatezza della prospettazione di parte ricorrente circa la non corretta modalità di partecipazione notiziale dell’atto di impulso del procedimento disciplinare;
di talché, come leggesi nella sentenza in esame, “anche a voler accedere alla tesi attorea circa l’erroneità della notificazione degli addebiti, erra il ricorrente a pretenderne l’effettuazione immediata con le forme dell’art. 140 c.p.c. (notificazione a destinatari irreperibili) per il sol fatto che egli non è stato subito trovato nella sua abitazione in -OMISSIS-, alla -OMISSIS-”.

Ciò in quanto, “infruttuosa essendo stata la notificazione di tal atto a mani proprie o presso il domicilio del ricorrente in -OMISSIS-, la P.A. procedente v’ha provveduto presso la dimora di questi in Acireale (CT) ai sensi dell’art. 139 ed in quello che, agli atti della P.A. stessa, risultava esser l’ultima residenza anagrafica dell’incolpato. Non consta, né ha mai chiarito il ricorrente, se quella in -OMISSIS- fosse la sua residenza comunicata alla P.A. da data certa anteriore all’emanazione dell’atto de quo sì da renderlo opponibile ai sensi dell’art. 44 c.c. e, quindi, se vi fosse incolpevole ignoranza, da parte della P.A. stessa, del luogo d’effettiva residenza, se -OMISSIS-, cioè, oppure Acireale”.

Quindi, “poiché nella specie era nota Acireale quale residenza anagrafica del ricorrente e non si dimostra documentalmente una situazione diversa che fosse, secondo l’ordinaria diligenza, nell’effettiva e piena conoscenza della P.A. procedente, corretta s’appalesa la notificazione svolta il 25 giugno 2009 in Acireale ai sensi dell’art. 139, I c., il tentativo effettuato due giorni dopo in -OMISSIS-, … servendo solo per realizzare quella a mani proprie ai sensi del precedente art. 138”.

Ulteriormente consapevole della possibilità che potesse essere “erroneo … il dato posseduto da detta P.A. circa la residenza del ricorrente in Acireale”, il Tribunale ha, nondimeno, ritenuto che “non per ciò solo la notificazione colà ex art. 139 c.p.c. sarebbe nulla, stante il fatto che la P.A. aveva assegnato al medesimo sig. -OMISSIS-una licenza di convalescenza da fruire anche in Acireale”.

Sul punto, è stata dal giudice di prime cure ritenuta applicabile “la regola di cui all’art. 139, VI c., in virtù del quale, «…quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora…, osservate in quanto è possibile le disposizioni (dei commi) precedenti…»”; conseguentemente, assumendosi che, “non essendo stata possibile la notificazione in mani proprie o nel domicilio del ricorrente in -OMISSIS-, in ogni caso è utile quella effettuata nel Comune di dimora, con il rispetto di tutte le altre regole recate dall’art. 139, tra cui la consegna a persona di famiglia, qual è, con ogni evidenza il sig. -OMISSIS-, fratello del ricorrente medesimo”.

Ciò in quanto “non può escludersi, prima di procedere alle formalità ex art. 140, la dimora di quest’ultimo in Acireale, luogo deputato (e non contestato), in alternativa a -OMISSIS-, alla fruizione della licenza di convalescenza”.

Né, sempre secondo quanto sostenuto dal Tribunale, sarebbe correttamente evocabile l’applicazione dell’art. 140 c.p.c. (come indicato nell’atto introduttivo del giudizio innanzi al medesimo instaurato dal sig. -OMISSIS-), atteso che “la notifica effettuata con tali forme è nulla se non risulti dagli atti che non erano conosciute del notificante né la residenza, né la dimora … Poiché, infatti, il ricorso al procedimento di notificazione di cui all'art. 140 c.p.c. richiede che l'organo notificante indichi specificamente le ragioni per cui non ha potuto procedere secondo le forme ex art. 139 …, erroneo sarebbe stato allora procedere ab initio a tal modalità, quando, come nella specie, si poté raggiungere il ricorrente presso la di lui dimora in Acireale. Solo una volta appurata l’irreperibilità ovunque del ricorrente, legittimamente la P.A. ha avuto modo di notificare gli altri atti del procedimento disciplinare, tranne quelli per i quali ha potuto farlo con consegna a mani proprie, con le forme ex art. 140, cosa, questa, che il ricorrente stesso non ha reputato di contestare, onde sul punto nulla quaestio”.

1.2 Se, quanto alla “regolarità” formali della modalità partecipativa della comunicazione di avvio del procedimento disciplinare ( rectius: contestazione di addebiti), le conclusioni alle quali è pervenuto l’adito T.A.R. Lazio dimostrano condivisione rispetto al modus operandi seguito dall’Amministrazione, lo stesso giudice, sotto un profilo sostanziale (effettiva conoscenza del procedimento stesso;
e, quindi, acquisizione, da parete del militare incolpato, degli addebiti nei confronti del medesimo mossi), ha affermato che da “una serena lettura degli atti versati in giudizio” (segnatamente: “dal tenore della dichiarazione attorea in data 27 giugno 2009”), “ben si evinca … la piena consapevolezza, da parte del ricorrente, dell’esistenza d’un inchiesta formale già attivata a suo carico e della nomina d’un Ufficiale inquirente.

Tale consapevolezza, sarebbe “vieppiù corroborata dalla lettura della nota n. -OMISSIS-, recante la sospensione del procedimento disciplinare de quo e, nella premesse, la puntuale cronistoria di tutti gli atti endoprocedimentali fino a quel momento adottati nei confronti del ricorrente”.

2. Il ragionamento, come sopra condotto dal T.A.R., non si presta a condivisione.

2.1 Va, in primo luogo, osservato come lo sviluppo fisiologico del procedimento notificatorio sia descritto e disciplinato dagli artt. 137 e seguenti c.p.c.;
e si atteggi quale tipizzazione di una scansione di norme in via gradata.

“Di regola”, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione (artt. 137, comma 2, 138 c.p.c.).

Ove ciò non sia possibile, la notificazione può essere fatta al destinatario ovunque l’ufficiale giudiziario lo trovi, purché nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio giudiziario al quale è addetto (art. 138, comma 1, c.p.c.).

Se non avviene nel modo sopra indicato, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio (art. 139 c.p.c.).

Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda.

In mancanza delle persone prima indicate, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla (art. 139, commi 2 e 3, c.p.c.).

Se, ai sensi del citato art. 139, la notificazione può essere effettuata a mani del destinatario in uno dei luoghi ove si svolge la sua vita o la sua attività, è peraltro sufficiente che quest’ultimo non venga ivi reperito, affinché la notifica trovi perfezionamento mediante consegna di copia dell'atto ad altri soggetti, sopra indicati.

Tale fattispecie presuppone, peraltro, il tentativo preliminare di notifica a mani del destinatario, mediante ricerca:

- preventivamente nel comune di residenza;

- e, in subordine, in quello di dimora o domicilio;

presso la casa di abitazione, o dove abbia l'ufficio, ovvero eserciti l’industria o il commercio.

L’ufficiale giudiziario, peraltro, può procedere alla notifica nel comune di domicilio solo se siano ignoti i comuni di residenza e di dimora (in tal senso, è chiaro il disposto dall’ultimo comma dell’art. 139 c.p.c., che stabilisce che “quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti”).

La possibilità di notificare l’atto presso la dimora abituale, in luogo della residenza, richiede, dunque, necessariamente, un preliminare tentativo di notifica presso la residenza;
o, almeno e comunque, una prova, che grava sul notificante, della effettiva prevalenza della dimora sulla residenza.

La presunzione di corrispondenza delle risultanze anagrafiche alla realtà è “munita di una particolare resistenza per il cui superamento, ove non si adducano prove di un tenore univocamente concludente, ma elementi a loro volta presuntivi, i requisiti di gravità, precisione e concordanza, devono essere valutati dal giudice di merito con particolare rigore” (Cass. civ., 27 settembre 1996 n. 8554).

Ecco perché è nulla “la notifica eseguita mediante consegna della copia dell'atto nei confronti di un familiare del destinatario, in un luogo in cui quest'ultimo non ha più la propria residenza, sia anagrafica che di fatto” (Cass. civ., 11 aprile 1996 n. 3403;
2 ottobre 1991 n. 10248;
8 marzo 1980 n. 1544;
la stessa Corte – sez. II, sentenza n. 23578 del 14 novembre 2007 – ha dichiarato la notifica nulla “quando la persona di famiglia riceva l'atto nel proprio appartamento, diverso da quello della residenza del destinatario dell'atto”).

2.2 È vero che, come sostenuto dal T.A.R., il ricorso alle modalità notificatorie indicate all’art. 140 c.p.c. (notificazione a destinatari irreperibili), non può legittimamente intervenire di seguito al mancato reperimento del destinatario secondo quanto indicato nell’art. 138 c.p.c. (secondo il giudice di prime cure, avrebbe, infatti, errato il ricorrente “a pretenderne l’effettuazione immediata con le forme dell’art. 140 c.p.c. per il sol fatto che egli non è stato subito trovato nella sua abitazione in -OMISSIS-, alla -OMISSIS-”).

Soccorre, in tal senso, quanto indicato dalla Sezione VI della Corte di Cassazione con ordinanza 12 gennaio 2018, n. 683;
secondo la quale:

- “la speciale forma di notificazione prevista dell’art. 140 c.p.c., è consentita soltanto quando non sia possibile la notificazione a mani proprie o nella residenza, dimora o domicilio ai sensi degli artt. 138 e 139 c.p.c., e la sussistenza di tali presupposti deve risultare in modo inequivoco dalla relazione di notificazione, a pena di nullità (cfr. Cass. 31.7.2007, n. 16899)”;

- “il ricorso alla procedura di notifica di cui all’art. 140 c.p.c., presupponendo la non conoscenza o la non conoscibilità dell’indirizzo del destinatario, richiede che l’organo delle notificazioni indichi specificamente le ragioni per cui non ha potuto procedere secondo le forme previste dall’art. 139 c.p.c. (cfr. Cass. 18.9.2009, n. 20098)”.”

Ma è altrettanto vero che proprio il ricorso alla modalità notificatoria ex art. 139 c.p.c. si dimostra, nel caso di specie, significativamente inficiato.

Secondo quanto rappresentato nell’appellata sentenza, la contestazione di addebiti da parte dell’ufficiale inquirente (nota prot. n. -OMISSIS-), “come si legge nel rapporto di servizio redatto il 24 giugno 2009 dal sottufficiale relatore incaricato della notifica di detta contestazione, non poté esser notificat [a] nell’arco di tal giornata in mani proprie al ricorrente – il quale «…dalle informazioni in possesso dell’Ufficiale inquirente… è domiciliato in -OMISSIS-, -OMISSIS- ed è residente -OMISSIS-…» -, giacché non fu possibile incontrarlo, né fuori, né a siffatto domicilio in -OMISSIS-. Dal che la notificazione di tale atto, in data 25 giugno 2009 ed a cura della Tenenza GDF di Acireale, «… -OMISSIS-, presso l’indirizzo di residenza del Vicebrigadiere s.p. -OMISSIS--OMISSIS-… nelle mani di -OMISSIS--OMISSIS-… nella sua qualità di fratello convivente dell’interessato…». Fu, per vero tentata il successivo giorno 27, a cura del brigadiere -OMISSIS-e su incarico dell’Ufficiale inquirente, una notificazione «…presso l’abitazione del Vice Brigadiere -OMISSIS-sita in -OMISSIS- -OMISSIS-…», ma senza esito per non aver il messo notificatore dapprima trovato l’interessato e per aver dichiarato poi nel rapporto di servizio che «… una volta giunto, salivamo unitamente al Vice Brigadiere -OMISSIS-al terzo piano della sua abitazione, dove dopo aver parlato del più e del meno, al fine di rassicurarlo sullo scopo amichevole della mia visita, gli chiedevo se intendesse presentare una dichiarazione da inviare all’Ufficiale inquirente …».

Tale dichiarazione veniva, invero, resa dal ricorrente di prime cure, con la dicitura che «… in merito all’inchiesta amministrativa nei miei confronti, porto a conoscenza l’Ufficiale inquirente, che dal 19 giugno 2009 al 17 agosto 2009 si trova in licenza di convalescenza con diagnosi …, la quale patologia risulterebbe incompatibile con l’eventuale consapevole partecipazione al procedimento …».

Può quindi desumersi, dalla consecuzione di atti che ha condotto alla notificazione, ex art. 139 c.p.c., della contestazione di addebiti in Acireale, che:

- l’odierno appellante non è stato rinvenuto, alla data del 24 giugno, presso il proprio domicilio in -OMISSIS-, alla -OMISSIS-

- la notificazione a mani proprie, secondo quanto stabilito dall’art. 138 c.p.c., non è, pertanto, andata a buon fine;

- il foglio nr. -OMISSIS- indirizzato, contenente la formale contestazione degli addebiti, non potendo essere notificato al suindicato indirizzo bresciano, veniva quindi notificato in Acireale (CT), al fratello del militare (-OMISSIS--OMISSIS-), risultando anche in questa sede l'inquisito assente.

È ben vero che il Comando Compagnia della Guardia di Finanza di -OMISSIS- (reparto che aveva in forza il militare) aveva concesso al sig. -OMISSIS-una licenza di convalescenza con decorrenza 19 giugno 2009 e scadenza 17 agosto 2009, da fruire in -OMISSIS- ed Acireale.

Ma è altrettanto vero che, quanto alla sopra indicata città siciliana, non risulta dagli atti:

- né alcuna precisazione, ad opera del -OMISSIS-, dell’indirizzo di temporanea dimora (ancorché ai soli fini convalescenziali),

- né, tanto meno, che la reperibilità di quest’ultimo sarebbe stata assicurata presso l’abitazione del fratello.

Nel rammentare come, a seguito dell’infruttuoso perfezionamento delle modalità partecipative di cui all’art. 138 c.p.c., il successivo art. 139 preveda che:

- “se non avviene nel modo previsto nell'articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio” (comma 1);

- “se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace” (comma 2);

allora non può non inferirsi che la consegna dell’atto al familiare (ancorché non convivente;
tale condizione non essendo contemplata dalla norma) debba, necessariamente, avvenire nel comune di residenza (e presso la casa di abitazione, ovvero l’ufficio, o, ancora presso il luogo in cui il medesimo esercita l'industria o il commercio).

L’invalidità del ricorso alla procedura ex art. 139 de plano consegue alla constatabile – e, in punto di fatto, non contestata dalla appellata Amministrazione – non identificabilità della residenza del fratello del sig. -OMISSIS-, in Acireale, con quella propria dell’odierno appellante;
il quale, anzi, aveva trasferito la propria residenza dal Comune siciliano fin dal 1991 (circostanza, questa, non soltanto non contestata, in punto di fatto, dall’Amministrazione;
ma, ulteriormente, da quest’ultima agevolmente accertabile, attraverso l’impiego di una non più che normale diligenza, mediante ricorso alle risultanze anagrafiche).

3. Deve, conseguentemente, darsi atto della effettiva erroneità del percorso motivazionale seguito, sul punto, dal giudice di prime cure, laddove:

- pur dandosi, in linea di principio correttamente, atto che “erra il ricorrente a pretender[e] l’effettuazione immediata [della notificazione] con le forme dell’art. 140 c.p.c. (notificazione a destinatari irreperibili) per il sol fatto che egli non è stato subito trovato nella sua abitazione in -OMISSIS-, alla -OMISSIS-”;

- nondimeno, l’iter logico seguito dal T.A.R. per asseverare la legittimità dell’esperita notificazione ex art. 139 c.p.c., si dimostra infirmato in quanto il luogo di notificazione (Acireale;
residenza del fratello dell’indagato) non era a ciò legittimamente deputato, secondo il paradigma della norma del codice di rito da ultimo indicata.

Piuttosto, avrebbe dovuto l’Amministrazione, avvedutasi della impossibilità di perfezionamento della notificazione della contestazione di addebiti secondo quanto previsto dagli artt. 138 e 139 c.p.c., senza indugio attivare la modalità partecipativa contemplata dal successivo art. 140, preordinata a consentire la notifica laddove non sia “possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente”.

4. Se il contenuto della sentenza appellata, alla stregua di quanto osservato, non merita condivisione, ritiene il Collegio che, anche in presenza della rilevate mende inficianti la comunicazione della contestazione di addebiti, nondimeno l’interessato sia stato posto nella condizione di apprendere il contenuto degli atti del procedimento disciplinare, al fine di poter articolare le proprie difese.

Pur in difetto di una notificazione correttamente portata a termine, è altrimenti dato inferire – per come il giudice di prime cure ha, subordinatamente alla sostenuta tesi della regolarità della notifica, sostenuto – che il contenuto della contestazione di addebiti sia stato dal sig. -OMISSIS- aliter o aliunde conosciuto.

4.1 Va, al riguardo, sgombrato il campo dall’ipotesi che tale possibilità cognitiva sia potuta accedere al contenuto della determinazione prot. n. -OMISSIS-, in data 17 luglio 2009 (con la quale è stata disposta la sospensione dell’inchiesta formale avviata a carico dell’appellante), ovvero della nota prot. n. -OMISSIS-del 6 agosto 2009 (recante nomina e convocazione della Commissione di disciplina).

Non è, infatti, in esse dato rinvenire compiuto ed esaustivo riferimento ai fatti ed alle condotte all’interessato ascritti a fondamento dell’azione disciplinare nei confronti di quest’ultimo promossa.

Se la prima delle suindicate note si atteggia, in maniera invero significativa, quale elemento inducente non secondarie perplessità in ordine alla logicità del percorso procedimentale seguito dall’Autorità procedente (la quale, dopo aver acquisito parere medico comprovante il precario stato di salute del sig. -OMISSIS-in data 14 luglio 2009, ha sospeso il procedimento il successivo giorno 17, per poi nuovamente aprirlo una sola settimana dopo, con nota, peraltro, debitamente notificata ex art. 140 c.p.c.), entrambi i suindicati atti sono accomunati dall’assenza di alcun riferimento alle ragioni (evidentemente, individuabili alla stregua dei materiali accadimenti e dei preordinati comportamenti posti in essere dall’interessato) suscettibili di interesse in sede disciplinare.

4.2 Peraltro, in data 27 luglio 2009, l’Ufficiale inquirente ha intimato all’appellante di presentarsi (per il successivo giorno 31) presso gli uffici dello stesso inquirente, per prendere visione degli atti relativi al procedimento disciplinare (tale foglio veniva notificato ai sensi dell'art.140 c.p.c.).

A seguito della mancata presentazione del -OMISSIS-alla suindicata convocazione, in data 31 luglio 2009, l’Ufficiale inquirente rivolgeva a quest’ultimo rinnovata diffida a presentarsi per il giorno 4 agosto 2009 per prendere visione degli atti relativi al procedimento disciplinare (foglio, anche questo, notificato ai sensi dell'art.140 c.p.c.).

Il militare non si è presentato neanche a questa (ulteriore) convocazione.

L’Ufficiale inquirente ha, quindi, chiuso l’inchiesta e compilato il rapporto finale, al quale ha fatto seguito il deferimento del -OMISSIS-al giudizio di una commissione di disciplina, disposto dal Comandante Regionale Lombardia in data 6 agosto 2009 con determinazione notificata l’11 agosto 2009 ai sensi dell'art.140 c.p.c.

In pari data, il Presidente della Commissione di disciplina ha comunicato all’odierno appellante (con atto, anch’esso, notificato ex art. 140 c.p.c.) la data di convocazione della Commissione (2 settembre 2009).

Con omogenea modalità partecipativa, veniva al sig. -OMISSIS-comunicato, in data 22 agosto 2009, che il Presidente della Commissione di Disciplina, preso atto della mancata designazione di un Ufficiale difensore, aveva provveduto alla nomina dell’Ufficiale difensore dell'inquisito.

Quest’ultimo, alla data del 24 agosto 2009, dichiarava di aver preso visione di tutti gli atti dell'inchiesta formale e di non voler richiedere altri documenti o supplementi di indagini, né testi.

Seguiva, alla data del 2 settembre 2009, la riunione della Commissione di Disciplina;
la quale, rilevata la mancanza di comunicazione alcuna da parte dell'inquisito in ordine all’assenza dello stesso, rendeva conclusivo giudizio di non meritevolezza ai fini della conservazione del grado.

4.3 La consecuzione degli atti che hanno condotto all’espressione della conclusiva valutazione di cui sopra, appieno persuade il Collegio – pur ribadita la riscontrata invalidità della notificazione dell’atto di contestazione di addebiti – che gli atti del procedimento disciplinare (e, con essi, le indicazioni relative alle condotte, disciplinarmente rilevanti, ascritte al sig. -OMISSIS-) siano stati da quest’ultimo conoscibili anteriormente alla (e, comunque, nel corso della) sequenza infraprocedimentale svoltasi dinanzi alla nominata Commissione.

Rileva, in tale senso, il perfezionamento – ex art. 140 c.p.c. – della notificazione degli atti indicati al precedente punto 4.2;
e, con esso, la consentita possibilità per l’interessato di prendere integrale conoscenza dell’intero quadro delle risultanze documentali acquisite al procedimento disciplinare, con riveniente piena espansione della possibilità di svolgere, in tale sede, le difese dall’ordinamento garantite a tutela della posizione dell’incolpato.

4.4 Né, diversamente, riveste condivisibile spessore persuasivo la tesi, dall’appellante pure svolta, in ordine alla perdurante presenza di condizioni di salute tali, da precludere al sig. -OMISSIS-la possibilità di consapevolmente prendere parte all’avviato procedimento disciplinare.

Se è ben vero che, in linea di principio, la documentata sussistenza di personali condizioni, suscettibili di compromettere la piena attuazione del diritto di difesa, ben avrebbe potuto ( rectius: dovuto) indurre la procedente Autorità a valutare la sussistenza dei presupposti per una sospensione dell’avviato iter procedimentale, va, tuttavia, rilevato come il sig. -OMISSIS-, a fronte della consecuzione di atti al medesimo (legittimamente) notificati ex art. 140 c.p.c., abbia tuttavia omesso:

- di fornire riscontro alcuno alle convocazioni al medesimo ripetutamente rivolte ai fini di accedere agli atti del procedimento;

- di nominare un difensore di fiducia;

- nonché di prendere personalmente parte alla convocata riunione della commissione di disciplina;

e, finanche, di documentare, con pertinente certificazione sanitaria, la attuale e persistente presenza di uno stato di salute (riveniente, per come dall’interessato sostenuto, dalle critiche condizioni psicologiche nelle quali lo stesso ha affermato di versare), effettivamente ostativo (o, almeno, affatto incompatibile) con una consapevole partecipazione al procedimento.

5. Alla stregua di quanto precedentemente esposto ritiene il Collegio che, in presenza della rilevata incondivisibilità delle doglianze articolate con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’appellata pronunzia, sia pure con diversa motivazione, meriti conferma.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi