Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-07-14, n. 201503512
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N. 03512/2015REG.PROV.COLL.
N. 10605/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10605 del 2009, proposto da:
Azienda Ospedaliera Bianchi - Melacrino - Morelli di Reggio Calabria, rappresentata e difesa dall'avv. A G, con domicilio eletto presso il dott. A B (Studio Rosati) in Roma, via Ovidio n. 10;
contro
G G, rappresentato e difeso dall'avv. F G, con domicilio eletto presso l’avv. F G in Roma, via della Conciliazione n. 44;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00810/2009, resa tra le parti, concernente CONCORSO A 4 POSTI DIRIGENTE MEDICO DISCIPLINA DI NEUROLOGIA.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G G;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Perrone, su delega di Gualtieri, e Menghini, su delega di Gianzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso davanti al TAR per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, il dott. G G, premesso di essere dirigente medico specializzato in neurologia e neurofisiopatologia in servizio presso il reparto di neurologia dell’Ospedale “Iazzolino” di Vibo Valentia, richiedente ripetutamente di essere trasferito per mobilità presso l’Azienda ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio Calabria, senza ottenere riscontro, ha impugnato la deliberazione 9 luglio 2009 n. 419 del Direttore generale di quest’ultima, con cui è stato indetto un concorso per la copertura di quattro posti di dirigente medico per la disciplina di neurologia, di cui uno riservato alla stabilizzazione del personale precario, ai sensi dell’art. 6, co. 2, della legge regionale della Calabria n. 1 del 2009.
Il TAR ha accolto il ricorso con sentenza in forma semplificata 3 novembre 2009 n. 810, notificata il 13 seguente. In particolare, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Amministrazione resistente, il TAR ha ritenuto che a mente dell’art. 30, co. 2 bis , del d.lgs. n. 165 del 2001 il previo esperimento della mobilità costituisca condizione di legittimità dell’eventuale, successivo ricorso a procedure concorsuali, non derogata dalla circostanza che nella specie il concorso sia stato bandito per la stabilizzazione di soggetti già alle dipendenze dell’Azienda con contratti a termine.
2.- Con atto notificato il 21-30 dicembre 2009 e depositato il giorno successivo l’Azienda ha appellato detta sentenza, deducendo:
a.- Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Il primo giudice ha respinto l’eccezione nel rilievo che il ricorrente si duole in via immediata e diretta dell’illegittimità dell’indizione della procedura, non del mancato riscontro delle proprie istanze di mobilità. Ma il dott. G chiedeva soprattutto l’accertamento del proprio diritto al trasferimento per mobilità, ossia la domanda attiene al bene della vita “trasferimento per mobilità” e non alla selezione pubblica, pertanto rientra nella giurisdizione del giudice del lavoro.
Né può sostenersi che gli atti impugnati configurino provvedimenti di macro-organizzazione, i quali riguardano le linee fondamentali dell’organizzazione degli uffici.
b.- Erroneità della sentenza nel merito.
Disattendendo l’orientamento espresso in sede cautelare dal Consiglio di Stato circa la prevalenza della stabilizzazione sulla mobilità, il TAR non ha tenuto conto che il concorso era stato bandito ai sensi dell’art. 6, co. 2, della l.r. n. 1 del 2009, introdotto dall’art. 1 della l.r. n. 5 del 2009, il quale, in tema di stabilizzazione, prevede per il personale della dirigenza del ruolo sanitario l’indizione di “apposita selezione concorsuale con riserva fino al 50% dei posti in favore di quello con rapporto a tempo determinato …”, affermando che invece le procedure di stabilizzazione in parola hanno natura concorsuale e non risultano ragioni testuali né di ratio di tutela per distinguerle dalle procedure concorsuali di cui all’art. 30, co. 2 bis , del t.u. n. 165 del 2001. Di contro, come ha avuto modo di chiarire la direttiva 30 aprile 2007 n. 7 del Ministro per le riforme e le innovazioni nelle p.a., la mobilità ha precedenza rispetto alle sole procedure di concorso ma non rispetto alla stabilizzazione, anche in base alla ratio di quest’ultima. La stabilizzazione ha infatti finalità di valorizzare le professionalità interne all’amministrazione e sanare situazioni di precarietà, che generano incertezza e malcontento sociale, e nel contempo non è derogatoria dal principio del pubblico concorso, in quanto eccezionale e prevedente procedure selettive. Oltretutto, è previsione legislativa successiva al cit. art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Inoltre, non si comprende la ragione della precedenza in favore della mobilità, dal momento che entrambe le categorie di personale sono interne alla p.a., onde non è configurabile una priorità di status , mentre è maggiore l’esigenza di tutelare gli aspiranti alla stabilizzazione, a livello sia personale (stante la loro precarietà), sia di interesse pubblico (stante il maggior interesse della p.a. a mantenere in servizio persone già interne e con acquisita esperienza).
Né era possibile far coprire il 50% dei posti per mobilità anziché per concorso, senza pregiudizio per la stabilizzazione, poiché la riserva di legge per i precari è riferita a selezione concorsuale.
D’altra parte, la preferenza per la mobilità di cui al detto art. 30 non è assoluta, ma, come ribadito dalla circolare n. 4/2008 del Dipartimento della funzione pubblica, solo per i dipendenti provenienti da altre amministrazioni in posizione di comando o fuori ruolo, in cui non si trova il dott. G.
Infine, in passato l’Azienda ha attivato nei confronti del dott. G la procedura di mobilità, che però ha dato esito negativo ed avverso il quale il medesimo non ha proposto alcuna impugnativa.
L’appellato si è costituito in giudizio e, ricordati in sintesi i proposti motivi di ricorso, ha svolto ampie controdeduzioni.
3.- L’appello, introitato in decisione all’udienza pubblica del 23 aprile 2015, dev’essere disatteso quanto alla riproposta eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
È ben vero che la controversia in tema di diritto alla mobilità, come quella relativa al diritto allo scorrimento di una graduatoria concorsuale, non attiene alla fase della procedura di concorso ovvero al controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell'Amministrazione, la cui tutela è demandata al giudice cui spetta il controllo del potere amministrativo ai sensi dell'art. 103 Cost., ma alla connessa fase successiva relativa agli atti di gestione del rapporto di lavoro, facendosi valere appunto il "diritto all'assunzione" al di fuori dell'ambito della procedura concorsuale, donde la sussistenza della giurisdizione civile (cfr., ex multis , Cons. St., sez. III 21 maggio 2013 n. 2754). È però altrettanto vero che, ove invece l’eventuale riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di diverse procedure (quale, nella fattispecie in trattazione, il concorso) per la copertura dei posti resisi vacanti, la controversia ha in realtà ad oggetto diretto il controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell'amministrazione, a fronte della quale la situazione giuridica privata dedotta in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice amministrativo ai sensi dell'art. 63, co. 4, del d.P.R. n. 165 del 2001 (cfr. Cass. ss.uu. 6 maggio 2013 n. 10404).
4.- Nel merito l’appello è però fondato, per le ragioni di fondo già espresse da questo Consiglio di Stato in sede cautelare con l’ordinanza 28 gennaio 2010 n. 476 della sezione quinta.
4.1.- Il principio del previo esperimento delle procedure di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale, peraltro già presente nell’ordinamento, è stato specificamente posto dall’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, il cui secondo comma commina la nullità degli accordi, atti e clausole dei contratti collettivi volti ad eluderne l’applicazione, mentre il co. 2 bis (aggiunto dall'art. 5, co.1 quater , d.l. 31 gennaio 2005 n. 7, conv. con mod. dalla l. 31 marzo 2005 n. 43) prevede che “Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza”.
Non v’è dubbio che, diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione appellante, il principio in parola è applicabile non già limitatamente al personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso l’amministrazione ricevente, bensì “in via prioritaria” in favore tale personale rispetto a quello che presti ancora servizio presso altre amministrazioni.
4.2.- Tuttavia, in linea col disposto dell’art. 1, co. 519, concernente in generale la stabilizzazione, e co. 565, lett. c), n. 3, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, concernente nello specifico la verifica da parte degli enti del servizio sanitario regionale della possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già coperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo determinato nell’ambito della finalità di riduzione della spesa complessiva del relativo personale, in tema di detto personale sanitario precario con l’art. 6 della legge regionale 15 gennaio2009 n. 1 la Regione Calabria ne ha disciplinato la stabilizzazione.
In particolare, al co. 2 (come aggiunto dall’art. 1, l.r. 19 marzo 2009 n. 5, applicabile ratione temporis ) per il personale della dirigenza del ruolo sanitario ha previsto che “si procederà ad apposita selezione concorsuale con riserva fino al 50% dei posti in favore di quello con rapporto di lavoro a tempo determinato individuato …”.
Trattandosi di situazioni di fatto originate dall’utilizzo improprio del precariato per soddisfare esigenze durature, da sanare in favore di sanitari già espletanti mansioni e funzioni presso quell’ente, risulta evidente che la menzionata normativa nazionale e regionale, successiva al d.lgs. n. 165 del 2001 ed all’introduzione del co. 2 bis del cit. art. 30, nonché in rapporto di specialità rispetto a quest’ultima previsione generale, abbia inteso derogare al principio anzidetto. Ciò tenuto anche conto, in positivo, della finalità di garantire la continuità del servizio mediante risorse interne dotate di specifica esperienza, in applicazione dei canoni fondamentali di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa;e, in negativo, della sostanziale vanificazione dell’intento sanante di posizioni improprie, così finalizzato, ove la stabilizzazione dovesse ritenersi subordinata al previo esperimento della mobilità.
4.3.- In definitiva, il Collegio è dell’avviso che la detta normativa sopravvenuta abbia privilegiato la stabilizzazione rispetto alla mobilità, con conseguente irrilevanza dell’assunto del primo giudice secondo cui la procedura indetta non si distinguerebbe dalle “procedure concorsuali” alle quali fa riferimento il detto art. 30, co. 2 bis .
La norma regionale richiamata esige, infatti, che la stabilizzazione dei dirigenti sanitari a tempo determinato avvenga mediante riserva nell’ambito di un concorso pubblico, sicché proprio il concorso pubblico costituisce l’indispensabile strumento per pervenirvi.
4.4.- Nel ricorso di primo grado il dott. G formulava doglianza, non esaminata dal TAR, di irragionevolezza e sproporzionalità riferita all’indizione concorso per quattro posti di cui uno solo riservato, mentre sarebbe stato sufficiente bandirlo per la copertura di due posti, di cui uno riservato rispettando la riserva del 50%, e ricorrere alla mobilità per i restanti posti vacanti.
Al riguardo, si osserva che la medesima doglianza, ricordata sinteticamente nelle premesse (pag. 2) della memoria dall’appellato prodotta il 25 gennaio 2010, non è stata però inclusa tra i “motivi” per il quali l’appello sarebbe da ritenersi infondato (pagg. 5 – 13), ovverosia non risulta formalmente ed espressamente riproposta in sede di appello al fine di superare la presunzione di rinuncia sancita dall'art. 346 cod. proc. civ. (oggi art. 101, co. 2, cod. proc. amm.).
In ogni caso, va rilevato che la scissione nelle due diverse procedure di mobilità e concorsuale del reclutamento disposto col concorso in questione (il quale, peraltro, si colloca in un più ampio quadro in cui sono state avviate contestualmente numerose procedure concorsuali, nonché riaperte alcune pendenti ma non iniziate, al fine di consentire la stabilizzazione di tutto il personale a tempo determinato dell’Azienda e “per i principi di economicità dell’azione amministrativa e contrazione dei procedimenti amministrativi”) avrebbe comportato l’ovvio aggravio dell’attività amministrativa in termini di costi e tempi di conclusione, quando già nel 2004 l’Azienda ospedaliera attuale appellante aveva negato l’assenso alla mobilità volontaria richiesta proprio dal dott. G e da altro dirigente medico della stessa disciplina di neurologia, a seguito dell’esame dei rispettivi curricula ed all’esito del colloquio a cui i medesimi erano stati sottoposti. In altri termini, l’Azienda aveva già provveduto al previo esperimento della procedura di mobilità, sia pure nel 2004, a nulla rilevando la mancata comunicazione del relativo esito al dott. G. Quest’ultimo, del resto, non si è dato carico, prima dell’intervento della menzionata legge regionale n. 1 del 2009, di reagire nelle forme previste dall’ordinamento al silenzio serbato dall’Amministrazione sulla reiterazione dell’istanza nel 2006 e relativo sollecito del 2008.
4.5.- Infine, è chiaro che non possono aver ingresso in questa sede le ulteriori controdeduzioni svolte (queste, si, nei cennati “motivi” dell’indicata memoria) dall’appellato in ordine alla pretesa inosservanza dei presupposti individuati dalla Corte costituzionale per il ricorso alle procedure di stabilizzazione in relazione ai principi di cui agli artt. 3, 117 e 97 Cost. (sent. nn. 215 e 293 del 2009). Tali controdeduzioni, invero, non attengono ad aspetti che non avevano formato oggetto di censure in primo grado.
5.- In conclusione, per le considerazioni esposte al punto 4.2) che precede e con riferimento ai corrispondenti profili di censura svolti nel secondo motivo, l’appello dev’essere accolto. Ne deriva la riforma della sentenza appellata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.
Tuttavia, la peculiarità della vicenda consiglia la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.