Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-10, n. 202406158

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-10, n. 202406158
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406158
Data del deposito : 10 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/07/2024

N. 06158/2024REG.PROV.COLL.

N. 09861/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9861 del 2022, proposto da
-OMISSIS- S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato O C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Bergamo, via Daniele Piccinini n. 2;

contro

AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di AGCM;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024 il Cons. Marco Poppi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso iscritto al n. 11745/2021 R.R. il -OMISSIS- S.p.A. impugnava dinanzi al Tar per il Lazio la comunicazione dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM o Autorità) del 13 ottobre 2021 con la quale veniva negata l’attribuzione del -OMISSIS- ai sensi dell’art. 5, comma 7, del Regolamento dell’Autorità adottato con delibera n. -OMISSIS- (di seguito Regolamento).

Con successivi motivi aggiunti veniva impugnato l’esito del riesame, disposto dal Tar in sede cautelare, che determinava l’adozione di un provvedimento di analogo contenuto.

Il diniego veniva adottato previo accertamento di una condanna emessa dal Tribunale di Parma l’11 giugno 2000 a carico di un consigliere di amministrazione della Società per un reato (ricettazione ex art. 648 c.p.) ritenuto essere ostativo ai sensi dell’art. 25 octies del D. Lgs. n. 231/2001.

La mancata comunicazione della condanna comportava, altresì, l’applicazione dell’art. 7, comma 3, del Regolamento che inibisce la presentazione di una nuova richiesta di -OMISSIS- prima dello spirare del termine di un anno decorrente dalla cessazione della causa ostativa.

Il Tar, con sentenza n. -OMISSIS- del 5 ottobre 2022, dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo poiché superato dagli esiti del successivo riesame, e respingeva i motivi aggiunti sul rilievo che il richiamo ai reati di cui al D. Lgs. n. 231/2001 contenuto nell’art. 2, comma 2, del Regolamento dovesse intendersi come riferito ai reati contemplati dalla fonte normativa a nulla rilevando la circostanza che gli stessi vengano commessi o meno nell’interesse della Società.

La sentenza di primo grado veniva impugnata con appello depositato il 22 dicembre 2022 deducendone l’erroneità per:

I. « TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO. CONTRADDITTORIETA’ ED ILLOGICITA’ MANIFESTA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE »;

II. « OMESSO PRONUNCIAMENTO SUI MOTIVI DI RICORSO DEDOTTI NEL RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI. DIFETTO DI MOTIVAZIONE VIOLAZIONE DELL’ART. 2

COMMA

2 LETT. B DEL REGOLAMENTO RATING. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5

COMMA

2 E 28-OCTIES DEL D.LGS. 231/01. VIOLAZIONE ART. 1 C.P..VIOLAZIONE ARTT. 25 E 97 COST.. ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DI LEGGE, SVIAMENTO, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO, ILLOGICITA’ MANIFESTA, DIFETTO DI MOTIVAZIONE, CARENZA DI ISTRUTTORIA, VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITA’ E CORRETTA AMMINISTRAZIONE
»;

III. « VIOLAZIONE DELL’ART. 7

COMMA

3 DEL REGOLAMENTO RATING. VIOLAZIONE ARTT. 41 E 97 COST. ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DI LEGGE, SVIAMENTO, ILLOGICITA’ MANIFESTA, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO, DIFETTO DI MOTIVAZIONE, CARENZA DI ISTRUTTORIA, VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITA’ E CORRETTA AMMINISTRAZIONE
».

AGCM si costituiva in giudizio il 9 gennaio 2023 sviluppando le proprie difese con memoria del giorno successivo con la quale affermava la legittimità del proprio operato e la correttezza dell’impugnata sentenza.

All’esito della camera di consiglio del 12 gennaio 2023, con ordinanza n. 107/2023, veniva respinta l’istanza di sospensione.

L’appellante e AGCM e con memorie depositate, rispettivamente, il 24 aprile e il 23 maggio 2024 ribadivano le tesi già esposte nei precedenti scritti difensivi.

All’esito della pubblica udienza del 13 giugno 2024, la causa veniva decisa.

Con il primo motivo l’appellante deduce la contraddittorietà della sentenza di primo grado con il precedente esito cautelare con il quale veniva concessa la sospensione del provvedimento ai fini del riesame.

Il motivo è infondato.

La giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che « non è configurabile il vizio di contraddittorietà della sentenza che respinga un ricorso, quando in precedenza sia stata emanata una ordinanza di accoglimento della domanda cautelare;
l'ordinanza è resa sulla base di un esame tipico della fase cautelare e non incide in alcun modo sull'ambito dei poteri di decisione del ricorso
» (Cons. Stato, Sez. III, 2 agosto 2016, n. 3506)

Nel caso di specie, inoltre, non può non rilevarsi che la pronuncia cautelare e la sentenza venivano rese con riferimento a provvedimenti diversi: la sospensiva, infatti, veniva concessa relativamente al provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo mentre la sentenza annullava il provvedimento di riesame espressione di una nuova volizione dell’Autorità.

Con il secondo motivo l’appellante, premesso che il giudice di prime cure sarebbe incorso in un abbaglio ponendo a fondamento della propria decisione un precedente della Sezione ritenuto essere inconferente (n. 13470/2021), deduce che l’errore avrebbe determinato il mancato scrutinio della censura formulata in primo grado afferente l’inconciliabilità dell’interpretazione dell’art. 2, comma 2 lett. b), del Regolamento -OMISSIS- con l’art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 231/2001 e con l’art. 2, commi 4 e 5, della stessa fonte regolamentare (questione solo anticipata con il precedente capo d’impugnazione).

Evidenziato che la condanna riportata dal consigliere di amministrazione era estranea all’attività aziendale (illecito acquisto on line di farmaci), l’appellante espone che la norma primaria invocata escluderebbe la responsabilità dell’ente « se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi ».

Allega ulteriormente che il comma 4 dell’art. 2 della fonte regolamentare dispone che « dopo cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza o del provvedimento di condanna, il -OMISSIS- potrà essere rilasciato se: … b) nei confronti dell’impresa non sono state emesse sentenze di condanna, sentenze di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, e adottate misure cautelari di cui al comma 2, lettera c) del presente articolo e ricorrono gli ulteriori requisiti richiesti. L’impresa deve inoltre dimostrare la totale dissociazione dell’attuale struttura rispetto ai reati accertati in via definitiva ».

Il successivo comma 5, dispone che « in deroga a quanto previsto dal comma 2, lettera a), b) e c) il -OMISSIS- potrà essere rilasciato se: … e) l’impresa dimostra che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta posta in essere rispetto ai reati ostativi al rilascio del -OMISSIS- tenuta dai soggetti di cui al comma 2, lettere a) e b), cessati dalle cariche nell’anno precedente la richiesta del -OMISSIS- ».

Evidenzia l’appellante che le norme richiamate, prevedendo la possibilità dell’impresa di dissociarsi dalla condotta del management , presupporrebbero la riferibilità della condotta sanzionata in capo al dipendente all’attività sociale non essendo oggettivamente possibile, con riferimento al caso di specie, dissociarsi dall’illecito acquisto di farmaci anti obesità effettuato sul web dal proprio consigliere di amministrazione.

La sentenza sarebbe pertanto erronea nella parte in cui afferma che « correttamente, dunque, l’Autorità ha ritenuto che il fatto che il consigliere di amministrazione avesse riportato una condanna, seppure non riguardante l’attività svolta nell’interesse della società, non facesse venir meno il carattere ostativo della condanna rispetto al rilascio del -OMISSIS- ».

Il motivo è infondato.

Decisivo a tal riguardo è il tenore del rinvio operato dall’art. 2, comma 2, del Regolamento alla fonte primaria che inibisce il rilascio del -OMISSIS- qualora, a carico degli « amministratori, dell’institore, del direttore generale, del direttore tecnico, dei procuratori muniti di poteri decisionali e gestionali, ricavabili dalla procura e assimilabili a quelli degli amministratori dotati di poteri di rappresentanza o con delega … » dell’impresa sia stata pronunciata « sentenza di condanna, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231» conferendo in tal modo rilievo escludente a tutte le fattispecie ivi indicate fra le quali, ai sensi dell’art. 25 octies, i delitti di «-OMISSIS- ».

Il rilievo che la disciplina illustrata conferisce alle condanne riportate, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, prescinde dall’assenza di una responsabilità dell’Ente.

Il chiaro dato letterale della disposizione vincola pertanto l’amministrazione all’adozione del diniego contestato privando di rilievo l’ulteriore questione introdotta in giudizio e riferita alla dedotta incompatibilità di tale opzione ermeneutica con le disposizioni regolamentari in tema di dissociazione dell’ente dalle condotte dei propri rappresentanti.

Contrariamene a quanto dedotto in appello, il mancato scrutinio di detto profilo da parte del Tar non integra un’omissione del giudice di prime cure posto che la questione è priva di rilievo ai fini della verifica di legittimità del diniego di -OMISSIS- rilevando, semmai, ai fini della valutazione della successiva condotta dell’impresa: profilo estraneo alla presente fattispecie nella quale il diniego di -OMISSIS- non si fonda sulla mancata assunzione di condotte dissociative ma sull’esistenza di una condanna ostativa a carico di un rappresentante della Società.

Priva di pregio è, infine la dedotta inconferenza del precedente richiamato dal Tar.

L’appellante allega che nella fattispecie in detta sede esaminata (sentenza n. 13470/2021) il rappresentante della Società riportava una condanna per -OMISSIS- per violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art, 589, comma 2, c.p.), ovvero, in relazione ad una condotta suscettibile di riflettersi sul profilo professionale del condannato.

A tacere del fatto che anche la condanna da ultimo richiamata veniva riportata in relazione ad una fattispecie cui era totalmente estranea l’impresa destinataria del diniego, non può che rilevarsi come la natura premiale del -OMISSIS- esprima un giudizio di meritevolezza che non può che essere negato in presenza di una condanna che, ancorché riportata in relazione a condotte estranee all’esercizio dell’attività dell’impresa richiedente il titolo, impatta sull’immagine e sulla percezione di affidabilità della stessa.

Con il terzo motivo l’appellante contesta la sentenza nella parte in cui afferma che « anche la determinazione relativa all’applicazione dell’art. 7 del Regolamento citato è stata assunta correttamente, in quanto ancorata all’omissione dichiarativa in merito alla condanna riportata » evidenziando che « nel formulario della richiesta di attribuzione del -OMISSIS-, infatti, la ricorrente non ha provveduto a comunicare la condanna a carico del consigliere, condanna che avrebbe dovuto essere conosciuta o quanto meno conoscibile dall’ente in base all’ordinaria diligenza ».

Riaffermata l’irrilevanza della condanna ai fini dell’attribuzione del -OMISSIS- , l’appellante deduce che l’estraneità della condotta sanzionata all’attività sociale renderebbe illegittima l’applicazione della disposizione regolamentare che pone il divieto di presentazione di una nuova domanda prima di un anno dalla cessazione di tale motivo ostativo.

Il motivo è infondato.

La censura si fonda sul già smentito presupposto che la condanna riportata sia ininfluente ai fini del rilascio del -OMISSIS- .

Ne deriva che, una volta accertata la portata escludente della condanna riportata, nonché la violazione dell’obbligo di comunicarla, non può che trovare applicazione la preclusione di cui all’art. 7, comma 3, laddove prevede che « la mancata comunicazione di un evento che abbia comportato l’insorgere di un motivo ostativo all’attribuzione/mantenimento del -OMISSIS- comporta altresì il divieto di presentazione di una nuova domanda prima di un anno dalla cessazione di tale motivo ostativo, come stabilita dallo stesso Regolamento ».

Per quanto precede l’appello deve essere respinto.

La peculiarità della fattispecie consente tuttavia di procedere alla compensazione delle spese del presente grado di giudizio fra le parti.

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