Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-11-06, n. 200906943
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N. 06943/2009 REG.DEC.
N. 07175/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 7175 del 2009, proposto dal:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro “pro tempore”, dalla COMMISSIONE PER GLI ESAMI DI AVVOCATO – SESSIONE 2007/2008 – PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI BARI e dalla COMMISSIONE PER GLI ESAMI DI AVVOCATO – SESSIONE 2007/2008 – PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI MILANO, in persona dei rispettivi Presidenti “pro tempore”, rappresentati e difesi “ope legis” dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,
contro
F C non costituito;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 01474/2009, resa tra le parti, concernente MANCATA AMMISSIONE PROVE ORALI ESAMI ABILITAZIONE AVVOCATO - SESSIONE 2007/2008 (MCP).
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 26 ult.comma della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dall’art.9 della legge 21 luglio 2000, n. 205;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2009 il dott. Sandro Aureli e udito l’ avv. dello Stato Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il Ministero della Giustizia e le Commissioni per gli Esami di Avvocato per la Sessione 2007/2008 presso le Corti d’Appello di Bari e Milano hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Puglia ha accolto il ricorso proposto dal dott. F C avverso gli atti con i quali lo stesso è stato escluso dalle prove orali dell’esame predetto, e per l’effetto ha ordinato la rinnovazione della correzione delle prove scritte.
A sostegno dell’appello, le Amministrazioni appellanti hanno dedotto:
1) l’erronea applicazione dell’art. 23, comma 3, del regio decreto 22 gennaio 1934, nr. 37;
2) l’erronea valorizzazione dei criteri preliminarmente stabiliti dai Presidenti titolari e supplenti delle sottocommissioni.
Alla camera di consiglio del 18 settembre 2009, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, il Collegio, rilevata l’integrità del contraddittorio, si è riservato di decidere con sentenza di merito ai sensi dell’art. 9 della legge 21 luglio 2000, nr. 205, avvertendo di ciò le parti presenti.
L’appello è manifestamente fondato, per le ragioni di seguito esposte.
Ed invero, il dott. F C ha impugnato gli atti relativi alla valutazione delle prove scritte da lui sostenute nell’ambito dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato, sulla scorta dei quali egli risulta aver riportato un punteggio complessivo inferiore a quello di 90 punti necessario per l’ammissione alle prove orali.
Il primo giudice, nell’accogliere il ricorso, ha ritenuto che lo stesso non riguarderebbe la “solita questione” della sufficienza o meno del voto numerico ai fini della manifestazione del giudizio espresso dalla Commissione sulle prove di esame (questione in ordine alla quale è noto e consolidato l’orientamento di questa Sezione nel senso dell’idoneità e sufficienza del solo punteggio numerico), bensì la fase della correzione degli elaborati, logicamente e cronologicamente anteriore a quella dell’espressione dei giudizi.
In altri termini, fermo restando il ricordato orientamento circa la sufficienza del voto numerico, nel caso di specie i vizi lamentati in ricorso si sarebbero verificati nella fase di correzione delle prove, concretandosi in una omessa o incompleta documentazione delle operazioni di verifica, tale da rendere non intelligibili i successivi giudizi.
Al riguardo, questa Sezione rileva che l’art. 23 del regio decreto 22 gennaio 1934, nr. 37, sulla cui base si fonda l’argomentazione del giudice di primo grado, se anche consente di scindere logicamente la fase della correzione degli elaborati da quella dell’espressione del giudizio, non autorizza in alcun modo a ritenere che ciascuna sottocommissione sia tenuta, nella precedente attività di verbalizzazione delle operazioni di verifica e correzione, a indicare eventuali errori, inesattezze o carenze dell’elaborato, al fine di “illuminare” il candidato sulle ragioni dell’insufficienza riportata.
Infatti, la norma innanzi citata si limita a disciplinare le modalità di trasmissione e consegna al Presidente della Corte d’Appello dei verbali relativi alle operazioni di correzione svolte dalle sottocommissioni, senza nulla precisare in ordine alle modalità di confezionamento e al contenuto di detti verbali.
Pertanto, non può che ribadirsi l’orientamento della Sezione in ordine alla non necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, di apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo, non avendo detti verbali la finalità di rendere edotti i candidati degli eventuali errori commessi, ma unicamente di dar conto del giudizio espresso attraverso il punteggio numerico (cfr., “ex plurimis”, Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, nr. 3991;id. 12 maggio 2008, nr. 2190);del pari, va ribadito che l’unico atto attraverso il quale la Commissione esterna le valutazioni compiute sulle prove d’esame è costituito dal voto numerico, senza che possa ritenersi doverosa alcuna preliminare operazione di verbalizzazione o di documentazione idonea a chiarirne il significato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2008, nr. 2293).
Né tali conclusioni possono mutare per il fatto che la Commissione, prima di iniziare le operazioni di correzione, avesse formalmente deliberato di recepire i criteri enunciati dalla Commissione presso il Ministero della Giustizia per l’esame di Avvocato nel verbale n.2 del 20 dicembre 2007, (fra i quali vi era il suggerimento di indicare con segni grafici le parti degli elaborati scritti non conformi ai criteri di legge) e che deve pur sempre essere inteso in coerenza con le disposizioni normative superiori citate : infatti, tali criteri non possono che considerarsi alla stregua di mere raccomandazioni, inidonee – ancorché formalmente “recepite” dalla Commissione – a vincolarne l’attività.
Ed invero nel procedimento che emerge dalla citata norma (art.23 R.D.) l’invito rivolto alla Commissione insediata presso la Corte d’Appello ad indicare con un segno grafico sull’elaborato “il punto o i punti …..ritenuti non conformi ai criteri direttivi” appare avere la funzione di ausiliare una eventuale verifica circa l’applicazione omogenea dei criteri dettati per la valutazione degli elaborati, senza tuttavia che l’assenza dei detti segni, da un lato, valga ad impedire la verifica stessa , e dall’altro, consenta di enucleare una illegittimità per violazione dei criteri, ovvero per la loro diseguale applicazione.
S’impone, pertanto, in accoglimento dell’appello, l’integrale reiezione del ricorso di primo grado.
La peculiarità e la relativa novità delle questioni affrontate giustificano l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.