Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-07, n. 202301350

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-07, n. 202301350
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301350
Data del deposito : 7 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2023

N. 01350/2023REG.PROV.COLL.

N. 05683/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5683 del 2022, proposto da:
-OISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato G P M, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero della Giustizia, non costituito in giudizio;

nei confronti

-OISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia e Sebastiana Dore, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per-OISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura e di -OISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. M A P F;

Estensore il Cons. L M;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2022, l’avvocato G P M, l’avvocato Angelo Clarizia e l’avvocato dello Stato Antonio Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera del -OISSIS- il Consiglio Superiore della Magistratura proponeva la nomina del dott. -OISSIS- a Presidente del Tribunale di Roma, previo conferimento delle funzioni direttive giudicanti elevate di primo grado, all’esito di una procedura comparativa alla quale partecipavano diversi magistrati ordinari, tra i quali anche l’appellante.

Quest’ultima, con ricorso notificato il 14 luglio 2021 e depositato il successivo 21 luglio, impugnava la predetta delibera dinanzi al TAR -OISSIS-lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi.

1) Violazione degli artt.18, 25, 26 e 29 del testo unico sulla dirigenza giudiziaria (circolare 14858 del 28 luglio 2015), eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria, inversione dell’ordine di priorità degli indicatori: il CSM avrebbe illegittimamente privilegiato in favore del candidato nominato, in virtù di insufficienti argomentazioni sul piano motivazionale, gli indicatori generali rispetto a quelli specifici, così invertendo l’ordine di priorità degli stessi sancito nella richiamata circolare, secondo quanto ivi previsto, in particolare, dall’art. 18 per gli uffici direttivi di primo grado di grandi dimensioni, quale deve ritenersi il Tribunale di Roma.

2) Violazione degli artt. 18, 25, 26 e 29 del testo unico sulla dirigenza giudiziaria, sotto ulteriore profilo, eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria: il CSM, dopo avere riconosciuto la prevalenza del profilo dell’odierna appellante con riguardo all’indicatore di cui all’ art.18, lett. a), della circolare sulla dirigenza giudiziaria, avrebbe ritenuto equivalente la posizione del candidato nominato in relazione agli altri due indicatori specifici di cui all’art. 18 lett. b), c) e d) della richiamata circolare, ossia in relazione alle capacità relazionali all’interno dell’ufficio ed ai rapporti con le autorità ed enti esterni nonché in relazione alla formazione dirigenziale.

Osserva l’appellante che, in realtà: nella parte descrittiva del profilo del controinteressato, come anche in quella comparativa, non sarebbero state indicate in modo alcuno le specifiche attività di formazione nelle scienze dell’organizzazione e nelle competenze dirigenziali maturate (per l’indicatore specifico di cui alla lett. d);
all’appellante non sarebbe stata valutata la frequenza sia del corso tenutosi a Roma dal 19 al 21 ottobre 2009 dal titolo “ Strumenti per i capi degli uffici: la comunicazione, la valutazione delle prestazioni, governare le interdipendenze organizzative ”, sia del corso per dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti e requirenti organizzato dal CSM dal 4 al 6 giugno 2014;
inoltre, nella parte descrittiva del profilo del controinteressato si evidenzierebbero (in relazione all’indicatore specifico di cui alla lett. b) attività non comprovanti le vantate capacità relazionali all’interno dell’Ufficio, le quali sarebbero, comunque, di minor rilievo rispetto a quelle possedute e dimostrate dall’appellante nell’ambito della propria carriera

3) Violazione dell’art. 12 comma 10 D.Lgs. n. 160/2006 e degli artt. 6, 11, 9 e 12 del testo unico, eccesso di potere per errore di fatto, motivazione apparente e difetto di istruttoria: il CSM avrebbe erroneamente ritenuto equivalente, in relazione alla comparazione delle esperienze e delle conoscenze ordinamentali (di cui all’art. 6, lett. e), nonchè all’art. 11, comma 1, della richiamata circolare), l’esperienza maturata dal magistrato nominato nell’ambito dell’attività espletata in diverse sedute del Consiglio giudiziario di Roma e della relativa Sezione autonoma per i Giudici onorari di pace nella qualità di sostituto incaricato “ su delega del Presidente della Corte d’Appello di Roma e del Presidente f.f. ”, rispetto a quella maturata dall’appellante per la durata di 4 anni, in qualità di componente effettivo del Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Catanzaro.

Inoltre, non sarebbero state valutate in favore dell’appellante: né le deleghe organizzative disposte, prima, dal Presidente del Tribunale di Vibo Valentia per la risoluzione dei problemi organizzativi dell’ufficio unico ex art. 37 D.Lgs. n. 51/1998 e, poi, dal Presidente del Tribunale di Crotone per la gestione diretta del personale amministrativo della sezione;
né l’attività formativa di cui all’art. 18 lett. d) della circolare citata, con riguardo al corso già menzionato dal titolo “ Strumenti per i capi degli uffici: la comunicazione, la valutazione delle prestazioni, governare le interdipendenze organizzative ” ed al corso per dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti e requirenti organizzato dal CSM dal 4 al 6 giugno 2014.

4) Violazione degli artt. 6, 9, 12, 18, 25, 26 e 29 del testo unico, eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria: in relazione alla valutazione delle attitudini, il Plenum erroneamente avrebbe ritenuto prevalente il profilo del controinteressato, poi nominato in ragione delle esperienze di collaborazione maturate (nella qualità di magistrato addetto alla Segreteria Generale del Tribunale di Roma ed alla Segreteria Generale della Corte d’appello di Roma, nonché, in posizione di fuori ruolo, presso il Ministero della Giustizia) a completamento dell’attuale incarico semidirettivo ricoperto, valutandole in forma integrata rispetto all’indicatore specifico di cui all’art. 18 lett. a) della richiamata circolare, così illegittimamente invertendo, con una decisione censurabile sul piano anche della logicità motivazionale, la gerarchia degli indicatori sancita dalla circolare stessa per l’affidamento dell’incarico direttivo dei grandi uffici giudiziari.

Si opponevano all’accoglimento del ricorso il Consiglio Superiore della Magistratura con il Ministero della giustizia e il controinteressato.

Con motivi aggiunti l’appellante impugnava anche il DPR del 14 maggio 2021 con il quale è stata decretata la nomina del controinteressato a Presidente del Tribunale di Roma, chiedendone l’annullamento per invalidità derivata, in ragione dei vizi dedotti avverso la delibera del CSM, impugnata con il ricorso introduttivo.

Con sentenza n. -OISSIS-, il Tribunale Amministrativo Regionale per il -OISSIS-, rigettava i proposti ricorsi, compensando le spese processuali, per le argomentazioni di seguito sintetizzate.

1) Gli atti impugnati non hanno violato o alterato il rapporto tra l’indicatore specifico delle funzioni direttive e semidirettive, di cui all’art. 18 lett. a) della circolare n. 14858 del 28 luglio 2015 concernente gli uffici di grandi dimensioni, e gli indicatori generali inerenti all’attitudine direttiva ed al merito dei candidati in concorso desumibili dalle pregresse esperienze professionali.

La motivazione risulta esente da qualsivoglia vizio di illogicità, contraddittorietà o abnormità, anche a voler ritenere la prevalenza degli indicatori come opinato dalla ricorrente, essendo state adeguatamente considerate le posizioni di entrambi i candidati ed essendo stata espressa preferenza per il controinteressato in ragione dell’esperienza maturata nella qualità di magistrato addetto alla Segretaria generale del Tribunale di Roma, prima, e della Corte d’appello di Roma, poi, rispettivamente per 11 e per oltre 16 anni a fronte, invece, dell’incarico direttivo ricoperto dall’appellante, pur sempre in uffici di piccole dimensioni quali il Tribunale di Crotone, prima, e il Tribunale di Cosenza, poi.

2) Con riguardo agli indicatori previsti dall’art. 18 lett. a) e b), risulta adeguata la motivazione adottata in relazione sia alla formazione professionale del controinteressato (documentata dalla partecipazione a numerosi corsi organizzati dal CSM, dalla Scuola superiore della Magistratura e della Scuola superiore della Pubblica amministrazione), sia alla capacità relazionale interna all’ufficio, desumibile dalle attività delegate dal Presidente del Tribunale e poi svolte nella qualità di Presidente di Sezione della Corte d’appello, nonché dalle periodiche organizzazioni di riunioni con i magistrati ai sensi dell’art. 47 quater RD n. 12/1941.

3) Il CSM ha adeguatamente valutato l’attività espletata dall’appellante quale membro effettivo del Consiglio giudiziario del Distretto di Corte d’appello di Catanzaro e quella, in funzione di supplente del Presidente, espletata dal magistrato poi nominato nell’ambito del Consiglio giudiziario del Distretto di Corte d’appello di Roma per nove riunioni, non potendo, quindi, il controinteressato ritenersi del tutto estraneo a siffatta esperienza ed essendo stato, comunque, precisato che la preferenza accordata scaturisce da una valutazione complessiva dei profili dei due magistrati a confronto sul piano, in particolare, degli indicatori di cui agli artt. 18 lett. a), 9 e 13 della richiamata circolare.

4) Con riguardo, poi, al criterio attitudinale generico di cui all’art. 13 della circolare in questione, il CSM ha adeguatamente rivalutato l’esperienza del controinteressato maturata fuori ruolo presso il Ministero della giustizia, con particolare riferimento al periodo in cui ha ricoperto l’incarico di direttore reggente dell’ufficio VIII (edilizia penitenziaria) in ragione dell’approfondita conoscenza della normativa in tema di contabilità di Stato, contrattualistica della Pubblica amministrazione e dell’ordinamento penitenziario, acquisita in quella sede e ritenuta rilevante anche per il posto messo a concorso.

5) Non è, infine, illegittima la preferenza accordata all’esperienza maturata dal controinteressato nello stesso ufficio di grandi dimensioni in cui è incardinato il posto da conferire, poiché coerente con il criterio dell’attitudine direttiva di cui all’art. 12 comma 12, D.Lgs. n. 160/2006 ed anche con la richiamata circolare nella parte in cui, all’art. 18, prevede indicatori specifici separati per gli uffici di grandi dimensioni rispetto a quelli riguardanti gli uffici di piccole dimensioni.

L’appellante ha impugnato la predetta sentenza riproponendo le censure formulate in primo grado.

Si sono costituiti nel presente grado di giudizio il Consiglio Superiore della Magistratura e il controinteressato, chiedendo la reiezione dell’appello e la conseguente conferma della sentenza impugnata.

In vista della trattazione del ricorso le parti hanno depositato memorie conclusive;
l’appellante ha replicato con memoria depositata in data 28 ottobre 2022.

All’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2022, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Deve, preliminarmente, procedersi all’esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’appellato controinteressato per violazione dei limiti al sindacato del giudice amministrativo, poiché le proposte censure formulate dall’appellante avverso la sentenza impugnata implicherebbero non consentite valutazioni giurisdizionali in ordine al merito delle scelte compiute dal Consiglio Superiore della Magistratura.

1.1. Osserva il Collegio che, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, il CSM, in quanto organo di rilievo costituzionale al quale soltanto spettano le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, nonché le promozioni ed i provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati (ex art. 105 cost.) per garanzia dell’indipendenza dell’ordine giudiziario, gode, nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, di un ampio e riservato apprezzamento, come tale, sindacabile in sede di legittimità soltanto se inficiato da irragionevolezza, omissione o travisamento dei fatti, arbitrarietà o difetto di motivazione (in tal senso: Cons. Stato, Sez. V, 5 febbraio 2021, n. 1077;
id., 9 gennaio 2020, n. 192;
id., 27 giugno 2018, n. 3944;
id., 11 dicembre 2017, n. 5828;
id., 16 ottobre 2017, n. 4786), essendo preclusa al giudice amministrativo qualsivoglia valutazione di merito sull’opportunità o sulla convenienza dell’atto dell’organo di governo autonomo.

Tuttavia, tale ampia discrezionalità non limita il sindacato del giudice amministrativo soltanto alla valutazione compiuta dal CSM sugli elementi di fatto considerati, essendo possibile, in ossequio ai principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (art. 1 c.p.a.), un giudizio più ampio che si traduca nella puntuale ed effettiva verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti di fatto costituenti il quadro conoscitivo posto a base della valutazione, della coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, della logicità della valutazione, dell’effettività della comparazione tra i candidati, e dunque, in definitiva, della sufficienza e logicità della motivazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 2018, n. 3716;
id., 11 febbraio 2016, n. 607).

Occorre, altresì, precisare, in termini generali, che il conferimento degli uffici direttivi da parte del CSM, disciplinato dal D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160 (“ Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della l. 25 luglio 2005, n. 150 ”), prefigura e definisce un quadro per la valutazione dell' attitudine direttiva (art. 12, commi 10, 11 e 12) in base alla tipologia dell’incarico da conferire (funzioni semidirettive e direttive di merito: art. 12, comma 10;
funzioni direttive di legittimità, art. 12, comma 11), i cui indicatori oggettivi sono individuati dal CSM d’intesa con il Ministro della giustizia (art. 11, comma 3, lett. d), seconda parte).

Ad integrare la disciplina di riferimento, al fine di una più dettagliata attuazione, concorre, inoltre, il testo unico sulla dirigenza giudiziaria adottato dal CSM con la circolare n. P-14858-2015, approvata con deliberazione del 28 luglio 2015 che, sostituendo la previgente circolare n. P. 19244 del 3 agosto 2010, delibera del 30 luglio 2010, mette a punto un articolato sistema di indicatori generali (artt. 6-13) e di indicatori specifici delle attitudini direttive (artt. 14-23), parametrati ai diversi incarichi oggetto di conferimento.

Sul punto occorre precisare che, per consolidata giurisprudenza, il testo unico sulla dirigenza giudiziaria non è un atto normativo di natura regolamentare, in quanto non contraddistinto da un’espressa legittimazione legislativa a disciplinare la materia anche in quanto incidente su questioni, comunque, rientranti in una materia sottoposta alla riserva di legge (art. 108, primo comma, cost.). Esso costituisce, invece, un atto amministrativo generale di autovincolo, del quale il CSM ha avvertito l’esigenza in funzione integrativa o suppletiva dei principi specifici espressi dalla legge al fine di meglio indirizzare la propria attività discrezionale (cfr. fra le più recenti, ex plurimis : Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2020, n. 3213;
id. 19 maggio 2020, n. 3171;
id. 14 maggio 2020, n. 3047;
id. 28 febbraio 2020, nn. 1448 e 1450;
id. 7 febbraio 2020, n. 976;
id. 22 gennaio 2020, n. 524;
id. 9 gennaio 2020, nn. 192 e 195;
id. 2 agosto 2019, n. 5492;
id. 17 gennaio 2018, n. 271).

Pertanto, il testo unico non contempla regole di diritto, limitandosi ad elencare criteri di regolamentazione propedeutici ad assicurare un futuro e coerente esercizio della discrezionalità valutativa dell'organo di autogoverno, nella consapevolezza che un’eventuale inosservanza degli stessi può tradursi soltanto in un indice sintomatico di uso distorto di quel potere valutativo.

Qualora, dunque, si configuri un ipotetico contrasto con il testo unico, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo deve vagliare se in concreto siano stati adeguatamente dimostrati esistenti i presupposti per derogarvi. Al tempo stesso, ove si rilevi che una previsione del testo unico si ponga in contrasto con la legge, va senz'altro disapplicata, quand’anche non espressamente impugnata (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3213).

Così descritto il quadro di riferimento, può, dunque, ritenersi che assuma rilevanza dirimente la motivazione sulle attitudini e i relativi indicatori posseduti dai candidati, dovendo il Plenum dar conto delle ragioni che giustificano una valutazione di maggiore capacità professionale e conducono a preferire un candidato rispetto ad altri.

Poiché l’appellante ritiene non corretta la sentenza appellata nella parte in cui ha disatteso le censure di illogicità e incoerenza della motivazione dell’impugnata delibera, l’eccezione di inammissibilità sollevata dal controinteressato è destituita di fondamento, non essendo richiesto, o implicitamente necessario, alcun sindacato di merito sull’opportunità o sulla convenienza della decisione assunta dal CSM.

L’appello deve, quindi, essere esaminato nel merito.

2. Con il primo motivo l’appellante, in sostanza, lamenta la violazione dell’ordine “gerarchico” degli indicatori stabiliti nella richiamata circolare e il difetto di adeguata motivazione della decisione impugnata.

Censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha condiviso la lamentata violazione dell’indicatore specifico di cui all’art. 18 lett. a) del TU sulla dirigenza giudiziaria, ritenendo non illogico il giudizio di prevalenza accordato sulla base degli indicatori generali.

Il TAR non avrebbe adeguatamente valutato i differenti poteri e le connesse responsabilità di un Presidente di Tribunale rispetto alle singole funzioni delegate ad un determinato magistrato, al punto da giustificare l’illogica decisione del CSM di privilegiare l’esperienza di collaborazione del controinteressato rispetto all’esperienza direttiva e semidirettiva maturata dall’appellante per circa 23 anni.

Inoltre, il giudice di primo grado e, prima ancora, la delibera impugnata non avrebbero considerato il profilo dei “risultati conseguiti” dal controinteressato dei quali l’art. 9 del testo unico prevede si debba tenere conto per la valutazione dell’attività svolta sulla base di deleghe organizzative.

L’appellante osserva che il delegato non è titolare di compiti autonomi di direzione dell’Ufficio in seno al quale è assegnato, ma svolge una più settoriale attività, nei limiti delle deleghe ricevute, rispondendo e dando conto dei risultati al dirigente.

La figura del delegato sarebbe comunque sotto-ordinata a quella del dirigente delegante e le sue attribuzioni, traendo causa ed origine da un provvedimento delegatorio, sono esercitate nella sola area a cui attiene la delega che è suscettibile di revoca da parte del dirigente.

Le funzioni delegate, pertanto, non sarebbero comparabili a quelle direttive essendo totalmente estranee ai parametri di cui all’art. 7 del testo unico, ovvero l’organizzazione dell’ufficio, la strutturazione tabellare, le interlocuzioni con gli uffici giudiziari, con il Consiglio dell’ordine, le responsabilità connesse alla manutenzione degli uffici, la risoluzione delle problematiche delle Cancellerie, la sicurezza dei plessi giudiziari, i programmi di gestione e, infine, la redazione dei rapporti sui magistrati.

2.1. Il controinteressato appellato contesta la fondatezza di tali censure perché: a) il mancato svolgimento di funzioni direttive non costituirebbe un aspetto dirimente;
b) la comparazione non sarebbe vincolata al rispetto di criteri di valutazione gerarchicamente ordinati, essendo, invece, il risultato di un giudizio integrato dagli indicatori specifici e generali;
c) le attitudini direttive dovrebbero essere valutate con riferimento al caso concreto e, quindi, in ragione delle peculiari esigenze funzionali dell’Ufficio oggetto della procedura concorsuale, con conseguente contestualizzazione dell’incarico da conferire;
d) la valutazione delle differenze strutturali e dimensionali degli Uffici presso i quali i candidati hanno prestato servizio, così come la valutazione delle esigenze gestionali ed organizzative dell’Ufficio da ricoprire, sarebbe riservata al CSM e, qualora motivata senza vizi di illogicità o irragionevolezza, non sarebbe sindacabile da parte del giudice amministrativo;
e) la motivazione della delibera impugnata e la decisione del giudice di primo grado non sarebbero erronee, avendo entrambe adeguatamente considerato il percorso professionale dei candidati in causa, all’esito di una ponderata valutazione integrata di tutti gli indicatori rilevanti previsti dalla circolare.

2.2. Il CSM sul punto osserva che la procedura di selezione dei dirigenti di sedi giudiziarie non implica né l’attribuzione di punteggi, né la redazione di graduatorie, essendo contraddistinta da un metodo di valutazione dei candidati in ragione dei predeterminati criteri, all’esito di un giudizio complessivo ed integrato dei vari indicatori attitudinali generali e specifici, da parametrare alle peculiarità dell’Ufficio da ricoprire.

2.3. Osserva il Collegio che la tesi dell’appellante, secondo cui sussisterebbe un vero e proprio rapporto gerarchico tra gli indicatori previsti dal testo unico, la cui violazione produrrebbe l’illegittimità della delibera impugnata, non può essere condivisa.

Come ricordato dal TAR, gli indicatori specifici si limitano a fornire all’organo di autogoverno dei criteri che orientano l’esercizio della discrezionalità;
pertanto se è vero che la ricorrenza degli indicatori specifici in capo ad un candidato concorrerà ad integrare la motivazione di attribuzione al medesimo dell’incarico dirigenziale, ciò non precluderà al candidato che ne sia privo il conseguimento della nomina.

In tal caso, tuttavia, si richiede, quanto al provvedimento di nomina, un onere motivazionale più intenso, volto a evidenziare, attraverso un puntuale esame del profilo curriculare, la maggiore “attitudine generale” o il particolare “merito” del candidato prescelto (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 28 marzo 2022, n. 2257;
id., Sez. V, 16 ottobre 2017, n. 4786).

Non è superfluo ricordare che, ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. n. 160/2006, « il giudizio attitudinale è formulato in maniera complessiva e unitaria, frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori ». Nell’ambito di tale valutazione, “speciale rilievo” è attribuito agli indicatori specifici, mentre gli indicatori generali sono utilizzati quali “ulteriori elementi costitutivi del giudizio attitudinale”.

2.3.1. Osserva il Collegio che, tenendo fermo lo sfondo imprescindibile che la valutazione è “complessiva”, da tale “speciale rilievo” degli indicatori specifici non è dato inferire una preminenza “gerarchica” di tali indicatori rispetto a quelli generali, come opina la parte appellante.

La suddetta locuzione implica che non se ne possa pretermettere la valutazione e il relativo peso, ma non significa che senz’altro debbano contrassegnare la prevalenza del candidato che ne è in possesso sugli altri.

È stato, infatti, affermato che lo “speciale rilievo” attribuito agli indicatori specifici ex art. 26, comma 3, del testo unico va inteso « nel senso, evidenziato dalla relazione illustrativa del T.U., che 'gli elementi e le circostanze sottese agli indicatori specifici, proprio per la loro più marcata attinenza al profilo professionale richiesto per il posto da ricoprire, abbiano un adeguato spazio valutativo e una rafforzata funzione selettiva', in ordine alle caratteristiche dell'incarico da conferire. Pertanto, laddove un candidato possa in concreto vantare indicatori specifici, questo 'speciale rilievo' che va ad essi dato implica che non se ne possa pretermettere la valutazione e il peso. Il che, se non significa che senz'altro debbano contrassegnare la prevalenza di quel candidato su altri candidati, impone nondimeno l'onere di una particolare ed adeguata motivazione, nella valutazione complessiva, nell'ipotetica preferenza per un candidato che ne sia privo (o sia in possesso di indicatori specifici meno significativi): per modo che ne sia evidenziata e giustificata, attraverso il puntuale esame curriculare, la maggiore 'attitudine generale' o il particolare 'merito' » (Cons. Stato, Sez. V, 31 agosto 2021, n. 6127;
cfr. anche id., 4 agosto 2021, n. 5475;
id. 29 marzo 2021, n. 2647;
id. 20 ottobre 2020, n. 6328;
id. 29 ottobre 2018, n. 6137).

L’art. 29 del testo unico, recante “ Criteri di valutazione per il conferimento sulla Dirigenza di uffici giudicanti e requirenti di grandi dimensioni ”, dispone che “ hanno speciale rilievo gli indicatori di cui all’art. 18 e, nell’ambito di questi, in particolare le esperienze di cui alla lettera a) del medesimo articolo ”, ossia lo svolgimento, in atto o in pregresso, di funzioni direttive o semidirettive.

2.3.2. La delibera impugnata afferma: « La pluriennale esperienza semidirettiva in corso di svolgimento, da circa 7 anni, nel settore civile di un ufficio giudiziario di primaria importanza qual è la Corte d’appello di Roma risulta completata ed arricchita dal rilevantissimo novero di incarichi di collaborazione gestionale ed organizzativa ricoperti dal dott. -OISSIS-nei diversi uffici ove ha prestato sin qui servizio e che spaziano dalle inziali funzioni di coordinamento dell’ufficio svolte presso la Pretura di Volterra all’incarico di Magistrato di riferimento per l’informatica ricoperto presso la Corte d’appello di Roma, nonché, soprattutto, dal periodo di quasi 11 anni in cui è stato addetto alla Segreteria Generale del Tribunale di Roma all’analogo incarico ricoperto, per circa 16 anni e mezzo, presso la Corte d’appello di Roma. Anche durante l’esperienza fuori ruolo maturata, per oltre 4 anni e mezzo, presso il Ministero della Giustizia, il candidato proposto ha avuto modo di dimostrare doti direttive ed organizzative di sicuro rilievo, con particolare riferimento alla menzionata reggenza dell’ufficio VIII della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena. Appare superfluo rimarcare, ancora una volta, la spiccata funzionalità di tali esperienze gestionali nell’ottica dello specifico posto direttivo a concorso, soprattutto avuto riguardo al complessivo periodo di oltre 27 anni nel corso del quale è stato addetto alle Segreterie Generali di due uffici di eccezionale complessità organizzativa quali sono il Tribunale e la Corte d’appello di Roma, esperienza che gli ha consentito di misurarsi personalmente con la quasi totalità delle problematiche ed esigenze funzionali proprie degli uffici giudiziari di grandi dimensioni, visto l’ampio catalogo di deleghe organizzative di cui si è fatta menzione in sede di disamina dell’indicatore di cui all’art. 9 T.U. Nell’ottica comparativa, ed avuto riguardo alle specifiche caratteristiche dell’incarico direttivo a concorso, deve ritenersi recessivo il pur rilevante e duraturo percorso maturato dalla dott.ssa -OISSIS-nello svolgimento degli incarichi semidirettivi e direttivi richiamati in relazione all’indicatore specifico di cui all’art. 18, lett. a, T.U. Se l’iniziale esperienza direttiva presso la Pretura di Vibo Valentia risulta oggettivamente di limitata funzionalità nell’ottica dello specifico incarico direttivo a concorso, deve osservarsi che le successive esperienze semidirettive e direttive sono state maturate dalla candidata presso Tribunali calabresi di ridotte dimensioni, che presentano esigenze funzionali ed organizzative del tutto diverse da quelle proprie di un Tribunale di grandi dimensioni qual è quello capitolino. Con specifico riferimento alle ultime esperienze direttive in corso di svolgimento sin dal settembre del 2008, si è trattato di incarichi dirigenziali ricoperti, pur con ottimi risultati, in uffici giudiziari che presentano in pianta organica, oltre al Presidente, rispettivamente 22 (il Tribunale di Crotone) e 37 magistrati (il Tribunale di Cosenza). Di contro, il dott. -OISSIS-, pur non avendo fin qui ricoperto completi incarichi direttivi presso uffici giudiziari, è stato, per circa 11 anni, magistrato addetto alla Segreteria Generale di un Tribunale (quello di Roma) composto complessivamente da 373 magistrati (compresi il Presidente, 35 Presidenti di sezione, nonché il Presidente e il Presidente aggiunto della sezione Gip), ed è attualmente addetto (da circa 16 anni e mezzo rispetto alla vacanza) anche alla Segreteria Generale della Corte d’appello di Roma, che presenta in pianta organica ben 180 magistrati ordinari. La molteplicità, vastità e pregnanza delle deleghe organizzative e gestionali affidate al dott. -OISSIS-nella veste di Segretario Generale del Tribunale e della Corte d’appello di Roma rendono di intuitiva comprensione la straordinaria funzionalità di tali esperienze nell’ottica dell’incarico a concorso. Presentando i due candidati profili di merito di sicuro rilievo e tra loro sovrapponibili, il dato delle complessive esperienze direttive ed organizzative risulta, pertanto, dirimente, sul piano attitudinale, ai fini del formulato giudizio di prevalenza del profilo professionale del dott. -OISSIS- ».

2.3.3. Dalla lettura della motivazione riportata, la cui trascrizione testuale si è resa necessaria per comprendere le argomentazioni spese dal Plenum , appare evidente come l’organo di autogoverno abbia esplicitato diffusamente le ragioni per le quali ha ritenuto prevalente la figura del magistrato nominato, essendo risultata decisiva, a fronte della riconosciuta preminenza della odierna appellante in relazione agli indicatori specifici e, in particolare, alle esperienze direttive e semidirettive, la particolare significatività riconnessa alle esperienze di collaborazione vantante dal controinteressato appellato presso due uffici di grandi dimensioni, il Tribunale di Roma, per circa 11 anni, e la Corte d’Appello di Roma, per oltre 16 anni.

La circostanza che tali esperienze (deleghe di collaborazione e organizzative) rientrino in un indicatore generale, attesa la più volte ricordata complessività della valutazione, non è dirimente, non rappresentando l’indicatore generale un minus rispetto all’esperienza direttiva (tesi dell’appellante), in quanto non è configurabile, per le ragioni già espresse, quel rapporto di gerarchia tra gli indicatori più volte prospettato dall’appellante.

Non è fondata, pertanto, la doglianza secondo cui Il TAR non avrebbe adeguatamente valutato i differenti poteri e le connesse responsabilità di un Presidente di Tribunale rispetto alle singole funzioni delegate ad un determinato magistrato, al punto da giustificare l’illogica decisione del CSM di privilegiare l’esperienza di collaborazione del controinteressato rispetto all’esperienza direttiva e semidirettiva maturata dall’appellante per circa 23 anni.

Invero, ribadito il limite che incontra il sindacato di questo giudice, che non può spingersi a “valutazioni” che competono soltanto al CSM, il Collegio ritiene che il particolare impegno motivazionale di cui si è detto, volto ad evidenziare, attraverso il puntuale esame curriculare, la preminente “attitudine generale” o il particolare “merito” del nominato, nel caso di specie sia stato assolto, non potendosi spingere la parte appellante e, a maggior ragione, questo giudice a sostituire il proprio apprezzamento a quello del CSM.

2.3.4. È infondata anche la doglianza che investe il profilo dei risultati conseguiti.

Va premesso che la delega è un istituto di semplificazione amministrativa, che, nei casi espressamente previsti dalla legge, conferisce ad altri la facoltà di esercizio ma non anche la titolarità della funzione delegata. Il che implica l’imputabilità al delegante dell’attività espletata dal delegato in ragione della delega, anche sul piano delle connesse responsabilità.

Ciò posto il Collegio osserva che, sebbene formalmente l’attività posta in essere dal delegato ricada nella sfera giuridica del delegante, laddove, come nel caso di specie, si tratta di valutare determinate “attitudini” del delegato, va riguardata la paternità (non formale) ma sostanziale dei risultati, non potendosi non tener conto del fatto che i risultati, quantunque nell’esercizio di funzioni delegate, siano stati effettivamente ottenuti grazie alla spendita delle competenze del delegato.

Il primo motivo è, dunque, nel complesso infondato.

3. Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui

ha ritenuto legittimo il giudizio di equiparazione dei due concorrenti, con riguardo agli indicatori di cui all’art. 18, lett. b) e d).

La norma, alle lettere richiamate b) e d), disciplina la rilevanza degli indicatori specifici relativi alle capacità relazionali all’interno dell’ufficio (lett. b) e di quello concernente la specifica formazione nelle scienze dell’organizzazione e nelle competenze dirigenziali maturate (lett. d).

L’appellante afferma che, con riguardo a quest’ultimo indicatore specifico (formazione dirigenziale), non vi sarebbe traccia nella parte descrittiva del profilo, né in quella comparativa, della specifica formazione del candidato prescelto nelle scienze dell’organizzazione e nelle competenze dirigenziali maturate e, quindi, il giudizio di equiparazione dei due candidati non sarebbe supportato da alcuna indicazione specifica.

La partecipazione dell’appellato a numerosi corsi di formazione professionale, richiamata dal TAR, non avrebbe alcuna rilevanza ai fini del possesso dell’indicatore di cui trattasi in quanto quelli che rilevano sarebbero solo i corsi attinenti alla specifica formazione nelle materie indicate nella lett. d) dell’art. 18 del testo unico.

Inoltre, l’appellante lamenta l’omessa considerazione, in proprio favore, della documentata frequenza sia del corso indicato nell’autorelazione tenutosi a Roma dal 19 al 21 ottobre 2009 dal titolo “ Strumenti per i capi degli uffici: la comunicazione, la valutazione delle prestazioni, governare le interdipendenze organizzative ” riservato ai capi degli uffici giudiziari e delle procure, sia del corso per i dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti e requirenti organizzato dal CSM dal 4 al 6 giugno 2014.

3.1. Il motivo è infondato.

3.1.1. La documentazione prodotta in primo grado dal controinteressato, odierno appellato (all. 12), comprova la frequenza dei corsi di formazione dirigenziale indicati nell’autorelazione ed alla quale la delibera impugnata rinvia nella parte dedicata al profilo professionale del magistrato candidato (pag. 113 e 114 – concernente l’indicatore di cui alla lettera d) dell’art. 18 del testo unico, sulla specifica formazione nelle scienze dell’organizzazione e nelle competenze dirigenziali).

La formula sintetica con cui si esprime la delibera sul punto lascia intendere che il Plenum , rinviando a quanto indicato nell’autorelazione, abbia comunque ritenuto integrato l’indicatore specifico in parola.

3.1.2. La circostanza, di cui si duole l’appellante, che né nel suo profilo né in sede di comparazione con il controinteressato, la delibera richiami o menzioni i corsi dalla stessa indicati nell’autorelazione, ossia quello tenutosi a Roma dal 19 al 21 ottobre 2009 e quello organizzato dal CSM dal 4 al 6 giugno 2014, a parere del Collegio è irrilevante.

È sufficiente osservare che, nella valutazione comparativa, il Plenum non ha attribuito alcun rilievo ai suddetti corsi, né con riferimento all’uno, né con riferimento all’altra.

Se ne deve inferire che, quand’anche il Plenum li avesse menzionati nel profilo dell’appellante, gli stessi, stando al tenore della motivazione (che su tali corsi non si sofferma), in sede di comparazione sarebbero stati considerati comunque ininfluenti.

Il che è sufficiente a destituire di fondamento la censura.

Diverso sarebbe stato se il giudizio di prevalenza dell’appellato si fosse fondato (anche) sulla valorizzazione dei suddetti corsi, a scapito dell’appellante per la quale, i corsi frequentati, non sono stati neanche menzionati.

3.1.3. Quanto all’indicatore specifico di cui all’art. 18, lett. b), la delibera non risulta affetta dal denunciato difetto di motivazione.

In relazione al profilo della qualità e del tempo dell’attività espletata dall’appellante, il Plenum esprime, infatti, un giudizio di equivalenza che non appare illogico o irrazionale.

Invero, non è irragionevole aver ritenuto le capacità relazionali interne dimostrate come Presidente di Sezione di Corte d’appello di ampie dimensioni, più pregnanti di quelle interne di un Presidente di Tribunale.

3.1.4. Per incidens e per completezza sul punto, si evidenzia che, quanto agli indicatori specifici, l’appellato controinteressato ha formulato a pag. 21 della memoria del 21 ottobre 2022, una censura (in relazione alla riconosciuta equivalenza con l’appellante in ordine al criterio attitudinale di cui all’art.18 lett. c ) della circolare) che, da una parte, riguarda un indicatore su cui l’appellante non si è soffermata e, dall’altro, non ha trovato ingresso nel giudizio di primo grado e, a maggior ragione, non può essere esaminata nel presente grado di giudizio.

4. Con il terzo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della decisione del giudice di primo grado nella parte in cui ha respinto le censure relative alla riconosciuta equivalenza dei due candidati quanto alle esperienze e alle conoscenze ordinamentali di cui all’art. 6 lett. a) e di cui all’art. 11, comma 1, del testo unico.

Il motivo concerne, più precisamente, il confronto tra l’esperienza maturata dall’appellato nell’ambito dell’attività espletata in diverse sedute del Consiglio giudiziario su delega del Presidente della Corte d’Appello di Roma e del Presidente facente funzioni anche con riguardo alla sezione autonoma per i Giudici onorari di pace, rispetto a quella maturata dall’appellante, per la durata di 4 anni, nella qualità di componente titolare del Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Catanzaro.

4.1. Osserva il Collegio che, se è vero che l’art. 11 della richiamata circolare, contemplante l’indicatore generico attitudinale desumibile dalle esperienze ordinamentali ed organizzative riconosce uno “ speciale rilievo ” alle “ esperienze maturate nel governo autonomo presso … i Consigli giudiziari… ”, la delibera impugnata sul punto così si esprime: “ se la dott.ssa -OISSIS-vanta i menzionati incarichi di componente del Consiglio Giudiziario presso la Corte di appello di Catanzaro (svolti nei bienni 1993-1995 e 1999-2001), si è detto che il dott. -OISSIS-, a sua volta, in materia ordinamentale, su delega del Presidente della Corte d’appello di Roma e del Presidente f.f., ha presieduto, in periodi più recenti, diverse sedute del Consiglio Giudiziario di Roma e della relativa Sezione autonoma per i Giudici onorari di pace ” (pag. 138 e 139).

4.1.1. Come già rilevato in precedenza, la circostanza che un candidato abbia svolto tale funzione su delega e l’altra candidata l’abbia svolta da titolare, non cambia la sostanza dell’esperienza maturata.

Diversamente opinando si finirebbe col sostenere che la “qualità” del lavoro di chi agisce in delega sia sub-valente rispetto a quella di chi agisce da titolare. Il che, evidentemente, non è se si considera che la funzione è la stessa, cambiando soltanto il titolo in forza del quale la si svolge.

Va rammentato che il Consiglio giudiziario, in quanto organo collegiale, adotta le proprie determinazioni all’esito di una votazione di tutti i componenti presenti, senza che, dunque, il voto di un delegato, valga meno di quello di un componente titolare.

È pertanto infondata la tesi dell’appellante secondo cui il suddetto profilo, incidendo direttamente sugli indicatori attitudinali generali, in virtù dei quali è stato ritenuto preminente il profilo dell’appellato controinteressato, sarebbe dovuto essere adeguatamente ponderato, valutato e motivato dal CSM: a fronte di un’esperienza che entrambi i candidati “oggettivamente” vantano, l’uno come delegato, l’altra come titolare, è difficile immaginare quale ponderazione il CSM dovesse svolgere o quale motivazione dovesse spendere.

Pertanto, la pur sintetica motivazione della delibera sul punto non appare né illogica né irragionevole, né sarebbe comunque consentito a questo giudice stabilire se possano ritenersi equivalenti (o non equivalenti) le due esperienze.

Neanche può assumere rilievo il dato, prospettato dall’appellante, che il controinteressato ha partecipato a nove riunioni, rispetto alle 144 riunioni che il Consiglio giudiziario e la sezione autonoma dei giudici onorari di Pace di Roma hanno tenuto nei quattro anni e, quindi, all’8% della complessiva attività, a fronte della partecipazione dell’appellante a tutte le sedute del quadriennio del Consiglio giudiziario di Catanzaro: invero un simile criterio quantitativo-ponderale non è rinvenibile né nella norma primaria, né nella circolare citata.

Né, infine, un simile criterio può rinvenirsi nel comma 3, dell’art. 11 del testo unico, laddove precisa che « le esperienze di cui ai commi 1 e 2 sono valutate in relazione ai concreti risultati conseguiti e comprovati da adeguata motivazione ».

4.2. L’appellante inoltre lamenta, anche nell’ambito del presente motivo, l’omessa valutazione delle proprie esperienze di formazione in ambito organizzativo ai sensi dell’art. 12 lett. c) della circolare, non essendo stata menzionata la partecipazione al corso tenutosi a Roma dal 19 al 21 ottobre 2009 dal titolo “ strumenti per i capi degli uffici: la comunicazione, la valutazione delle prestazioni, governare le interdipendenze organizzative ” ed a quello per dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti e requirenti organizzato dal CSM dal 3 al 6 giugno 2014.

Richiamando quanto già detto in precedenza, i suddetti corsi non sono stati oggetto di comparazione sicchè, pur non essendo il suddetto corso menzionato nel profilo dell’appellante, tale omessa menzione va considerata ininfluente nell’economia complessiva del provvedimento e, segnatamente, ai fini della comparazione.

5. Con il quarto motivo si denuncia l’error in iudicando in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado ritenendo correttamente pronunciato il giudizio di prevalenza in favore del controinteressato, in ragione della significativa ricchezza e completezza delle esperienze direttive, gestionali ed organizzative, maturate in carriera dal candidato, come risultante dalla valutazione necessariamente congiunta degli indicatori di cui agli artt.18 lett. a), 9 e 13 della circolare in questione (pag. 139 delibera impugnata).

Il Plenum dopo aver ritenuto i profili di merito dei due candidati in comparazione tra loro equivalenti, in quanto “ sovrapponibili ”, avrebbe illegittimamente giudicato preminente “ il dato delle complessive esperienze direttive ed organizzative ” dell’appellato (pag. 140 delibera impugnata).

5.1. In primo luogo il Collegio ritiene che gli unici due periodi, su cui si appunta l’attenzione dell’appellante, in cui la delibera, a proposito del controinteressato, parla di esperienze “ direttive ”, siano dei lapsus dal momento che in nessun punto il CSM afferma che l’appellato avrebbe svolto funzioni direttive, se non quelle su delega.

D’altra parte un annullamento che si fondasse su tale rilievo avrebbe quale effetto conformativo soltanto la correzione della delibera su tale aggettivazione.

5.2. Con riguardo, poi, alla rilevanza delle molteplici deleghe organizzative di cui è stato destinatario il controinteressato appellato, se trattasi di attività rilevante ai sensi dell’art. 9 del testo unico, per le ragioni già espresse, non può non essere considerato anche con riferimento all’indicatore attitudinale specifico di cui all’art. 18 lett. a).

Come innanzi ricordato, non essendovi gerarchia fra gli indicatori, bensì integrazione fra gli stessi, nella valutazione complessiva il Plenum in modo non irragionevole ha considerato più pregnanti, per il posto da ricoprire, le funzioni esercitate dall’appellato in strutture giudiziarie di grandi dimensioni, quantunque su delega.

Alla stregua della normativa che disciplina il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi nella magistratura ordinaria, che non contempla una progressione per anzianità o per parametri quantitativi, bensì una valutazione meramente qualitativa e complessiva, non possono trovare ingresso automatismi, ditalché non può sostenersi che chi è già Presidente di Tribunale ed ambisca a ricoprire il medesimo ruolo in un altro ufficio, goda per ciò solo di una posizione di vantaggio.

La delibera impugnata non nega, anzi al contrario, afferma la prevalenza dell’appellante quanto all’indicatore specifico di cui all’art. 18 lett. a ), avendo il CSM espresso, infatti, una valutazione positiva in ordine alla gestione degli incarichi direttivi e semidirettivi dalla stessa ricoperti negli anni.

Tuttavia, per le ragioni da ultimo evidenziate, ciò non preclude all’organo di autogoverno di valorizzare, in un altro candidato, le deleghe organizzative quale elemento, integrativo dell’indicatore specifico di cui all’art. 18 lett. a), comprovante una maggiore attitudine all’incarico direttivo rispetto ad un candidato già Presidente di Tribunale da molti anni e di cui certamente si apprezzano i risultati nella gestione degli uffici.

Né in tale ragionamento è ravvisabile contraddittorietà.

Analoghe considerazioni valgono, poi, con riguardo all’incarico fuori ruolo conferito all’appellato e incluso ai fini del giudizio di preminenza espresso nei confronti dell’appellante.

L’attività espletata presso il Ministero della giustizia, che costituisce esperienza utile ai fini dell’indicatore attitudinale generale di cui all’art. 13, può altresì essere valorizzata al fine di integrare l’indicatore specifico di cui all’art. 18 lett. a), tenuto conto che, giova ribadirlo, non si tratta di attribuire punteggi numerici, bensì di valutare il profilo dei candidati in maniera complessiva.

Nel caso di specie il CSM ha motivato la prevalenza del controinteressato appellato sulla base di una molteplicità di aspetti, sicchè la delibera impugnata non si pone in contraddizione con il principio, affermato da questo Consiglio di Stato, secondo cui « nelle procedure indette dal Csm per il conferimento di incarichi direttivi ai magistrati gli incarichi extragiudiziari non possono assumere rilievo esclusivo nella decisione o comunque essere considerati maggiormente qualificanti rispetto alle esperienze maturate all’interno dell’Amministrazione, attesa la necessità che il giudizio sia il più possibile aderente alla specificità dell’incarico da conferire » (Cons. Stato, Sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 597).

Come innanzi precisato, il suddetto incarico extragiudiziario non è stato assunto né come indice “esclusivo”, né è stato expressis verbis qualificato come maggiormente qualificante rispetto alle esperienze maturate dall’appellante all’interno dell’amministrazione.

Dal tenore della motivazione emerge come tale esperienza sia stata considerata ad ulteriore rafforzamento della prevalenza del controinteressato, già valutata sulla base di altri elementi.

5.4. Residua l’esame della censura di erroneità sia della delibera sia della sentenza nella parte in cui ritengono che il giudizio di preminenza, espresso nei confronti dell’appellato controinteressato, sia dipeso dalla maggiore esperienza maturata in grandi uffici.

Il CSM ne ha eccepito l’inammissibilità in quanto formulata per la prima volta in appello (pag. 17 della memoria depositata il 22 ottobre 2022). Analoga eccezione è sollevata dall’appellato controinteressato (pag. 24 della memoria depositata il 21 ottobre 2022).

L’eccezione va disattesa in quanto il tema della rilevanza dell’esperienza maturata presso grandi uffici è stato evocato in giudizio con il ricorso introduttivo di primo grado non soltanto con la contestazione delle deleghe vantate dall’appellato controinteressato ma anche con l’espressa deduzione difensiva (di cui al punto 5 di pag. 32) con la quale si sostiene che la preferenza sul piano dell’attitudine direttiva non poteva essere correlata, come ha ritenuto il CSM, sulla base delle deleghe organizzative e gestionali conferite “ presso lo stesso ufficio di grandi dimensioni in cui è incardinato il posto da conferire ”.

La censura è stata, infatti, esaminata dal TAR, ma è stata respinta considerando che l’art. 18 del testo unico individua una serie di indicatori specifici, riferiti proprio agli uffici di grandi dimensioni, differenziandoli rispetto a quelli minori, sicché anche sotto tale profilo la ponderazione delle esperienze dei due candidati ed il maggiore peso attribuito all’esperienza presso un ufficio di tale tipologia si sottraggono alle censure dedotte (pag. 19 della sentenza appellata).

Il Collegio ritiene che la sentenza meriti conferma.

La maggiore attitudine dell’appellato, desunta dall’esperienza maturata nell’ambito di un grande ufficio, non collide con il dato che tale esperienza sia stata maturata solo nell’esercizio di funzioni semidirettive, oltre a quelle delegate di cui si è detto.

Alla lunga esperienza direttiva dell’appellante, in realtà, il CSM, come già detto, ha attribuito il doveroso rilevo, purtuttavia considerando che la stessa è stata maturata nell’ambito di tribunali di contenute dimensioni.

È vero che l’attitudine direttiva è correlata all’esercizio di funzioni dirigenziali giudiziarie che la legge disciplina in modo uniforme in tutti gli uffici, sicchè, in astratto e sul piano propriamente amministrativo, le attività svolte dal Presidente sono analoghe nei vari Tribunali;
tuttavia se, sul piano formale, le funzioni attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario sono sempre quelle indicate dall’art. 1 del D.Lgs. n. 240/2006, lo svolgimento di tali attività in un grande ufficio, quantunque su delega, non irragionevolmente può deporre per una particolare pregnanza delle stesse.

Non può dubitarsi, infatti, che le attività elencate dal citato articolo 1 del D.Lgs. n. 240/2006 (ossia la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico) richiedano un maggiore sforzo organizzativo e una particolare abilità relazionale laddove siano svolte all’interno di uffici di grandi dimensioni, con un numero di magistrati decisamente molto elevato, quale quello della Corte di appello di Roma.

Né osta ad una simile valutazione la considerazione che, in tal modo, l’aver svolto incarichi di tipo fiduciario, ossia non attribuiti all’esito di una procedura selettiva gestita a livello centrale dal CSM o a livello locale dal Consiglio giudiziario, finirebbe col costituire un titolo preferenziale rispetto a chi abbia esercitato la funzione direttiva con buoni risultati in un ufficio periferico.

Si tratta di elementi che si pongono su un piano differente: gli incarichi fiduciari ben possono essere conferiti anche nell’ambito di uffici di piccole dimensioni (l’appellante infatti ne ha ricevuti) e, nella comparazione con chi tali incarichi non abbia svolto affatto, fermi restando gli ulteriori indicatori, ben potrebbero costituire elemento preferenziale.

Tuttavia, laddove si tratta di valutare l’attitudine alle funzioni direttive, essendo la funzione quella che conta, il fatto che tale funzione in un ufficio giudiziario di grandi dimensioni sia stata svolta su delega, non può di per sé sola essere considerata sub-valente.

Parimenti, laddove, a parità di deleghe, un candidato le abbia svolte in uffici di grandi dimensioni e l’altro le abbia svolte in uffici di piccole dimensioni, coerentemente al richiamato articolo 18 del testo unico, non è irragionevole che il CSM attribuisca prevalenza alle prime.

Il che dequota la censura formulata nell’ambito del terzo motivo, con cui l’appellante si duole dell’omessa valutazione della delega di funzioni conferitale dal Presidente del Tribunale di Vibo Valentia per la risoluzione dei problemi organizzativi dell’Ufficio unico ex art. 37 del D.Lgs. n. 51/1998, nonché di quella, ricevuta dal Presidente del Tribunale di Crotone, per la gestione diretta del personale amministrativo della sezione.

La circostanza, poi, che l’ufficio di grandi dimensioni, presso cui il controinteressato ha ricevuto le deleghe, sia lo stesso in cui è incardinato il posto direttivo da ricoprire, è una concomitanza “di fatto” che il CSM cita in un solo passaggio e che non si pone in contrasto con il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui la conoscenza dell’ufficio ad quem e del suo territorio non può assumere rilievo in uno scrutinio comparativo che è per sua natura su base nazionale e dunque non può che prescindere dal radicamento personale sul singolo territorio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2021, n. 3712;
id. 11 gennaio 2021, n. 331;
id. 21 maggio 2020, n. 3213;
id. 7 gennaio 2020, n. 71, id. 29 ottobre 2018, n. 6137;
id. 2 luglio 2018, n. 4042).

Ciò in quanto, il periodo della delibera ove si afferma che « il candidato vanta pluriennali esperienze come magistrato addetto alla Segreteria Generale del Tribunale di Roma ed alla Segreteria Generale della Corte d'appello romana, entrambe di spiccato rilievo nell'ottica del posto direttivo a concorso, in quanto maturate presso lo stesso Tribunale di grandi dimensioni in cui si incardina l'incarico da conferire (per circa 11 anni) e presso una struttura organizzativa di assimilabile complessità qual è quella della Corte d'appello di Roma (per circa 16 anni e mezzo) », pone in risalto essenzialmente le dimensioni dell’ufficio;
la coincidenza di tale ufficio di grandi dimensioni con quello del posto messo a concorso rappresenta un quid pluris che, nella valutazione del Plenum , “rafforza” ma non “determina” la prevalenza del controinteressato sull’appellante.

Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto.

7. In considerazione della particolare complessità delle questioni trattate si può disporre l’integrale compensazione delle spese processuali del presente grado di giudizio.

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