Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-05-07, n. 201802699
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Pubblicato il 07/05/2018
N. 02699/2018REG.PROV.COLL.
N. 05585/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5585 del 2017, proposto da:
Il Teatro Coop - Stabile D'Innovazione Galleria Toledo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati E S, M G I, con domicilio eletto presso lo studio E S in Roma, via degli Avignonesi n. 5;
contro
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Società Cooperativa La Fabbrica dell'Attore Onlus, Teatro Libero Palermo Onlus, Fondazione Palazzo Litta per Le Arti Onlus, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA (SEZIONE II QUATER) n. 04691/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 marzo 2018 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati M G I e Attilio Barbieri dell'Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 4691/2017 del 19-4-2017 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) rigettava il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dal Teatro coop. – Stabile d’Innovazione Galleria Toledo, proposto avverso i seguenti provvedimenti: 1) nota prot. n. 6997/S.22..19.04/96.7 del 7 maggio 2015, avente ad oggetto “ trasferimento domanda di contributo annualità 2015, art. 5, comma 15 del d.m. 1° luglio 2014 ”, con la quale veniva comunicato che il Mibac, in relazione alla domanda presentata come di Centro di Produzione Teatrale ex articolo 15 del richiamato d.m., sentita la competente commissione consultiva per il teatro, aveva ritenuto di classificarlo nel settore delle Imprese di Produzione Teatrale, ex art. 14, comma 3 del decreto medesimo, invitandolo alla riformulazione della domanda di contributo secondo quanto disposto dalla predetta norma;2) verbale n. 9 della seduta del 24 aprile 2015 della Commissione consultiva per il Teatro, recante parere negativo all’inserimento della ricorrente nel settore Centri di Produzione Teatrale;3) elenco degli ammessi al contributo;4) verbali della Commissione Esaminatrice;4) D.D.G. del 28 novembre 2014 con i quali venivano stabiliti i punteggi massimi attribuibili nelle valutazioni;5) verbali della Commissione consultiva per il Teatro n. 8 e n. 10, con cui, unitamente al verbale n. 9, sono state valutate tutte le domande relative al settore di cui all’art. 15- Centri di Produzione teatrale;6) elenco completo degli organismi teatrali appartenenti ai diversi settori beneficiari di contributi FUS 2015;7) decreto direttoriale n. 658 del 3 luglio 2015 di assegnazione dei contributi FUS 2015 ai Centri di Produzione Teatrale ex art. 15.
La prefata sentenza esponeva in fatto quanto segue.
“ La società istante, che svolge attività teatrale, ha presentato domanda per l’accesso ai contributi FUS ai sensi del d.m. 1° luglio 2014, per il settore di cui all’art. 15 – Centri di Produzione teatrale.
Essa impugna, con il ricorso originario ed i motivi aggiunti, la nota prot. n. 6997/S.22.19.04/96.7 del 7 maggio 2015 del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Direzione Generale Spettacolo, recante la comunicazione dell’avvenuta riclassificazione della medesima, ai sensi dell’art. 5, comma 15, del d.m. 1° luglio 2014, nel settore delle Imprese di Produzione Teatrale di cui all’art. 14, comma 3, con il successivo invito alla riformulazione della stessa, unitamente a tutti gli atti indicati in epigrafe.
Essa ha formulato una pluralità di censure di violazione di legge e di eccesso di potere.
In buona sostanza la ricorrente, pur avendo infine ricevuto il contributo di cui all’art. 14, comma 3, lamenta di non aver potuto fruire del contributo ex art. 15, con un declassamento rispetto agli anni precedenti e un conseguente pregiudizio economico ( con riferimento ai costi di esercizio, di programmazione e di ospitalità) e di immagine (avuto riguardo alle pregresse attribuzioni).
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata. In esito all’integrazione del contraddittorio, il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 14 febbraio 2017 e, quindi, trattenuto in decisione ”.
Avverso la prefata sentenza di rigetto il Teatro coop- Stabile d’Innovazione Galleria Toledo ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma.
Esso ha proposto tre articolati motivi di appello (dei quali analiticamente si dirà nella parte in diritto), con i quali ha contestato le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, il quale ha dedotto in primo luogo l’inammissibilità dell’appello e, nel merito, la sua infondatezza.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 29-3-2018.
DIRITTO
Deve in primo luogo essere esaminata l’eccezione preliminare prospettata dalla difesa erariale, diretta ad evidenziare come “ dalla sola analisi delle censure non risulta con chiarezza la sussistenza di un interesse concreto a contestare il provvedimento dell’Amministrazione che ha comunque riconosciuto, seppure ad altro titolo, l’attività della società, assegnandole un cospicuo contributo, addirittura superiore a quello anteriormente ricevuto ”.
L’amministrazione deduce, in tal modo, l’inammissibilità, per carenza di interesse a ricorrere, dell’azione proposta dal Teatro coop- Stabile d’Innovazione Galleria Toledo, atteso che mancherebbe una lesione a posizioni giuridico-soggettive di quest’ultimo, considerando che non vi è stato un declassamento del soggetto, ma unicamente una diversa classificazione, ai sensi dell’art. 15, comma 5 del d.m. 1° luglio 2014, che ha comunque consentito alla società, attraverso la collocazione nel settore delle imprese di produzione teatrale, la fruizione della contribuzione pubblica, in misura cospicua e addirittura superiore agli anni precedenti.
L’eccezione non può essere accolta.
Osserva in proposito la Sezione che il ricorso introduttivo del giudizio ed i successivi motivi aggiunti risultano diretti a contestare la nuova e diversa classificazione sotto un duplice profilo.
Rilevano un pregiudizio all’immagine dell’istituto, derivante dal passaggio alla categoria del Centro di produzione teatrale a quello di Impresa di produzione teatrale.
Evidenziano, poi, sotto il profilo della contribuzione, che, in relazione alle diverse attività proprie delle due categorie, il contributo erogato al Centro di produzione è certamente superiore a quello corrisposto all’impresa di produzione, atteso che il primo si qualifica anche in base a peculiari costi di esercizio, attività di produzione, programmazione ed ospitalità, mentre il secondo deve dimostrare esclusivamente la realizzazione di 110 giornate lavorative;con la conseguenza che nella determinazione del contributo spettante all’impresa di produzione teatrale non si tiene conto dei costi di esercizio.
In tal guisa chiarite le ragioni poste a fondamento dell’azione giurisdizionale, risulta evidente l’esistenza di un interesse a ricorrere, sub specie di utilitas riveniente dall’accoglimento del gravame, atteso che il Teatro deduce un pregiudizio alla propria immagine (essendo in precedenza stato classificato come Centro di produzione teatrale) nonché un pregiudizio economico, risultando il contributo erogato alle imprese di produzione inferiore a quello corrisposto ai centri di produzione non tenendosi conto dei costi di esercizio.
In tal modo, diviene irrilevante la circostanza che la società abbia comunque fruito, sia pur quale impresa di produzione, della contribuzione pubblica ed anche in misura maggiore rispetto a quella degli anni precedenti.
Invero, ciò che viene in considerazione non è l’assegnazione del contributo in sé o la misura concretamente erogata nello specifico, ma le modalità di determinazione dello stesso in relazione alla diversa categoria di appartenenza ed il pregiudizio all’immagine conseguente alla nuova classificazione.
Dalle considerazioni sopra esposte emerge in tutta evidenza l’esistenza dell’interesse a ricorrere, risultando con chiarezza la lesione prospettata e l’utilità sperata dall’accoglimento dell’azione giurisdizionale proposta.
Tanto premesso, può passarsi all’esame del merito dell’appello.
Con il primo motivo il Teatro coop-Stabile di Innovazione Galleria Toledo, evidenziato che il suo “ declassamento ” da Centro di Produzione teatrale a Impresa di Produzione teatrale era stato disposto in quanto alla voce “ qualità artistica ” era stato attribuito un punteggio di 9 punti inferiore al minimo di 10, richiesto per superare la soglia di sbarramento per l’accesso ai contributi per i Centri di Produzione teatrale, censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che “ i criteri predeterminati dal d.m. 1 luglio 2014 e la successiva fissazione dei punteggi massimi da parte del direttore generale abbiano comportato una delimitazione del potere discrezionale della Commissione tale da condurre al rispetto dell’obbligo di motivazione anche solo con il punteggio numerico ”.
Rileva in proposito che, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, giacchè le voci di valutazione predeterminate dal Ministero sono assolutamente generiche, la Commissione non poteva limitarsi a riconoscere, per ciascuna di esse, il solo punteggio numerico, atteso che tale modus operandi impediva di comprendere l’ iter logico in base al quale l’Amministrazione aveva assegnato i singoli punteggi ed anche di verificare se tale attribuzione fosse stata effettuata nel rispetto dei principi di imparzialità, ragionevolezza e logicità.
Evidenzia, d’altra parte, che l’articolo 12 della legge n. 241/1990, nel disciplinare la fattispecie relativa all’assegnazione di contributi e sovvenzioni, stabilisce che tanto sia subordinato alla predeterminazione, da parte delle amministrazioni, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.
Sottolinea che l’attribuzione del solo punteggio numerico è consentito solo quando le sottovoci, entro le quali ripartire i parametri di valutazione, siano determinate in maniera così analitica da delimitare il giudizio della Commissione nell’ambito di un minimo e di un massimo, in modo da rendere evidente l’ iter logico seguito, essendo altrimenti necessaria una puntuale motivazione dei punteggi attribuiti.
Evidenzia, pertanto, che la mera attribuzione del punteggio numerico può ritenersi sufficiente solo quando l’amministrazione, per ogni voce di valutazione, abbia previsto specifiche sottovoci con i relativi punteggi che consentano di comprendere chiaramente sulla base di quali criteri predeterminati essa si sia espressa;mentre, in ipotesi di criteri generici, la Commissione è tenuta a motivare le ragioni che l’hanno determinata ad assegnare il singolo punteggio.
Nella vicenda in esame, i campi di valutazione individuati dal d.m. 1 luglio 2014, in quanto palesemente generici, imponevano all’organo di valutazione, alternativamente, di predeterminare, prima di esaminare le domande dei richiedenti, i criteri in base ai quali sarebbe stato espresso il proprio giudizio ovvero esplicitare, attraverso adeguata motivazione, le ragioni del punteggio numerico assegnato.
Il motivo di appello è infondato.
La sentenza di primo grado così motiva il rigetto del primo “motivo aggiunto” proposto.
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