Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-07-20, n. 202206332
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 20/07/2022
N. 06332/2022REG.PROV.COLL.
N. 08589/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 8589 del 2020, proposto 1) dalla società semplice agricola Madella Alessandro e Remo, 2) dalla società semplice Sposetti Giovanni, Giuseppe e Gianpaolo, 3) dalla società semplice Scutari Ferdinando, Mario e Silvano, 4) dai signori L M e F M, quali soci della relativa società estinta, 5) dall’azienda agricola Angelo Corazzina, 6) dalla azienda agricola Fabio Gecchele, 7) dalla società semplice azienda agricola "Grole" di Castellini Luigi, Guido e Renato, 8) dalla azienda agricola società semplice Guerrina di Ettori Alberto e Giorgio, 9) dal signor W Prati come rappresentante legale della società semplice Prati Filippo e W, 10) dall’azienda agricola Flora Sacchetti, 11) dalla società semplice agricola Vallicella Imerio e Roberto, 12) dall’azienda agricola Mauro Zenaro, 13) dalla società semplice Motelli di Zani M., 14) dalla società semplice Farina Opilio e Massimo, 15) dall’azienda agricola Romeo Schenato, 16) dai signori Luigi Messedaglia e Romeo Schenato, quali soci della estinta società semplice azienda agricola zootecnica San Martino, 17) dalla società semplice Vighi Paolo, Vighi Caterina, Cristina e Baraldi Maria, 18) dalla società semplice Gianluigi e Marco Cappa, 19) dalla società agricola Mauro e Davide Ughetti, 20) dalla società semplice azienda agricola Canfurlone" di Ferrari e C., 21) dai signori Romano Zanotti e Gridonia Zanotti, quali soci della estinta omonima azienda agricola, le società in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'avvocato Ester Ermondi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’A.g.e.a. - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione, Staccata di Brescia (Sezione Prima), n. 248/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.g.e.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2022 il pres. L M e uditi l’avvocato Ester Ermondi e l'avvocato dello Stato Massimo Di Benedetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1-- Con il ricorso di primo grado n. 1249 del 2015 (proposto al TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia), le società e le aziende indicate in epigrafe hanno impugnato le cartelle di pagamento inviate da A.g.e.a. (e notificate tramite la s.p.a. Equitalia), riguardanti gli importi dovuti per i ‘prelievi latte sulle consegne’, a titolo di capitale e di interessi, accertati a loro carico dalla campagna lattiera 1995-96 sino alla campagna 2008-09.
Alcuni degli originari ricorrenti, con motivi aggiunti, hanno impugnato le ulteriori intimazioni di pagamento ricevute tra il 26 febbraio 2019 ed il 12 marzo 2019.
Nel corso del giudizio, il TAR ha emanato l’ordinanza istruttoria n. 182 del 2019, riservandosi ogni statuizione sull’ammissibilità dell’impugnazione e disponendo l’acquisizione – sia da parte dei ricorrenti che da parte dell’Amministrazione – di una ‘relazione sui fatti di causa’.
2-- Con la sentenza n. 248 del 2020, il TAR:
--- ha dato atto della documentazione acquisita in esecuzione dell’ordinanza istruttoria;
--- ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti;
--- ha condannato i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio.
3-- In particolare, la sentenza impugnata ha osservato che
--- il ricorso collettivo “ non individua in alcun passaggio le specifiche posizioni dei singoli ricorrenti, limitandosi ad articolare censure di carattere generale e non chiarendo a quali tra le aziende collettivamente ricorrenti, ed in che misura, le dette doglianze siano specificamente riferibili. Né individua la potenziale incidenza e il pregiudizio della normativa di volta in volta censurata rispetto alle singole posizioni ”;
--- “ per consolidata giurisprudenza nel processo amministrativo il ricorso collettivo è ammissibile nel solo caso in cui sussistano, congiuntamente, i requisiti “positivi” dell'identità delle situazioni sostanziali e processuali (ossia a condizione che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi) e quello “negativo” dell'assenza di un conflitto di interessi tra le parti che lo propongono ”,
--- “ parimenti va sottolineato che il ricorso cumulativo consente la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall'esigenza di concentrare in un'unica delibazione l'apprezzamento della correttezza dell'azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa viene censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti;è perciò necessario, ai fini dell'ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti, che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di guisa che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell'attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell'apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente ”;
--- “ i richiamati requisiti per l’ammissibilità del ricorso collettivo e cumulativo difettano nel caso di specie. In primo luogo, qualificandosi tutti i ricorrenti come produttori agricoli, e contestando gli stessi, tra l’altro, le modalità e i criteri di ripartizione dei Quantitativi di Riferimento Individuali (QRI), non è in alcun modo provato che la diversa modalità di compensazione e di restituzione auspicata andrebbe a vantaggio di tutti gli esponenti quanto piuttosto a beneficio di taluni di essi e a pregiudizio di altri ”;
--- “ inoltre non vi è identità di posizioni né sostanziali né processuali fra gli esponenti. Le cartelle impugnate con il ricorso, così come le intimazioni di pagamento oggetto del ricorso per motivi aggiunti, attengono a distinti e autonomi rapporti creditori diversi nell’an, nel quantum, nel tempus, con proprie specificità sostanziali e procedimentali (a solo titolo esemplificativo in punto di prescrizione e sua eventuale interruzione, data ovvero modalità di notifica delle intimazione al pagamento e degli atti di riscossione coattiva, valutazione delle operazioni di compensazione “atecnica” dei debiti;modalità di contabilizzazione degli interessi;presentazione di istanze di rateizzazione e loro accoglimento o rifiuto) ”;
--- “ le posizioni dei ricorrenti sono profondamente diversificate anche sotto il profilo processuale, atteso che alcuni di essi hanno già impugnato i medesimi provvedimenti oggetto dell’odierno gravame o gli atti presupposti o conseguenti avanti a questo o ad altro TAR. Per alcune delle pretese sono già intervenute pronunce passate in giudicato ”.
Il TAR ha anche rilevato che per due aziende ricorrenti il ricorso è risultato inammissibile, “ in quanto l’atto qui impugnato è oggetto di precedenti gravami riassunti avanti a questo Tribunale ” e che per altri due ricorrenti sono già state emesse sentenze per le annate 2000-01 e 2001-02, ed alle annate 1995-96 e 1996-97, “ pur oggetto del presente giudizio ”.
Inoltre, la sentenza ha osservato che i ricorrenti “ nemmeno all’esito dell’istruttoria disposta dal Collegio ” hanno fornito “ un quadro completo che riporti le specifiche situazioni debitorie degli odierni ricorrenti di cui alla presente controversia, dando conto delle vicende amministrative intervenute e di eventuali altri contenziosi ”.
4-- Con l’appello indicato in epigrafe (composto da 80 pagine), gli originari ricorrenti hanno impugnato la sentenza del TAR ed hanno chiesto che, in sua riforma, le censure di primo grado siano considerate ammissibili e fondate, col conseguente annullamento degli atti impugnati.
Da p. 13 a p. 22, l’atto d’appello contiene censure rivolte avverso la statuizione con cui il TAR ha dichiarato inammissibili le doglianze di primo grado.
4.1.-- Gli appellanti hanno dedotto che non corrisponderebbe al vero l’osservazione del TAR, secondo cui le originarie censure non consentivano di verificare la loro rilevanza con riferimento alle singole posizioni delle aziende e delle società interessate.
A p. 14, essi hanno rilevato che:
“ le domande giudiziali sono identiche nell’oggetto e anche nella causa petendi”;
“gli atti impugnati in primo grado hanno lo stesso contenuto e lo stesso tenore, in quanto traggono origine dalla iscrizione a ruolo delle somme di cui al prelievo supplementare secondo quanto stabilito dalla legge n. 33 del 2009 e dalla successiva procedura di riscossione prevista dalla medesima legge”;
“gli atti impugnati vengono censurati per gli stessi motivi”;
“le ricadute delle singole censure sui singoli ricorrenti appaiono in ogni caso eguali e da ciò deriva l’assenza di un conflitto di interessi tra le parti” .
Nelle pagine successive, gli appellanti hanno in dettaglio argomentato su tali deduzioni.
4.2.-- Inoltre, essi hanno lamentato la violazione dell’art. 111 della Costituzione, dell’art. 6 della CEDU, dell’art. 103 del c.p.c., dell’art. 39 del c.p.a., nonché la violazione dei principi di proporzionalità e del giusto processo, oltre l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza del TAR, rilevando – con richiami giurisprudenziali - che sussisterebbero tutti i presupposti per la proposizione di un ricorso collettivo.
4.3.-- In data 6 giugno 2022, gli appellanti hanno depositato una memoria difensiva, con cui hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.
5-- L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio in data 6 luglio 2022 ed ha chiesto il rigetto dell’appello.
6-- Ritiene la Sezione che l’appello vada respinto, poiché il TAR ha correttamente dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, unitamente ai motivi aggiunti.
Gli importi dovuti nel caso di superamento delle quote latte riguardano specifici rapporti di credito-debito intercorrenti tra i produttori e l’A.g.e.a., pur quando gli importi risultati dovuti sono determinati tenendo conto delle posizioni degli altri allevatori e anche se vi siano stati meccanismi di calcolo, basati ad esempio sulle ‘compensazioni’ conseguenti al mancato utilizzo per intero delle quote spettanti ad altri allevatori.
In altri termini, gli atti emessi in materia dell’A.g.e.a. nei confronti degli allevatori, pur quando si riferiscano a conteggi o a elenchi riguardanti altri allevatori, hanno natura di atti plurimi scindibili.
I singoli rapporti giuridici tra l’A.g.e.a. e gli allevatori rilevano in sé e nei rapporti inter partes , quali rapporti di credito-debito del tutto autonomi da quelli intercorrenti tra l’A.g.e.a. e gli altri allevatori (tanto che le sentenze di annullamento di atti, a tutela di posizioni individuali, non riguardano di per sé gli altri rapporti giuridici che non siano stati sottoposti all’esame del giudice).
Pur quando i provvedimenti siano emanati simultaneamente nei confronti di più allevatori e abbiano un contenuto identico per le singole posizioni, ogni rapporto intercorrente tra il singolo allevatore e l’A.g.e.a. ha una propria autonomia.
Il singolo rapporto può nascere e può essere modificato con un atto che abbia uno o più destinatari, pur versanti in situazioni identiche o simili, e - quando è emesso un atto plurimo scindibile – è soggetto alle comuni vicende riguardanti i crediti: per ogni allevatore, possono esservi atti interruttivi della prescrizione, atti di ricognizione del debito, possibili compensazioni, proposizioni di ricorsi giurisdizionali (che comportano l’esigenza di verificare quale sia stata l’incidenza di eventuali ordinanze cautelari di accoglimento o anche di sentenze di accoglimento, se del caso riformate in sede d’appello).
Ogni rapporto giuridico intercorrente tra l’A.g.e.a. e il singolo allevatore per la sua autonomia - da un lato - resta di per sé insensibile alle vicende che riguardano gli altri rapporti giuridici intrattenuti dall’A.g.e.a. e – dall’altro – è suscettibile di avere evoluzioni in senso modificativo od estintivo, non rilevando le vicende modificative od estintive riguardanti altri allevatori.
7.-- Sul piano processuale, l’autonomia del singolo rapporto giuridico intercorrente tra l’allevatore e l’A.g.e.a. comporta che, qualora l’A.g.e.a. avanzi una pretesa nei confronti dell’allevatore, questi abbia l’onere di formulare censure chiare e determinate nei confronti del provvedimento amministrativo che intenda impugnare.
Il fatto che il creditore sia lo stesso soggetto (l’A.g.e.a.) non giustifica di per sé che i ricorsi giurisdizionali contro i suoi atti contengano censure ‘di principio’, senza alcun richiamo a quale sia la concreta situazione da porre all’esame del giudice.
Il ricorso del singolo allevatore, per risultare ammissibile, deve specificare quanto meno quale sia la pretesa posta dall’A.g.e.a. a base del proprio provvedimento e quali siano il petitum (cioè la domanda di ritenere non dovuto in tutto o in parte l’importo determinato dall’Amministrazione) e la causa petendi (la ragione giuridica posta a fondamento della pretesa).
Affinché la censura risulti chiara ed intellegibile (e non generica), ed affinché essa sia considerata rilevante, occorre dunque che il ricorso del singolo allevatore non solo lamenti ‘in astratto’ un vizio, ma individui ‘in concreto’ come la fondatezza della censura comporterebbe l’accertamento o della non spettanza dell’intero importo richiesto dall’A.g.e.a. o della non spettanza di una parte dell’importo, con conseguente riduzione del dovuto: le sentenze non possono affermare ‘principi astratti’, se non risulta la rilevanza della questione sulle posizioni individuali.
E’ dunque indispensabile non solo indicare quale sia l’annata lattiera oggetto del giudizio (o quali siano le annate lattiere), dovendosi verificare quali siano le disposizioni europee e quelle nazionali applicabili, ma occorre anche determinare quale sia il quantum della pretesa dell’Amministrazione e quale sia la somma inferiore che invece ritenga dovuta il ricorrente, ovvero occorre precisare se l’accoglimento della censura comporti che proprio nulla sia dovuto.
La specificazione di una tale censura è necessaria anche sulla base dei principi del giusto processo e degli articoli 24 e 111 della Costituzione, poiché:
si deve consentire all’Amministrazione intimata di potersi difendere, con riferimento ad una domanda chiara nel suo contenuto e avente per oggetto deduzioni specifiche e concrete;
si deve consentire al giudice di emanare sentenze che siano utili ‘in concreto’ e che non rischino di essere ‘astratte’, perché non riferibili concretamente al caso posto al suo esame.
8.-- Tali considerazioni di carattere processuale, già di per sé rilevanti quando vi sia il ricorso del singolo allevatore, a maggior ragione rilevano quando sia proposto un ricorso collettivo, pur quando si tratti di quote latte.
La circostanza che – anche per esigenze organizzative – l’Amministrazione emana atti plurimi scindibili, menzionando più allevatori nello stesso provvedimento, ovvero la circostanza che siano emanati atti di contenuto identico, non elimina l’esigenza che i ricorsi giurisdizionali siano chiari e determinati nel loro contenuto e, anzi, la rafforza.
Anche in considerazione della complessità della normativa europea e di quella nazionale succedutasi nel tempo, le censure dei ricorrenti devono essere specifiche, indicare con chiarezza il petitum e la causa petendi e dunque consentire la comprensibilità delle censure sia da parte dell’Amministrazione intimata, che da parte del giudice.
L’Amministrazione deve poter approntare una adeguata difesa (se del caso depositando gli atti riguardanti le specifiche posizioni individuali, specie quando sia stata dedotta la prescrizione, la decadenza o la compensazione).
Inoltre, occorre consentire che lo stesso giudice possa verificare se le censure siano rilevanti e se, nel caso di loro accoglimento, le sue statuizioni si possano correttamente riferire a specifiche posizioni individuali.
In altri termini, sotto tale profilo non è conforme ai principi enunciati dal codice del processo amministrativo la pretesa di più ricorrenti che propongano censure richiamando distinti rapporti giuridici e chiedendo l’affermazione di ‘principi’, senza consentire al giudice di verificare su quali rapporti giuridici (e come) andrebbero ad incidere le proprie statuizioni.
Del resto, nel sistema della giustizia amministrativa le sentenze devono contenere statuizioni chiare ed idonee a passare in giudicato e non si può ammettere che il contenzioso – in presenza di ‘sentenze astratte ‘di principio’ - si ripeta ineluttabilmente nella sede d’ottemperanza per verificare se e in che limiti le eventuali statuizioni di accoglimento del giudizio di cognizione abbiano inciso sulle singole sfere giuridiche.
Va pertanto affermato il principio per il quale il ricorso introduttivo – se proposto collettivamente – deve contenere per i singoli rapporti giuridici, e con la necessaria chiarezza e precisione, tutte le indicazioni indispensabili affinché l’Amministrazione intimata possa adeguatamente difendersi innanzi al giudice, e affinché lo stesso giudice possa verificare il come le sue eventuali statuizioni di accoglimento vadano ad incidere sulle posizioni individuali.
Si deve anche considerare - nel contenzioso riguardante le quote latte – che alla pretesa dell’Amministrazione avente per oggetto una somma di denaro si contrappone la pretesa del ricorrente di pagare una somma inferiore o di non pagare affatto.
Non è dunque disagevole per la parte ricorrente il rispetto della regola di chiarezza e precisione, per la quale è suo onere indicare – unitamente alla censura formulata – anche quale debba essere l’incidenza dell’auspicata sentenza di accoglimento sul singolo rapporto giuridico che la riguarda.
9.-- Anche sulla base di tali considerazioni, ritiene la Sezione di dover ribadire e fare propria la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, che si è specificamente formata in materia di contenzioso sulle quote latte.
Al riguardo, si è osservato che – quando è proposto un ricorso collettivo e cumulativo – le censure:
- ‘implicano un onere di differenziazione e specificazione della censura in funzione delle singole posizioni’ (Cons. Stato, Sez. II, 23 maggio 2019, n. 3371);
- sono inammissibili quando riguardano senza adeguate specificazioni ‘pretesi vizi della concreta determinazione dell’importo singolarmente dovuto da ogni azienda’ (Cons. Stato, Sez. III, 2019, n. 1889);
- sono inammissibili quando – nel dedurre la maturata prescrizione – non si riferiscono ‘ai singoli e distinti rapporti obbligatori che legano ciascuno dei ricorrenti all’Amministrazione, siccome inevitabilmente contraddistinti, quanto a genesi e gestione del rapporto, a presupposti del tutto autonomi’ (Cons. Stato, Sez. III, 1° aprile 2022, n. 2425;sez. III, 27 aprile 2022, n. 3262, Sez. III, 27 aprile 2022, n. 3267;Sez. III, 11 novembre 2021, n. 7527), il che va affermato anche quando si deducano generiche censure sulla ‘compensazione’ (Cons Stato, Sez. III, 21 dicembre 2021, n. 8488;Sez. II, 23 maggio 2019, n. 3371) o sulla prescrizione (Cons Stato, Sez. III, 21 dicembre 2021, n. 8488);
- sono inammissibili se ‘ non è dato comprendere quali siano, nello specifico, i fatti costitutivi della pretesa avanzata da ciascuna azienda, in relazione alla situazione di ciascuna di esse ’ o ‘ se vi sia conflitto (anche solo potenziale) fra le ragioni di tali pretese, dal momento che il gravame si risolve in una (reiterazione della) critica ‘di sistema’ alla disciplina dei provvedimenti in materia di quote latte ’ (Cons. Stato, Sez. III, 27 aprile 2022, n. 3267);
- sono inammissibili se si sia lamentato ‘ genericamente l’illegittimità ora delle previsioni nazionali relative al recupero supplementare rispetto alla normativa comunitaria o ai principi costituzionali, ora la violazione delle norme che regolano il procedimento amministrativo, nonché della procedura normata dall’articolo 8 quinquies della legge 33 del 2009, ora gli errori nella determinazione dell’an e del quantum intimato, senza mai dedurre effetti specifici e diretti a loro pregiudizio correlati ai vizi ’ dedotti, tale da non rendere possibile il riferire le censure alle singole posizioni (Cons. Stato, Sez. III, 7 giugno 2022, n. 4630).
Va pertanto anche condiviso l’orientamento per il quale – anche nel giudizio di impugnazione in tema di quote latte – ‘ la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i vizi-motivi si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo ’ (Cons. Stato, Sez. III, 11 novembre 2021, n. 8527).
Tali considerazioni rilevano a maggior ragione, quando con un unico ricorso distinti interessati impugnano atti riguardanti annate lattiere differenti (Cons. Stato, Sez. III, 11 novembre 2021, n. 8527, cit.).
Infatti, le regole processuali non consentono che – in assenza della necessaria specificazione della parte ricorrente – il giudice debba verificare, in sede di esame dei singoli motivi di ricorso, quali di essi riguardino un ricorrente e quali un altro ricorrente, non consentono che in presenza di una deduzione generica – ad esempio sulla violazione dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia – il giudice debba d’ufficio verificare per quali singoli rapporti sia rilevante, né consentono, quando si eccepisca la prescrizione, di esaminare posizione per posizione quali siano le date rilevanti di esigibilità del credito, di interruzione , ecc.: tutto ciò costituisce onere per il ricorrente, dovendo il giudice verificare se le deduzioni di parte (complete nella descrizione dei fatti) siano o meno fondate.
10.-- Per le considerazioni che precedono, ritiene la Sezione che la sentenza impugnata abbia correttamente dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.
Effettivamente le censure originarie, pur dettagliate con riferimento a specifiche tematiche concernenti la normativa di settore, non hanno individuato nei loro passaggi argomentativi ‘le specifiche posizioni dei singoli ricorrenti’, non hanno individuato le possibili incidenze delle invocate statuizioni del giudice sui singoli ricorrenti e per le singole annate, non hanno chiarito come una favorevole sentenza sarebbe potuta andare a vantaggio di tutti.
Come ha correttamente evidenziato la sentenza appellata, “ non vi è identità di posizioni né sostanziali né processuali fra gli esponenti. Le cartelle impugnate con il ricorso, così come le intimazioni di pagamento oggetto del ricorso per motivi aggiunti, attengono a distinti e autonomi rapporti creditori diversi nell’an, nel quantum, nel tempus, con proprie specificità sostanziali e procedimentali (a solo titolo esemplificativo in punto di prescrizione e sua eventuale interruzione, data ovvero modalità di notifica delle intimazione al pagamento e degli atti di riscossione coattiva, valutazione delle operazioni di compensazione “atecnica” dei debiti;modalità di contabilizzazione degli interessi;presentazione di istanze di rateizzazione e loro accoglimento o rifiuto) ”.
Inoltre, il TAR ha anche puntualmente evidenziato come alcuni ricorrenti si trovassero in situazioni peculiari per ragioni processuali, avendo già impugnato in altri giudizi gli atti pure impugnati in primo grado.
11.-- Fermo restando la sopra rilevata ragione di inammissibilità delle censure di primo di primo grado, osserva la Sezione che la censura riportata a pp. 23 ss. dell’atto d’appello (sul contrasto della normativa nazionale applicata dall’A.g.e.a., per contrasto col diritto europeo come ricostruito dalla Corte di Giustizia con la sentenza 27 giugno 2019, in C-348/18 e in C-46/18) va anch’essa considerata generica, per le medesime ragioni sopra esposte.
Con tale censura si è in dettaglio riportato il contenuto delle censure di primo grado e si è richiamata la sentenza citata della Corte di Giustizia, senza chiarire in concreto quale incidenza dovrebbe avere tale sentenza sui singoli atti impugnati e sulle singole posizioni.
In primo grado, come si desume anche da p. 6, § 1, dell’atto d’appello, sono stati impugnati dagli interessati gli atti riguardanti le singole aziende agricole ‘ a partire dalla campagna lattiero-casearia 1995-96 e fino alla campagna 2008-09 ’.
In assenza di ulteriori specificazioni, non è dunque possibile verificare quale sia stata l’incidenza concreta dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia sulle posizioni giuridiche individuali.
12.-- Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
La condanna al pagamento delle spese del secondo grado segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.