Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-08-26, n. 202005230

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-08-26, n. 202005230
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005230
Data del deposito : 26 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/08/2020

N. 05230/2020REG.PROV.COLL.

N. 07093/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7093 del 2019, proposto da
Comune di Rende, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati V Z e P F, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

Asd Tennis Club Rende, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P V e F J, con domicilio digitale come registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F J in Roma, al viale Parioli, n. 72;

nei confronti

Centrale Unica di Committenza Rende-Montalto Uffugo, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro, sez. I, n. 1468 del 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Asd Tc Rende;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati V Z, P F e F J;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con rituale ricorso proposto dinanzi al TAR per la Calabria, Tennis Club Rende, associazione sportiva dilettantistica e gestore del centro sportivo tennistico in loc. Commenda del Comune di Rende, impugnava il bando con il quale l’Amministrazione comunale aveva indetto una gara per l’affidamento, in project financing , della concessione per la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva, la riqualificazione e la gestione dell’impianto sportivo.

A sostegno del gravame, si doleva della illegittimità della lex specialis di procedura, nella parte in cui imponeva (all’art. 12, punto B.3) quale requisito economico-finanziario per il servizio di gestione il possesso di un capitale minimo di €. 55.000: trattandosi di clausola asseritamente preclusiva della propria partecipazione alla gara, ne prospettava il contrasto con l’art. 90 comma 25, l. n. 289/2002 (che dà normativa preferenza alle associazioni dilettantistiche nella gestione degli impianti), con l’art. 26 del regolamento comunale per la gestione e l’uso degli impianti sportivi e con il canone del favor partecipationis una ad eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni e disparità di trattamento (non avendo l’Amministrazione inteso prendere in considerazione, al contrario di quanto fatto con altre associazioni sportive, la richiesta di rinnovo della concessione, sulla formulata proposta di miglioramento dell’impianto).

2.- Nella resistenza del Comune intimato, con sentenza n. 1468/2019 il TAR adito accoglieva il ricorso, sul complessivo ed argomentato assunto:

a ) che – non essendo stata impugnata l’opzione programmatica, affidata alla delibera n. 128 del 18.05.2018, di ricorso alla procedura di project financing (peraltro, di per sé legittima, in quanto rientrante nella discrezionalità dell’amministrazione e non contrastante con l’ipotesi alternativa del rinnovo, di carattere meramente facoltativo) – la stessa dovesse ritenersi non contestabile, con conseguente inammissibilità dell’implicito rigetto di rinnovo della concessione in essere;

b ) che non fosse revocabile in dubbio l’attitudine escludente della clausola di bando in contestazione, che legittimava l’immediata impugnazione anche in assenza di domanda di partecipazione alla gara;

c ) che, nel merito, dovesse ritenersi non proporzionata e non giustificata (in considerazione del generale canone di massima partecipazione e dello specifico favor normativo per le associazioni sportive dilettantistiche in materia di gestione degli impianti sportivi comunali) la fissazione, quale requisito di partecipazione, di un capitale sociale minimo “ spiccatamente elevato ”, irragionevolmente restrittivo della concorrenza.

3.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Comune di Rende impugna la ridetta statuizione, di cui lamenta la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma.

Si è costituita in giudizio, per resistere all’impugnazione, Tennis Club Rende.

Alla pubblica udienza del 2 luglio 2020 la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e va accolto.

2.- Merita di essere esaminato con priorità, per la sua attitudine assorbente, il secondo motivo di appello, con il quale l’Amministrazione lamenta error in judicando per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183, comma 8, d. lgs. n. 50/2016, dell’art. 95 del d.p.r. 207/2010, vigente ai sensi dell’art. 217 c. 1, lett. u), del d. lgs. n. 50/2016.

2.1.- Importa premettere, in termini generali, che l’art. 83 del Codice dei contratti pubblici orienta, conforma e limita la discrezionalità amministrativa nella individuazione e prefigurazione dei requisiti economici, tecnici e professionali per l’accesso alle procedure evidenziali, alla luce del fondamentale canone di massimizzazione del “ numero dei potenziali partecipanti ”, riguardato quale eminente “ interesse pubblico ” ma rispondente, altresì, alla logica della tutela dei “ principi di libera concorrenza ” e di accesso paritario, non distorto e non discriminatorio alle pubbliche commesse (cfr. art. 30, comma 1).

A tal fine, si postula che la definizione dei “ requisiti ” e delle “ capacità ” richiesti agli operatori economici, di per sé idonea a restringere e limitare la platea degli aspiranti concorrenti, si ispiri ad una direttiva di attinenza e proporzionalità , che ne impone una parametrazione in concreto qualitativamente pertinente alla tipologia e alla natura del contratto e quantitativamente misurata all’oggetto ed alla consistenza delle prestazioni negoziali. E ciò al fine di salvaguardare, ad un tempo e sulla scorta di un ragionevole bilanciamento, l’interesse pubblico alla selezione di un contraente affidabile e dotato delle necessarie risorse tecniche, economiche, finanziarie e professionali e l’interesse privato all’accesso al mercato rilevante dei pubblici lavori, servizi e forniture (cfr., ex permultis , Cons. Stato, sez. III, 8 novembre 2017, n. 5170): bilanciamento da effettuare, all’evidenza, in concreto , alla luce della specifica tipologia e delle effettive modalità del programmato affidamento.

2.2.- Ai riassunti canoni ha, in principio, fatto mostra di adeguarsi – con pregevole ed articolata motivazione – il primo giudice, il quale ha, peraltro, ritenuto:

a ) che l’imposizione di un capitale sociale (da intendersi per le associazioni sportive dilettantistiche integrato con il fondo di dotazione, costituito dai versamenti e/o dagli apporti effettuati dai soci fondatori) pari ad €. 55.000 risultasse, in concreto, “ spiccatamente elevato ”, posto che le associazioni sportive dilettantistiche possono avere, ex art. 90 l. 289/2002, tanto la forma delle associazioni non riconosciute (disciplinate dal codice civile senza prescrizione di un minimo di dotazione iniziale) quanto quella delle associazioni riconosciute ai sensi del d.P.R. 361/2000 (per le quali il regolamento statale affida volta a volta alla Amministrazione statale periferica il riscontro di adeguatezza dei requisiti patrimoniali alla realizzazione dello scopo, essendo rimessa alla normativa regionale la fissazione dei requisiti per l’acquisto della personalità giuridica in caso di finalità statutarie territorialmente circoscritte);

b ) che la evidenziata sproporzione (correlata al rilievo la Regione Calabria, al pari della normativa nazionale, non richiedeva un capitale minimo per l’apprezzamento di adeguatezza, a differenza di altre Regioni che – comunque – si orientavano a postulare una dotazione minima di € 15.000, ben inferiore a quella richiesta per la partecipazione alla gara in contestazione) emergeva anche dal confronto con i capitali minimi richiesti dalla generale disciplina del codice civile per le società per azioni (€ 50.000: cfr. art. 2327 c.c.) e per le società a responsabilità limitata ordinarie (€ 10.000: cfr. art. 2463 c.c.);

c ) che l’argomentata inadeguatezza traeva alimento anche dal concorrente rilievo della “rigidità” del riferimento al capitale sociale, essendo semmai il fatturato ed il patrimonio sociale più adeguati indici della capacità economico-finanziaria degli operatori: e ciò tanto più che, a termini di bando, la garanzia di solvibilità per i rischi di inadempimento contrattuale sarebbe stata offerta, per l’appunto, dal fatturato e dalla ulteriore garanzia (a fronte della partecipazione in forma necessariamente associata alla operazione negoziale in finanza di progetto che prevedeva la qualificazione per la progettazione e l’esecuzione di lavori) della mandataria;

d ) che, in ogni caso, la “ esosa ” richiesta di dotazione finanziaria anche ai soggetti “ preferiti dalla normativa per la gestione degli impianti ” non fosse esclusa dalla possibilità, riconosciuta ai concorrenti che non raggiungessero i requisiti dimensionali, di partecipare alla gara in forma associata ovvero di fare ricorso all'istituto, peraltro oneroso, dell'avvalimento, presupponendo pur sempre questa possibilità requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica proporzionati e coerenti con l'oggetto della gara.

2.3.- Si tratta di motivazione che non resiste alle critiche formulate dal Comune appellante.

Essa trascura di considerare che oggetto di gara era, come chiarito, non già il semplice affidamento in gestione degli impianti sportivi esistenti (per i quali non è dubbio l’evidenziato favor per le associazioni sportive dilettantistiche), ma – più comprensivamente – l’affidamento in concessione, mediante project financing , della progettazione (definitiva ed esecutiva), dei lavori di adeguamento degli impianti e della successiva gestione degli stessi.

Orbene, i requisiti soggettivi per essere ammessi alla procedura di finanza di progetto sono indicati all’art. 183, comma 8 del d. lgs. n. 50/2016, che fa espresso richiamo ai requisiti previsti “ per i concessionari ”.

Più specificamente, i requisiti in questione trovano il loro fondamento, da una parte, nel previgente regolamento e, segnatamente, nell’art. 95 del D.P.R. n. 207/2010 (destinato a restare in vigore, ai sensi dell’art. 217, comma 1 lettera u ) n. 1, fino alla approvazione degli “ atti attuativi ” del nuovo Codice ) e, dall’altra – relativamente ai motivi di esclusione – negli artt. 80 e 136.

L’art. 95 cit., che contiene la disciplina relativa ai concessionari, rinvia, a sua volta, a quella contenuta negli attuali artt. 83 e 84 del Codice (che sostituiscono, nel contesto del carattere mobile del rinvio, l’art. 40 del Codice previgente) e all’art. 79, comma 7 dello stesso regolamento, il quale prevede altri quattro “ requisiti d’ordine speciale ”, attinenti: a ) alla adeguata capacità economica e finanziaria; b ) alla adeguata idoneità tecnica e organizzativa; c ) alla adeguata dotazione di attrezzature tecniche; d ) all’adeguato organico medio annuo.

Ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono, infine, specificamente previsti dallo stesso art. 95, comma 1 del regolamento, segnatamente sotto gli aspetti del valore del fatturato medio, del capitale sociale e dell’esperienza dell’impresa nello svolgimento di servizi affini a quello per il quale si candida.

In particolare, l’art. 95, comma 1 lettera b ) prescrive il possesso di un “ capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell'investimento previsto per l'intervento ”.

Alla luce di quest’ultimo dato, e considerando che il valore della commessa in contestazione era pari ad € 1.070.000,00, il capitale minimo richiesto ai concorrenti era pari ad € 53.500,00, rispetto al quale appare del tutto ragionevole l’opzione di arrotondamento ad € 55.000,00, operata dal Comune appellante.

3.- Le considerazioni che precedono sono sufficienti ai fini dell’accoglimento dell’appello.

Sussistono giustificate ragioni, avuto riguardo alle peculiarità della vicenda procedimentale, per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione di spese e competenze del doppio grado.

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