Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-06-20, n. 202205076
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Testo completo
Pubblicato il 20/06/2022
N. 05076/2022REG.PROV.COLL.
N. 00046/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 46 del 2022, proposto dalla società -OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore , nonché dal sig. -OMISSIS-, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Salvatore Attinà, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Cicerone, n. 49;
contro
il Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo Reggio Calabria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2022 il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli appellanti, con il ricorso introduttivo del presente giudizio, hanno chiesto il ristoro dei danni che lamentano di aver subito nel periodo di forzata interruzione dell’attività commerciale svolta a cagione dell’ordinanza n. -OMISSIS-assunta dal Comune di Reggio Calabria e avente ad oggetto la revoca della concessione di “ posteggio e vendita ” di prodotti ortofrutticoli al minuto presso il locale mercato di -OMISSIS-.
1.1. Il suddetto provvedimento di ritiro si basava su un’informativa antimafia interdittiva emessa dal Prefetto di Reggio Calabria, prot. -OMISSIS-, successivamente annullata dal TAR per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, con la sentenza -OMISSIS-
1.2. Il richiamato provvedimento interdittivo si fondava sulle seguenti premesse giustificative:
i ) il contesto familiare nel quale è inserito l’appellante, -OMISSIS-, socio e amministratore della -OMISSIS-, composto da prossimi congiunti (tra gli altri, i fratelli -OMISSIS-, gli ultimi due rimasti uccisi in agguati di stampo mafioso), già attinti da condanne penali e ritenuti gravitanti nell’orbita di una cosca di ‘ndrangheta operante nel territorio reggino, a loro volta ulteriormente legati ad altri soggetti parimenti controindicati ai sensi della legislazione antimafia;
ii ) una condanna del 1993 riportata dal signor -OMISSIS-per associazione a delinquere continuata ed estorsione continuata (rilevante in quanto reato cd. “ spia ”), oltreché nel 1992 per danneggiamento e invasione dei terreni;
iii ) i precedenti dell’altro socio, signor -OMISSIS-, anch’egli deceduto a seguito di agguato mafioso;
iiii) esiti dei controlli cui risultavano essere stati sottoposti i soci e che portavano all’emersione, nel 2009, di contatti con soggetto avente pregiudizi per reati associativi e strumentali al mantenimento di organizzazioni mafiose e, nel 2015, e, quanto allo stesso ricorrente, con il signor --OMISSIS-, gravato da pregiudizi per rapina, lesioni personali e frode nell’esercizio del commercio.
1.3. Il TAR, dopo aver accolto l’istanza cautelare con l’ordinanza del -OMISSIS- cui faceva seguito la riapertura, in data 3 luglio 2018, del posteggio di vendita, con la sopra richiamata decisione, annullava l’informativa, rilevando l’assenza di un quadro indiziario idoneo a giustificare il giudizio di attualità e concretezza del dedotto pericolo infiltrativo.
2. A seguito di tale sentenza, con il ricorso di primo grado gli appellanti, come già sopra anticipato, azionavano una mirata pretesa risarcitoria, ma il TAR, con la qui gravata pronuncia, respingeva il ricorso, rilevando, in sintesi, come “ pur sussistendo alcuni degli elementi atti a ritenere sussistente la responsabilità della Prefettura (illegittimità del provvedimento, nesso causale nei confronti dei danni lamentati dal ricorrente, ancorché, questi ultimi, siano contestati dalla difesa erariale), manca, ad avviso del Collegio, un ulteriore presupposto indispensabile a sostenere la domanda risarcitoria e cioè l’elemento soggettivo costituito dalla colpa dell’ente procedente ”.
2.1. L’assenza di un’oggettiva rimproverabilità dell’azione amministrativa risiede, ad avviso del TAR, nel fatto che gli elementi posti alla base dell’informativa non sarebbero stati smentiti nella loro oggettività.
In altri termini, pur essendo vero che gli elementi sintomatici del rischio infiltrativo non fossero risultati suffragati da un adeguato corredo istruttorio, tale da superare il vaglio giurisdizionale di legittimità, il giudice di prime cure ha concluso nel senso che “ non sembra potersi affermare che l’apprezzamento eseguito dalla Prefettura di Reggio Calabria sia solo per questa ragione gravemente carente, illogico o addirittura arbitrario, al punto da escludere in radice che la valutazione interdittiva si sia fondato su un quadro fattuale dotato dei requisiti minimi di attendibilità probatoria ”.
3. Avverso la richiamata pronuncia, il sig. -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della -OMISSIS-, con il mezzo in epigrafe, censura la sentenza del TAR per la mancata valorizzazione dell’elemento soggettivo della negligenza, imprudenza e imperizia in cui sarebbe invece incorsa l’Amministrazione nell’adottare l’interdittiva antimafia, poi annullata.
3.1. Vi sarebbe stata, infatti, secondo la prospettazione degli appellanti, una grave carenza istruttoria, avendo l’Amministrazione mancato di appurare il profilo dell’attualità del pericolo infiltrativo, avendo il sig. -OMISSIS-da molto tempo interrotto i rapporti con la propria famiglia d’origine.
3.2. Inoltre, la Prefettura avrebbe, altresì, mancato di valutare alcuni elementi a favore dell’appellante, quali l’assenza di procedimenti, definiti o pendenti, per l’applicazione di misure di prevenzione ai sensi dell’art. 67 del D.lgs. 159/2001; l’assenza di condanne e procedimenti penali pendenti per reati inquadrabili nelle fattispecie previste dall’art. 84 c. 4 del D.lgs 159/2011; il fatto che il signor --OMISSIS-risulti immune da pregiudizi di polizia e penali e che il nucleo familiare convivente sia rimasto parimenti immune da qualsivoglia rilievo.
3.3 La revoca dell’autorizzazione sarebbe stata adottata in assenza di elementi nuovi e quindi dovrebbe intendersi espressione di un mero mutamento di giudizio, inverando un’inammissibile rivalutazione di elementi risalenti e già noti all’Amministrazione che fino ad allora erano stati ritenuti non ostativi.
3.4. In definitiva, l’Amministrazione avrebbe emesso un provvedimento interdittivo in assenza di riscontri quantomeno attendibili, basandolo su un mero sospetto e su congetture prive di riscontro.
Inoltre, l’Autorità intimata avrebbe del tutto mancato di fornire la prova della scusabilità del proprio comportamento, così dimostrando, a contrario , di essere incorsa in un errore inescusabile.
4. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, eccependo l’infondatezza della domanda avversaria, di cui chiede il rigetto.
4.1. All’ udienza del 9 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
5.1. Facendo richiamo a principi giurisprudenziali noti, e ancora di recente ribaditi dall’ Adunanza Plenaria di questo Consiglio, che riconducono la responsabilità in cui incorre l’amministrazione per l’esercizio delle sue funzioni pubbliche al paradigma della responsabilità da fatto illecito “ sia pure con gli inevitabili adattamenti richiesti dalla sua collocazione ordinamentale nei rapporti intersoggettivi, quale risultante dall’evoluzione