Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-07-13, n. 202004531
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Pubblicato il 13/07/2020
N. 04531/2020REG.PROV.COLL.
N. 04783/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4783 del 2018, proposto da
Autorità per Le Garanzie Nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Rai S.p.A., rappresentato e difeso dall'avvocato E S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 03007/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Rai S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Giovanni Orsini e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84 comma 5 del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft teams” come previsto dalla circolare n . 6305 del 13 marzo 20120 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata il Tar per il Lazio ha accolto il ricorso di RAI S.p.A. per l’annullamento dell’atto adottato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 287 del 22 dicembre 2004 di diffida a cessare il comportamento illegittimo, consistente nella trasmissione di un messaggio pubblicitario in adiacenza a cartone animato, in violazione dell’articolo 3, comma 4, della delibera n. 538 del 2001, non rendendo così distinguibile, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1990, la pubblicità dal resto della programmazione.
Il Tar ha ritenuto, in particolare, che la trasmissione, tra il cartone animato e lo spot pubblicitario, di un messaggio di promozione di un altro programma televisivo rendesse riconoscibile la natura pubblicitaria dello spot anche per un pubblico di minori.
2. L’Autorità ha dedotto con l’appello in esame l’erroneità della sentenza di primo grado per violazione e falsa applicazione dell’articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1990 e dell’articolo 3, comma 4, della delibera n. 538 del 2001.
3. Rai S.p.A. si è costituita in giudizio con la memoria del 12 luglio 2018 e ha depositato un’ulteriore memoria in data 18 maggio 2020. La società appellata ripropone, tra l’altro, due motivi già dedotti e assorbiti in primo grado concernenti la violazione degli articoli 29 e 30 del regolamento sull’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i principi sul giusto procedimento di cui alla legge n. 241 del 1990 e la violazione e falsa applicazione dell’articolo 31, comma 4, della legge n. 223 del 1990 e dell’articolo 14 della legge n. 689 del 1981.
4. Nell’udienza del 4 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è fondato.
5.1. Nell’ambito delle misure concernenti la riconoscibilità del messaggio pubblicitario rispetto al resto della programmazione televisiva l’articolo 3 della delibera n. 538 del 2001 dell’Autorità (adottata ai sensi della legge n. 249 del 1997) stabilisce una tutela rafforzata nei confronti dei minori prevedendo espressamente che nella pubblicità diffusa prima o dopo i cartoni animati non possono comparire i personaggi dei medesimi cartoni animati .
La disposizione è attuativa delle norme nazionali ed europee in materia di protezione dei minori nell’ambito del più generale principio della riconoscibilità della pubblicità rispetto al resto della programmazione (direttiva 97/36/CE, legge n. 223/1990) e del codice di autoregolamentazione Tv e minori del 29 novembre 2002. Nel testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui al decreto legislativo n.177 del 2005 è stato più recentemente stabilito al riguardo, all’articolo 36 bis, lett. g), che le comunicazioni commerciali audiovisive non possono esortare i minori ad acquistare un prodotto sfruttando la loro inesperienza , né incoraggiarli a persuadere i loro genitori o altri ad acquistare beni e servizi pubblicizzati.
Nel caso di specie, la delibera di cui la società appellata ha richiesto l’annullamento ha intimato di non protrarre ulteriormente la trasmissione di uno spot pubblicitario relativo ad un giornale di cartoni animati trasmesso (insieme ad altri spot relativi a prodotti diversi) dopo la trasmissione dello stesso cartone animato con il solo intervallo di un altro annuncio concernente un diverso programma televisivo.
La sentenza del Tar, pur riconoscendo la particolare tutela che la legge e la delibera n. 538 riconoscono ai minori, ha accolto il ricorso di Rai S.p.A. esclusivamente sulla base della sussistenza di tale intervallo che di per sé renderebbe distinguibile il programma di cartoni animati e la pubblicità relativa alla pubblicazione a stampa dello stesso cartone.
La decisione del primo giudice non è condivisibile in quanto, tenuto conto anche del fatto che i minori in questo caso appartengono con ogni probabilità alla fascia dell’infanzia, le disposizioni richiamate devono essere interpretate rigorosamente, escludendo che tutti gli spot pubblicitari adiacenti alla trasmissione, trasmessi cioè durante la stessa e negli spazi pubblicitari precedenti e successivi (anche se inframmezzati da altri annunci) sollecitino all’acquisto di prodotti sfruttando la confusione che si può determinare tra il programma televisivo e il messaggio pubblicitario.
5.2. Per quanto riguarda i motivi riproposti da Rai S.p.A. si deve precisare che, come riferito dalla stessa società, prima dell’adozione della delibera n. 538 l’Autorità ha proceduto alla consultazione delle emittenti radiofoniche e televisive e delle concessionarie e agenzie di pubblicità dando conto nel documento conclusivo di sintesi delle osservazioni formulate. Il testo della delibera adottata ha poi indirettamente motivato l’adozione delle disposizioni oggetto di contestazione sulla base delle esigenze di tutela rafforzata dei minori contenute nelle norme di rango primario. D’altra parte, per ciò che concerne la tardività della diffida in violazione dell’articolo 14 della legge n. 689 del 1981, si può prescindere nel caso di specie dalla censura rivolta nei confronti dell’articolo 4, comma 1, del regolamento in materia di procedure sanzionatorie dell’Autorità, dato che il provvedimento si è limitato ad intimare la non reiterazione di un comportamento considerato illegittimo senza comminare ulteriori sanzioni conseguenziali, di talché la società non ha comunque subito alcun pregiudizio derivante dall’asserito ritardo nell’adozione del provvedimento.
5.3. Deve essere respinta infine l’eccezione di inammissibilità proposta da Rai S.p.A. inerente l’assenza di interesse dell’Autorità ad appellare una sentenza che ha accolto il ricorso per l’annullamento di un provvedimento da cui non potrebbero ormai più scaturire, a causa del tempo trascorso, ulteriori effetti. Non appare condivisibile, sul punto, quanto affermato dalla società appellata nella memoria del 18 maggio 2020 circa l’applicabilità del principio riconducibile anche all’articolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990 che precluderebbe alle amministrazioni pubbliche di agire solo al fine di ripristinare la legalità o per mero interesse morale. È invece riscontrabile nella controversia in esame un interesse dell’Autorità, quale soggetto preposto, in questo caso, al controllo sul rispetto di disposizioni concernenti la specifica tutela dei minori in ambito pubblicitario televisivo, ad ottenere la riforma di una sentenza che ha interpretato in modo restrittivo l’esercizio di tale potere e ciò anche al fine di evitare in futuro la reiterazione di condotte simili da parte della appellata RAI.
6. Sulla base delle esposte considerazioni, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, è respinto il ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza nei termini di cui al dispositivo.