Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2025-02-25, n. 202501635

TAR Bari
Sentenza
4 dicembre 2013
CS
Rigetto
Sentenza
5 giugno 2018
CS
Inammissibile
Sentenza
4 giugno 2020
CS
Rigetto
Sentenza
25 febbraio 2025
CS
Rigetto
Sentenza
28 maggio 2019
CS
Accoglimento
Sentenza
12 gennaio 2017
CS
Inammissibile
Sentenza
17 aprile 2018
CS
Parere definitivo
20 febbraio 2017
CS
Accoglimento
Sentenza
4 maggio 2015
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Sentenza
4 dicembre 2013
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4 maggio 2015
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Parere definitivo
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Inammissibile
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5 giugno 2018
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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2025-02-25, n. 202501635
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202501635
Data del deposito : 25 febbraio 2025
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/02/2025

N. 01635/2025REG.PROV.COLL.

N. 04597/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4597 del 2024, proposto da
CH UT, rappresentato e difeso dall'avvocato Felice Eugenio Lorusso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Balducci e Lanza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Giunta Regionale della Regione Puglia, non costituita in giudizio;



per l’ottemperanza

alla sentenza del Consiglio di Stato sez. V n. 2237/2015, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2024 il Consigliere Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Lorusso, Balducci e l'avvocato Filippo Giorgio in dichiarata delega dell'avvocato Lanza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. L’ing. UT, in qualità di quarto classificato alla gara per la progettazione preliminare della nuova sede del Consiglio Regionale della Puglia, impugnava l’aggiudicazione dinanzi al T.A.R. per la Puglia, censurando l’operato della commissione sotto molteplici profili.

Il giudizio si concludeva dinanzi al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 458 del 2007, riteneva che nessun vizio potesse essere rilevato nelle valutazioni della commissione di gara.

Nel medesimo periodo, nel maggio 2008, veniva promossa da parte della Procura della Repubblica di Bari l’azione penale nei confronti dei membri della commissione valutatrice e di alcuni componenti del RTI che era risultato aggiudicatario, che si concludeva dinanzi alla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6240 del 2013.

La Corte di Cassazione, con la predetta decisione, prendeva atto dell’intervenuta prescrizione dei reati ma, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., scrutinava, ai soli fini civili, il reato di falsità ideologica in atto pubblico, ritenendolo insussistente laddove si era attestato, nei documenti ufficiali della commissione, l’avvenuto confronto a coppie delle offerte.

Quindi, la Corte annullava la sentenza di assoluzione nei confronti dei componenti della commissione di gara, con riferimento alla validità della prescrizione anche agli effetti civili, e rinviava al giudice civile competente per valore in grado di appello.

L’ing. UT, dopo l’emanazione della sentenza penale, inoltrava due istanze (in data 7.2.2013 e in data 16.3.2013) alla Regione Puglia al fine di ottenere un provvedimento in autotutela sull’aggiudicazione disposta.

In seguito al silenzio serbato dalla Regione, il professionista adiva nuovamente al Tribunale amministrativo per la Puglia, perché accertasse e dichiarasse l’obbligo della Regione a provvedere sulle istanze in autotutela, e la condannasse ad adottare i relativi atti.

Il T.A.R., con la sentenza n. 5411del 2004, si pronunciava sulla legittimità della gara di affidamento della progettazione e, con sentenza n. 1612 del 2013, sul silenzio serbato dalla Regione Puglia, relativo alle istanze di riesame del ricorrente.

Il Consiglio di Stato confermava due volte la prima pronuncia relativa alla legittimità della gara, con le sentenze n. 458 del 2007 e n. 2184 del 2010, riformando invece la sentenza n. 1612 del 2013 con la decisione n. 2237 del 2015, e dichiarava nullo il provvedimento adottato in esecuzione della Regione Puglia con delibera G.R. n. 147 del 2016.

Contestualmente, dopo la sentenza penale, l’ing. UT proponeva il giudizio civile dinanzi alla Corte di appello di Bari che, con sentenza n. 451 del 2018, accoglieva in parte la domanda attrice e condannava alcuni componenti della commissione di gara, in solido, al pagamento della somma di euro 2.935.424,00 oltre interessi legali. Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione da entrambe le parti, e la Corte, previa riunione dei ricorsi, cassava la pronuncia impugnata e la rinviava, anche per le spese di lite, alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.

La Corte di appello di Bari, con sentenza n. 905 del 2023, si pronunciava, ma la decisione veniva impugnata in sede di legittimità sia dai componenti della Commissione di gara che dall’ing. UT.

2. Con ricorso per incidente di esecuzione del 22.5.2017, l’ing. UT domandava la declaratoria di annullamento delle delibere G.R. n. 365 e n. 143 del 2017, con le quali la Regione Puglia aveva inteso ottemperare alla pronuncia del Consiglio di Stato n. 2237 del 2015, anche alla luce di quanto statuito nella successiva sentenza n. 51 del 2017, per elusione/violazione del giudicato, nonché, in subordine, la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla impossibilità totale o parziale di attuazione del giudicato.

3. Con sentenza non definitiva n. 3378 del 2018, il Consiglio di Stato respingeva la domanda di accertamento della violazione/elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 2237 del 2015 ad opera delle delibere sopra citate, ritenendo che fosse stata valutata la gravità dei fatti penali relativi alla gara di progettazione (presupposta al presente giudizio) del palazzo della Regione e che, quindi, gli interessi pubblici fossero stati comparati.

Il Collegio osservava che il giudicato di cui all’ottemperanza si trattava atteneva all’obbligo di provvedere alle istanze dell’ing. UT ‘ sostanzialmente volte alla riedizione della procedura di affidamento del progetto preliminare ’ e non l’aggiudicazione in suo favore della gara per la progettazione.

La sentenza non definitiva ribadiva che la Regione aveva ritenuto preferibile tenere in piedi un edificio quasi ultimato, anche se realizzato ad un progetto preliminare prescelto in esito ad una gara gravemente inficiata da fatti di reato, piuttosto che procedere all’annullamento degli atti di gara e di quelli successivi e, quindi, all’abbattimento dell’opera ed alla rimessione in pristino dei luoghi.

Si trattava di una scelta adottata nell’esercizio della discrezionalità amministrativa, oltre che pressoché obbligata, se non altro per ragioni di buon senso.

Quindi, con riferimento alla domanda di declaratoria di nullità dei provvedimenti resi in esecuzione delle sentenze n. 2237 del 2015 e n. 51 del 2017, il Collegio valutava di disporre una verificazione sul progressivo avanzamento dei lavori di realizzazione dell’opera pubblica al fine di decidere sull’ an ed eventualmente sul quantum della domanda di risarcimento, con la quale era stato individuato lo stadio avanzato (31,62%) dei lavori di realizzazione dell’opera attestando, quindi, il corretto esercizio della discrezionalità amministrativa da parte dell’amministrazione regionale.

4. Questa Sezione, con sentenza n. 3491 del 2019, respingeva il ricorso per ottemperanza, in quanto, ‘ l’inerzia dell’amministrazione regionale nel dare seguito alla sentenza sul silenzio, pur sussistente, è risultata priva di efficacia causale relativamente al contenuto del provvedimento da adottarsi da parte della Regione Puglia, che non avrebbe potuto essere favorevole all’interessato nemmeno se fosse stato preso a ridosso di detta sentenza ’ concludendo per il rigetto della domanda di risarcimento del danno, e precisando che ‘ il bene della vita conseguibile, anche nel caso di accoglimento della domanda di ottemperanza, non avrebbe potuto essere né l’aggiudicazione della gara all’ing. UT né il subentro di quest’ultimo nell’attività di progettazione preliminare e/o esecutiva e/o di direzione dei lavori, ma tutt’al più l’indizione di una nuova gara o, in caso di accoglimento della domanda risarcitoria per impossibilità dell’esercizio del potere di annullamento (e di rifacimento delle operazioni di gara) imputabile all’amministrazione, il risarcimento per la perdita delle chances di partecipazione alla gara da rieditare” .

5. Avverso detta pronuncia, il ricorrente presentava ricorso per revocazione per contrasto tra giudicati e errore di fatto, ex artt. 106 c.p.a. e 395 nn. 5 e 4 c.p.c., affidato a due ordini di motivi.

In primo luogo, la pronuncia impugnata si era posta in contrasto con la sentenza della medesima sezione n. 51 del 2017, nella parte in cui aveva assunto ‘ lo stadio dei lavori di realizzazione dell’opera’ come ‘ fatto logicamente imprescindibile per il corretto bilanciamento degli interessi pubblici coinvolti’, ponendosi così in violazione delle statuizioni contenute nella precedente pronuncia, secondo cui il provvedimento regionale (delibera n. 147/2016) risultava ‘elusivo’ proprio per avere considerato: ‘ la mera circostanza dell’avvenuto avanzamento dei lavori’.

In secondo luogo, la sentenza n. 3491 del 2019 di questa Sezione avrebbe ‘ dato di fatto logicamente imprescindibile’ la percentuale di avanzamento lavori del 31,62%, tale da avere indotto la Regione a ritenere preminente l’interesse pubblico alla conservazione degli atti di gara, quando invece la sentenza n. 51 del 2017 aveva dichiarato elusiva la delibera n. 147 del 2016, per il fatto che ‘ finisce per prendere atto della mera circostanza dell’avvenuto avanzamento dei lavori ’ in presenza di un avanzamento lavori al 38,4%, ben superiore al 31,62%.

6. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3520 del 2020, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto la pronuncia n. 51 del 2017 si era limitata a contrastare l’operato elusivo della Regione in relazione ai

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