Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-12-13, n. 202210902
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Testo completo
Pubblicato il 13/12/2022
N. 10902/2022REG.PROV.COLL.
N. 04796/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4796 del 2022, proposto da
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D L in Roma, via Panama n.68;
contro
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di-OMISSIS-, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il Cons. Maria Stella Boscarino e udito per la parte appellante l’avv. Vitiello Catiello, in sostituzione dell'Avv. G M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l’odierna appellante ha impugnato l’ordinanza emessa dal -OMISSIS- Settore Assetto del Territorio - Urbanistica in data 10.04.2009, n.195/09 prot. n.20524 prot. urb. n.3182-07, relativa allo stabilimento produttivo della ricorrente.
Il Comune ha ordinato la demolizione e rimessa in pristino per le seguenti opere:
1) realizzazione di una soletta in cemento sul tratto del canale tra i mappali 17 e 55, con la tombatura del fosso sottostante;
2) ampliamento del fabbricato principale con locali adibiti a servizio igienico – torretta, originariamente usata come cabina elettrica – sgombero – preingresso al laboratorio;
3) costruzione di un manufatto ad uso magazzino sul mappale 1097, di proprietà del Demanio dello Stato;
4) realizzazione di vie di corsa e di una gru a ponte, in parte sulla soletta in cemento di cui al punto 1) e in parte sui mappali 17 e 55;
5) discarica di una notevole quantità di detriti e realizzazione di una scarpata artificiale in blocchi di materiale lapideo sull'argine destro, in corrispondenza del mappale 136, che restringe ed occupa parte dell'alveo naturale del torrente -OMISSIS-.
Il Comune ha ordinato alla -OMISSIS-. la demolizione delle sole opere descritte ai punti 2) e 4), vale a dire l’ampliamento del fabbricato, le vie di corsa, la gru a ponte limitatamente ai mappali 17 e 55. Le restanti opere insisterebbero su proprietà del Demanio dello Stato e per le stesse il Comune ha dato atto delle analoghe determinazioni già assunte dalla Provincia di-OMISSIS-, per quanto di competenza.
2. La ricorrente, dopo aver precisato di aver acquistato il compendio immobiliare -consistente in un complesso artigianale per la lavorazione del marmo- nell’anno 2006, in virtù di apposita dichiarazione nel rogito circa l’anteriorità delle opere al 1967, su aree ricadenti in parte su area demaniale in virtù di concessione trentennale rilasciata alla dante causa, e di aver solo restaurato i beni, poi destinati a spazio espositivo, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione e degli atti presupposti.
3. Il T.A.R. adito, dopo aver disposto istruttoria, ha respinto il ricorso in quanto “ il consulente tecnico ha accertato, …., che le opere indicate nei punti 2) e 4) dell’ordinanza di demolizione sono state eseguite, rispettivamente, dopo il 1975 e dopo il 1957, senza il preventivo rilascio di titolo edilizio, in area a destinazione agricola, posta al di fuori del centro abitato di -OMISSIS- ma già soggetta alla
disciplina del piano regolatore comunale del 1941”, con conseguente “correttezza dell’accertamento eseguito dal Comune e la legittimità dell’ordinanza di demolizione ”.
Inoltre il T.A.R. ha ritenuto:
- insussistente la dedotta confusione di competenze tra Comune e Provincia, in relazione al ripristino dello stato dei luoghi sulle aree di proprietà privata e sulle aree demaniali, poiché l’ordinanza ha individuato, ai punti 2) e 4), gli abusi la cui repressione spetta al Comune distinti dai restanti abusi la cui repressione competeva, all'epoca dei fatti, alla Provincia;
- insussistente alcun affidamento tutelabile alla conservazione della situazione di fatto abusiva, per il decorso del tempo;
- insussistente la dedotta violazione dell’art. 131 della legge regionale n. 1 del 2005, in relazione alla posizione del proprietario incolpevole estraneo alla realizzazione dei lavori abusivi, poiché il -OMISSIS-, con il provvedimento impugnato, non ha disposto l’acquisizione al patrimonio dell’ente dei manufatti non demoliti e dell’area di sedime.
4. La Società appellante lamenta l’erroneità della decisione e rileva, quanto all’intervento contestato al punto 4) dell’ordinanza, eseguito tra il 1957 ed il 1966, come per le costruzioni ubicate al di fuori del centro abitato non vi fosse la necessità di munirsi della licenza edilizia anteriormente all’entrata in vigore della L. n.765/1967 e, anteriormente all’entrata in vigore della Lg. n.1150/1942, neanche per quelle ricadenti all’interno del centro abitato.
Per cui, l’intervento contestato (vie di scorrimento della gru a ponte) doveva ritenersi legittimo in quanto trattavasi di opere eseguite fra il 1957 1966, su un’area all’epoca esterna al perimetro del centro abitato, come comprovato dall’allegato 19 dell’elaborato peritale, e senza che possa rilevare che il Comune fosse dotato di piano regolatore generale fin dal 1941 in quanto lo stesso riguardava solo una porzione del territorio comunale che non comprendeva l’area di proprietà della ricorrente.
Inoltre, il Comune in questione all’epoca non era dotato di regolamento edilizio.
4.1. Anche l’ampliamento in contestazione di cui al punto 2) dell’ordinanza del -OMISSIS-,
contrariamente a quanto affermato, sulla base delle risultanze della CTU, dalla sentenza di primo grado, sarebbe da collocarsi temporalmente in epoca ante 1967, come da documentazione prodotta in primo grado che è stata ignorata dal giudice (dichiarazione del venditore nel rogito; consulenza tecnica ai fini dell’ottenimento del mutuo bancario); con conseguente insussistenza dell’obbligo di munirsi di preventivo rilascio di titolo edilizio.
4.2. La regola generale che pone a carico del privato l’onere probatorio relativo all’epoca di costruzione, argomenta l’appellante, ammette un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive o altre certificazioni attestanti fatti o circostanze rilevanti) e, dall’altro, la P.A non analizzi debitamente tali elementi.
Sebbene la giurisprudenza amministrativa sia costante nel ritenere che l’onere della prova dell’epoca di costruzione del fabbricato incomba sul privato, in recenti pronunce la stessa ha affermato che tale prova possa essere data anche per presunzioni gravi, precise e concordanti (Cons. Stato, Sez. VI, 25-26 gennaio 2022, n.570).
Inoltre, l’attività espletata dal CTU si è sostanziata unicamente in un’indagine di tipo archivistico volta alla ricerca di titoli edilizi e, in difetto, di questi ultimi alla ricostruzione della presumibile datazione degli interventi in contestazione sulla base di sole risultanze documentali, prescindendo totalmente da uno specifico accertamento concreto relativamente ai materiali e alle tecniche di costruzione, che, al contrario, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, possono assumere una significativa rilevanza ai fini della datazione degli interventi edilizi.
5. Costituitosi in giudizio il Comune intimato ha eccepito l’inammissibilità dell’appello con riferimento al motivo relativo al regime dell’edificazione anteriormente alla L. n.765/1967 in quanto nuovo rispetto il ricorso in primo grado e, nel merito, l’infondatezza del gravame, osservando, tra l’altro, che all’epoca dell’edificazione contestata tutte le zone erano normate dallo strumento urbanistico, quindi occorreva la licenza anche fuori dall’abitato.
6. In vista dell’udienza appellante ha prodotto una memoria, replicando di non aver introdotto una censura nuova al provvedimento amministrativo impugnato in primo grado, in violazione dei nova in appello ex art. 104 c.p.a., ma di aver aggredito la parte motivazionale della sentenza di primo grado che non ha fatto una corretta applicazione dell’art. 31 della Lg. n.1150/42.
6.1. Tale disposizione aveva prescritto l’obbligo del previo rilascio della licenza edilizia per le sole opere da eseguirsi nei centri abitati e, nel caso di esistenza di un piano regolatore, anche nelle zone di espansione come previste dal paragrafo 2 dell'art. 7 della stessa legge. Sul piano letterale tale interpretazione risulta essere maggiormente aderente al dato testuale, a tenore del quale l’inciso all’esistenza del Piano Regolatore Comunale era riferito alle zone di espansione, per cui in relazione agli interventi eseguiti nell’ambito di quest’ultime era necessario il previo rilascio della licenza edilizia. Sul piano teleologico la ratio sottesa alla norma era quella di limitare, rispetto alla previgente normativa (il R.D. 22 novembre 1937 n.2105), l’ambito di applicazione della licenza edilizia.
La legge urbanistica stabiliva, infatti, a differenza della normativa previgente,