Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza breve 2024-05-02, n. 202404014

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza breve 2024-05-02, n. 202404014
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404014
Data del deposito : 2 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2024

N. 04014/2024REG.PROV.COLL.

N. 00524/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 524 del 2024, proposto dall’Avv. -OMISSIS-, rappresentato e difeso da sé medesimo, unitamente all’Avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, viale delle Milizie, n. 9;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi, Procura Generale presso la Corte di Cassazione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ufficio del Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma, Ufficio del Procuratore della Repubblica di Roma, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Roma Trionfale, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Procura Generale presso la Corte di Cassazione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2024 il Cons. L M e uditi per le parti gli avvocati comparsi come da verbale;


1. L’avv. -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di legale rappresentante del Codacons, in data 9 aprile 2022 ha presentato una denuncia querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, affinché venisse accertata la eventuale responsabilità connessa all’operato del Pubblico Ministero indicato in atti, con riferimento ad un procedimento penale del quale l’avv. -OMISSIS- è parte.

Inoltre ha presentato al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione contestuale richiesta di avvio di un procedimento disciplinare a carico del predetto Pubblico Ministero.

Da ultimo ha presentato un’istanza di accesso agli atti indirizzata al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, chiedendo copia dell’eventuale provvedimento conclusivo delle indagini e l’ostensione della pertinente documentazione.

2. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con provvedimento del 2 marzo 2023, comunicava “ quale sola notizia ostensibile che il procedimento originato dall'esposto è stato definito ”.

3. Avverso tale provvedimento l’avv. -OMISSIS- adiva la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi sollecitando un riesame del diniego, ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241/1990, ma il ricorso veniva dichiarato inammissibile a causa della mancata allegazione del provvedimento di rigetto, adempimento espressamente richiesto, a pena di inammissibilità, dall’articolo 12, comma 4, lettera a), e comma 7, lett. c), del D.P.R. n. 184 del 2006.

4. Egli adiva conseguentemente il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., per chiedere l’annullamento della decisione della Commissione per l’accesso n.

3.101 del 30 maggio 2023 (prot. DICA n. 0016661 del 7 giugno 2023).

5. Con sentenza n. -OMISSIS- del 17 ottobre 2023, il T.a.r.:

a) assorbiva il profilo di inammissibilità rilevato dalla Commissione per l’Accesso;

b) dichiarava inammissibile il ricorso stante la natura giurisdizionale e non amministrativa della documentazione richiesta.

6. Avverso la predetta sentenza l’Avv. -OMISSIS- ha interposto appello per chiederne la integrale riforma in quanto errata in diritto.

7. Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Procura generale presso la Corte di Cassazione per resistere al gravame, chiedendone la reiezione, con integrale conferma della sentenza appellata.

8. Le parti appellate hanno anche eccepito, in via preliminare, la inammissibilità dell’appello per violazione del principio di specificità dei motivi, in assenza di una puntuale critica alla sentenza appellata necessaria a confutare il consolidato indirizzo giurisprudenziale cui il giudice di prime cure si è uniformato.

9. Alla camera di consiglio del 11 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

10. L’appello è infondato.

10.1 Il ricorrente, con il primo motivo di appello, impugna la sentenza nella parte in cui ha escluso la natura amministrativa del provvedimento ex art. 16, comma 5- bis , del d. lgs. n. 109 del 2006, richiamando, a sostegno della critica, la sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 13332 del 2020 ed altre pronunce menzionate a pag. 5.

Assume che il « principio di ostensibilità dell’esito del procedimento disciplinare» costituirebbe «ius receptum » (pag. 6) e che la conoscenza delle ragioni dello stesso « potrebbe avere rilevanza nell’ambito delle controversie civili ed amministrative pendenti e generate anche dagli atti e dai comportamenti tenuti dal PM e contestati dall’odierno ricorrente » (pag. 6);
inoltre censura il D.M. n. 115/1996 che avrebbe sottratto gli atti in questione alla regola dell’accesso.

10.2. Con il secondo ed il terzo motivo di appello censura gli ordini di servizio del Procuratore Generale della Corte di Cassazione n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS- con i quali è stato esplicitato il principio di riservatezza degli atti della fase predisciplinare, adducendo che l’accesso sarebbe un « rimedio preordinato a garantire la correttezza del diritto di difesa » e lamentando che con tali ordini di servizio il Procuratore avrebbe inammissibilmente integrato ex post le motivazioni del diniego.

10.3 Ha infine riproposto le eccezioni assorbite dal T.a.r., con particolare riferimento alla erroneità – per violazione dell’art. 64, comma 2, c.p.a. e 115 c.p.c. nonché degli artt. 46, comma 2;
65, comma 3;
104, comma 2, c.p.a. - della declaratoria di inammissibilità opposta dalla Commissione per l’Accesso sul ricorso proposto avverso il diniego e prospettando, sul punto, anche questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4, lettera a) e del comma 7 lett. c) del d.p.r. n. 184/06 per violazione degli artt. 3, comma 2, 24 e 111 Cost..

11. Preliminarmente il Collegio reputa di potere dichiarare l’assorbimento della eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale poiché l’appello è infondato nel merito.

Inoltre i tre motivi di gravame possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi ed interdipendenti.

12. Nel merito le doglianze dell’appellante sono infondate.

Il T.a.r., infatti, ha fatto correttamente rinvio: “ al consolidato orientamento, secondo cui il procedimento disciplinare a carico dei magistrati ordinarî costituisce pacificamente un procedimento giurisdizionale (v. Corte cost., 27 marzo 2009, n. 87), con un soggetto (il Procuratore generale) che esercita nell’interesse collettivo l’azione ed un organo distinto (il Consiglio superiore della magistratura) che decide con sentenza (v. Corte cost., 16 luglio 2015, n. 170).

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