Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2018-11-12, n. 201802604
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Numero 02604/2018 e data 12/11/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 24 ottobre 2018
NUMERO AFFARE 01695/2018
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla società Butan Gas S.p.A., in persona dei suoi procuratori speciali Avv. M C e Ing. G D, con sede legale in Roma, via Claudio Monteverdi, contro il Comitato Tecnico Regionale - Prevenzione incendi - attività a rischio di incidente rilevante, il Ministero dell’interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Direzione centrale per la Prevenzione e la Sicurezza tecnica, Direzione reginale dei VV. FF. per la Sardegna, e nei confronti dell’Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna, nonché del comune di Porto Torres, avverso la nota del Ministero dell'interno, Dipartimento dei Vigili dei Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, datata 12 ottobre 2017, a firma del Presidente del Comitato Tecnico Regionale della Sardegna, di cui all'art. 10 del d.lgs. 26 giugno 2015, n. 105, notificata in data 12.10.2017;la nota del Ministero dell'interno, Dipartimento dei Vigili dei Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile datata 22 dicembre 2017, a firma del Presidente del Comitato Tecnico Regionale della Sardegna, notificata in data 22.12.2017;le determinazioni del Comitato Tecnico Regionale della Sardegna di cui all'art. 10 del d.lgs. 26 giugno 2015 n. 105, assunte nelle sedute del 28 settembre 2017 e del 9 novembre 2017, non notificate;di ogni altro atto e comportamento, anche allo stato non conosciuto, preordinato, consequenziale e connesso;
nonché – giusta atto di motivi aggiunti – avverso la nota del 27 febbraio 2018 del Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del. Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Comitato Tecnico Regionale della Sardegna, di cui all'art. 10 del Decreto Legislativo 26 giugno 2015 n. 105, notificata in data 27 febbraio 2018, e relativa alla seduta del 22 febbraio 2018, in cui il Comitato ha proceduto all'esame della nota del 5 febbraio 2018 presentata dalla società Butangas S.p.A.;le determinazioni assunte nella seduta del 22 febbraio 2018 dal suddetto Comitato Tecnico Regionale della Sardegna: la nota prot. n. 23369 del 18 dicembre 2017 del Ministero dell'interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Comitato Tecnico Regionale della Sardegna;la nota prot.n. 1852 del 7 febbraio 2018 del Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Direzione Centrale per la Prevenzione e Sicurezza Tecnica, Ufficio per la prevenzione incendi e rischio industriale;
LA SEZIONE
Vista la relazione del 1° ottobre 2018, prot. n. 0013283, con la quale il Ministero dell’interno - Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere P C;
Premesso:
1. Con il ricorso straordinario indicato in esame, notificato il 6 febbraio 2018, la società Butan Gas S.p.A., proprietaria di uno stabilimento sito in Porto Torres per lo stoccaggio e imbottigliamento di GPL ivi trasportato prevalentemente tramite navi gasiere, ha impugnato gli atti, in epigrafe indicati, con i quali il Ministero dell’interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, tramite la Direzione regionale per la Sardegna, ha apposto talune prescrizioni in sede di revisione quinquennale del rapporto di sicurezza ("RDS") da parte dell’apposito Comitato Tecnico Regionale della Sardegna (“CTR”) di cui all'art. 10 del d.lgs. 26 giugno 2015, n. 105, emerse a seguito del sopralluogo ispettivo esperito presso il deposito costiero di Porto Torres in data 19 settembre 2017 dal Gruppo di Lavoro nominato dal CTR.
2. In particolare la società ricorrente si oppone alla prescrizione che le ha imposto la presentazione nel termine di 60 giorni di un nuovo RDS complessivo, comprensivo anche del collegamento tra deposito e nave gasiera che, secondo il CTR, dovrebbe essere ritenuto parte integrante dello stabilimento, in quanto non staccato funzionalmente dalle operazioni dello stesso stabilimento.
3. È proprio questa statuizione (confermata con nota 22 dicembre 2017 nonostante l’opposizione della ricorrente) che forma l’oggetto delle contestazioni mosse in ricorso dalla società Butan Gas, sulla considerazione che « diversamente da quanto ritenuto dal CTR, le condotte di collegamento con le navi gasiere e la banchina (che Butan Gas ha solo in concessione) risultano esterne allo stabilimento propriamente considerato, e pertanto non sono affatto "parte integrante del medesimo" ».
4. La ricorrente articola due mezzi di censura.
4.1. Sotto un primo profilo critica il provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione del d.lgs. 26 giugno 2015, n. 105, della direttiva 2012/18/UE, dell’articolo 5, comma 5, della legge n. 84 del 1994, nonché per eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti e contraddittorietà: il d.gs. n. 105 del 2015, di attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, non si applicherebbe alle condotte che assolvono a funzioni di carico e scarico delle sostanze pericolose esterne allo stabilimento, così come sarebbero espressamente escluse le banchine e i moli;in particolare la lettera d ) dell’art. 2 escluderebbe dal campo di applicazione del decreto il " trasporto di sostanze pericolose in condotte comprese le stazioni di pompaggio al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente decreto ". La prescrizione dettata dal CTR, qui censurata, pretenderebbe invece di assoggettare agli obblighi di cui all'art. 15 del decreto anche condotte che sarebbero pacificamente esterne all'impianto di Butan Gas, e addirittura la banchina a cui attraccano le navi, che costituisce parte integrante del sistema portuale. Il provvedimento contestato, inoltre, non avrebbe considerato l’esistenza di un punto di allaccio, costituito da una batteria di valvole poste in una cameretta ubicata a ridosso (lato interno) del muro perimetrale da cui il gasdotto entra nello stabilimento, che seziona la condotta separando quella interna allo stabilimento (oggetto del RDS) e quella esterna (che avrebbe dovuto perciò essere esclusa dal RDS). Questa impostazione troverebbe inoltre riscontro nell’art. 5, comma 5, della legge n. 84 del 1994 e nella riforma del sistema portuale di cui al d.lgs. 4 agosto 2016, n. 169, che prevedono un apposito rapporto sulla sicurezza, allegato al piano regolatore portuale dei porti con impianti industriali, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, ragion per cui le condotte esterne agli stabilimenti, i moli e le banchine non sarebbero oggetto del RDS di competenza dei singoli gestori di impianti industriali collocati in prossimità dei porti, bensì del distinto rapporto di sicurezza dell'ambito portuale, da allegare obbligatoriamente al Piano Regolatore Portuale.
4.2. Con il secondo motivo di gravame parte ricorrente deduce vizi di eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di motivazione, in violazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 10 stessa legge, dei principi di buona amministrazione, correttezza e trasparenza. Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche in quanto del tutto carente della necessaria istruttoria, in quanto basato sull’affermazione indimostrata del CTR, nella nota del 12 ottobre 2017, assunta senza alcuna adeguata ricognizione dell'effettivo stato dei luoghi, secondo la quale il collegamento tra deposito e nave gasiera dovrebbe essere ritenuto parte integrante dello stabilimento, in quanto non staccato funzionalmente dalle operazioni dello stesso stabilimento. Il vizio di motivazione sarebbe ancora più marcato nella seconda nota del CTR del 22 dicembre 2017 di conferma della prescrizione, estesa immotivatamente anche alla banchina, e ciò senza dare in alcun modo conto delle osservazioni tecniche presentate dalla società ricorrente.
5. Con successivo atto notificato il 22 marzo 2018 la società ricorrente ha dunque impugnato gli ulteriori provvedimenti (nota trasmessa via PEC il 27 febbraio 2018) con i quali l’Amministrazione ha negativamente esaminato, nella seduta del Comitato del 22 febbraio 2018, la sua nota del 5 febbraio 2018, sulla base della nota prot. n. 1852 del 7 febbraio 2018 del Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Direzione Centrale per la Prevenzione e Sicurezza Tecnica, Ufficio per la prevenzione incendi e rischio industriale, che aveva concordato con il parere del CTR circa "la necessità di includere nel Rapporto di Sicurezza le infrastrutture/apparecchiature per il carico/scarico di prodotto nel momento in cui le stesse sono connesse funzionalmente con gli impianti dello stabilimento e sono sottoposte al controllo del medesimo gestore",
6. La società ricorrente ha censurato questi ulteriori atti sia per illegittimità derivata rispetto alle censure già proposte in via principale, sia articolando altri due autonomi mezzi di contestazione.
6.1. Con il secondo dei motivi aggiunti proposti la ricorrente ha dedotto analoghi motivi di violazione dei medesimi parametri normativi già evocati in sede di ricorso principale e di eccesso di potere per gli stessi profili ivi dedotti, poiché anche la nota del CTR del 28 febbraio 2018, la richiesta di parere al Ministero di cui alla nota del medesimo CTR del 18 dicembre 2017 e la risposta ministeriale di cui alla nota prot. n. 1852 dei 7 febbraio 2018 incorrerebbero negli stessi vizi di legittimità già articolati riguardo ai provvedimenti originari, pretendendo di includere, senza ulteriore, adeguata istruttoria, né motivazione, nell’ambito dell’obbligo di cui al d.lgs. n. 105 del 2015, le condotte esterne al perimetro dello stabilimento industriale di propria competenza, che dovrebbero essere invece interessate nell’ambito del competente piano di sicurezza dell’Autorità portuale, da allegarsi al piano regolatore portuale. La società ricorrente dunque ribadisce la sua tesi, secondo la quale «le condotte esterne agli stabilimenti, i moli e le banchine non sono oggetto del RDS di competenza dei singoli gestori di impianti industriali collocati in prossimità dei porti, bensì, come è logico che sia, del distinto rapporto di sicurezza dell'ambito portuale, da allegare obbligatoriamente al Piano Regolatore Portuale ». La prescrizione reiterata dal CTR sulla base del parere ottenuto dalla Direzione Regionale VVF Sardegna, del 7 febbraio 2018 resterebbe del tutto priva di motivazione, risolvendosi, a detta di parte ricorrente, in una mera petizione di principio, senza minimamente indicare le ragioni di fatto e di diritto sottese alla conclusione cui perviene, non essendo sufficiente a contrastare le ragioni di opposizione dedotte il mero richiamo alla definizione di "stabilimento" e a quella di "impianto" di cui al comma 3 del d.lgs. n. 105 del 2015,
dando erroneamente per scontato che banchina e condotte siano da considerarsi "interne" allo stesso, mentre sarebbero chiaramente esterne, in quanto destinate esclusivamente al trasporto di sostanze, in entrata o in uscita, ai di fuori dello stabilimento, che termina al punto di allaccio alla condotta esterna dotato di una batteria di valvole che seziona la condotta separando quella interna allo stabilimento da quella esterna. Né potrebbe rilevare in contrario, aggiunge la ricorrente, il fatto, ovvio, che le condotte siano comunque "connesse" agli impianti della ricorrente, poiché è naturale che qualsiasi condotta è sempre "allacciata" a un impianto.
7. L’Amministrazione intimata ha replicato nella relazione ministeriale in primo luogo eccependo la sopravvenuta cessazione della materia del contendere (o, in subordine, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse) perché la società ricorrente, nelle more, avrebbe ottemperato alle prescrizioni dettate dal CTR e, a seguito dell’intervenuta integrazione del RDS, il medesimo CTR avrebbe espresso parere positivo, con nota n. 5346 del 16 aprile 2018, riguardo al RDS integrato e, a seguito dell'ulteriore sopralluogo effettuato il 6 aprile 2018 dal gruppo di lavoro incaricato, con nota n. 5346 del 16 aprile 2018 trasmessa alla società ricorrente, ha ritenuto infine positivamente concluso l'esame del Rapporto di Sicurezza della Butan Gas S.p.A.
8. Nel merito l’Amministrazione deduce l’infondatezza delle prospettazioni avversarie, facendo rilevare che l’esclusione, asseritamente contenuta nel d.lgs. n. 105 del 2015, art. 2, si riferirebbe a fattispecie del tutto diverse da quella oggetto di lite, e riguarderebbe in realtà diversi e autonomi settori o tipologie di attività produttiva, separatamente considerati, quali il trasporto o lo stoccaggio, non parti o segmenti dell’attività di uno stabilimento necessari al suo funzionamento.
Aggiunge il Ministero riferente che, al fine di stabilire se le condotte e le tubazioni di interconnessione tra le navi gasiere e lo stabilimento di lavorazione siano interne o esterne alla stabilimento, è necessario rifarsi alle definizioni normative di “stabilimento” e di “impianto”, dalle quali si ricaverebbe un approccio funzionale di tipo estensivo e onnicomprensivo, dal che emergerebbe chiaramente l'intento di attrarre sotto il controllo del gestore tutte quelle dotazioni tecniche necessarie al funzionamento dello stabilimento, senza le quali lo stesso non potrebbe essere attivo. D’altro canto, osserva il Ministero, le condotte nel caso di specie sono parte dello stabilimento in quanto connesse funzionalmente agli impianti dello stesso stabilimento e sottoposte al controllo del medesimo gestore, che ne è concessionario (ivi inclusa la banchina del porto). Sottolinea altresì il Ministero come, nel caso in esame, sia pacifico che la condotta e il punto di scarico nave in questione sono necessari per il funzionamento dello stabilimento e ad uso esclusivo e sotto il controllo della ricorrente. Né la separazione fisica - tramite le valvole di sezionamento - tra lo stabilimento e la condotta di collegamento alla banchina varrebbe ad escludere l’evidente "connessione funzionale" prevista dal citato art. 3 del d.lgs. n. 105 del 2015. Parimenti infondato si rivelerebbe, a detta dell’Amministrazione, l’ulteriore argomento difensivo proposto dalla ricorrente, secondo il quale le verifiche di sicurezza per le condotte “esterne”, fino alla banchina, dovrebbero rientrare nel distinto strumento costituito dal piano integrativo di sicurezza portuale, previsto dall'art. 5 della legge n. 84 del 1994. Secondo il Ministero riferente il richiamato d.m. n. 293 del 2001, di disciplina di tale strumento, dovrebbe in realtà considerarsi abrogato dal d.lgs. n. 105 del 2015, mentre l'art. 5, comma 5, della legge n. 84 del 1994 prevederebbe uno strumento completamente distinto, ossia il piano urbanistico dell'area portuale: si tratterebbe invero di due distinti ambiti: quello portuale nel suo complesso ricadente nell'ambito del citato articolo 5 legge n. 84 del 1994 e quello, distinto, relativo all'attività di gestore di impianto presso l'ambito portuale, nel quale sono prodotte, utilizzate, maneggiate o immagazzinate le sostanze pericolose, pertanto, ricadenti nella normativa di cui al d.lgs. n. 105 del 2015.
Considerato:
1. Disattendendo l’eccezione sul punto sollevata dall’Amministrazione, il ricorso non può giudicarsi improcedibile. L’avvenuto inserimento, da parte della società ricorrente, in una successiva versione del rapporto di sicurezza, della banchina e delle tubazioni di collegamento oggetto di lite non implica ex se acquiescenza alla prescrizione impugnata, né comprova in modo sicuro l’asserita sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione del ricorso. In mancanza di elementi univoci di certezza in ordine all’eccepito sopravvenuto difetto d’interesse della parte ricorrente, la Sezione ritiene necessario decidere la controversia nel merito.
2. E nel merito il ricorso risulta infondato e deve essere respinto.
3. Richiamati la ricostruzione dei fatti e i plurimi motivi di censura dedotti dalla ricorrente, di cui in premessa, la Sezione ritiene che un’interpretazione sistematica e finalistica delle norme di riferimento, pure sopra richiamate, conduca alla conclusione della legittimità dell’inclusione, disposta dall’Autorità amministrativa intimata e contestata da parte ricorrente, all’interno del perimetro del rapporto di sicurezza ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 105 del 2015, della banchina, del punto-nave di attracco delle navi gasiere e delle annesse tubazioni di collegamento e di alimentazione dello stabilimento e degli impianti gestiti dalla società ricorrente.
4. L’art. 15 del d.lgs. 26 giugno 2015, n. 105 (recante Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose ) prevede, tra gli adempimenti a carico del gestore di stabilimenti di soglia superiore preesistenti all’entrata in vigore del decreto, l’obbligo di inviare entro il 1° giugno 2016 (con riesame almeno ogni cinque anni) il rapporto di sicurezza al Comitato tecnico regionale, per la prevista approvazione. Il comma 2 definisce il contenuto del rapporto di sicurezza stabilendo, in particolare, per quanto qui rileva, alla lettera c ), che tale rapporto deve dimostrare che “c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di incidente rilevante nello stesso, sono sufficientemente sicuri e affidabili ”. L’art. 2 del decreto legislativo del 2015, nel definire il suo Ambito di applicazione , introduce, al comma 2, talune esclusioni, alle quali, come si è visto nell’esposizione del fatto e dei motivi di ricorso svolta in premessa, si appella la società ricorrente. Prevede, in particolare, la lettera d ) del detto comma 2 dell’art. 2 del decreto legislativo in esame che “ Il presente decreto non si applica . . . d) al trasporto di sostanze pericolose in condotte, comprese le stazioni di pompaggio al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente decreto (analogamente la precedente lettera c ) del comma 2 dell’art. 2 prevede che il decreto non si applica “salvo quanto previsto al comma 4, al trasporto di sostanze pericolose e al deposito temporaneo intermedio direttamente connesso, su strada, per ferrovia, per idrovia interna e marittima o per via aerea, comprese le attività di carico e scarico e il trasferimento intermodale presso le banchine, i moli o gli scali ferroviari di smistamento e terminali, al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente decreto ”). Tale previsione, a detta della parte ricorrente, varrebbe ad escludere dall’ambito applicativo del decreto – e dunque dall’obbligo di redigere, per essi, il rapporto di sicurezza – le attività e, dunque, gli impianti, che “ al di fuori dello stabilimento ”, lo collegano al punto di carico della materia prima (in questo gaso il GPL) e consentono il trasporto della sostanza pericolosa, tramite apposite condotte, fino all’interno dello stabilimento, per la sua lavorazione (stoccaggio e imbottigliamento).
Sennonché tale lettura del testo normativo (per quanto esso si presenti in sé non univoco), non può essere condivisa: come correttamente replicato nelle difese dell’amministrazione, l’esclusione disposta dalla lettera c ) del comma 2 dell’art. 2 in esame riguarda non già parti impiantistiche essenziali e indispensabili per il funzionamento dello stabilimento, ricadenti sotto la medesima gestione (ancorché a titolo di concessione e non di proprietà), ma altre tipologie di attività, se e in quanto autonome e distinte dalla lavorazione delle sostanze pericolose, poste in essere da altra impresa, e consistenti nel (solo) deposito temporaneo intermedio e/o nel trasporto su strada, per ferrovia, per idrovia interna e marittima o per via aerea. In altri termini: sarebbe esclusa dall’ambito di applicazione del decreto legislativo l’attività di un soggetto terzo che operasse, sotto la propria responsabilità ed avendone i pieni poteri di gestione, nel campo delle suddette distinte tipologie di attività, provvedendo, ad esempio, allo scarico delle navi gasiere al punto di attracco e/o al successivo deposito temporaneo intermedio del GPL, e/o direttamente al suo trasporto, mediante apposite condotte in propria gestione o mediante trasferimento intermodale su strada, per ferrovia, per idrovia interna e marittima o per via aerea, presso le banchine, i moli o gli scali ferroviari di smistamento e terminali. Analoghe considerazioni devono valere per l’esclusione disposta dalla lettera d ) del comma 2 dell’art. 2, poiché anch’essa si riferisce non già al trasporto di sostanze pericolose in condotte e alla gestione delle stazioni di pompaggio collocate fisicamente fuori dal perimetro dello stabilimento, ma gestite unitariamente dal medesimo gestore e serventi esclusivamente lo stesso stabilimento, bensì il diverso caso di attività autonome e distinte di trasporto e di pompaggio esterne allo stabilimento, gestite da altro soggetto a servizio eventualmente anche di altri stabilimenti.
La correttezza di questa interpretazione trova conferma in primo luogo nella stessa disposizione contenuta nella già richiamata lettera c ) del comma 2 dell’art. 15 del d.lgs. n. 105 del 2015, dove è stabilito che il RDS deve dimostrare la sicurezza “ . . . di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di incidente rilevante nello stesso ”. Si tratta, come è reso palese dal significato letterale delle parole usate dal legislatore, di un contenuto tendenzialmente onnicomprensivo di tutto ciò che definisce il complessivo ciclo di trattamento e di lavorazione all’interno del quale la sostanza pericolosa è trasportata e trattata. La validità della soluzione sostenuta dall’amministrazione è sorretta, inoltre, dalle definizioni, che vanno nella medesima direzione, che lo stesso decreto legislativo fornisce, all’art. 3, di “stabilimento” e di “impianto”: “ 1. Ai fini del presente decreto valgono le seguenti definizioni: a) «stabilimento»: tutta l'area sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse . . . ;h) «impianto»: un'unità tecnica all'interno di uno stabilimento e che si trovi fuori terra o a livello sotterraneo, nel quale sono prodotte, utilizzate, maneggiate o immagazzinate le sostanze pericolose;esso comprende tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari, gli utensili, le diramazioni ferroviarie private, le banchine, i pontili che servono l'impianto, i moli, i magazzini e le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di tale impianto ”. Dalle qui riportate definizioni si evince pianamente che: lo “stabilimento” è inteso in senso soprattutto funzionale, prescindendo, dunque, dallo specifico titolo giuridico in base al quale il gestore vi opera, come si ricava dal fondamentale riferimento a “ tutta l'area sottoposta al controllo di un gestore ”;che lo “stabilimento” comprende le infrastrutture o le attività comuni o connesse, precisazione con la quale evidentemente la norma ha inteso chiarire che anche infrastrutture e attività “comuni”, evidentemente a più stabilimenti, ma connesse funzionalmente allo stabilimento (e non escluse dal controllo del gestore dello stabilimento), rientrano nella nozione di “stabilimento” ai fini del decreto;quanto alla nozione di “impianto”, che essa si riferisce all’unità tecnica – quella, ad esempio, ove si effettua l’imbottigliamento del GPL – nella sua unitarietà produttiva, che naturalmente comprende – come testualmente (e, qui, inequivocamente) previsto dalla disposizione – “ tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari, gli utensili, le diramazioni ferroviarie private, le banchine, i pontili che servono l'impianto, i moli, i magazzini e le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di tale impianto ”.
5. La ora esposta interpretazione, basata sul raffronto sistematico delle diverse disposizioni rilevanti contenute nel decreto legislativo del 2015, riesce confermata e corroborata anche sul piano finalistico e logico del complessivo sistema apprestato dalla legge per il controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con l’uso di sostanze pericolose: la diversa opzione ermeneutica, perorata dalla parte ricorrente, intesa a segmentare artificiosamente la sostanziale unitarietà del processo produttivo, condurrebbe all’illogica conclusione per cui, per uno stabilimento, quale quello gestito dalla società ricorrente, le fasi – non meno pericolose – dello scarico del gas di petrolio liquefatto dalle navi gasiere al molo d’attracco e il successivo trasferimento della sostanza pericolosa negli impianti di stoccaggio e di imbottigliamento, ancorché svolte per intero sotto l’esclusiva gestione e responsabilità della medesima impresa ricorrente, dovrebbero essere escluse dal rapporto di sicurezza, per essere rimandate ad altra sede, ad altra autorità, quale, secondo la prospettazione di parte ricorrente, l’Autorità portuale, avente una competenza sicuramente meno specifica e specialistica rispetto a quella che appare essere sicuramente la sede propria della materia, ossia la disciplina della controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi all’uso di sostanza pericolose. Questa tesi condurrebbe, in definitiva, a indebolire il rapporto di sicurezza e a renderlo incompleto proprio in una delle parti dell’attività più esposte al pericolo di incidenti rilevanti, con possibili ripercussioni su tutto lo stabilimento.
6. Né persuade, come detto, la tesi di parte ricorrente secondo la quale della prevenzione del rischio di incidente rilevante dovrebbe occuparsi, per i punti di attracco delle navi, per le operazioni di carico e scarico e per il successivo trasporto tramite condotte lungo la banchina, fino allo stabilimento di stoccaggio e rigassificazione, il piano del porto di cui all’art. 5, comma 5, della legge n. 84 del 1994, che prevede un apposito rapporto sulla sicurezza, allegato al piano regolatore portuale dei porti con impianti industriali, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali. Intanto parte ricorrente fa riferimento a un testo della legge di riordino della legislazione in materia portuale che non è più vigente. Il decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 232, recante Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, concernente le Autorità portuali , in vigore dal 24 febbraio 2018, ha apportato, con l’art. 1, profonde modifiche all’art. 5 della legge n. 84 del 1984 e, in particolare, ha integralmente sostituito il comma 5. Il testo vigente al tempo dell’adozione degli atti impugnati (testo già modificato dall'art. 6, comma 1, lett. e ), del d.lgs. 4 agosto 2016, n. 169, in vigore dal 15 settembre 2016 al 12 febbraio 2018) prevedeva che “5. Al piano regolatore portuale dei porti di cui ai commi 1 e 1-bis aventi le funzioni di cui all'art. 4, comma 3, lettera b), e alle relative varianti, è allegato un rapporto sulla sicurezza dell'ambito portuale ai fini degli adempimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali e dal decreto del Ministro dell'ambiente 20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126, del 31 maggio 1991 ”. Il testo vigente oggi, a partire dal 24 febbraio 2018, non prevede più la redazione di un apposito documento volto alla prevenzione e al controllo del rischio di incidenti industriali rilevanti: i commi 1- sexies e 2 del predetto art. 5 prevedono che il piano regolatore portuale (PRP) provveda alla delimitazione e al disegno “ dell'ambito e dell'assetto complessivo delle aree destinate a funzioni strettamente portuali e retro-portuali e agli assi di collegamento viario e ferroviario, come individuate nel documento di pianificazione strategica di sistema approvato, quali quelle destinate alle attività commerciali e crocieristiche, al diporto, alla produzione industriale, all'attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie ”, nonché alla analitica individuazione delle caratteristiche e della destinazione funzionale delle aree interessate (il comma 2 prevede, a sua volta, al secondo periodo, che “ I piani regolatori portuali declinano gli obiettivi, le previsioni, gli elementi, i contenuti e le strategie di ciascun scalo marittimo, delineando anche l'assetto complessivo delle opere di grande infrastrutturazione ”). Il comma 5, nel testo oggi vigente, riguarda tutt’altra tematica (il regime, come adeguamenti tecnico-funzionali del piano regolatore portuale, delle modifiche che non alterano in modo sostanziale la struttura del piano regolatore portuale in termini di obiettivi, scelte strategiche e caratterizzazione funzionale delle aree portuali, relativamente al singolo scalo marittimo).
Ora, è vero che gli atti impugnati con il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti vanno dal 12 ottobre 2017 al 22 dicembre 2017, dal 5 febbraio 2018 al 27 febbraio 2018, e dunque sono stati adottati – e la loro legittimità dovrebbe essere valutata – sulla base del testo allora vigente dell’art. 5 della legge n. 84 del 1984, ossia quello sortito dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 169 del 2016 e in vigore dal 15 settembre 2016 al 12 febbraio 2018, ma non può restare senza significato, anche come indirizzo interpretativo, la (immediatamente successiva) scelta del legislatore, in sede di modifiche ulteriori di quel testo normativo, di eliminare la previsione, allora ivi contenuta, di allegare al piano piano regolatore portuale un rapporto sulla sicurezza dell'ambito portuale ai fini degli adempimenti previsti dal previgente d.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, attuativo della “vecchia” direttiva “Seveso” CEE n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali (con l’annesso rinvio al decreto ministeriale tecnico attuativo 20 maggio 1991, anch’esso abrogato). È evidente che, proprio a seguito della riforma della disciplina del controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi al trattamento di sostanze pericolose, la normativa ha razionalizzato il sistema, evitando duplicazioni dispersive e confusioni delle competenze e delle responsabilità, preferendo concentrare nella sede propria della materia, quella disciplinata ora dal d.lgs., n. 105 del 2015, la intera disciplina della sicurezza negli stabilimenti e impianti industriali, ricadenti in aree portuali, che sono esposti al rischio di tali incidenti rilevanti, escludendo che un analogo documento debba essere allegato al piano regolatore del porto.
7. In conclusione, il ricorso deve giudicarsi infondato e dovrà come tale essere respinto.