Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-23, n. 201403168

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-23, n. 201403168
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403168
Data del deposito : 23 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05293/2012 REG.RIC.

N. 03168/2014REG.PROV.COLL.

N. 05293/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5293 del 2012, proposto dalla società AV S.p.a. in liquidazione, rappresentata e difesa dagli avvocati A M e M E C, con domicilio eletto presso Nicola Adragna in Roma, via Locullo, 3

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust , rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione I, n. 3032/2012


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust ;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2014 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Adragna per delega dell’avvocato Masutti e l’avvocato dello Stato Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO

Con atto in data 18 novembre 2009 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: ‘l’AGCM’ o ‘l’Autorità appellata’) avviava un procedimento istruttorio per presunte condotte anticoncorrenziali (rubricato al n. I722) nei confronti delle società Agility Logistics S.r.l., Albini &
Pitigliani S.p.A., Brigl S.p.A., Cargo Nord S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A., Ferrari S.p.A., Francesco Parisi Casa di Spedizioni S.p.A., Gefco Italia S.p.A., Geodis Zust Ambrosetti S.p.A., I-DIKA - S.p.A., Italmondo – Trasporti Internazionali S.p.A., Italsempione – Spedizioni Internazionali S.p.A., ITK Zardini S.r.l., ITX Cargo S.r.l., Rhenus Logistics S.p.A., Saima Avandero S.p.A., Schenker Italiana S.p.A., S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l., Transervice Europa S.r.l. - T.S.E. S.r.l. e Villanova S.p.A. e dell’Associazione Fedespedi - Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali.

In particolare il procedimento istruttorio era volto ad accertare eventuali violazioni dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (in seguito anche TFUE) nel settore delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia.

L’avvio era stato consentito dalla domanda della società Deutsche Bahn AG (cui avevano fatto seguito successivamente le domande delle società Agility Logistics International BV, Deutsche Post AG e S.I.T.T.A.M. Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l.) di accedere al più favorevole trattamento di cui al comma 2- bis dell’articolo 15 della l. 10 ottobre 1990, n. 287.

Al termine del procedimento istruttorio, valutate tutte le circostanze del caso, l’Autorità adottava il provvedimento conclusivo (16 giugno 2012) con cui deliberava quanto segue:

a) che l’Associazione Fedespedi - Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali e le società Agility Logistics S.r.l., Albini &
Pitigliani S.p.A., Alpi Padana S.r.l., Armando Vidale S.p.A. Trasporti Internazionali in Liquidazione, Brigl S.p.A., Cargo Nord S.r.l., DHL Express S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A., Francesco Parisi Casa di Spedizioni S.p.A., Gefco Italia S.p.A., Geodis Wilson Italia S.p.A., I-DIKA - S.p.A., Italmondo – Trasporti Internazionali S.p.A., Italsempione – Spedizioni Internazionali S.p.A., ITK Zardini S.r.l., ITX Cargo S.r.l., Rhenus Logistics S.p.A., Saima Avandero S.p.A., Schenker Italiana S.p.A., S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l., Spedipra S.r.l. e Villanova S.p.A hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, avente per oggetto l’incremento concertato del prezzo delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia;

b) che le società e l’associazione di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società Schenker Italiana S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società Agility Logistics S.r.l., DHL Express S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A. e S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del

50%, del 49%, del 49% e del 10% ”.

Con il provvedimento in questione veniva irrogata nei confronti della società Armando Vidale s.p.a, in liquidazione (d’ora innanzi: ‘la soc. AV’ o ‘la società appellante’) una sanzione complessiva pari ad euro 347.200.

Il provvedimento in questione veniva impugnato (ricorso n. 7283/2011) dalla soc. AV dinanzi al T.A.R. per il Lazio il quale, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso.

La sentenza in questione è stata gravata in appello (ricorso n. 5293/2012) dalla soc. AV, la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi, più analiticamente descritti nella parte motiva della presente decisione.

Si è costituita in giudizio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla pubblica udienza del 1° aprile 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società AV s.p.a. in liquidazione avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio n. 3032/2012 con cui è stato respinto il ricorso proposto in parte qua avverso il provvedimento adottato il 15 giugno 2011 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in poi: ‘l’A.G.C.M.’ o: ‘l’Autorità’) con il quale è stato accertato che la società appellata abbia partecipato a un’intesa restrittiva della concorrenza (articolo 101 del T.F.U.E.;
articolo 2 della l. 10 ottobre 1990, n. 287) avente per oggetto l’aumento concertato del prezzo delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia.

2. Prima di procedere all’esame funditus dei motivi di gravame articolati dalla società appellante, il Collegio ritiene opportuno fornire un inquadramento di carattere generale sul contenuto dell’intesa contestata sulla base delle risultanze emergenti dal provvedimento impugnato in primo grado e della sentenza in epigrafe (e rinviando al prosieguo della presente decisione l’esame puntuale dei singoli motivi di ricorso articolati dalla società appellante).

Al riguardo si osserva che, se per un verso è vero che la società AV non ha contestato l’esistenza e la gravità dell’intesa in quanto tale (incentrando piuttosto le proprie difese sulla tesi della propria sostanziale estraneità all’accordo collusivo), d’altra parte, al fine di inquadrare in modo compiuto i contorni della vicenda e di calare in maniera adeguata le stesse difese dell’appellante nel pertinente contesto normativo e fattuale, appare necessario fornire una descrizione generale di tale contesto e dei presupposti che hanno indotto l’Autorità prima e il T.A.R. poi a delinearne i contorni e a trarne le conseguenze in punto di interdizione e sanzione delle condotte vietate.

3. Al riguardo il Collegio osserva in primo luogo che l’Autorità ha individuato in modo che appare esente da profili di irragionevolezza, incongruità e incoerenza gli elementi costitutivi dell’illecito anticoncorrenziale di cui all’articolo 101 del TFUE e di cui all’articolo 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (si tratta di un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza finalizzata a conseguire un coordinamento degli aumenti di prezzo delle spedizioni internazionali di merci via terra ad opera di numerose imprese operanti nel settore delle spedizioni doganali e della stessa associazione di categoria – Fedespedi -).

Sotto tale aspetto, l’Autorità (con deduzioni confermate dai primi Giudici) ha in primo luogo persuasivamente individuato il mercato qui rilevante, facendolo coincidere con quello nazionale delle spedizioni internazionali da e per l’Italia.

Al riguardo – e a tacer d’altro - è stata correttamente richiamata la giurisprudenza di questo Consiglio secondo cui, nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, la definizione del mercato rilevante risulta ex se funzionale all’individuazione delle caratteristiche stesse del contesto nel cui ambito si colloca l’illecito coordinamento delle condotte d’impresa, atteso che è proprio l’ambito di tale coordinamento a delineare e definire l’ambito stesso del mercato rilevante (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, 9 febbraio 2011, n. 896).

Nel merito della res controversa , poi, l’Autorità (con deduzione parimenti ritenuta dai primi Giudici esente dalle censure rubricate) ha ritenuto che la copiosa ed univoca documentazione acquisita nella fase istruttoria deponesse in modo del tutto persuasivo – e con un grado di univocità raramente riscontrabile nell’ambito di vicende per loro stessa natura tipicamente caratterizzate da un quadro indiziario lacunoso – nel senso dell’effettiva realizzazione dell’intesa vietata

In particolare, è stato motivatamente affermato che un rilevante numero di imprese di spedizione (fra cui l’odierna appellante), sotto l’impulso e il coordinamento di alcune di esse, ha realizzato nel corso del periodo che va dal marzo del 2002 all’autunno del 2007, un’intesa unica e continuata restrittiva della concorrenza.

Tale intesa ha avuto ad oggetto il coordinamento delle strategie commerciali tra i principali operatori di quel particolare mercato (coordinamento reso possibile attraverso l’organizzazione di numerosi e regolari incontri, favoriti dal contributo organizzativo della stessa associazione di categoria) e, più in particolare, la realizzazione di un capillare ed articolato sistema di scambio informativo in ordine ai fattori incrementativi dei costi di produzione delle imprese del settore al fine di concordare la realizzazione di aumenti del prezzo dei servizi resi al pubblico, nonché le relative modalità ed entità (punto II.2 del provvedimento impugnato in primo grado).

Sulla base della copiosa documentazione in atti e in base alla condivisibile ricostruzione operata dall’Autorità – e confermata nella sua correttezza di fondo dai primi Giudici - il disegno complessivo e il modello operativo concepito dalle imprese rivestenti il ruolo di capofila (ma sostanzialmente condiviso, attuato e comunque non espressamente contrastato dalle altre imprese coinvolte) consisteva: i ) dapprima, in sede determinativa, nello svolgimento di riunioni e nell’attivazione di diversi contatti fra le imprese partecipanti, volti a definire l’entità degli aumenti dei prezzi, nonché le modalità e i tempi di realizzazione; ii ) successivamente, in sede attuativa, nella capillare diffusione di comunicati stampa, dei verbali delle riunioni e delle circolari associative dai quali era possibile – sia per le imprese del settore, sia per la stessa clientela – desumere l’entità e le caratteristiche degli aumenti concordati.

Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma laddove ha affermato che, attraverso l’istituzione del meccanismo dinanzi sinteticamente descritto, le imprese partecipanti (le quali – giova osservarlo – rappresentavano cumulativamente una parte del tutto maggioritaria del mercato di riferimento) avevano ritenuto più conveniente sostituire il libero gioco concorrenziale con un più agevole modello di concertazione di carattere informativo e di concertazione delle rispettive politiche di fissazione dei prezzi.

In tale contesto, lo svolgimento di riunioni tematiche in sede associativa a la successiva diffusione di comunicati stampa e circolari finalizzati ad indicare alle imprese del settore i contenuti salienti delle decisioni concordate hanno rappresentato certamente fattori idonei ad influenzare in modo sensibile le politiche dei prezzi delle imprese interessate, limitandone in modo consapevole l’autonomia decisionale ed eliminando nei fatti qualunque profilo di incertezza in ordine alla politica commerciale di ciascun partecipante all’intesa.

Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe è meritevole di condivisione per la parte in cui ha ritenuto – confermando in parte qua le deduzioni svolte dall’Autorità - che l’attività concertativa in ordine al livello dei prezzi decisi al livello associativo risultasse di per sé violativa del libero gioco concorrenziale. Ciò in quanto la realizzazione della concertazione sul livello dei prezzi e la successiva, capillare diffusione e comunicazione delle decisioni in tal modo convenute fra le imprese del settore risultava di per sé idonea ad alterare e compromettere l’interazione competitiva fra i concorrenti

Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma laddove ha ritenuto che la consistenza oggettiva dell’oggetto dell’intesa (di per sé volto al perseguimento di un fine anticoncorrenziale) renda inessenziale ai fini del decidere l’esame in ordine al se la medesima intesa abbia altresì sortito nella pratica gli effetti prefissati dai partecipanti (tanto, alla luce dell’articolo 101 del TFUE il quale, con previsione in parte qua analoga a quella di cui all’articolo 2 della l. 287 del 1990) sanziona le intese che abbiano “ per oggetto o per effetto ” quello di impedire, restringere o falsare il libero gioco concorrenziale.

Per ragioni analoghe, il provvedimento impugnato in primo grado (e anche sotto tale aspetto restato indenne dalle censure avanzate in sede giurisdizionale) risulta meritevole di conferma per la parte in cui ha persuasivamente rilevato che risulta irrilevante ai fini del decidere l’eventuale dimostrazione del fatto che l’aumento dei prezzi vi sarebbe comunque stato, quale conseguenza necessitata della dinamica dei costi di produzione nel corso del periodo di riferimento.

Sotto tale aspetto, le valutazioni dell’Autorità risultano esenti dai rubricati profili di illegittimità laddove hanno affermato che ciò che rileva ai fini dell’individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito non è l’ineluttabilità degli aumenti, quanto – piuttosto – la comprovata esistenza di un coordinamento volto a concordare le reazioni delle imprese a fronte dei richiamati aumenti dei costi, attraverso la fissazione concordata delle modalità, dell’entità e della tempistica degli aumenti.

Ed ancora, la sentenza in epigrafe ha condivisibilmente affermato (sulla scorta, peraltro, di un cospicuo orientamento giurisprudenziale) che anche la sola partecipazione di un’impresa a una delle riunioni nel corso delle quali erano stati definiti gli elementi dell’intesa vietata, rappresenta un dato che non consente a tale impresa di invocare poi la propria estraneità rispetto alla fattispecie oggetto di sanzione, a meno che essa non si sia manifestamente opposta alla pratica che si andava in modo evidente delineando, ovvero riesca persuasivamente a dimostrare che la sua partecipazione alle riunioni non si sia connotata di alcuno spirito anticoncorrenziale.

4. Tanto premesso sotto l’aspetto generale, il Collegio ritiene quindi possibile passare all’esame puntuale dei singoli motivi di ricorso proposti dalla società appellante.

5. Con il primo motivo di appello (‘ Sulla errata individuazione del mercato rilevante: violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 101 del TFUE – Eccesso di potere per carenza di istruttoria -, travisamento dei fatti ed errata motivazione – Inidoneità della presunta intesa ad influenzare la condotta degli operatori del mercato rilevante ’) la società AV lamenta che i primi Giudici, pur muovendo da premesse condivisibili in punto di individuazione del mercato rilevante, sarebbero poi giunti a conclusioni erronee.

In particolare, i primi Giudici avrebbero erroneamente disatteso i motivi di ricorso con cui si era sottolineato che gli operatori del mercato rilevante in relazione alla complessiva vicenda di causa non potessero essere limitati alle figure soggettive degli spedizionieri terrestri, atteso che il medesimo campo di attività è occupato anche da altri operatori (quali autotrasportatori e gli operatori logistici) i quali non sono stati invece presi in considerazione dall’Autorità prima e dal T.A.R. poi.

Sotto tale aspetto i primi Giudici avrebbero omesso di apprezzare adeguatamente i motivi di ricorso con cui si era sottolineato che l’attività di trasporto terrestre esercitata dagli spedizionieri sia soggetta alla pressione competitiva di ulteriori e diversi professionisti, sì da potersi affermare che in tale settore la struttura dell’offerta risulti fortemente frammentata.

Se l’Autorità prima – e i primi Giudici poi – avessero correttamente e adeguatamente analizzato le oggettive peculiarità del mercato in oggetto e la struttura dell’offerta, sarebbero necessariamente dovuti pervenire a conclusioni diverse.

In particolare, una volta individuate le imprese interessate dal versante dell’offerta nel complesso delle imprese di trasporto e di spedizione, l’Autorità e il T.A.R. avrebbero necessariamente dovuto concludere nel senso che la quota di mercato detenuta dagli spedizionieri terrestri fosse talmente esigua da non poter comportare in ogni caso un apprezzabile nocumento agli assetti concorrenziali.

La società appellante non nega che, in base a un consolidato orientamento, a fronte di intese chiaramente anticoncorrenziali è possibile prescindere dalla valutazione in ordine all’incidenza quantitativa dell’intesa in termini di quote di mercato interessate.

D’altra parte essa sottolinea che in ipotesi quale quella che qui viene in rilievo il Giudice amministrativo non potrebbe esimersi dallo svolgere un sindacato penetrante sulle caratteristiche del mercato, esaminando funditus la correttezza delle valutazioni tecniche poste dall’Autorità a fondamento della rilevata sussistenza di una condotta nel suo complesso idonea ad alterare gli assetti concorrenziali.

5.1. Il motivo, nel suo complesso, non può essere condiviso.

5.1.1. Al riguardo risulta dirimente il richiamo (correttamente operato dalla stessa Autorità nel provvedimento impugnato in primo grado e condivisibilmente ripreso dai primi Giudici) al consolidato orientamento secondo cui nelle ipotesi aventi ad oggetto intese restrittive della concorrenza la definizione del mercato è essenzialmente funzionale all’individuazione dei caratteri del contesto in cui si inquadra il comportamento collusivo fra le imprese coinvolte, atteso che è proprio il contenuto e l’ambito di tale coordinamento ad individuare e delimitare il mercato rilevante.

Come a più riprese chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, nelle ipotesi di cui all’articolo 2, cit., l’individuazione e la definizione del mercato rilevante è successiva rispetto all’individuazione dell’intesa nei suoi elementi oggettivi in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto dell’intesa a circoscrivere il mercato su cui l’abuso è commesso. Vale a dire che la definizione dell’ambito merceologico, operativo e territoriale in cui si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall’illecito concorrenziale risulta funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell’illecito (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 10 marzo 2006, n. 1271; id ., VI, 16 marzo 2006, n. 1397).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha altresì avuto modo di chiarire la rilevante peculiarità che contraddistingue l’individuazione del mercato rilevante nel caso delle intese vietate rispetto all’analoga operazione di individuazione nel caso di ulteriori e diverse figure di illecito antitrust .

Si è in particolare chiarito che la valenza dell’identificazione del mercato rilevante nel giudizio in materia antitrust deve essere diversamente calibrata in reazione alla natura dell’illecito contestato (Cons. Stato, VI, 8 febbraio 2008, n. 424).

L’individuazione del mercato di riferimento è in particolare funzionale al tipo di indagine da svolgere: in ipotesi di un’operazione di concentrazione, l’accertamento della posizione dominante di un’impresa sul mercato dipende strettamente dalla struttura dell’impresa oggetto dell’indagine;
mentre con riferimento ad un caso di intesa restrittiva della concorrenza, l’individuazione del mercato è invece funzionale alla delimitazione dell’ambito nel quale l’intesa può restringere o falsare il meccanismo concorrenziale (sul punto, cfr. anche TPG, sentenza 21 gennaio 1995 in causa T-29/92).

Ne consegue che in caso di abuso di posizione dominante la delimitazione del mercato di riferimento inerisce ai presupposti del giudizio sul comportamento che potrebbe essere anticoncorrenziale (posto che occorre preventivamente accertare l'esistenza di una dominanza nel mercato stesso), mentre nella materia delle intese detta operazione rileva in un momento successivo dal punto di vista logico, quello dell’inquadramento dell'accertata intesa nel suo contesto economico giuridico, in modo che l’individuazione del mercato non appartiene più alla fase dei presupposti dell'illecito, ma è funzionale alla decifrazione del suo grado di offensività (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, VI, sent. 424 del 2008, cit.).

5.1.2. Ebbene, riconducendo i principi appena richiamati alle peculiarità del caso in esame, si osserva che in base a quanto correttamente rilevato dall’Autorità (e confermato dai primi Giudici con deduzioni meritevoli di conferma) le riunioni nel cui ambito si è realizzato il coordinamento degli aumenti di prezzo e quindi l’intesa vietata in quanto tale coinvolgevano un gran numero di spedizionieri internazionali via terra italiani (rappresentativi della gran parte del mercato in parola), riuniti nella Sezione spedizionieri terrestri dell’associazione Fedespedi e che l’oggetto degli accordi collusivi era rappresentato dagli incrementi di prezzo delle spedizioni internazionali via terra da e per l’Italia da parte degli spedizionieri italiani (sul punto si rinvia anche alle ulteriori osservazioni che saranno svolte infra ).

Deve pertanto ritenersi che coerentemente l’Autorità (e in seguito i primi Giudici) abbiano fatto coincidere l’oggetto della rilevata concertazione (per come desumibile dalle caratteristiche oggettive delle condotte contestate) con l’ambito stesso del mercato rilevante.

Tale rilievo risulta di per sé dirimente al fine di confermare la correttezza nell’individuazione del mercato rilevante da parte dell’Autorità (limitato ai soli operatori spedizionieri terrestri) anche per ciò che riguarda l’apprezzamento del grado di offensività e della gravità della condotta ascritta a ciascun partecipante all’intesa.

5.2. Le considerazioni sin qui svolte sarebbero di per sé sufficienti a supportare la reiezione del primo motivo di ricorso in punto di individuazione del mercato rilevante.

Ma il motivo in questione risulta altresì infondato laddove, pur richiamandolo, sembra postulare il superamento del consolidato orientamento secondo cui, a fronte di intese chiaramente anticoncorrenziali, è possibile prescindere (almeno per quanto riguarda l’individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito) dalla valutazione in ordine all’incidenza quantitativa dell’intesa in termini di quote di mercato interessate e quindi, in ultima analisi, dalla valutazione puntuale in ordine al suo effettivo grado di offensività.

La società appellante osserva, infatti, che pur prestando ossequio al richiamato orientamento, dovrebbe comunque giungersi a conclusioni diverse rispetto a quelle divisate dall’Autorità e dai primi Giudici nelle ipotesi in cui l’analisi di mercato prodromica all’individuazione del mercato rilevante palesi lacune notevoli al punto da individuare quali attori del mercato rilevante un novero di soggetti (nel caso di specie: gli spedizionieri terrestri) di gran lunga inferiore rispetto a quello che in concreto avrebbe dovuto essere considerato (nel caso di specie, in particolare, avrebbero dovuto essere altresì considerati – almeno – gli autotrasportatori di merci).

In particolare, si dovrebbe giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle offerte dai primi Giudici nelle ipotesi in cui la pretermissione di un novero importante di attori del mercato abbia fornito una prospettazione distorta e limitativa dell’effettivo grado di offensività dell’illecito contestato.

Ma il punto è che la prospettazione del motivo in questione, al di là di un ossequio formale a consolidati orientamenti nelle materie in considerazione, finisce a ben vedere per negare sotto almeno due aspetti i medesimi orientamenti:

- una prima volta, negando rilievo dirimente alla tesi (invero del tutto maggioritaria) secondo cui nel caso delle intese restrittive della concorrenza è proprio il contenuto e l’ambito del coordinamento fra le imprese coinvolte ad individuare e delimitare il mercato rilevante (sul punto ci si limita a rinviare a quanto già esposto retro , sub 5.1.1.);

- una seconda volta, negando rilievo sostanziale alla stessa tesi secondo cui la comprovata sussistenza dell’intesa vietata esime l’interprete dal fornire altresì la prova piena in ordine all’incidenza quantitativa dell’intesa contestata in termini di quote di mercato interessate.

5.3. Ancora una volta, le osservazioni sin qui svolte sarebbero ex se idonee a comportare la reiezione in parte qua del primo motivo di appello, anche a prescindere dall’esame funditus in ordine alla condivisibilità in se della tesi secondo cui l’attività degli autotrasportatori sarebbe sotto molti aspetti assimilabile a quella degli spedizionieri terrestri.

Ad ogni modo, ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che le osservazioni e le valutazioni in parte qua svolte dall’Autorità (e ritenute dai primi Giudici esenti dai vizi rubricati) non sembrano affette dai palesi profili di travisamento dei fatti e dagli evidenti vizi logici che, soli, consentirebbero a questo Giudice amministrativo di esercitare un vaglio di tipo cassatorio su operazioni valutative – quali quelle volte alla definizione del mercato rilevante – connotate dalla spendita di discrezionalità tecnica (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 3 aprile 2009, n. 2089; id ., VI, 9 aprile 2009, n. 2205; id ., VI, 9 febbraio 2011, n. 896).

In particolare, appare immune dai richiamati vizi logici e adeguatamente fondato sul concreto esame delle dinamiche di mercato (nonché conforme ai prevalenti orientamenti giurisprudenziale dinanzi richiamati) l’operato dell’Autorità, la quale ha individuato ed apprezzato il mercato rilevante facendo perno sull’oggetto e sull’ampiezza dell’intesa e non ha – al contrario – incentrato il proprio esame (come auspicato dall’appellante): a) né sul versante della domanda dei servizi in questione e sulle conseguenti ricadute concorrenziali;
b) né sul possibile coinvolgimento di soggetti ulteriori e diversi rispetto a quelli di cui era stato accertato il coinvolgimento nell’intesa (ci si riferisce, in particolare, agli autotrasportatori).

5.4. Ai ben limitati fini che qui rilevano si osserva comunque che la sentenza in epigrafe è altresì meritevole di conferma laddove ha respinto sotto un ulteriore profilo l’argomento fondato sulla mancata considerazione, in sede istruttoria, della figura degli autotrasportatori.

Sotto tale aspetto i primi Giudici hanno condivisibilmente osservato – confermando in parte qua le deduzioni già svolte dal’Autorità - che gli spedizionieri terrestri, laddove non vantino la capacità di offrire in proprio anche servizi di trasporto, si avvalgono usualmente di autotrasportatori quali vettori per l’effettuazione del servizio. Ma in tali ipotesi gli autotrasportatori si configurano piuttosto quali controparti contrattuali (il cui operato risulta necessario al fine del corretto svolgimento del servizio) che non come competitors di mercato in grado di esercitare sugli spedizionieri un’apprezzabile pressione concorrenziale.

5.5. Anche per tale ragione, quindi, il promo motivo di ricorso deve essere respinto.

6. Con il secondo motivo di appello (‘ Sulla valutazione della partecipazione alle riunioni di E B in qualità di Presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri – Eccesso di potere in tutte le sua figure sintomatiche e, in particolare, erroneità, illogicità, irragionevolezza, difetto di motivazione, erroneità dei presupposti e ingiustizia manifesta ’) la società appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo con cui si era lamentata l’ingiustificata enfatizzazione, da parte dell’Autorità, del ruolo svolto nell’ambito della complessiva vicenda dal signor E B, legale rappresentante della società AV e – dal 2002 agli inizi del 2005 – Presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi.

In particolare, i primi Giudici avrebbero omesso di apprezzare il vizio sotteso all’iter logico sviluppato dall’Autorità, la quale avrebbe tracciato una sorta di apodittico parallelismo fra:

– da un lato, il ruolo di Presidente della Sezione rivestito nel 2002-2005 dal signor B e

– dall’altro, l’affermazione secondo cui tale ruolo risulterebbe di per sé indicativo di “ un importante ruolo propulsivo ” nell’ambito dell’intesa, sì da giustificare una risposta sanzionatoria particolarmente rigida.

Sotto tale aspetto l’Autorità prima e il T.A.R. poi avrebbero omesso di considerare: a) che il richiamato ruolo propulsivo rappresentasse null’altro se non l’esplicitazione di prerogative e facoltà fisiologicamente e correttamente connesse allo status stesso di Presidente;
b) che la figura del Presidente riveste comunque un mero ruolo tecnico, non potendo orientare in modo determinante le policies dell’Associazione in quanto tale.

Con il terzo motivo di appello (‘ (Segue): sulla errata attribuzione del ruolo di leadership dell’intesa con contestuale violazione del diritto di difesa – Eccesso di potere per erronea valutazione del diritto di difesa – Eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Difetto assoluto di motivazione – Violazione di legge per mancata e/o errata applicazione della l. 287/1990 e della l. 689/1981 ’) la società AV chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui le ha riconosciuto il ruolo di ‘ leader’ o di ‘capofila’ nell’ambito della complessiva intesa, giungendo a tali conclusioni per effetto soltanto della circostanza che il signor B avesse rivestito il ruolo di Presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi dal 2002 ai primi mesi del 2005.

In primo luogo, il richiamato riconoscimento di un ruolo di leadership in capo alla società AV risulterebbe del tutto avulso dalle risultanze in atti, anche in considerazione del fatto che la società appellane non avrebbe mai messo a disposizione le proprie risorse umane e strumentali ai fini del conseguimento degli obiettivi dell’intesa in contestazione.

In secondo luogo, il richiamato riconoscimento risulterebbe del tutto incoerente e contrastante con la scelta dell’Autorità di coinvolgere la società AV nell’istruttoria procedimentale solo in una fase piuttosto avanzata ( i.e. : nel corso del 2010).

Sotto tale aspetto, l’appellante osserva che non ci si possa sottrarre a un’alternativa secca:

- o il ruolo e la partecipazione della società AV all’intesa erano immediatamente percepibili in tutta la loro rilevanza, risultando peraltro da dati conosciuti e pacifici (e allora l’Autorità avrebbe errato nel coinvolgerla solo tardivamente nell’istruttoria, in tal modo violando le prerogative partecipative e defensionali della stessa AV, la quale si sarebbe vista impedire – ad esempio – la possibilità di collaborare in modo fattivo all’istruttoria e di invocare per ciò stesso il riconoscimento di specifiche circostanze attenuanti);

- oppure il richiamato ruolo e partecipazione risultava poco evidente e aveva richiesto, per essere accertato, un’istruttoria piuttosto approfondita (e allora l’Autorità non avrebbe potuto affermare in modo apodittico che l’appellante avesse rivestito nell’ambito dell’intesa un ruolo trainante di ‘ leader’ dell’intesa).

6.1. I due motivi in questione, che possono essere esaminati in modo congiunto, non possono trovare accoglimento.

6.1.1. Al riguardo il Collegio osserva che i primi Giudici sembrano aver correttamente apprezzato l’assenza di palesi profili di incongruità ed irragionevolezza in relazione alle valutazioni dell’Autorità la quale, sulla base del complesso degli atti di causa, ha ritenuto che la società appellante avesse svolto un ruolo di effettiva leadership nella determinazione degli elementi di fondo dell’illecito e nella sua concreta attuazione.

In particolare, è stato persuasivamente osservato al riguardo che la società appellante (insieme con le società Agility, Albini, Brigl, Dhl, Italsempione, Saima e Schenker) avesse assunto un ruolo particolarmente attivo nel coordinamento della concertazione, “ partecipando più attivamente all’organizzazione delle riunioni in seno alla Fedespedi ed all’attività concertativa, nonché alla progettazione e all’attuazione del coordinamento oggetto della presente procedura, seppure non tutte per l’intero periodo di partecipazione all’intesa ”.

Per quanto riguarda nello specifico la società appellante, risultano esenti dai rubricati profili di irragionevolezza e difetto istruttorio e motivazionale gli apprezzamenti svolti dall’Autorità, la quale ha annesso rilievo dirimente sotto tale aspetto:

- non solo al dato (per così dire) formale ed estrinseco dello status di Presidente della Sezione spedizionieri terrestri rivestita dal rappresentante della stessa appellante – il signor B – sino al dicembre del 2004

- bensì al dato sostanziale consistente nel ruolo di propulsione attiva delle condotte vietate svolte dallo stesso signor B nella sua duplice, concomitante veste, per come desumibile dai verbali assembleari e, più in generale, dal complesso della pertinente documentazione in atti (ivi comprese le dichiarazioni rese dai leniency applicants e i verbali delle audizioni svolte nel corso della fase procedimentale).

E ancora, l’Autorità (con deduzione sostanzialmente confermata dai primi Giudici) ha annesso un rilievo adeguato al fatto che il legale rappresentante di AV, in base alla documentazione in atti, svolgesse un importante ruolo propulsivo:

a) in sede di introduzione degli argomenti oggetto di discussione (in tal senso – ad es. - i verbali delle riunioni dell’11 marzo 2001, 24 settembre 2002 e 28 luglio 2003);

b) in sede di orientamento del dibattito e di focalizzazione degli aspetti di maggiore interesse (in tal senso – ad es. – i verbali delle riunioni di 14 maggio e del 30 ottobre 2013);

c) in sede di determinazione delle condotte attuative, quali – ad esempio – la pubblicazione delle conclusioni della Sezione attraverso circolari agli associati o attraverso importanti quotidiani nazionali (in tal senso – ad es. -: il verbale della riunione in data 24 settembre 2002).

6.1.2. Né può essere condiviso l’argomento fondato su una sorta di pretesa scissione fra – da un lato – le opinioni espresse e le attività poste in essere dal signor B nella qualità di Presidente pro tempore della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi e – dall’altro – l’ambito di riferibilità soggettiva della società AV nel suo complesso.

A tacere d’altro, giova qui sottolineare: a) che la nomina del signor B quale Presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri teneva necessariamente conto del ruolo della società appellante quale importante player del settore di mercato che qui viene in rilievo;
b) che la richiamata nomina non potesse (o non potesse solo) essere stata disposta rationae personae , ma tenesse conto altresì di ruoli, assetti e significazioni individuabili ratione muneris ;
c) che fra i confini dell’esercizio dell’attività del Presidente e i confini dell’attività dell’impresa appellante sussistesse un evidente quanto profondo rapporto di integrazione e di compenetrazione, non essendo – ad esempio – ipotizzabile che lo stesso signor B, nell’esercizio delle prerogative presidenziali, assumesse posizioni in contrasto con gli interessi d’impresa o – comunque – avulse rispetto all’ambito di riferibilità della stessa impresa.

6.1.3. Per le medesime ragioni, la rilevanza del ruolo del Presidente della Sezione ai fini della corretta configurazione della fattispecie rende inessenziale ai fini del decidere qualunque indagine in ordine al se la società AV avesse conferito ulteriori e diversi apporti alla determinazione dell’illecito oggetto di sanzione (ad esempio, attraverso il coinvolgimento diretto di altre strutture d’impresa).

6.1.4. Per quanto riguarda, poi, il fatto che dal dicembre 2004 il signor B non rivestisse più la qualifica soggettiva di Presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi, si osserva per un verso che tale circostanza risulta essere stata espressamente e adeguatamente presa in considerazione dall’Autorità (v. il punto 124 del provvedimento impugnato in primo grado) e, per altro verso, che tale avvicendamento è stato ritenuto inidoneo a sottrarre alla società appellante il ruolo di ‘ leader’ ai fini della pianificazione ed attuazione dell’intesa vietata quanto meno con riferimento al periodo durante il quale il ruolo di Presidente della Sezione era effettivamente spettato al rappresentante della società appellante (v. il punto 291 del richiamato provvedimento).

6.1.5. Infine, non può essere condiviso l’argomento con cui la società AV lamenta il pregiudizio che le sarebbe derivato dal tardivo coinvolgimento nel procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento sanzionatorio del 15 giugno 2011 (tardivo coinvolgimento che, oltretutto, risulterebbe porsi in contrasto con il ruolo di ‘leadership’ riconosciuto dall’Autorità nell’ambito del complessivo disegno anticoncorrenziale).

Al riguardo si osserva:

- che, a prescindere dalla tempistica delle vicende che qui rilevano, gli argomenti e le circostanze in precedenza esposti confermano in pieno la correttezza del coinvolgimento della società AV nell’ambito del procedimento e il riconoscimento ad essa del richiamato ruolo di leadership;

- che la società appellante non ha indicato in modo puntuale quali ulteriori e diversi apporti procedimentali avrebbe potuto conferire nell’ambito della vicenda di causa laddove il suo coinvolgimento fosse avvenuto in un momento precedente e quindi – in definitiva – quale nocumento la sua complessiva difesa abbia patito in conseguenza del richiamato ritardo.

Né può ritenersi che il richiamato ritardo abbia impedito alla società appellante di godere d specifiche circostanze attenuanti, non avendo la stessa allegato elementi concreti atti a far ritenere che il mancato riconoscimento dell’attenuante della particolare collaborazione sia da attribuire alla tempistica della vicenda e non – piuttosto – all’oggettivo apporto (in termini quantitativi e qualitativi) offerto dalla medesima appellante.

6.2. Il secondo e il terzo motivo devono, quindi, essere respinti.

7. Con il quarto motivo di appello (‘ Sull’assenza di profili anticoncorrenziali nelle condotte assunte in ambito associativo, sul mancato accordo e parallelismo delle condotte – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche – Erronea valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Violazione e/o falsa applicazione di norme di legge e di regolamento ’) la società AV chieda le riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso con il quale si era negata, sulla base della documentazione in atti, l’esistenza di un’intesa orizzontale volta a realizzare uno scambio informativo al fine di conseguire un coordinamento degli aumenti dei prezzi degli spedizionieri via terra.

In particolare, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare:

- che nel corso delle riunioni in ambito Fedespedi le imprese partecipanti si erano sempre limitate a discutere tematiche inerenti la struttura e l’andamento dei costi nel settore interessato e non anche a discutere di problematiche inerenti le tariffe di vendita;

- che le informazioni diffuse e scambiante in sede associativa non avevano ad oggetto dati sensibili o segreti, vertendo – piuttosto – su grandezze economiche (quelle inerenti i costi di produzione) facilmente conoscibili e accessibili. Al riguardo, la sentenza in epigrafe risulterebbe radicalmente erronea laddove ha ritenuto che lo scambio informativo in questione si sarebbe caratterizzato per il fine di sostituire l’alea della concorrenza con il vantaggio della concertazione sul versante dei prezzi;

- che i dati acquisiti e scambiati in sede associativa, in quanto relativi all’andamento dei costi di produzione, avevano valenza meramente statistica e che agli stessi non poteva essere annessa la valenza di ‘dati sensibili’ ai fini concorrenziali;

- che i dati economici discussi, scambiati e diffusi in seno alla Fedespedi siano in tutto assimilabili a quelli pacificamente discussi e monitorati in seno alla Consulta dell’Autotrasporto, che riunisce operatori sostanzialmente in concorrenza con gli spedizionieri;

- che, anzi, sin dal 2005 è stato istituito nel settore contermine dell’autotrasporto un nuovo sistema di tariffe minime obbligatorie e all’Osservatorio sulle attività di trasporto terrestre presso la Consulta Generale per l’Autotrasporto è stato attribuito il compito di determinare, in relazione alla diverse categorie di veicoli interessati, numerosi e rilevanti dati inerenti la struttura dei costi d’impresa, secondo un modulo operativo ben più articolato e incisivo di quello cointestato dall’Autorità (in tal senso: articolo 83- bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112).

7.1. Il motivo, nel suo complesso, non può trovare accoglimento.

Al riguardo si osserva che – in base all’impianto accusatorio ordito dall’Autorità e sostanzialmente condiviso i primi Giudici - ciò che ha caratterizzato l’ideazione e la realizzazione dell’intesa vietata non era la diffusione di informazioni di carattere segreto o di difficile reperibilità, quanto – piuttosto – l’istituzione in quanto tale di una sistema informativo organizzato e capillarmente diffuso fra i partecipanti il quale, dietro le mentite spoglie di uno scambio di informazioni sui costi di gestione delle imprese del settore, si configurava quale strumento essenziale per realizzare un’articolata intesa orizzontale finalizzata al concorda mento delle tariffe di vendita.

Sotto tale aspetto, quindi, la circostanza – su cui insiste la difesa dell’appellante – relativa al carattere non segreto delle informazioni diffuse in sede associativa non sortisce alcuna valenza esimente ai fini della configurazione dell’illecito o della commisurazione della sanzione.

Al riguardo, l’Autorità (punto 255 del provvedimento impugnato) ha condivisibilmente richiamato l’orientamento di questo Consiglio secondo cui rientrano nell’ambito delle intese di prezzo vietate non solo le intese tramite le quali le imprese fissano i prezzi a livelli esattamente determinati o stabiliscono esattamente prezzi minimi al di sotto dei quali esse si impegnano a non vendere, ma – più in generale – tutte le imprese che abbiano per oggetto o per effetto quello di cortocircuitare la libera determinazione individuale del prezzo e, quindi, la sua naturale flessibilità (in tal senso: Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2008, n. 103).

In modo parimenti condivisibile è stato richiamato l’orientamento secondo cui anche la definizione collettiva e concertata di un elemento il quale concorre in via solo mediata alla determinazione delle tariffe di vendita – pure in assenza di una perfetta uniformità di queste ultime – costituisce di per sé una rilevante restrizione del libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2001, n. 652)

Ma se questo è il corretto angolo visuale entro il quale inquadrare i termini della questione, ne consegue che la circostanza per cui le imprese partecipanti avessero realizzato un articolato, organizzato e durevole sistema informativo volto a diffondere fra le imprese del settore (nonché fra le imprese fruitrici e fra il pubblico indistinto) indicazioni in ordine agli aumenti dei costi riferibili a taluni importanti fattori della produzione e che avessero finalizzato tale flusso informativo a una sorta di ‘giustificazione preventiva’ degli aumenti di costi cui l’intesa collettivamente mirava, rappresentasse di per sé una condotta avente ‘per oggetto e per effetto’ quello di determinare una sensibile alterazione del libero gioco concorrenziale.

Sotto tale aspetto non coglie nel segno l’obiezione secondo cui i dati e le informazioni in parola (ad es.: quelli relativi all’aumento di prezzo del gasolio per autotrazione o delle tariffe autostradali in alcuni Paesi europei) fossero comunque reperibili in modo piuttosto agevole;
né la circostanza per cui i dati oggetto di diffusione inerissero le voci di costo e non la determinazione del livello dei prezzi.

7.1.1. Quanto al primo aspetto si è già osservato che ciò che caratterizza con profili di illiceità uno scambio informativo non è il carattere più o meno agevole della reperibilità dei dati oggetto di diffusione, quanto – piuttosto – l’idoneità di tale scambio informativo ad alterare le condotte delle imprese coinvolte.

Al riguardo, l’Autorità ha ritenuto (con iter logico scevro da aspetti di palese irragionevolezza e adeguatamente fondato sulle risultanze in atti) che la diffusione di dati inerenti la struttura dei costi delle imprese del settore interessato non rispondesse a una (peraltro lecita) finalità informativa, ma si ponesse – piuttosto – come elemento strumentale a un concordamento collettivo del livello delle tariffe di vendita e dei relativi aumenti.

Del resto, nel corso dell’istruttoria procedimentale, sono stati acquisiti scambi di e-mail fra alcune delle imprese partecipanti all’intesa (della cui genuinità e pertinenza ai fini del decidere non è dato dubitare) dalle quali emerge: i) l’esistenza di un ulteriore scambio informativo fra alcune delle imprese interessate volto a palesare in modo più chiaro di quanto emerga dai verbali ufficiali la finalità effettiva delle riunioni in ambito Fedespedi;
ii) che in alcuni casi le imprese in parola indicassero in modo espresso il livello di aumento dei prezzi e delle tariffe ritenuto accettabile (v. il punto 260 del provvedimento impugnato in primo grado).

7.1.2. Quanto al secondo aspetto ( i.e. : quanto al fatto che lo scambio informativo avesse ad oggetto essenzialmente le componenti di costo e non il livello dei prezzi) è agevole osservare che tale circostanza non valga in alcun modo ad escludere che lo scambio informativo in ordine ad alcune fra le principali componenti di costo fosse idonea a sortire un effetto diretto ed immediato sulle politiche tariffarie delle imprese interessate (e ciò, anche a voler tacere delle numerose espresse prove in atti circa la consapevolezza delle imprese coinvolte del fatto che lo scambio delle informazioni rilevanti era finalizzato, in ultima analisi, a determinare un concordato incremento delle tariffe e dei prezzi di vendita).

Ai riguardo deve osservarsi che la sussistenza di un articolato e capillare sistema di scambio di informazioni ex se finalizzato a conseguire un coordinamento nella politica tariffaria di imprese altrimenti in concorrenza fra loro risulta di per sé violativo del principio che obbliga le imprese a determinare in modo autonomo la propria politica commerciale, essendo conseguentemente vietati (come correttamente ribadito dai primi Giudici) i contatti tra operatori che abbiano l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente reale o potenziale o di rivelare il comportamento che si intende assumere, pregiudicando siffatti contatti il libero dispiegarsi della concorrenza.

Del resto, in base a un consolidato e qui condiviso orientamento (del pari correttamente richiamato dal T.A.R.), ogni operatore economico deve determinare in modo del tutto autonomo la propria condotta reagendo, in base alle regole della concorrenza, al comportamento, constatato o atteso, dei concorrenti, risultando pertanto vietato ogni contatto, diretto o indiretto, tra gli operatori volto ad influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o a mettere al corrente tale concorrente in ordine comportamento che l'impresa stessa abbia deciso di porre in atto (in tal senso – ex plurimis -: CGCE sentenza 16 dicembre 1975 in causa C- 40/73 - Suiker Unie -).

Non viene qui in discussione la libertà per ogni operatore economico di determinare in modo del tutto autonomo la propria politica di prezzi, quanto piuttosto il divieto (che qui risulta disatteso) di realizzare forme di collaborazione volte a stabilire la linea d'azione o eliminare incertezze sul reciproco comportamento (in tal senso: CGCE, sentenza 14 luglio 1972 in causa C-57/69 – Acna -).

Né a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui esposte può giungersi in relazione al motivo di ricorso con cui si è lamentata la mancata considerazione (da parte dell’Autorità prima e del T.A.R. poi) del fatto che un sistema informativo del tutto assimilabile rispetto a quello sin qui descritto sia stato realizzato anche nel settore dell’autotrasporto, senza che l’Autorità abbia sul punto concluso nel senso del carattere anticoncorrenziale del sistema in tal modo instaurato.

Ed infatti, in base a quanto sin qui esposto (e a quanto si esporrà), sussistevano i presupposti e le condizioni per l’esercizio del potere sanzionatorio nei confronti della società appellante e ciò è sufficiente a confermare la correttezza dell’esperito esercizio di tale potere. Al contrario (e anche ad ammettere per mera ipotesi che l’amministrazione abbia erroneamente mandato esenti da sanzione soggetti colpevoli di condotte assimilabili in ambiti operativi contermini), non può ammettersi in via sistematica che il richiamo al divieto di disparità di trattamento possa paradossalmente rivolgersi in favore di un soggetto del tutto correttamente riconosciuto colpevole.

8. Con il quinto motivo di appello (‘ Erroneità della sentenza impugnata sulla presunta continuità e durata dell’intesa – Mancato accertamento dell’intervenuta prescrizione ai sensi della l. 689/1981 – Eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Eccesso di potere per carenza di motivazione – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 della l. 287/1990 e del Regolamento (CE) 1/2003 ’) la società AV chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso con cui si era lamentata l’erroneità dell’affermazione dell’Autorità secondo cui ci si troverebbe al cospetto di una condotta unica e continuata nel corso dell’intero periodo in contestazione (marzo 2002 – autunno 2007).

Al riguardo i primi Giudici avrebbero omesso di tenere in adeguata considerazione, ai fini del decidere, il fatto che nessun rappresentante della società appellante avesse in qualunque modo preso parte all’attività associativa per un lungo periodo di tempo (dal 21 settembre 2004 al 7 novembre 2006). Ciò che deporrebbe ex se nel senso di un’accentuata soluzione di continuità fra il ‘prima’ ( i.e. : il periodo che va dal marzo 2002 al settembre 2004 caratterizzato dall’attività del signor Emilo B) e il ‘dopo’ ( i.e. : il periodo che va dal novembre 2006 al luglio 2007, durante in quale l’attività in ambito associativo della società AV aveva ripreso consistenza – si tratta di un periodo caratterizzato dall’attività del signor Francesco B -).

Al riguardo l’appellante osserva che, laddove i primi Giudici avessero adeguatamente apprezzato la rilevante soluzione di continuità che aveva caratterizzato i due richiamati periodi temporali, avrebbe necessariamente dovuto concludere nel senso dell’intervenuta prescrizione dell’eventuale illecito riferito alla prima di tali fasi per decorso del termine quinquennale di cui all’articolo 28 della l. 689 del 1981.

8.1. Il motivo, nel suo complesso, non può essere condiviso.

Al riguardo occorre premettere che, in base alla documentazione in atti, emerge in primis che la partecipazione da parte della società appellante alle riunioni in questione rivestisse un carattere tutt’altro che episodico o estemporaneo.

Al contrario, dagli atti assunti al fascicolo dell’Autorità emerge:

- che l’odierna appellante avesse preso parte a ben quattordici delle ventuno riunioni in contestazione svoltesi in ambito Fedespedi (Sezione Spedizionieri Terrestri);

- che la partecipazione assicurata dalla società appellante si fosse caratterizzata per un carattere di marcata assiduità e continuatività (fra i maggiori di tutti gli operatori coinvolti), essendosi articolata in modo sostanzialmente continuativo nel corso delle tre diverse e successive composizioni della Sezione Spedizionieri Terrestri (la quale, nel corso della vicenda, era stata modificata per due volte – a metà del 2003 e nel 2005 -);

- che, in particolare, nel corso della prima fase (novembre 2002 - maggio 2003) la società appellante aveva preso parte a tutte le (sei) riunioni in contestazione;

- che nel corso della seconda fase (luglio 2003 – settembre 2004) l’appellante aveva preso parte a tutte le (cinque) riunioni svoltesi in ambito associativo;

- che nel corso del biennio 2006-2007 la presenza dell’appellante alla riunioni si era diradata, non venendo comunque meno (le stessa era risultata presente alle riunioni svoltesi in data 7 novembre 2006, 4 dicembre 2006 e 4 luglio 2007).

Non sembra, quindi, possa dubitarsi che l’odierna appellante avesse partecipato in modo continuativo e consapevole alle riunioni in sede associativa che rappresentavano il momento centrale del concordamento delle condotte commerciali e dei prezzi in cui consisteva il proprium dell’intesa vietata.

8.2. Né sembra possibile affermare che potesse sfuggire a operatori professionali quali la società appellante e i suoi rappresentanti la valenza chiaramente anticoncorrenziale delle decisioni che in quelle occasioni si andavano assumendo, delineandosi altresì in modo chiaro e concreto le modalità attuative dell’intesa raggiunta.

Ebbene, la condotta riferibile alla società appellante risulta coerente e coessenziale con le caratteristiche oggettive dell’attività concertativa collettivamente imputata alle imprese coinvolte nel procedimento istruttorio.

In particolare, risulta adeguatamente provato in atti – in base a cospicua e univoca documentazione – che le imprese e l’associazione coinvolte (fra cui l’odierna appellante) hanno, nel corso del periodo 2002-2007 concordato continui aumenti delle tariffe o di loro componenti attraverso numerose e periodiche riunioni, continui contatti – anche via e-mail - nonché attraverso un’ampia attività comunicativa rivolta all’esterno. Tale attività comunicativa (parte essenziale della condotta concertativa) è consistita: i ) nella diffusione ai componenti della Sezione Spedizionieri Terrestri dei verbali delle riunioni; ii ) nella diffusione a tutti gli associati e a tutte le articolazioni territoriali di Fedespedi delle circolari associative; iii ) nell’emanazione di comunicati stampa e avvisi pagamento sul quotidiano ‘Il Sole – 24 Ore’ volti a dare la massima diffusione dell’entità degli aumenti dei costi (e, in via mediata, a rendere conoscibili e possibili i conseguenti aumenti delle tariffe).

Ne consegue che sussistano tutti gli elementi per supportare in modo adeguato l’attivazione del potere sanzionatorio esercitato nei confronti della società appellante e ciò non soltanto sulla base del dato formale ed estrinseco rappresentato dalla partecipazione alle riunioni in quanto tali, ma in base al dato sostanziale ed intrinseco inerente la consistenza oggettiva della condotta individuale posta in relazione alla condotta collettivamente realizzata dalle altre imprese partecipanti e la valutazione della sua oggettiva gravità.

8.3. A conclusioni non dissimili deve giungersi in relazione al motivo di ricorso con cui si contesta, più in generale, l’erroneità della sentenza in epigrafe per la parte in cui – anche a prescindere dalla partecipazione individuale della società appellante – l’esistenza di una condotta ‘ unica e continuata ’ nel corso dell’intero periodo in contestazione da parte delle imprese collettivamente coinvolte nella vicenda.

8.3.1. Al riguardo occorre invece osservare che la sentenza in epigrafe (ricollegandosi a quanto già compiutamente rilevato al riguardo dall’Autorità in sede di adozione del provvedimento impugnato in primo grado) ha offerto un quadro motivazionale pieno, adeguato e persuasivo in ordine alla ricostruzione della complessiva condotta in termini di unicità e continuatività della condotta contestata.

Ci si riferisce, in particolare, al punto della motivazione in diritto nell’ambito del quale i primi Giudici hanno supportato la tesi dell’unicità e continuatività della condotta contestata attraverso un percorso motivazionale che secondo questo Giudice di appello risulta esente dalle censure nella presente sede proposte.

In primo luogo, il T.A.R. ha correttamente richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il carattere di continuatività della condotta sanzionabile nell’ambito delle intese vietate ai sensi dell’articolo 101 del TFUE deve essere apprezzato alla luce di un setting di parametri che risultano puntualmente riscontrabili nel caso in esame.

Ci si riferisce, in particolare:

- all’identità degli obiettivi e dei comportamenti oggetto di censura (in tal senso – ex plurimis -: CGCE, sentenza 21 settembre 2006 in causa C-113/04 – Technische Unie vs. Commissione ). Al riguardo è stato condivisibilmente rilevato che il comportamento contestato alle imprese coinvolte (e alla società appellante) presentasse una marcata univocità nel contenuto e nella finalità per l’intera durata del periodo in contestazione (si trattava, come più volte in precedenza chiarito di un’intesa volta all’allineamento dell’offerta da parte dei principali Spedizionieri terrestri volto a consentire il coordinamento informativo ed operativo in tema di aumenti delle tariffe da applicare alla clientela);

- all’identità dei prodotti e dei servizi interessati dall’intesa (in tal senso – ex plurimis -: TPG, sentenza in causa 15 giugno 2005 in causa T-71/03 – Tokai Carbon vs. Commissione europea ). Sotto tale aspetto è appena il caso di osservare che l’intesa ha avuto ad oggetto, nel corso dell’intero periodo in contestazione, il mercato delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia;

- all’identità delle imprese partecipanti (in tal senso – ex plurimis -: TPG, sentenza 27 settembre 2006 in causa T-43/02 – Jungbunzlauer vs. Commissione europea -). Al riguardo è appena il caso di osservare che nel corso dell’intero periodo in contestazione la partecipazione delle imprese coinvolte non abbia subito drastiche modificazioni e che, comunque, le principali imprese del settore (fra cui l’odierna appellante) avevano assicurato una presenza sostanzialmente assidua e costante alle riunioni in sede associativa (sul punto, nel rinviare al prosieguo per ulteriori approfondimenti, si rinvia al contenuto della tabella 1 a pag. 23 del provvedimento impugnato in primo grado);

- all’identità delle modalità di attuazione (in tal senso – ex plurimis -: TPG, sentenza 20 marzo 2002 in causa T-21/99 – Dansk Rorindustri vs. Commissione europea -). Al riguardo risulta confermato in atti che le modalità attuative dell’intesa siano rimaste sostanzialmente invariate nel corso dell’intero periodo in contestazione, sostanziandosi: a) nella previa concertazione in sede associativa;
b) nella diffusione di circolari e nell’utilizzo di ulteriori modalità di diffusione ‘interna’ delle informazioni rilevanti;
c) nella pubblicazione di comunicati stampa sul principale quotidiano di informazione economica nazionale.

Già sotto tale aspetto, quindi, non può essere condiviso il motivo di ricorso con il quale si è negata l’esistenza di una condotta di carattere unico e continuativo.

8.4. Neppure può essere condiviso il motivo di appello con cui (reiterando analogo motivo già articolato in primo grado e in tale sede disatteso) si è sottolineato il fatto che per lunghi periodi di tempo (ad esempio: per l’intero anno 2005) non abbiano avuto luogo riunioni in sede associativa e che, comunque, l’odierna appellante non abbia partecipato alla via associativa per importanti lassi di tempo (in particolare: dal settembre del 2004 al novembre del 2006).

Il motivo, a ben vedere, si articola su due presupposti logico-sistematici: il primo riferito alla condotta collettivamente riferibile alle imprese partecipanti all’intesa;
il secondo riferito a quanto puntualmente riferibile alla società appellante.

8.4.1. Quanto al primo aspetto si osserva che l’Autorità prima e il T.A.R. poi abbiano motivato in modo congruo e adeguato circa le ragioni che – per un verso – inducevano a ritenere l’esistenza di un’intesa di carattere ‘ unico e continuativo ’ (sul punto, cfr. retro , sub 8.3.) e che – per altro verso – inducevano e ritenere che l’assenza di riunioni in ambito associativo per periodi piuttosto lunghi (in particolare: dal 21 settembre 2004 al 12 gennaio 2006) non determinasse ex se una cesura in termini di continuità della condotta anticoncorrenziale unitariamente intesa.

In particolare, i primi Giudici hanno persuasivamente sottolineato (con deduzioni che resistono alle censure nella presente sede articolate) che l’assenza di riunioni nell’ambito del richiamato arco temporale (poco meno di sedici mesi su una durata complessiva di circa cinque anni e mezzo) non deponesse ex se nel senso della soluzione di continuità dei comportamenti censurati, dovendo – piuttosto – ritenersi che l’attività concertativa fosse proseguita con carattere di sostanziale continuità (e con identità di criteri e modalità) anche nel corso del periodo durante il quale non si erano svolte riunioni in ambito associativo.

Al riguardo si è correttamente dato rilievo:

- al fatto che, durante il richiamato periodo, si erano comunque svolte consultazioni e contatti via e-mail fra l’Associazione e i membri della Sezione Spedizionieri Terrestri i quali si erano risolti nell’emanazione di un nuovo comunicato avente ad oggetto un ulteriore aumenti dei prezzi;

- che a settembre del 2005 (ancora una volta, nel corso del richiamato periodo) era stata diffusa fra le imprese associate e le articolazioni territoriali un’ulteriore bozza di comunicato stampa avente ad oggetto un ulteriore incremento delle tariffe da applicare alla clientela (con aumento inizialmente fissato nella misura del 5,85%).

Le circostanze appena richiamate risultano di per sé idonee a deporre nel senso della piena e sostanziale continuità di azione e di intenti che aveva caratterizzato l’operato delle imprese coinvolte nella fattispecie illecita anche nel corso del periodo durante in quale non si erano svolte riunioni della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi.

8.5. Le osservazioni appena svolte con riferimento al comportamento collettivo delle imprese partecipanti valgono anche con riferimento alla posizione della società appellante, con le ulteriori precisazioni di cui in appresso.

In particolare, non sembra cogliere nel segno l’argomento con cui si è sottolineato il fatto che a partire dal settembre 2004 la partecipazione della società appellante alla vita associativa si fosse andata via via diradando sino ad interrompersi di fatto.

Al riguardo si osserva:

- che in base alla giurisprudenza di questo Consiglio già in precedenza richiamata, anche la sola partecipazione passiva a talune delle riunioni nel cui ambito è stata definita e attuata la condotta vietata delinea un comportamento meritevole di sanzione laddove sia mancata l’espressa dissociazione da parte dell’impresa interessata (in tal senso: Cons. Stato, VI, sent. 896/2011 e 3013/2011, citt.);

- che ancora in base alla giurisprudenza di questo Consiglio il numero delle riunioni cui abbia in concreto preso parte la singola imprese partecipante all’intesa non assume rilievo determinante al fine di differenziare la responsabilità di tale operatore (in tal senso: Cons. Stato, VI, sent. 896/2011, cit.).

8.6. I rilievi appena svolti risulterebbero ex se sufficienti per concludere nel senso dell’infondatezza in parte qua del motivo di appello in esame.

Tuttavia, si ritiene qui di aggiungere che la tesi della società appellante (la quale, come si è detto, afferma di non aver più preso parte alla vita associativa a partire dal settembre 2004) non risulta compatibile con le risultanze in atti.

In particolare, risulta agli atti di causa che rappresentanti della società AV abbiano preso parte alla riunione del 7 novembre 2006, a quella del 4 dicembre 2006 e a quella del 4 luglio 2007 (in tal modo fornendo un’ulteriore conferma circa il carattere continuativo della partecipazione assicurata da tale società all’intesa nel suo complesso).

8.7. Dal riconosciuto carattere di unicità e continuatività della condotta (sia se riferita all’odierna appellante, sia se riferita al complesso delle imprese partecipanti) deriva altresì l’infondatezza del motivo di appello con il quale si era invocata l’intervenuta prescrizione del tratto di illecito anticoncorrenziale anteriore alla cesura temporale intervenuta fra il settembre del 2004 e il gennaio del 2006.

9. Con il sesto motivo di appello (‘ Erroneità e/o irragionevolezza della sentenza di primo grado sulla presunta gravità dell’intesa e sul mancato accertamento degli effetti anche in relazione alla quantificazione della sanzione: eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione – Violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza – Violazione e/o falsa applicazione dei princìpi contenuti nella l. 287/1990 e nella l. 689/1981 ’) la società appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso con cui si era lamentato il carattere eccessivo e sproporzionato della sanzione in concreto irrogata alla società appellante in relazione alla complessiva vicenda di causa.

In particolare, i primi Giudici avrebbero omesso di rilevare il carattere eccessivo della richiamata sanzione (irrogata nei confronti della società appellante nella misura massima possibile, pari al 10 per cento del fatturato specifico d’impresa), così come l’irragionevolezza dell’opinamento dell’Autorità, la quale aveva ritenuto ‘molto grave’ l’intesa in questione in assenza di valide ragioni giustificatrici.

Secondo l’appellante, non sarebbe congruo aver ritenuto ‘molto grave’ la condotta complessivamente contestata alle società coinvolte pur senza aver svolto alcuna indagine in concreto circa l’idoneità dell’intesa medesima a sortire i contestati fini anticoncorrenziali.

Sotto tale aspetto, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di censura per non avere i primi Giudici rilevato:

- che l’Autorità aveva mancato di fornire una qualunque prova in ordine all’effettivo allineamento delle condotte delle imprese coinvolte in punto di fissazione delle tariffe;

- che non vi fosse alcuna prova in atti circa il fatto che l’intesa contestata avesse determinato quale effetto un aumento ingiustificato dei livelli tariffari riservati alla clientela. Al contrario, in molti casi gli aumenti disposti dalle società accusate della condotta collusiva non erano neppure di entità tale da compensare l’aumento dei costi di produzione.

Ed ancora, i primi Giudici avrebbero omesso di apprezzare il carattere non adeguato e non proporzionato della sanzione irrogata alla società appellante (lo si ripete: fissata nel quantum più elevato possibile), in considerazione del fatto:

- che non vi è prova in atti del carattere particolarmente grave della condotta contestata alla società appellante;

- che i fatti contestati all’appellante (sia al livello individuale, sia al livello di membro di una collettività) fossero del tutto assimilabili alle analoghe condotte poste in essere ormai da alcuni anni nell’ambito della Consulta dell’Autotrasporto.

9.1. Il motivo, nel suo complesso, è infondato.

E’ qui appena il caso di richiamare la previsione di cui al secondo periodo del comma 1 dell’articolo 15 della l. 287 del 1990 secondo cui “ nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione, [l’Autorità dispone] l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida (…) ”.

Al fine di quantificare la sanzione, ai sensi dell'articolo 11 della L. n. 689 del 1981, come richiamato dall'articolo 31 della l. n. 287 del 1990, devono essere considerati la gravità della violazione, le condizioni economiche, il comportamento delle imprese coinvolte e le eventuali iniziative volte a eliminare o attenuare le conseguenze delle violazioni.

Inoltre, ai fini dell'individuazione dei criteri di quantificazione, pur mantenendo la propria autonomia e discrezionalità, l'Autorità tiene altresì conto delle indicazioni espresse dalla Commissione CE.

9.2. Ora, per quanto concerne la parte del provvedimento dell’Autorità con cui è stato ravvisato il carattere ‘molto grave’ dell’intesa nel suo complesso, si osserva che il provvedimento (e la sentenza del T.A.R. che ne ha tenuti fermi gli assunti) risultano esenti dai rubricati profili di irragionevolezza ed abnormità.

Sotto tale aspetto ci si limita a richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario prima ancora che nazionale che attribuisce sempre carattere di gravità alle intese orizzontali restrittive della concorrenza volte a concertare le politiche di prezzo delle imprese coinvolte.

Del resto, secondo quanto chiarito dalla Commissione nella sua Comunicazione Linee Direttrici in materia di accordi orizzontali (2001/C 3/02), si presume che “ gli accordi aventi per oggetto una restrizione della concorrenza che consiste nel fissare i prezzi, limitare la produzione o ripartire i mercati o la clientela (...) abbiano effetti negativi sul mercato e non è quindi necessario procedere ad un'analisi delle loro conseguenze effettive sulla concorrenza e sul mercato al fine di stabilire che essi rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 81, paragrafo 1 del Trattato CE ”.

Nel caso di specie, al Collegio appare dirimente rilevare che del tutto correttamente l'intesa è stata considerata come ‘grave’ in considerazione della sua natura (in quanto volta ad instaurare un concordamento fra le principali imprese del settore economico interessato in tema di fissazione delle tariffe di vendita), del contesto nel quale i comportamenti sono stati attuati, della posizione rivestita dai soggetti che li hanno realizzati, delle modalità attuative e della durata complessiva.

Ora, in sede di determinazione iniziale del quantum sanzionatorio l’Autorità aveva espressamente richiamato le pertinenti disposizioni normative (articolo 11 della l. 689 del 1981 per come richiamato dall’articolo 31 della l. 287 del 1990), nonché la Comunicazione della Commissione europea 2006/C 210/02 – ‘ Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, par. 2, lettera a) del Regolamento (CE) n. 1/2003 ’.

In particolare, per ciò che riguarda il carattere di gravità dell’infrazione nei suoi tratti generali ( i.e. : in relazione al comportamento complessivamente e collettivamente realizzato dalle imprese partecipanti) l’Autorità aveva statuito che, valutate tutte le circostanze del caso, sussistessero ragioni adeguate per collocare la misura della sanzione su un valore elevato nell’ambito della potenziale ‘forcella’ sanzionatoria.

Ancora, richiamando i dettami di cui agli ‘Orientamenti’ comunitari del 2006, l’Autorità ha calcolato l’importo di base della sanzione da applicare a ciascun partecipante facendo riferimento al valore delle vendite e dei servizi cui l’infrazione si riferisce (ossia, il fatturato realizzato da ciascuna impresa coinvolta in Italia nel settore di attività in questione e nell’ultimo anno intero in cui l’infrazione si è realizzata – per quanto riguarda la società appellante si è preso in considerazione l’anno 2005 -).

9.3. Né a conclusioni diverse rispetto a quelle appena rassegnate può giungersi in relazione al fatto che l’Autorità non abbia fornito una specifica prova in ordine all’effettivo allineamento delle condotte da parte delle imprese coinvolte e – più in generale – in ordine all’effettivo incremento delle tariffe di vendita quale effetto dell’intesa contestata.

Al riguardo ci si limita a richiamare il consolidato orientamento secondo cui la fisionomia stessa dell’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE e dell’articolo 2 della l. 287 del 1990 postula la sostanziale indifferenza in ordine all’accertamento degli effetti della condotta vietata.

Sotto tale aspetto i primi Giudici hanno correttamente richiamato l’orientamento comunitario e nazionale secondo cui le disposizioni che descrivono la condotta anticoncorrenziale in parola sono chiare nel richiedere, ai fini costitutivi dell’illecito, la sola presenza dell’oggetto anticoncorrenziale e non anche (almeno, necessariamente) dell’effetto (in tal senso – ex plurimis -: CGCE sent. 17 luglio 1997 in causa C-219/95 – Ferriere Nord -;
Cons. Stato, VI 8 febbraio 2007, n. 515).

Si osserva, tuttavia, che la mancata espressa considerazione degli effetti dell’intesa non fa in alcun modo venir meno la congruità della valutazione circa il suo carattere di gravità, atteso che il giudizio in ordine al carattere ‘molto grave’ dell’intesa in questione risulta comunque adeguatamente supportato in base alle ulteriori richiamate circostanze (fra cui i caratteri e le circostanze in cui l’intesa è maturata, le modalità della sua realizzazione e la relativa durata).

9.4. Per quanto riguarda, poi, la specifica gravità del comportamento contestato alla società appellante, il provvedimento dell’Autorità e la sentenza in epigrafe, che ne ha confermato gli assunti risultano esenti dalle censure rubricate in considerazione della specifica gravità della condotta posta in essere in qualità di soggetto leader dell’intesa almeno fino alla fine del 2004 .

Sul punto ci si limita a rinviare a quanto già esposto retro, sub 6 per quanto riguarda la conferma del richiamato ruolo di leadership , con quanto ne consegue in punto di conferma del provvedimento dell’Autorità per la parte in cui ha fatto discendere dall’apprezzamento di tale ruolo una risposta sanzionatoria di carattere particolarmente afflittivo.

Ad ogni modo, il carattere complessivamente ponderato delle valutazioni poste in essere dall’Autorità viene confermato dalla circostanza per cui la stessa Autorità ha riconosciuto all’odierna appellante la circostanza attenuante ‘ per la partecipazione meno assidua o meno idonea a produrre effetti ’, nonché l’ulteriore riduzione ‘ per perdita di esercizio ’.

9.5. Per quanto riguarda, infine, il motivo di ricorso con il quale si è ribadito che le condotte contestate alla società appellante sono del tutto assimilabili a quelle poste in essere ormai da alcuni anni nell’ambito della Consulta dell’Autotrasporto ci si limita qui a richiamare quanto già espresso retro, sub 5.

9.6. Anche per tale ragione il motivo in questione non può trovare accoglimento.

10. Con il settimo motivo di appello (‘ In via rigorosamente subordinata e nella denegata ipotesi in cui fosse confermata la sentenza di primo grado sull’esatta individuazione del mercato rilevante effettuata dall’Autorità: erroneo riferimento al fatturato complessivo realizzato nel mercato delle spedizioni internazionali nel calcolare l’importo base della sanzione – Violazione o eccesso di potere per carenza di istruttoria – Violazione per mancata e/o errata applicazione dei princìpi della l. 287/1990, del Regolamento (CE) 1/2003 e degli Orientamenti della Commissione in relazione al calcolo della sanzione ’) la società appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha omesso di rilevare l’intrinseca contraddittorietà che caratterizza il provvedimento sanzionatorio in tema di determinazione del fatturato riferibile alla società appellante ai fini della commisurazione della sanzione.

In particolare, l’appellante lamenta la non condivisibilità della scelta di assumere a tal fine l’intero fatturato della società appellante e di non scorporare (come invece sarebbe stato necessario) le voci relative all’autotrasporto eseguiti (non con mezzi propri, bensì) attraverso prestazioni rese da autotrasportatori.

10.1 Il motivo non può essere condiviso.

Si osserva al riguardo che appare scevro da profili di abnormità e irragionevolezza l’opinamento dell’Autorità, la quale ha ritenuto di poter ascrivere per intero l’attività dell’odierna appellante al genus delle spedizioni internazionali di merci via terra, indipendentemente dal fatto che, al fine di espletare i propri servizi la stessa scelga poi (sulla base di autonome valutazioni di carattere organizzativo) di avvalersi dei servizi di alcuni autotrasportatori.

Sotto tale aspetto, anzi, la complessiva ragionevolezza e coerenza di quanto opinato dall’Autorità (e in seguito dai primi Giudici) è confermata dall’ulteriore passaggio del provvedimento sanzionatorio in cui si afferma che, ai fini dell’indagine antitrust conclusasi con l’adozione del provvedimento del 15 giugno 2011, gli autotrasportatori non potevano e non dovevano essere valutati alla stregua di competitors del mercato su cui opera – inter alios – la società appellante, bensì alla stregua di controparti contrattuali la cui attività risulta in molti casi strumentale all’esercizio dell’attività di spedizioni internazionali di merci via terra.

10.2. Anche il settimo motivo deve quindi essere respinto.

11. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti, anche in considerazione della complessità e peculiarità delle vicende di causa.

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