Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-06-28, n. 202104896
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Pubblicato il 28/06/2021
N. 04896/2021REG.PROV.COLL.
N. 10003/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10003 del 2020, proposto dal Consiglio nazionale forense, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale P.L. da Palestrina, n. 47,
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato L F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Girolamo da Carpi, n. 1,
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il consigliere A V e uditi per le parti gli avvocati F C e L F, che partecipano alla discussione orale ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e ), d.l. n. 44/2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio, sede di Roma, sezione I- quater (r.g. n. -OMISSIS-), l’odierno appellato, iscritto all’albo degli avvocati di Roma dal 15 luglio 2010 in qualità di avvocato stabilito e iscritto all’albo ordinario in data 8 gennaio 2015 divenendo quindi da quel momento avvocato integrato, impugnava:
a ) il bando indetto dal Consiglio nazionale forense presso il Ministero della giustizia per l’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, ai sensi dell’art. 22, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, pubblicato il 22 ottobre 2019, in particolare nella parte in cui prevede, all’art. 1 (“ Requisiti di ammissione ”), lettera a ), tra i requisiti di ammissione: “ a) l’iscrizione all’Albo ordinario o all’Elenco speciale degli Avvocati di enti pubblici da almeno otto anni ”;
b ) il Regolamento del Consiglio nazionale forense n. 1 del 20 novembre 2015 di cui all’art. 22 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, sui corsi per l’iscrizione all’“ Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori ”, come modificato dalla delibera del Consiglio assunta nella seduta amministrativa del 14 giugno 2019 nella quale sono state aggiunte all’art. 1, comma 1, a seguito di “ albo ”, le seguenti parole: “ ordinario o all’elenco speciale degli Avvocati di enti pubblici ”, in tal modo restringendo il requisito di accesso ai soli avvocati iscritti da otto anni all’albo ordinario, senza tenere conto del periodo di iscrizione nella sezione speciale dell’albo riservata agli avvocati stabiliti.
2. Il T.a.r. adito:
i ) ha inizialmente respinto l’istanza cautelare per ottenere l’ammissione con riserva al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, con l’ordinanza n. -OMISSIS-(poi riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n.-OMISSIS-, che ha accolto l’appello cautelare, al solo fine della sollecita definizione della controversia nel merito, ai sensi dell’articolo 55, comma 10, c.p.a.);
ii ) ha quindi respinto l’ulteriore istanza cautelare per ottenere la partecipazione al corso con l’ordinanza n. -OMISSIS-(in seguito confermata in sede di appello cautelare dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. -OMISSIS-);
iii ) infine, con la sentenza n. 11004 del 28 ottobre 2020, ha accolto il ricorso, per l’effetto annullando gli atti impugnati, e ha compensato le spese di giudizio tra le parti.
Il Tribunale, in particolare:
a ) ha rilevato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della giustizia, essendo stati impugnati atti e provvedimenti adottati dal Consiglio nazionale forense;
b ) ha ritenuto infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione del sopravvenuto elenco degli ammessi al corso propedeutico, in quanto l’esclusione del ricorrente dall’elenco degli avvocati ammessi al corso discende automaticamente dall’applicazione dei requisiti di partecipazione, tempestivamente impugnati dal ricorrente;
c ) ha ritenuto fondato il ricorso:
c.1 ) in quanto, in virtù del combinato disposto dell’art. 13 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, dir. 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE, così sostituito dall’articolo 1 della dir. n. 2013/55/UE, e dell’articolo 10 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica, dir. 16 febbraio 1998, n. 98/5/CE, “ si deve ritenere che l’avvocato integrato, perfettamente equiparato all’avvocato iscritto nell’albo ordinario, abbia svolto anche nel triennio di assimilazione una attività professionale equiparabile a quella degli avvocati iscritti all’albo ordinario ”;
c.2 ) tale interpretazione è rafforzata dall’articolo 9, comma 2, del d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, laddove si consente il patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori, seppure in una sezione speciale, all’avvocato stabilito che dimostri di aver esercitato la professione di avvocato per almeno otto anni in uno o più degli Stati membri, tenuto conto anche dell’attività professionale eventualmente svolta in Italia, e che successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell’avvocatura;
c.3 ) non può a contrario essere invocato l’art. 5, comma 3, della dir. 16 febbraio 1998, n. 98/5/CE, laddove si dispone che, per assicurare il buon funzionamento della giustizia, gli Stati membri possono stabilire norme specifiche di accesso alle Corti supreme, quali il ricorso ad avvocati specializzati, non potendo tali norme essere interpretate in senso discriminatorio per nazionalità.
In conclusione, secondo il Tribunale, l’articolo 22 della legge di riforma dell’ordinamento forense, laddove consente la partecipazione al corso propedeutico per l’iscrizione all’albo speciale per i patrocinanti in Cassazione agli avvocati iscritti all’albo per almeno otto anni, non può essere interpretato nel senso che sono richiesti otto anni di iscrizione nell’albo ordinario, senza tener conto del triennio maturato nella sezione speciale dello stesso albo, nel periodo immediatamente precedente l’integrazione. Ne consegue l’illegittimità del regolamento impugnato, avendo introdotto un requisito di ammissione al corso propedeutico più restrittivo di quello derivante da una interpretazione della legge nazionale in senso conforme al diritto dell’Unione europea.
3. Il Consiglio nazionale forense (C.N.F.) ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i ) “ In via preliminare. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 35 comma 1 lett. c) c.p.a.: sull’improcedibilità dell’azione avversaria ”: la gravata sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto infondata l’eccezione, sollevata dal CNF, di improcedibilità dell’azione avversaria per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione della mancata impugnativa da parte dell’originario ricorrente sia dell’elenco degli ammessi alla partecipazione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, nel quale il suo nome non figurava, pubblicato in data 10 marzo 2020, che del sopravvenuto provvedimento di diniego adottato dalla Scuola superiore dell’avvocatura in data 19 giugno 2020;
ii ) “ Nel merito. Errores in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 comma 2 della l. n. 247/2012 e 9 del d.lgs. n. 96 del 2001. Falsa applicazione dell’art. 13 Dir. 7/9/2005, n.2005/36/CE. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 par. 3 della Direttiva 16.2.1998 n.98/5/CE. Eccesso di potere giurisdizionale ”: ad avviso dell’appellante, l’articolato motivazionale della impugnata sentenza si porrebbe in contrasto con il vigente quadro normativo nazionale ed europeo e, in particolare, con la disciplina relativa all’accesso al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori delineato dalla legge n. 247/2012 e dal d.lgs. n. 96/2001 e con la normativa sovranazionale di cui alla direttiva n. 98/5/CE, che ha lasciato agli Stati membri la facoltà di stabilire norme specifiche di accesso alle Corti supreme;per converso, la direttiva 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE, invocata dal primo giudice nella decisione impugnata, non sarebbe conferente al caso di specie perché riguardante in generale il riconoscimento delle qualifiche professionali, dovendo al contrario trovare applicazione, per il criterio di specialità, la sola disciplina di cui alla citata direttiva n. 98/5/CE, che esclude dall’armonizzazione perseguita mediante l’azione europea in materia di esercizio della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza l’accesso agli organi di giustizia superiori, consentendo agli Stati membri di prevedere norme specifiche secondo ampi margini di discrezionalità;interpretando diversamente la richiamata disciplina il giudice di primo grado sarebbe inoltre incorso nel vizio di eccesso di potere giurisdizionale nella parte in cui ha dettato il principio di diritto secondo cui l’iscrizione ordinaria nell’albo speciale per i patrocinanti in Cassazione andrebbe consentita, previo superamento del corso propedeutico, anche agli avvocati integrati che conseguano il requisito complessivo di otto anni di iscrizione nell’albo valutando a tal fine anche il triennio di assimilazione previsto per l’avvocato stabilito;
iii ) “ In via subordinata: sulla questione pregiudiziale, ex art. 267 Tfue, di interpretazione dei principi di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, come attutati dalla Direttiva 98/5/CE, nonché di quello di non discriminazione per cittadinanza ”: in via subordinata, l’appellante chiede che venga sollevata ai sensi dell’art. 267, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, questione interpretativa pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia, nella denegata ipotesi in cui si dovesse dubitare della compatibilità europea delle norme nazionali rilevanti o dell’applicazione di esse fatta propria dall’amministrazione appellante.
3.1. Si è costituito in giudizio l’originario ricorrente, il quale, depositando memoria difensiva, si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto. In particolare, l’appellato ha rilevato:
a ) quanto all’eccezione preliminare di improcedibilità, la natura meramente applicativa e confermativa dell’elenco degli ammessi e dell’esclusione rispetto alle previsioni di cui al bando e al regolamento impugnati;
b ) nel merito, che il primo giudice, lungi dall’interpretare creativamente la legge, si sarebbe limitato a interpretare letteralmente l’art. 22, comma 2, della legge n. 247/2012 e che, per converso, una diversa interpretazione produrrebbe effetti discriminatori;
c ) che l’interpretazione proposta dalla parte appellante non trova fondamento normativo, atteso che la legislazione europea, senza peraltro fare alcun cenno alle nozioni di avvocato stabilito e di avvocato integrato, prevede che ci sia un periodo di adattamento del professionista comunitario alla legislazione locale, ma non che superata questa fase, tale periodo sia considerato inesistente agli effetti della maturazione dei requisiti per l’accesso al corso propedeutico per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori;
d ) che, diversamente, l’art. 1, comma 1, del Regolamento del Consiglio nazionale forense n. 1 del 20 novembre 2015, come modificato con delibera del 14 giugno 2019 del CNF, sarebbe illegittimo perché modifica in modo restrittivo, con un provvedimento amministrativo, la portata di una norma di legge di rango superiore e non considera il periodo di stabilimento valido ai fini della partecipazione al corso propedeutico all’iscrizione all’albo speciale.
Infine l’appellato, per l’ipotesi in cui il giudice d’appello nutra dubbi in ordine alla conferma della sentenza impugnata, ha chiesto di sollevare questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia ex art. 267, par. 3, TFUE.
4. Il Collegio, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, ha accolto l’istanza cautelare presentata incidentalmente dall’appellante, ritenendo “ all’esito di un complessivo bilanciamento degli interessi coinvolti nella vicenda oggetto di contenzioso … prevalenti i pregiudizi dedotti dalla parte appellante, anche alla luce della sopravvenuta impossibilità di inserire l’interessato nel corso in esame, perché già concluso ”.
5. Con memoria difensiva depositata il 12 aprile 2021 l’appellante ha replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle censure dedotte.
5.1. Entrambe le parti hanno infine depositato memoria di replica. L’appellante, in particolare, ha eccepito l’inammissibilità delle due questioni interpretative pregiudiziali come sollevate da controparte, la prima poiché irrilevante ai fini del decidere, la seconda sia perché diretta a sollecitare il sindacato della CGUE su un ambito non di sua competenza, ossia sulla legittimità del “ diniego di iscrizione nell’albo degli avvocati ”, sia in quanto irrilevante ai fini del decidere.
6. All’udienza del 13 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
7. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
8. Preliminarmente, ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto del presente giudizio si precisa in fatto quanto segue (come già esposto nella citata ordinanza n. -OMISSIS-):
- l’originario ricorrente è avvocato integrato dal giorno 8 gennaio 2015 (l’indicazione dell’anno 2005 è un evidente refuso);
- la denominazione di avvocato integrato contraddistingue il soggetto abilitato all’esercizio della professione forense in uno Stato dell’Unione europea, nel caso del ricorrente il Regno di Spagna, il quale abbia dapprima esercitato la professione in un altro Stato, nella specie in Italia, come avvocato stabilito, e in un secondo momento abbia conseguito l’abilitazione prevista dalle norme di quello Stato, diventandovi appunto “ integrato ”;
- ciò posto, l’originario ricorrente ha presentato il giorno 8 maggio 2019 istanza per essere ammesso al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, ai sensi dell’art. 22, comma 2, della l. 31 dicembre 2012, n. 247, e la ha vista respingere con la delibera del CNF del 15 novembre 2019, per mancanza dei requisiti richiesti, egli essendo iscritto solo dal 2015 all’albo degli avvocati italiano, e quindi non essendo in possesso degli otto anni di iscrizione richiesti dalla normativa.
9. Passando all’analisi del primo motivo di appello, con cui il CNF ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, il Collegio ne rileva l’infondatezza, ferma restando - ad ogni modo - l’irrilevanza della questione ai fini del decidere, in ragione di quanto si dirà appresso.
9.1. Al riguardo, si osserva invero che non pare applicabile alla fattispecie la giurisprudenza richiamata nell’atto di appello, avendo essa ad oggetto procedure concorsuali o competitive, laddove il caso di specie riguarda un’ipotesi ad esse non assimilabile, in quanto attinente all’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo dei “cassazionisti”, a norma del citato articolo 22, comma 2, della legge n. 247/2012.
Peraltro, il successivo diniego del 19 giugno 2020, nonostante consegua ad un riesame sollecitato dallo stesso odierno appellato e ad una nuova istruttoria, presenta natura meramente confermativa dell’esclusione, la quale discendeva automaticamente dalla clausola escludente del bando.
10. L’esame della seconda censura presuppone l’analisi della normativa che disciplina le modalità di accesso al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, a tal riguardo dovendo considerare che:
a ) la legge 31 dicembre 2012, n. 247 (“ Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense ”) detta la disciplina generale dell’ordinamento forense, ivi compresi i presupposti ed i requisiti dell’iscrizione all’albo ordinario degli avvocati nonché dell’iscrizione all’albo speciale per gli abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori;
b ) il d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 e ss. mm. e ii., di attuazione della direttiva 98/5/CE, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale, disciplina “ l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale ”.
10.1. Tale sistema presuppone la distinzione tra:
b.1 ) l’avvocato stabilito, che, ex art. 3, lett. d ), del d.lgs. n. 96/2001, è definito come il cittadino di uno degli Stati membri dell’Unione che esercita stabilmente in Italia la professione di avvocato con il titolo professionale di origine e che è iscritto nella sezione speciale dell’albo degli avvocati;
b.2 ) l’avvocato integrato, definito come colui che ha “ acquisito il diritto di utilizzare in Italia il titolo di avvocato ” (art. 3, lett. e ), d.lgs. n. 96/2001);il titolo di avvocato, a sua volta, è il titolo professionale acquisito in Italia mediante l’iscrizione all’albo degli avvocati (art. 3, lett. c ), d.lgs. cit.). L’integrazione (e quindi l’iscrizione all’albo ordinario) presuppone, oltre ad una apposita richiesta dell’interessato (richiesta che si sostanzia nell’iscrizione all’albo degli avvocati), il decorso di almeno tre anni dalla data di iscrizione nella sezione speciale dell’albo degli avvocati e l’esercizio effettivo e regolare della professione in Italia (art. 10 direttiva 98/5/CE). Si precisa che nel triennio di iscrizione come avvocato stabilito, il soggetto è ammesso all’esercizio della professione in Italia con condizioni e limiti, tra cui la necessaria intesa con un avvocato iscritto all’albo ordinario.
10.2. Al riguardo, non risponde al vero quanto dedotto dalla parte appellata in merito al fatto che la predetta distinzione non trovi riscontro nella direttiva e sia frutto di una sorta di “invenzione” da parte del regolamento in questa sede impugnato. Invero, sebbene nelle norme non si rinvengano le definizioni di avvocato stabilito e avvocato integrato, risultano tuttavia chiarissime le differenze di posizione giuridica e di regime tra le due tipologie di avvocati di altri Stati dell’Unione europea rispetto all’ordinamento interno dello Stato membro presso cui operano.
10.3. Secondo la legge n. 247/2012 gli avvocati iscritti all’albo “ ordinario ” possono accedere al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori secondo il regime di cui all’art. 22 della medesima legge, il quale prevede testualmente che: “ 1. L’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto in un albo ordinario circondariale da almeno cinque anni e abbia superato l’esame disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n. 1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936, n. 1482, al quale sono ammessi gli avvocati iscritti all’albo.