Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-06-19, n. 201702968

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-06-19, n. 201702968
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702968
Data del deposito : 19 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/06/2017

N. 02968/2017REG.PROV.COLL.

N. 03703/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3703 del 2012, proposto dal Ministero per i beni e le attivita' culturali e dalla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

i signori O C, A C, R C e G A, rappresentati e difesi dagli avvocati R B, P F, con domicilio eletto presso lo studio P F in Roma, via Cola di Rienzo 180;

per la riforma

della sentenza del TAR Veneto, sezione II, 28 novembre 2011 n.1777, resa fra le parti, con la quale si è pronunciato sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, n.1151/2011, proposto in alternativa per l’ottemperanza alla sentenza TAR Veneto n.233/2011 ovvero per l’annullamento del provvedimento 2 marzo 2011 della Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici di Venezia, di conferma del precedente parere 23 agosto 2010 e della nota esplicativa 22 giugno 2011 della stessa Soprintendenza, il tutto concernente il parere negativo espresso sulla richiesta di autorizzazione paesistica per un intervento di urbanizzazione in Comune di Corezzola (Pd), nell’area denominata “PN 10 di Civè”;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori O C, A C, R C e G A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il Cons. F G S e udito l’avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti appellati sono proprietari di terreni situati nella frazione di Civè di Correzzola, in provincia di Padova, approssimativamente confinanti con la strada provinciale che congiunge la frazione al capoluogo, il resto della frazione e il canale Barberaga;
i terreni sono compresi in un piano di lottizzazione, denominato “PN10 di Civè” e sono vincolati ai sensi dell’art. 142 lettera c) del d. lgs. 22 gennaio 2004 n.42 perché compresi nella fascia di rispetto del citato corso d’acqua.

Interessati a realizzare il piano in questione, i ricorrenti appellati hanno richiesto la necessaria autorizzazione paesaggistica;
hanno però ottenuto un primo parere contrario della Soprintendenza, con atto 23 agosto 2010 prot. n.21637, che motiva: “la percezione dell’assetto paesistico determinato dal rettilineo del canale Barberaga, nel punto in cui esso muta direzione, è oggi salvaguardata da un’edificazione rada che si allinea in piccoli nuclei lungo la strada provinciale Correzzola Civè. Lo sviluppo di una lottizzazione che si orienta secondo schemi affatto estranei all’ambito territoriale e paesaggistico compromette definitivamente il disegno del territorio, laddove esiste un’alternativa perseguibile a sud della provinciale dove modelli di sviluppo analoghi sono già presenti” (doc. 4 in primo grado ricorrenti appellati, parere citato).

I ricorrenti appellati, proposta impugnazione contro questo parere, ne hanno ottenuto l’annullamento con la sentenza del TAR Veneto sez. II 15 febbraio 2011 n.233, che ha ravvisato in sostanza un difetto di motivazione del diniego.

Parallelamente, con istanza 27 ottobre 2010, il Comune di Correzzola chiedeva alla Soprintendenza di rivedere la propria posizione (doc. 8 in primo grado ricorrenti appellati, istanza citata), ricevendo in risposta il provvedimento 2 marzo 2011 prot. n.5500, che ribadiva i contenuti del parere negativo nel frattempo annullato: “l’intervento previsto interessa un ambito di pregevole valenza paesaggistica, caratterizzato dalla presenza del canale Barberaga e ad oggi connotato da un’edificazione rada e spontanea che coinvolge la direttrice stradale presente, allineandosi lungo questa in piccoli aggregati. La valutazione è riferita alle opere di urbanizzazione che comportano la previsione di una viabilità organizzativa dei futuri lotti in fregio alle sponde del canale Barberaga, la quale prelude a ulteriori possibili sviluppi che indirizzano l’espansione degli insediamenti residenziali… la conformazione che ne deriva non risulta quindi efficace nel perseguire la tutela dei valori… né a tanto può risultare sufficiente la collocazione della fascia di 40 metri destinata a verde privato vincolato in corrispondenza del punto di maggiore sensibilità del contesto, in diretta relazione con l’ansa del canale Barberaga e con la quale dialogano, infine, una delle aree di parcheggio e la viabilità di accesso….” (doc. 2 in primo grado ricorrenti appellanti, risposta citata).

Subito dopo, la Soprintendenza, avuta notizia dell’annullamento operato dalla sentenza 233/2011, emetteva la nota 22 giugno 2011 prot. n.17410, che prendeva atto dell’annullamento stesso, ma ribadiva i contenuti del parere negativo 2 marzo 2011 di cui si è appena detto: “la richiesta di riesame ha prodotto… una più approfondita verifica istruttoria della urbanizzazione in argomento, evidenziando l’estraneità di questa alla regola insediativa… e gli ulteriori aspetti confliggenti con l’assetto ambientale caratterizzato dalle regimazioni idrauliche di cui il canale Barberaga è rappresentativo, coinvolgendo tratti di bonifica e antichi paleoalvei che si sono conservati a tutt’oggi e che formano oggetto e contenuto del vincolo… si è ritenuto che il piano… persegua linee di sviluppo sostenute da sistemi infrastrutturali e viari estranei al principio di espansione e saturazione di aree a vocazione agricola e che i lavori… utilizzino modalità… non omogenee a quelle che si riscontrano nell’edificato esistente… le ragioni per cui non possa considerarsi sufficiente… la fascia di circa mt. 40 destinata a verde privato… è attribuita dalla natura del vincolo, che impone una fascia di rispetto di 150 metri” (doc. 4 in primo grado ricorrenti appellanti, nota citata).

I ricorrenti impugnavano quindi in primo grado i provvedimenti 2 marzo e 22 giugno 2011 appena descritti, con ricorso in alternativa per ottemperanza alla sentenza 233/2011 ovvero per annullamento.

Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR respingeva la domanda di ottemperanza, ritenendo che unico vincolo posto dalla precedente sentenza 233/2011 fosse ridecidere motivatamente, e che l’amministrazione lo avesse fatto;
accoglieva quindi la domanda di annullamento dei due provvedimenti, affermando in motivazione, in sintesi estrema, come la lottizzazione si collocasse in un ambito già largamente urbanizzato e non andasse a interessare né paleoalvei né la regimazione idraulica, e come la Soprintendenza non avesse motivato in modo chiaro sull’insufficienza della fascia a verde di 40 metri. La sentenza respingeva infine la domanda di risarcimento.

Contro tale sentenza, ha proposto impugnazione il Ministero, con appello contenente un unico motivo di asserita violazione del limite esterno della giurisdizione amministrativa, in cui afferma che la sentenza impugnata conterrebbe in realtà un sindacato di merito sulle valutazioni espresse dalla Soprintendenza.

Resistono i ricorrenti appellati, con memorie 8 ottobre 2012 e 3 aprile 2017, e chiedono che l’appello sia respinto.

All’udienza del giorno 04 maggio 2017, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello, nell’unico motivo dedotto, è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

2. Come s’è accennato, l’area interessata dal piano di lottizzazione per cui è causa è vincolata ai sensi dell’art. 142 comma 1 lettera c) del T.U. 42/2004, secondo il quale “ Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:… c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna… “.

Va precisato che il vincolo in esame rende l’area “ di interesse paesaggistico ”, e quindi comporta che per realizzarvi un qualsiasi intervento serva l’apposita autorizzazione.

Ciò si ricava dai primi due commi del successivo art. 146, per cui “ I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142 … non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione (comma 1). I soggetti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione (comma 2) …”.

Ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, poi, per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è richiesto il parere vincolante della Soprintendenza, così come avvenuto nel caso concreto.

Si tratta quindi di un vincolo che non comporta di per sé l’inedificabilità del fondo, ma semplicemente la sottopone ad un controllo, ampiamente inteso, più intenso del normale.

3. Ciò posto, è evidente che il parere della Soprintendenza espresso ai sensi delle norme descritte deve essere congruamente motivato.

In particolare, questa Sezione ha ritenuto che, ove l’area interessata non sia, come nella specie, inedificabile, il parere negativo non possa limitarsi ad un giudizio di segno negativo, ma debba rendere esplicite le effettive ragioni di contrasto tra l'intervento progettato ed i valori paesaggistici oggetto della tutela, e in particolare spiegare con quale tipo di accorgimento tecnico o di modifica progettuale l’intervento potrebbe essere invece assentito: così per tutte le sentenze 24 marzo 2014 n.1418 e 15 dicembre 2014 n.6149.

In altre parole, di fronte ad un parere negativo, il privato cittadino deve avere la possibilità di capire cosa, nell’intervento da lui proposto, è accettabile e cosa viceversa è inaccettabile, in modo da poter scegliere se rinunciare alla propria iniziativa, ovvero realizzarla conformandosi al volere dell’amministrazione. Diversamente, infatti, qualunque vincolo paesaggistico non si differenzierebbe, nei risultati ultimi, da un vincolo di inedificabilità assoluta, imposto oltretutto senza indennizzo alcuno.

E’ poi di tutta evidenza che un sindacato di questo tipo non rappresenta affatto un’invasione da parte del Giudice della sfera del merito riservata all’amministrazione, ma semplicemente l’applicazione alla materia dei principi pacifici in tema di eccesso di potere, secondo i quali l’atto deve essere motivato in modo da rendere ricostruibile il percorso logico da esso seguito e deve basarsi su un corretto e completo apprezzamento della realtà di fatto sulla quale dispone.

4. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, la sentenza di primo grado va confermata.

Il Giudice di primo grado, come detto in premesse, ha motivato l’annullamento del parere negativo anzitutto con il rilievo per cui la zona in cui si deve intervenire è già urbanizzata, e ciò non è stato in alcun modo contestato nel presente grado di appello. Come deve ritenersi localmente notorio, il piano di lottizzazione per cui è processo andrebbe, in sostanza, a costituire un ampliamento dell’esistente abitato della frazione di Civè.

Il Giudice di primo grado ha poi osservato che non risultano interferenze fra il progetto in esame e la regimazione idraulica, ovvero i “paleoalvei” citati dall’amministrazione, ed anche questo rilievo è corretto, perché queste asserite circostanze di fatto non sono state in alcun modo precisate, e in particolare non è dato comprendere dove i “paleoalvei” si trovino e come il progetto stesso li possa pregiudicare.

Infine, è corretto quanto evidenziato circa la fascia di verde prevista a mitigazione dell’intervento. Non solo non si spiega per qual motivo essa sarebbe insufficiente: l’affermazione, contenuta nel parere impugnato, per cui essa risulterebbe inferiore per profondità alla fascia di rispetto di 150 metri di cui alla legge porta ad affermare che, per implicito, secondo la Soprintendenza la fascia in questione è tutta non edificabile, e ciò come si è visto non è nella legge.

5. In conclusione, quindi, l’appello va respinto.

6. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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