Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-10-31, n. 202309371

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-10-31, n. 202309371
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309371
Data del deposito : 31 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2023

N. 09371/2023REG.PROV.COLL.

N. 00586/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 586 del 2023, proposto da
Sanitalia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati I L e F M, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F L, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 1026/2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2023 il Cons. V P ed uditi per le parti gli avvocati Loiodice e Lorenzetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Risulta dagli atti che nel corso dell’anno 2017 Sanitalia s.r.l. acquisiva dalla società Auxilia Moenia s.r.l. in liquidazione l’azienda avente ad oggetto il funzionamento della Comunità alloggio per anziani a ciclo residenziale (ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b, l.r. n. 41/2003) denominata “Villa Fidia”, con capacità ricettiva di dodici ospiti autosufficienti o parzialmente autosufficienti, situata nel Comune di Roma Capitale e gestita in virtù di determinazione dirigenziale dell’amministrazione capitolina n. 2127 del 18 agosto 2014.

Con nota prot. 49060 del 11 aprile 2018 Sanitalia s.r.l. chiedeva la voltura dell’autorizzazione n. 2127 del 2014 intestata ad Auxilia Moenia s.r.l., previa mutamento della denominazione della Comunità alloggio in “Villa Nadia”.

A seguito di una complessa istruttoria, l’amministrazione adottava la determinazione dirigenziale dell’11 novembre 2022 prot. 138733 con la quale disponeva “ per irregolarità del DURC e mancanza del rispetto dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica e di edilizia ” il “ diniego del rilascio della voltura (cessione) dell’autorizzazione al funzionamento di una comunità alloggio per anziani denominata Villa Nadia (ex Villa Fidia) […] dalla Auxilia Moenia S.r.l. alla Sanitalia S.r.l. ” nonché la “ decadenza dell'autorizzazione al funzionamento rilasciato con

Determinazione Dirigenziale n. 2127 del 18/08/2014 all'Auxilia Moenia S.r.l. ”.

In conseguenza di quanto sopra, Roma Capitale disponeva altresì la “ chiusura della struttura residenziale per anziani sita in Roma in via Erodoto n. 29, entro 30 giorni dalla notifica per posta elettronica certificata del presente atto ”.

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, Sanitalia s.r.l. impugnava il provvedimento prot. 138733 del 2022, contestando i presupposti sulla cui base lo stesso era stato adottato (presunti abusi edilizi e DURC irregolare);
in particolare rilevava di aver presentato, il giorno precedente la comunicazione del provvedimento gravato, una CILA in sanatoria per gli abusi edilizi, a riscontro di quanto era stato ritenuto possibile dalla stessa amministrazione.

Il successivo 6 dicembre 2022, inoltre, era stata chiesta (ed ottenuta) la regolarizzazione della propria posizione contribuita (DURC).

Costituitasi in giudizio, l’amministrazione capitolina concludeva per l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Con sentenza 19 gennaio 2023, n. 1026, il giudice adito dichiarava inammissibile il ricorso per carenza di interesse, essendo venuto meno – a seguito di decadenza dell’autorizzazione n. 2127 del 2014 rilasciata alla Auxilia Moenia – il presupposto dell’istanza di cessione formulata da Sanitalia s.r.l. (quale “ soggetto diverso da quello autorizzato ”).

Avverso tale decisione Sanitalia s.r.l. interponeva appello, affidato ai seguenti motivi di censura:

1) Manifesta erroneità della sentenza impugnata – Travisamento dei presupposti di fatto .

2) Erroneità della sentenza impugnata – Ulteriore travisamento dei presupposti di fatto – Erronea valutazione delle conseguenze giuridiche dell’acquisto d’azienda .

3) Erroneità della sentenza impugnata – Ulteriore erroneità per incompleta rappresentazione dei fatti di cui alla vicenda procedimentale e ulteriore ancata comprensione del soggetto proprietario dell’autorizzazione .

4) Erroneità della sentenza impugnata – Manifesta ingiustizia – Denegata giustizia .

5) Erroneità della sentenza – Violazione della legge regionale n. 41 del 2003 – Ulteriore travisamento dei fatti .

Riproponeva quindi i motivi di censura non esaminati – nel merito – dal primo giudice.

Roma Capitale si costituiva in giudizio, concludendo per l’infondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 13 luglio 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello viene contestata la ragione fondante l’avversata pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo, deducendo che “ non è il diniego di voltura (cessione) conseguenza della decadenza, come afferma erroneamente il Tar, ma, al contrario, è la decadenza conseguenza del diniego di voltura (cessione) ”.

In breve, secondo il primo giudice l’amministrazione avrebbe negato la voltura – in favore di Sanitalia s.r.l. – dell’autorizzazione originariamente rilasciata ad Auxilia Moenia s.r.l. sul presupposto che al momento della presentazione dell’istanza la cedente fosse già incorsa nella decadenza dal titolo, laddove in realtà l’ordine logico degli eventi sarebbe stato capovolto: il provvedimento di diniego ab origine impugnato, infatti, muoverebbe in primis dall’accertamento della mancanza dei requisiti di conformità edilizio-urbanistica della struttura residenziale e della irregolarità del DURC;
quindi, dopo aver determinando per tali ragioni il diniego di voltura, la stessa amministrazione avrebbe dichiarato la decadenza dell’autorizzazione.

Per l’effetto, avendo l’appellante impugnato il diniego di voltura, all’auspicato accoglimento del gravame sarebbe automaticamente conseguita anche la caducazione della successiva (e ad essa conseguente) declaratoria di decadenza, contenuta nella medesima determinazione dirigenziale del Municipio X di Roma Capitale prot. n. CO/138733/2022, senza necessità di proporre una autonoma impugnazione.

Il motivo non può essere accolto.

Risulta dagli atti che la determinazione disponente il diniego del rilascio della voltura, la decadenza dall’autorizzazione e, quindi, la chiusura della struttura era stata adottata sia sulla scorta dell’accertata irregolarità del DURC, sia per il mancato rispetto dei requisiti previsti in materia urbanistica ed edilizia, ai sensi dell’art. 4- bis l.r. Lazio n.41 del 12 dicembre 2003.

Quanto al secondo aspetto, in particolare, con nota prot 93528 del 29 luglio 2022 ( doc n. 5) la direzione tecnica del Municipio X emetteva, all’esito di un sopralluogo in situ , rilasciava parere negativo fondato su molteplici difformità dello stato dei luoghi rispetto alla planimetria allegata da Sanitalia s.r.l. alla perizia tecnico-giurata depositata con l’istanza di voltura, così da escludere la sussistenza degli “ […] estremi legittimi, ai sensi di quanto specificatamente previsto dal D.P.R. 380/2001 s.m.i. e della Legge Regionale n. 15/2008, per poter esprimere la conformità urbanistico-edilizia dell'immobile e pertanto rilascia parere non favorevole ”.

Tali conclusioni trovavano successivamente ulteriore riscontro nei rapporti redatti dai NAS e dall’ASL territorialmente competente, all’esito di appositi sopralluoghi, da cui emergevano diverse gravi criticità strutturali e l’assenza di personale qualificato come OSS (o categoria equiparata) per accudire gli ospiti.

Correttamente il primo giudice ha evidenziato come – avendo il provvedimento impugnato un contenuto plurimo (sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo) – l’impugnazione proposta (ancorché formalmente nei confronti del provvedimento de quo nella sua interezza) dalla sola Sanitalia s.r.l. non avrebbe comunque potuto incidere sulle statuizioni relative alla decadenza della dante causa Auxilia Moenia s.r.l. dall’autorizzazione n. 2127 del 2014, essendo solo quest’ultima legittimata a proporre, sul punto, un eventuale gravame.

Non avendo ritenuto la cedente di proporre ricorso a tutela del proprio titolo autorizzatorio, del quale la (ancora mera aspirante) cessionaria Sanitalia s.r.l. aveva chiesto all’amministrazione il rilascio di voltura, la decadenza aveva infine assunto carattere definitivo, conseguentemente venendo meno il presupposto minimo dell’istanza di trasferimento inter partes del titolo medesimo (ossia la sua esistenza), che in quanto tale era ormai venuto meno.

Alcun fondamento logico ha dunque la pretesa dell’appellante di veder automaticamente caducata la decadenza del titolo autorizzatorio in favore di Auxilia Moenia s.r.l. nel momento in cui fossero state in ipotesi accolte le ragioni (riproposte in appello) dedotte a sostegno dell’illegittimità del diniego di voltura, stante l’autonomia delle relative questioni.

Con il secondo motivo di appello viene poi contestato, più nello specifico, il presupposto giuridico su cui si fonda la sentenza impugnata, ossia il difetto di legittimazione di Sanitalia s.r.l. (cessionaria) ad impugnare il provvedimento ( recte , la parte di esso) con cui viene disposta la decadenza dell’autorizzazione al funzionamento di una comunità alloggio per anziani ab origine rilasciata ad Auxilia Moenia s.r.l. (cedente).

Secondo l’appellante, l’autorizzazione in questione sarebbe entrata nel patrimonio giuridico di Sanitalia s.r.l. a seguito dell’acquisto, da parte sua, dell’azienda di Auxilia Moenia s.r.l., dal momento che l’acquisto di un’azienda implicherebbe l’acquisto indistinto di tutti i beni materiali e giuridici da cui essa è composta (autorizzazioni amministrative comprese).

In questi termini, infatti, andrebbe differenziata la proprietà di un bene giuridico (come un’autorizzazione amministrativa), automaticamente entrata nel patrimonio di un soggetto a seguito dell’acquisto di un’azienda, dall’intestazione formale di un bene giuridico parte dell’azienda, intestazione che andrebbe modificata, secondo le procedure di legge, dopo l’acquisto dell’azienda.

Neppure questo motivo può essere accolto.

Va ribadito che le autorizzazioni amministrative hanno carattere personale e non possono essere oggetto del contratto di cessione d’azienda, ossia non possono essere oggetto di un trasferimento tra privati;
l’autorizzazione, del resto, non è un elemento costitutivo dell’azienda ( id est , un bene materiale o giuridico tra quelli che la compongono, come sostenuto l’appellante), quanto piuttosto un requisito necessario al suo esercizio che, pertanto, non può in alcun modo rientrare nell’atto di cessione (in termini, Cass. civ., I, 27 novembre 2013, n. 26499).

Invero, a prescindere dal tipo di incidenza ampliativa che l’atto autorizzatorio svolge sulla sfera giuridica dei terzi, attraverso tale potere tipico la legge riserva all’apparato pubblico il potere di amministrare i limiti posti dalle norme al loro svolgimento: si tratta di una riserva di amministrazione in settori di materie generalmente lasciate alla libera iniziativa dei privati, per operarne un necessario raccordo con esigenze di pubblico interesse, di controllo o di programmazione, volte a scongiurare che quelle libertà vengano esercitate in contrasto con gli interessi della collettività.

In questi termini l’autorizzazione amministrativa rappresenta una componente essenziale per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, poiché tende a disciplinare, nell’interesse pubblico, l’esecuzione dell’attività medesima (cfr. art. 2084, comma primo, Cod. civ.) ed ha appunto carattere personale, poiché implica una valutazione dell’amministrazione anche in merito all’esistenza dei requisiti che deve possedere il soggetto richiedente, che quell’attività intende svolgere.

Tali criteri ancor più valgono per quei settori – come la cura e l’assistenza alle persone fragili o malate – nei quali si fa questione di interessi pubblici presidiati dall’art. 32 Cost., nei quali le autorizzazioni amministrative vengono rilasciate “ ob rem ac personam ”, essendo subordinate alla condizione della contestuale sussistenza dei requisiti oggettivi (in quanto riguardanti l’idoneità della struttura) e soggettivi (poiché collegati alla professionalità e moralità del titolare) in capo al soggetto richiedente (Cons. Stato, IV, 28 maggio 2002, n. 2940).

Ne consegue – per quanto rileva ai fini della questione oggetto del motivo di appello – che le autorizzazioni amministrative all’esercizio di un’attività di impresa, tanto più nel settore sanitario e dell’assistenza alla persona, avendo carattere personale, non sono riconducibili al novero dei beni aziendali (e dunque non sono trasferibili con il relativo contratto di cessione o di affitto: ex multis Cass. civ., II, 16 ottobre 2006, n. 22112;
6 febbraio 2004, n. 2240), cosicché il contratto di trasferimento (a titolo di cessione o affitto) dell’azienda o di un ramo di essa costituisce, nei confronti dell’amministrazione, solo un presupposto di legittimazione del subentrante a richiedere l’intestazione o la voltura dell’autorizzazione a proprio nome, che è, a sua volta, un provvedimento costitutivo ( ex novo ).

Non esiste, pertanto, alcun automatismo tra il trasferimento dell’attività dell’azienda (o di un ramo di essa) ed il trasferimento della relativa autorizzazione amministrativa.

Per le stesse ragioni va disatteso anche il terzo motivo di appello, secondo cui “ il titolare sostanziale (proprietario) dell’autorizzazione ceduta (tramite la vendita dell’azienda) era solo Sanitalia ”, non potendosi appunto configurare la trasferibilità dell’autorizzazione per il tramite del trasferimento dell’azienda, a nulla rilevando il comportamento in ipotesi tenuto – in tale contesto – dall’amministrazione.

Neppure il quarto motivo di gravame è convincente, posto che – come già detto in relazione al primo – il provvedimento di diniego alla voltura era in astratto impugnabile da Sanitalia s.r.l., ma a condizione (per quanto concerne l’interesse al ricorso) che a sua volta la cedente Auxilia Moenia s.r.l. – che in quel momento era ancora la sola titolare (ancorché decaduta) dell’autorizzazione di cui trattasi – impugnasse le prescrizioni relative alla decadenza del titolo, per far salva la pienezza della cessione, così come evidentemente presupposta dalle parti.

Con il quinto motivo di appello, infine, viene dedotta la violazione della l.r. Lazio n. 41 del 2003, per avere il TAR ipotizzato che l’amministrazione avesse seguito, in relazione all’istanza di voltura, un iter procedimentale ivi in realtà non previsto.

Ciò emergerebbe dal seguente passaggio della decisione impugnata: “ nel caso di specie, l’amministrazione, come si è anticipato, ha disposto ai sensi dell’art.

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