Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-24, n. 201802456

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-24, n. 201802456
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201802456
Data del deposito : 24 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2018

N. 02456/2018REG.PROV.COLL.

N. 06932/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6932 del 2014, proposto da:
Nuova Legno Infissi Casa s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato D M T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F P in Roma, viale Maresciallo Pilsudski n.118;

contro

Comune di Poggibonsi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato P G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Vito Sinisi n.71;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana, sez. III, n. 177 del 2014.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Poggibonsi;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 1 marzo 2018 il Cons. Silvia Martino;

Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Paoletti su delega di Traina e Ciani su delega di Golini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Toscana, la società Nuova Legno Infissi Casa s.r.l. esponeva di essere proprietaria di un edificio destinato ad attività produttiva sito in Poggibonsi, località Pian dei Piani, il quale era frutto di una pluralità di interventi edilizi susseguitisi nel tempo a partire dagli anni ’70 del ‘900 e autorizzati da distinti provvedimenti abilitativi.

Ciò a partire dalle licenze edilizie n. 4880 del 1970 e 5151 del 1971 rilasciate alla ditta Fattorini Piero, passando per la licenza edilizia n. 6207 del 1975 in favore della Legno Infissi s.r.l., di volturazione delle precedenti licenze, fino a giungere alle concessioni edilizie n. 30/6896 del 1977 e n. 349/7889 del 1978.

Completati i lavori di realizzazione dell’edificio veniva svolto sopralluogo al fine del rilascio dell’autorizzazione all’agibilità ex art. 20 del R.E.C. e art. 221 del r.d. 27.07.1934, n. 1265, che conduceva al verbale congiunto dell’Ufficiale Sanitario e del Dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale del 23.01.1980 e quindi all’autorizzazione di agibilità del fabbricato rilasciata dal Sindaco del Comune di Poggibonsi sempre in data 23.01.1980.

In data 18.01.2006 la società odierna appellante presentava al Comune di Poggibonsi richiesta di permesso di costruire per intervento di sostituzione edilizia ex art. 37 delle NTA del REC al fine di sostituire l’esistente complesso a destinazione produttiva con un nuovo complesso immobiliare a destinazione residenziale;
seguiva il parere positivo con prescrizioni della Commissione edilizia del 28.11.2006, quindi la richiesta comunale di chiarimenti sulla volumetria complessiva dei fabbricati destinati alla demolizione del 10.10.2008, le deduzioni della ricorrente e il preavviso di diniego del permesso di costruire del 3.02.2009, fondato sull’avvenuto computo nel calcolo della volumetria esistente anche di un volume non legittimamente assentito.

2. Avverso il conclusivo provvedimento di rigetto la società deduceva:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 delle NTA del R.U. del Comune di Poggibonsi. Violazione e/on falsa applicazione dell’art. 20 del Regolamento Edilizio del Comune di Poggibonsi. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 221 T.U. Leggi Sanitarie (r.d. 1265/1934). Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti, illogicità e ingiustizia manifesta.

La lieve difformità della larghezza del fabbricato era già emersa nel 1979 in sede di sopralluogo per il rilascio della licenza di abitabilità e tuttavia erano stati rilasciati il nulla-osta propedeutico alla agibilità e poi l’autorizzazione di agibilità.

Ai sensi dell’art. 20 del REC l’autorizzazione di agibilità presupponeva l’accertamento della legittimità urbanistica dell’immobile e l’art. 221 del Testo unico delle leggi sanitarie stabiliva che si autorizzasse l’agibilità dopo aver verificato che la costruzione era stata eseguita on conformità al progetto approvato. Secondo il ricorrente, l’aver riscontrato alcune difformità e ciò nonostante aver rilasciato l’agibilità equivale a sanatoria implicita;

2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione e d’istruttoria : veniva censurato il difetto di motivazione per non aver l’amministrazione chiarito in che cosa consistesse la “evidente difformità” volumetrica accertata né le ragioni per le quali era stato disatteso il parere positivo della Commissione edilizia.

3. Nella resistenza del Comune di Poggibonsi il T.a.r. respingeva il ricorso.

Relativamente alla motivazione del diniego impugnato, secondo cui “ risulta una evidente difformità tra il calcolo volumetrico allegato alla presente richiesta ed il volume legittimante assentito, così come documentato negli atti autorizzativi dell’edificio in oggetto, ivi incluso il permesso a sanatoria n. 08/V029 del 05/09/2008 relativo al condono edilizio n. 86/1054 ”, osservava che dall’esame degli atti del procedimento emergeva anzitutto come fosse stato ben chiaro alla parte istante quale fosse il problema di calcolo volumetrico posto dall’amministrazione, così che essa aveva potuto su tale profilo interloquire in sede amministrativa (oltre a dolersene in sede giudiziaria con la prima censura).

Era infatti sufficiente sul punto richiamare la memoria partecipativa di parte istante presentata a seguito della comunicazione dei motivi ostativi, ove la stessa aveva evidenziato di aver ben conoscenza sia del profilo dimensionale sia degli atti da cui il problema di volumetria era derivato.

Non era poi convincente nemmeno il secondo rilievo di parte ricorrente, secondo cui difetterebbe adeguata motivazione volta a superare il parere positivo espresso sul progetto dalla Commissione edilizia. Il superamento del limite quantitativo ammesso costituisce infatti un profilo di vero e proprio vincolo normativo all’ammissibilità dell’intervento edilizio richiesto, che preclude come tale la fattibilità dello stesso, non essendovi spazio per ulteriori profili motivazionali.

Quanto poi all’argomento secondo cui l’esubero volumetrico accertato dall’amministrazione non poteva dirsi abusivo, essendo esso già stato rilevato in sede di sopralluogo per il rilascio del certificato di agibilità, il T.a.r. escludeva qualunque forma di sanatoria implicita in sede di rilascio dell’agibilità.

Il certificato di agibilità, anche alla luce della normativa di cui al previgente Testo unico delle leggi sanitarie, d.lgs. n. 1265 del 1934, era finalizzato esclusivamente alla tutela dell'igienicità, salubrità e sicurezza dell'edificio e non era diretto anche a garantire la conformità urbanistico-edilizia del manufatto.

Ciò non escludeva che la valutazione effettuata presupponesse anche una verifica di conformità edilizia;
ma si trattava di una verifica edilizia funzionale al rilascio della agibilità e svolta quindi nei limiti necessari a inferirne l’assentibilità della agibilità;
ben diverso e distinto è invece il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non appare ricavabile da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità.

4. L’appello della società è affidato ai seguenti motivi:

a) il rilascio dell’autorizzazione di agibilità era anche all’epoca di cui si verte condizionato alla verifica non soltanto della salubrità degli ambienti, ma anche del rispetto della normativa urbanistica ed edilizia vigente (art. 221 del T.U. leggi sanitarie e 20 del Regolamento edilizio all’epoca vigente);
nel caso di specie, il controllo era stato svolto, infatti, anche dal tecnico comunale ed avrebbe avuto espressamente ad oggetto la conformità del fabbricato alla normativa urbanistico-edilizia vigente;
l’autorizzazione all’agibilità avrebbe, quindi, assunto il significato di sanatoria implicita;

b) l’appellante ribadisce che, soltanto grazie alla memoria difensiva prodotta dall’amministrazione nel giudizio di primo grado, ha potuto comprendere la reale consistenza delle difformità rilevate;
in ogni caso il diniego non sarebbe adeguatamente motivato nella parte in cui si discosta dal parere favorevole della Commissione Edilizia Comunale.

A supporto delle proprie argomentazioni in ordine all’esistenza di una sanatoria implicita, la società appellante richiama talune pronunce di questo Consiglio, tra cui la n. 813 del 7.2.2011 e la n. 5725 del 31.10.2013, evidenziando, altresì, che, nel corso del giudizio di primo grado, l’effettiva conformità al PRG all’epoca vigente dell’intervento realizzato non ha formato oggetto di contestazione.

Sarebbe altresì rilevante il fatto che la certificazione di agibilità sia stata adottata dal Sindaco, ovvero dall’organo competente, all’epoca, anche per il rilascio delle concessioni edilizie.

5. Si è costituito, per resistere, il Comune di Poggibonsi

Nelle proprie argomentazioni difensive si è in particolare richiamato alla giurisprudenza di questo Consiglio secondo cui il certificato di agibilità attiene esclusivamente agli aspetti igienico sanitari degli edifici e non è ricollegato alla verifica di esatta rispondenza delle volumetrie realizzate con quelle assentite dal titolo concessorio (Cons. Stato, Sez. V, 4 febbraio 2004, n. 365).

Il Comune ha osservato, altresì, che il certificato di agibilità venne nella fattispecie rilasciato sulla base di una richiesta della società odierna appellante avente ad oggetto una volumetria (conforme agli originari titoli abilitativi) diversa (e minore) rispetto a quella effettivamente realizzata.

Non si comprende, quindi, come, con il rilascio del certificato di agibilità, l’amministrazione avrebbe potuto - anche solo implicitamente - consentire la realizzazione di una volumetria estranea alla richiesta dell’appellante ed alla certificazione dell’amministrazione stessa.

Relativamente al secondo motivo di ricorso ha poi ricordato che già con la comunicazione prot. 29948 del 17 ottobre 2008 aveva chiarito alla parte istante quale fosse il problema di calcolo volumetrico posto dall’amministrazione.

La Commissione edilizia, dal canto suo, si era limitata a valutare soltanto il profilo attinente al progetto architettonico dell’edificio.

6. In replica, l’appellante ha osservato che l’art. 20 del REC all’’epoca vigente, recava espliciti riferimenti alla verifica della conformità edilizia ed urbanistica dell’edificio, poiché prescriveva che nel corso del sopralluogo, l’Ufficiale sanitario e il Tecnico comunale accertassero che: “a ) le opere sono state eseguite in conformità alle norme delle leggi e dei regolamenti, ed alle norme, disposizioni, modalità riportate nella licenza e disegni allegati ” e che “ qualora venga ritenuto di non concedere il certificato d’uso […] dovrà essere notificato al titolare della licenza il diniego, dettagliatamente motivato con la prescrizione dei lavori che debbano essere eseguiti, ivi comprese le eventuali demolizioni ”.

Il fatto che il controllo fosse svolto non solo dall’Ufficiale Sanitario ma anche dal Tecnico comunale e avesse espressamente ad oggetto la conformità del fabbricato alla normativa edilizia ed urbanistica e al progetto allegato al titolo edilizio (tanto che, in caso di riscontrata difformità, era ordinata la demolizione delle opere difformi) renderebbe evidente che esso era riferito (anche) alla conformità urbanistica ed edilizia delle opere.

In ossequio a tale disposizione, il sopralluogo sul fabbricato di Nuova Legno Infissi era quindi stato effettuato non solo dall’Ufficiale Sanitario, ma anche da un funzionario dell’Ufficio Tecnico Comunale.

La società ammette che la domanda di rilascio del certificato di abitabilità effettivamente indicava quale volumetria dell’immobile quella di 14.031 mc., coincidente con quella delle concessioni edilizie n. 30 del 1977 e n. 349 del 1978.

Tuttavia ritiene che il fatto che l’agibilità fosse riferita a tale volumetria, anziché a quella effettiva, sarebbe smentito dal suddetto verbale e dall’autorizzazione all’agibilità contestualmente rilasciata Sindaco.

In particolare, il funzionario dell’Ufficio Tecnico, nella planimetria allegata alla concessione del 1978, aveva provveduto a cancellare, in corrispondenza della larghezza dell’edificio, l’indicazione di mt. 48,3 e l’aveva sostituiva con quella di mt. 49,7.

Malgrado tale difformità, nel verbale di sopralluogo veniva attestata la conformità del fabbricato rispetto al progetto approvato con le licenze edilizie nn. 4880 – 5151 – 6201 – 6896 – 7889 del 10.01.1971, 05.04.1971, 20.07.1977 e 30.11.1978, sicché, lo stesso giorno, il Sindaco del Comune di Poggibonsi, “ veduto il nulla-osta dell’Ufficiale Sanitario e dell’Ufficio Tecnico Comunale” , aveva rilasciato l’autorizzazione all’agibilità.

Tali circostanze comproverebbero che siffatta autorizzazione sarebbe stata riferita non alla volumetria di cui alle concessioni edilizie n. 30/77 e 349/78, di mc 14.031, come attestato, bensì a quella reale dell’edificio, di mc.14.456.

7. L’appello, infine, è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 1 marzo 2018.

8. L’appello è infondato e deve essere respinto.

8.1. In via preliminare, va osservato che sono rimaste prive di idonea critica le esaustive argomentazioni svolte dal T.a.r. sia in ordine alla funzione del certificato di agibilità, sia quelle relative alla piena consapevolezza dimostrata dall’odierna appellata, nel corso dell’istruttoria, in ordine ai rilievi mossi dall’amministrazione.

Del pari incontestate sono rimaste le osservazioni del giudice di primo grado in ordine al vincolo all’intervento edilizio richiesto derivante dall’art. 37 della NTA del Regolamento edilizio del Comune di Poggibonsi, rispetto al quale non vi era quindi alcuna necessità da parte dell’amministrazione di motivare la decisione difforme dal parere positivo espresso dalla Commissione edilizia.

8.2. Come ricordato dal T.a.r., nella normativa oggi vigente il certificato di agibilità è il documento, rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, che attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, giusto il disposto di cui all’art. 24, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Nell’ordinamento attuale è ben chiaro che la funzione del certificato di agibilità è unicamente quella di accertare che l'immobile sia stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico.

A simili conclusioni, la giurisprudenza era comunque pervenuta anche nella disciplina previgente, applicabile ratione temporis , in cui la norma di riferimento era rappresentata dall'art. 221, r.d. 27.7.1934, n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie), il quale stabiliva che, in materia di costruzione, ricostruzione, sopraelevazione e modificazione di case urbane o rurali o parti di esse contemplate dal precedente art. 220, tali edifici non potessero “ essere abitati senza autorizzazione del sindaco, il quale la concede quando, previa ispezione dell'ufficiale sanitario e di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità ”.

Il T.a.r. ha osservato che la dottrina prevalente e la giurisprudenza maggioritaria ritengono che il certificato di agibilità, anche alla luce di tale normativa, fosse finalizzato esclusivamente alla tutela dell'igienicità, salubrità e sicurezza dell'edificio e non fosse diretto anche a garantire la conformità urbanistico-edilizia del manufatto (Cons. Stato, Sez. V, 28 marzo 1980, n. 327;
id. 19 febbraio 1982, n. 118;
id. 28 gennaio 1993, n. 178).

Ciò non esclude che la valutazione effettuata in sede di agibilità presupponesse anche una verifica di conformità edilizia, ma, in questo caso, « si tratta di una verifica edilizia funzionale al rilascio della agibilità e svolta quindi nei limiti necessari a inferirne l’assentibilità della agibilità;
ben diverso e distinto è il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non appare ricavabile da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità
».

Quanto, poi, alla formulazione dell’art. 20 Regolamento edilizio del Comune di Poggibonsi, in precedenza riportata, la stessa appare del tutto sovrapponibile alla normativa di rango primario all’epoca vigente, sicché non è possibile dedurne una funzione dell’autorizzazione all’agibilità (o “certificato d’uso” come definito nel Regolamento), diversa da quella ivi tipizzata, soprattutto ove si consideri che, all’epoca di cui si verte, non era stato nemmeno introdotto nell’ordinamento positivo l’istituto del c.d. accertamento di conformità (la cui prima, compiuta, declinazione avverrà soltanto qualche anno dopo, ad opera dell’art. 13 della l. n. 47 del 1985).

8.3. E’ tuttavia vero che – come fatto rilevare dalla società appellante - pur in assenza di una disciplina positiva dell’istituto, la giurisprudenza amministrativa aveva già ammesso la sanatoria (esplicita) di ogni opera sostanzialmente conforme alle norme e prescrizioni urbanistiche vigenti al momento della richiesta (in tal senso, Cons. St., Ad. plen., 17 maggio 1974, n. 5).

Nel caso di specie, rimane quindi da verificare se la sequenza degli atti e degli eventi, quali descritti dall’appellante e rappresentati all’amministrazione, possa eventualmente aver dato vita ad una forma di sanatoria, ancorché implicita.

8.4. Secondo la casistica elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in ordine alla controversa teorica dell’atto amministrativo implicito (cfr., in particolare Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 5758 del 18.10.2002), è necessario che ricorrano i seguenti elementi:

a) innanzitutto deve esistere una manifestazione espressa di volontà (comportamento concludente o altro atto amministrativo) proveniente dalla p.a. e a contenuto amministrativo, da cui desumere l'atto implicito;

b) tali atti o comportamenti devono provenire da un organo competente che opera nell'esercizio delle sue attribuzioni;
l'atto implicito deve, a sua volta, rientrare nella sfera di competenza dell'autorità amministrativa emanante l'atto presupponente;

c) l'atto implicito non deve essere un atto per il quale si richiede il rispetto di una forma solenne e devono essere rispettate le regole procedimentali prescritte per l'emanazione di un provvedimento in forma esplicita;

d) dal comportamento deve desumersi in modo non equivoco la volontà provvedimentale, ovvero, deve esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l'atto implicito deve essere l'unica conseguenza possibile di quello espresso.

8.5.. Nel caso di specie, un primo dato contrario alla configurazione di una sanatoria implicita, è rappresentato dalla natura degli accertamenti propedeutici al rilascio dell’autorizzazione all’agibilità, nonché dalla circostanza che essa, come già ricordato, è principalmente finalizzata alla tutela dell'igienicità, salubrità e sicurezza degli edifici.

Secondo l’art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie all’epoca vigente, in precedenza richiamato, sotto il profilo edilizio l’accertamento cui erano chiamati l’ufficiale sanitario o il tecnico, riguardava non già la disciplina urbanistica ed edilizia vigente, bensì specificamente la “ conformità al progetto approvato ” dell’intervento realizzato.

Negli stessi termini si esprimeva il Regolamento urbanistico del Comune di Poggibonsi laddove espressamente richiamava le “ norme, disposizioni, modalità riportate nella licenza e disegni allegati ”, oltre che, più in generale, la “ conformità alle norme delle leggi e dei regolamenti ”.

E’ poi significativo che, nel caso di specie, l “autorizzazione all’abitabilità ed agibilità” sia stata rilasciata dal Sindaco facendo espresso riferimento al nulla osta dell’Ufficio tecnico e quindi anche alla contestuale verifica della conformità ai progetti approvati attestata nel verbale del 23.1.1980.

Sicché, se tale presupposto era invece insussistente, per essere l’intervento realizzato dagli stessi parzialmente difforme, la naturale conclusione cui deve giungersi è semplicemente quella che l’autorizzazione sia stata rilasciata sulla base di una falsa o erronea rappresentazione dello stato dei luoghi ma non già che l’amministrazione intendesse regolarizzare l’edificio sotto il profilo urbanistico – edilizio.

L’appellante, al riguardo, ha posto l’accento sul fatto che, nella planimetria allegata alla concessione n. 349 del 1978 (tavola 1), il funzionario dell’Ufficio Tecnico incaricato del sopralluogo nel 1979 avesse provveduto a cancellare l’indicazione di mt. 48,3, sostituendola con quella di mt. 49,7, corrispondente alla larghezza dell’edificio quale effettivamente realizzata.

Anche ove tale circostanza fosse effettivamente riscontrabile (ovvero che la paternità delle interpolazioni presenti nell’elaborato grafico risalga al geometra comunale incaricato del sopralluogo), la stessa rimarrebbe comunque del tutto irrilevante ai fini di cui trattasi in quanto:

- la modifica di un elaborato grafico eventualmente operata da un funzionario dell’ufficio tecnico del Comune, non è una manifestazione espressa di volontà dell’organo competente al rilascio del titolo in sanatoria;

- nel caso di specie, il Sindaco dell’epoca rilasciò l’agibilità sul presupposto della conformità dell’intervento ai titoli edilizi preesistenti, senza fare alcun riferimento all’approvazione di contestuali modifiche degli elaborati grafici agli stessi allegati;

- allo stesso modo, alcun riferimento a tali modifiche risulta contenuto nel verbale di sopralluogo del 23.1.1980;

- infine, anche nell’ipotesi in cui l’autorizzazione all’agibilità sia stata rilasciata nella consapevolezza dell’esistenza di una difformità, da tale circostanza non è ricavabile, in maniera inequivocabile, la volontà di adottare un provvedimento di sanatoria, non essendo quest’ultimo (secondo il criterio del collegamento esclusivo e bilaterale, quale in precedenza evidenziato) l’unica conseguenza possibile dell’atto adottato in forma esplicita.

9. Per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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