Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-06-01, n. 201602318

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-06-01, n. 201602318
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602318
Data del deposito : 1 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01561/2015 REG.RIC.

N. 02318/2016REG.PROV.COLL.

N. 01561/2015 REG.RIC.

N. 01999/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1561 del 2015, proposto da:
Ministero della Giustizia, Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per la Funzione Pubblica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;

contro

S A, rappresentata e difesa dagli avv. G T, Mariacristina Angelucci, con domicilio eletto presso G T in Roma, piazza S. Bernardo 101;

nei confronti di

Consiglio Superiore della Magistratura, Udcsm-Unione Dipendenti Consiglio Superiore della Magistratura;



sul ricorso numero di registro generale 1999 del 2015, proposto da:
Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del legale rappresentante in carica
rappresentato e difeso dall'avv. Romano Vaccarella, con domicilio eletto presso Romano Vaccarella in Roma, corso Vittorio Emanuele II 269;

contro

S A, rappresentato e difeso dagli avv. G T, Mariacristina Angelucci, con domicilio eletto presso G T in Roma, piazza S. Bernardo 101;

nei confronti di

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
Unione Dipendenti Consiglio Superiore della Magistratura (Udcsm), in persona del legale rappresentante in carica
rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Riccioni, Carlo Cicala, Luca Palatucci, con domicilio eletto presso Luca Palatucci in Roma, Via Caltagirone N.15;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1561 del 2015:

della sentenza del T.a.r. del Lazio –Sede di Roma- Sezione I Qua n. 12129/2014, resa tra le parti, concernente il bando di concorso a 8 posti di assistente amministrativo in prova - area I

quanto al ricorso n. 1999 del 2015;

della sentenza del T.a.r. del Lazio –Sede di Roma- Sezione I Qua n. 12129/2014, resa tra le parti, concernente il bando di concorso a 8 posti di assistente amministrativo in prova - area I


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S A, del Ministero della Giustizia e dell’Unione Dipendenti Consiglio Superiore della Magistratura (Udcsm);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati G T, Palatucci e l'Avvocato dello Stato Marina Russo, nonché, nella sola camera di consiglio di pari data, l’Avvocato Vaccarella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 12129/2014 il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma – ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata Signora S A volto ad ottenere l’annullamento del bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, a otto posti di assistente amministrativo in prova - area I, livello economico iniziale- del ruolo organico del C.S.M. pubblicato dal CSM nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale concorsi n. 20 dell'11 marzo 2014 e delle delibere del CSM di approvazione dell'indizione del suddetto concorso.

2. In punto di fatto la Signora S A, impiegata civile di ruolo del Ministero della Giustizia, inquadrata nella qualifica di cancelliere, dopo avere fatto presente:

a) di essere stata comandata a prestare servizio presso il Consiglio Superiore della Magistratura, a decorrere dalla data del 1 settembre 2010, in base a quanto sancito dall’art. 3 del d.lgs. n. 37/2000;

b) di avere presentato in data 11 febbraio 2014, istanza di stabilizzazione chiedendo il passaggio diretto nel ruolo del personale della Segreteria del C.S.M., in applicazione del disposto dell’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 senza alcun esito;

aveva pertanto proposto ricorso, deducendo:

a) la necessità che – in ipotesi di copertura dei posti vacanti nell’organico del Consiglio - venisse attivata la procedura di mobilità preventivamente rispetto all’eventuale indizione di un concorso pubblico;

b) la l’illegittimità degli atti gravati per violazione dell’art. 30 comma 2 bis del d. lgs. 165/2001 e dell’art. 97 Cost, oltre che per varii profili sintomatici di eccesso di potere e per contraddittorietà rispetto a precedenti determinazioni.

3. Il Consiglio Superiore della Magistratura si era costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame ed era intervenuta ad opponendum l’associazione sindacale Unione Dipendenti del Consiglio Superiore della Magistratura (U.D.CSM) parimenti opponendosi all’accoglimento del ricorso

4. Il T.a.r. ha partitamente esaminato le censure ed ha accolto il ricorso affermando che era applicabile al personale dipendente del Consiglio Superiore della Magistratura la disciplina generale del pubblico impiego di cui al d. Lgs. 165/2001 e, nello specifico, le disposizioni di cui all’art. 30 dello stesso d. lgs.

4.1. L’impugnata sentenza, in sintesi:

a) ha rilevato che il Consiglio Superiore della Magistratura non è un organo costituzionale bensì a rilevanza costituzionale ed ha espresso il convincimento per cui (in disparte le categorie di dipendenti pubblici soggetti a un regime pubblicistico speciale, in quanto non contrattualizzati, individuate e disciplinate con fonte normativa primaria) tutte le categorie del pubblico impiego trovavano la loro regolamentazione generale a livello di fonte primaria nel testo unico di cui al d. Lgs. 165/2001;

b) ha sostenuto che detta regolamentazione riguarda i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze di tutte le pubbliche amministrazioni ( art. 1 comma 1), costituisce espressione di principi generali dell’articolo 117 della Costituzione ( art. 1 comma 3) e assume carattere imperativo ( art. 2 comma 2);

c) ha fatto da ciò conseguire il convincimento per cui anche la disciplina regolamentare interna sul personale dipendente del CSM (fondata sull’ art. 13 comma 1 legge n. 266/99, art. 2 del d. lgs. 37/2000 e, più di recente , art. 5, comma 5, della legge 111/2007) non può che porsi in un quadro di compatibilità con il quadro normativo di regolamentazione generale introdotto dalla fonte primaria e di necessaria coerenza con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia di accesso al pubblico impiego né può a questi derogare, considerata la ordinaria relazione gerarchica con la fonte primaria;
peraltro, l’art. 31 dello stesso regolamento di disciplina del personale approvato il 24 luglio 2001 ciò stabilisce espressamente: “ al personale del Consiglio si applicano, per quanto non espressamente disciplinato dal presente regolamento e in quanto compatibili, le norme riguardanti lo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato”;

d) ha rammentato che l’art. 5 comma 1 del regolamento, sulle modalità di accesso del personale di segreteria, stabilisce che “il personale del ruolo organico della segreteria e dell’ufficio studi del CSM viene assunto con concorso pubblico per titoli ed esami”;

d) ha a tale proposito sostenuto che –diversamente da quanto ipotizzato dalla difesa erariale- tale norma non preclude la contestuale applicazione dell’istituto della mobilità;
non potrebbe infatti affermarsi che la disposizione individui nel pubblico concorso l’unico ed esclusivo strumento di accesso del personale, in quanto l’istituto della mobilità non soltanto assume carattere generale nell’ordinamento del pubblico impiego, ma addirittura è oggetto di preferenza legale ( art. 30 comma 2 bis citato;
art. 1 comma 47 legge 311/2004);

e) ha quindi espresso il convincimento per cui la doverosità della previa attivazione della mobilità, rispetto al concorso pubblico, costituisce la regola generale, la cui inosservanza comporta l’illegittimità delle procedure concorsuali bandite, e che, in tale quadro, il citato art. 5 comma 1 del regolamento suindicato non introduce una prescrizione speciale in ragione della asserita specialità del rapporto di impiego del suddetto personale e non si pone in rapporto di contraddizione con la disciplina della mobilità di cui all’art. 30 del d. lgs. 165/2001;

f) ha quindi ravvisato un concreto interesse della odierna appellata a gravare il bando di concorso (la sig.ra Amadio aveva svolto, in posizione di comando, proprio le stesse funzioni -assistente amministrativo- cui si riferiva la posizione messa a concorso) ed ha accolto con portata assorbente il primo motivo di censura in quanto la mancata preventiva attivazione della procedura di mobilità ha determinato un vizio di legittimità del bando di concorso, dichiarando altresì manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 30 comma 2 bis, laddove ritenuto applicabile al personale dipendente del CSM, in relazione all’art. 97 Cost..

5. Il Ministero della Giustizia, originaria parte controinteressata, rimasta parzialmente soccombente, ha impugnato detta decisione (ricorso in appello r.g. n.1561/2015) criticandola sotto ogni angolo prospettico.

6. Ripercorso il frastagliato contenzioso e l’iter procedimentale –anche sotto il profilo cronologico – ha censurato i passaggi salienti della decisione di primo grado deducendo in particolare che:

il T.ar. aveva implicitamente ritenuto la propria giurisdizione, ma tale approdo era inesatto, in quanto la giurisdizione a conoscere della controversia spettava al plesso giurisdizionale ordinario, ex art. 63 comma 4 del d.Lgs. n. 165/2001;

la disciplina del personale del C.S.M. era speciale, ai sensi dell’art. 13 legge n. 266/1999, 2 del d.Lgs n. 37 del 14.2.2000 e 5 comma 5 della legge n. 111/2007;
indipendentemente dal rapporto tra la fonte primaria (d.Lgs, n. 165/2001) ed il Regolamento di disciplina del personale del C.s.m, approvato dall’assemblea plenaria il 24.7.2001, era operante la clausola di specialità di cui all’art. 31 del predetto Regolamento;

ne discendeva che l’art. 5 del predetto Regolamento, facendo esclusivo riferimento al concorso come fonte di reclutamento escludeva l’applicazione dell’istituto della mobilità;
peraltro l’istituto della mobilità orizzontale era espressamente disciplinato, per il personale del C.S.M., dall’art. 5 comma 4 del d.Lgs n. 37/2000 (norma questa del tutto non considerata dal T.a.r.) e l’esistenza di detta norma speciale si poneva in rapporto di incompatibilità con quanto in via generale previsto ex art. 30 del d. Lgs. 165/2001;

all’istituto della mobilità, nel caso di specie, non si poteva fare ricorso, in quanto la procedura di concorso riguardava gli “assistenti” mentre la odierna appellata era inquadrata nel profilo cancelliere area II F3 (art. 29 bis del d. Lgs. 165/2001);

f)in ultimo, la odierna appellata era stata chiamata a prestare servizio al Csm, per le esigenze di un Consigliere: ai sensi dell’art. 3 del d.Lgs. 14.2.2000 n. 37 trattavasi di un rapporto strettamente fiduciario, non “convertibile” in un rapporto a tempo indeterminato (art. 3 del d.Lgs n. 37/2000): il T.a.r. aveva soltanto tautologicamente escluso la fondatezza della detta eccezione.

7. In data 7. 5.2015 la originaria parte ricorrente ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

Ivi in particolare, dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso, ha chiesto di respingere il ricorso in appello in quanto infondato, deducendo che:

a) l’appellante Ministero della Giustizia non aveva alcun interesse ad appellare la suindicata sentenza, quantomeno in via autonoma;
il ricorso di primo grado era stato notificato all’amministrazione appellante in via del tutto tuzioristica: l’appello del Ministero della Giustizia doveva quindi essere dichiarato inammisisbile;

b) l’affermato difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo non sussisteva affatto, potendosi traslare all’odierna causa i principi a più riprese affermati dal Giudice regolatore della giurisdizione in materia di scorrimento della graduatoria;

c) il Regolamento del Csm 24.7.2001 si poneva perfettamente in linea (art. 31) con i principi del TU 165/2001 ed inoltre, ex art. 4 del d.Lgs. n. 37/2000, le disposizioni applicabili al personale del c.d. “Comparto Ministeri” in materia di previdenza ed assistenza si applicavano al personale del Csm (organo, quest’ultimo, che peraltro ex art.1 comma 3 della legge n. 196/2009 era inserito nel conto consolidato ai sensi dell’elenco Istat);

d) in passato il C.s.m. aveva applicato le invocate disposizioni in tema di mobilità ex art. 30 del d. Lgs. 165/2001;
e tali “precedenti” non rientravano nella fase transitoria di avvio del nuovo assetto di configurazione del personale consiliare (ciò smentiva la tesi della difesa erariale dell’appellante amministrazione, secondo cui si sarebbe fatto ricorso in passato alla disciplina della mobilità, ma in via eccezionale);

e)la asserità diversità di profili professionali in realtà non sussisteva ed in passato era stato lo stesso Csm a individuare una corrispondenza di funzioni tra il ruolo di cancelliere rivestito dalla appellata e quello di assistente cui la stessa era stata adibita;
la figura di cancelliere era collocata nella seconda area funzionale ed era di fatto corrispondente a quella di “assistente” (art. 10 del Regolamento citato);

f) l’appellata aveva chiesto di tutelare un proprio interesse legittimo e non il diritto soggettivo all’assunzione: la asserita impossibilità di convertire un rapporto a tempo determinato in un rapporto a tempo indeterminato non privava parte appellata dell’interesse a proporre la impugnazione.

8. In data 4.4.2016 l’appellata ha depositato una ulteriore memoria ribadendo e puntualizzando le proprie difese ed ha chiesto di riunire il procedimento n. 1516/2015 con quello iscritto al n. 1999/2015 relativo all’appello proposto dal Csm avverso la medesima sentenza n. 12129/2014 e la cui camera di consiglio fissata per la delibazione della domanda cautelare di sospensione della esecutività della impugnata decisione era stata del pari fissata alla data del 5 maggio 2016.

Ha fatto altresì presente che, sebbene la sentenza impugnata non fosse stata mai sospesa, il CSM non vi aveva dato esecuzione ed aveva assunto gli otto vincitori di concorso e proceduto altresì a scorrere la graduatoria a cagione di alcuni accadimenti che avevano interessato taluni dei soggetti vincitori.

Ha richiamato poi il contenuto della recente sentenza della Corte dei Conti Sez. Giur Lazio n. 70/2016 rilevando come dalla motivazione della stessa si evincessero argomenti a sostegno della tesi sostenuta dalla originaria ricorrente di primo grado.

9. In data 14.4.2016 l’appellante amministrazione ha depositato una memoria di replica ribadendo le proprie difese.

10. Alla odierna pubblica udienza del 5 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

11. Anche il C.s.m., con il ricorso in appello (r.g.n. 1999/2015) depositato in data 13.3.2015, ha impugnato la sentenza in epigrafe n. 12129/2014, prospettando censure sostanzialmente coincidenti con quelle contenute nell’appello del Ministero della Giustizia recante n. 1561/2015.

In data 13.4.2015 ha depositato atto di intervento ad adiuvandum l’associazione sindacale Unione Dipendenti del Consiglio Superiore della Magistratura (U.D.CSM), che ha chiesto l’accoglimento dell’appello.

In data 8. 5.2015 la originaria parte ricorrente ha depositato una articolata memoria chiedendo la declaratoria di inammissibilità dell’appello per difetto di valida procura a cagione dell’asserita violazione degli artt. 1 e 5 del r.d.1611 del 1933 ed in ogni caso la reiezione dell’appello perché infondato per le medesime ragioni già esposte nella memoria depositata dalla medesima nell’ambito del ricorso in appello proposto dal Ministero della Giustizia recante n. 1561/2015.

14. In data 23.2.2016 l’appellante C.s.m. ha depositato istanza di sospensione della esecutività della impugnata decisione.

15. In data 4.4.2016 l’appellata ha depositato una ulteriore memoria ribadendo e puntualizzando le proprie difese ed ha chiesto di riunire il procedimento n. 1999/2015 con quello iscritto al n. 1516/2015 relativo all’appello proposto dal Ministero della Giustizia avverso la medesima sentenza n. 12129/2014 e la cui udienza pubblica era stata del pari fissata alla data del 5 maggio 2016.

In data 4.4.2016 l’appellante amministrazione ha depositato una memoria di replica ribadendo le proprie difese.


In data 2.5.2016 l’associazione sindacale Unione Dipendenti del Consiglio Superiore della Magistratura ha depositato una memoria conclusionale ribadendo le proprie difese.

16. Alla odierna camera di consiglio del 5 maggio 2016, fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività della impugnata decisione, la causa è stata trattenuta in decisione, nell’opposizione di parte appellata a un rinvio e previo avviso alle parti che la causa poteva essere decisa con sentenza in forma semplificata.


DIRITTO



1.I suindicati ricorsi in appello devono essere riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Non osta, ovviamente, a tale conclusione la circostanza che l’appello n. 1999/2015 sia stato chiamato in data odierna in adunanza camerale al fine di provvedere alla domanda di sospensione della esecutività della sentenza mentre quello iscritto al n. 1516/2015 sia stato chiamato in data odierna all’udienza pubblica di trattazione della causa nel merito: entrambe le cause sono state infatti discusse nella sede propria;
ciascuna parte processuale è stata edotta dal Presidente del Collegio della possibile immediata definizione nel merito anche dell’appello n. 1999/22015, senza peraltro obiettare alcunché;
pertanto nulla osta alla riunione delle medesime ed alla definizione congiunta degli appelli nel merito.

1.1.I riuniti appelli sono fondati e devono essere accolti nei sensi di cui alla motivazione che segue, con consequenziale riforma della impugnata sentenza, reiezione del ricorso di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.

2. Ritiene in via preliminare il Collegio di esaminare le censure in rito- il cui scrutinio riveste portata pregiudiziale- e di sgombrare immediatamente il campo da argomentazioni che non possono essere condivise.

3. A tale proposito, si osserva che:

a) è incontestabile che la giurisdizione sulla causa pertenga a questo plesso giurisdizionale amministrativo ai sensi dell'art. 63, comma 4, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, siccome peraltro più volte sostenuto da questo Consiglio di Stato e dalla Suprema Corte di Cassazione (Consiglio di Stato, sez. III, 14/07/2015, n. 3512 ,Cassazione civile, sez. lav., 25/09/2015, n. 19027: “in materia di pubblico impiego privatizzato, la contestazione dell'esercizio del potere discrezionale della p.a. di reclutare il personale, in base all'art. 30, comma 1, del d.lg. n. 165 del 2001, “ratione temporis” vigente, mediante l'espletamento di pubblico concorso anziché attivando le procedure di mobilità, investe posizioni di interesse legittimo non sindacabili dal giudice ordinario, poiché l'ampiezza del principio organizzativo di cui all'art. 97 Cost. non permette di vedere in esso, né nel richiamo all'ottimale distribuzione delle risorse mediante il concorso di mobilità indicato dall'art. 6 del d.lg. n. 165 cit, la fonte di uno specifico diritto al trasferimento del dipendente.”);

b) la legittimazione e l’interesse a proporre l’odierno appello in capo al Ministero della Giustizia non può essere fondatamente contestata: in disparte la considerazione che la stessa appellata ha correttamente notificato il ricorso di primo grado all’amministrazione appellante, va rilevato che l’appellata è una dipendente dell’appellante Ministero e pertanto, ove venisse destinata a prestare servizio al Csm, l’appellante amministrazione centrale subirebbe un mutamento nella propria dotazione di personale;

b1) va invece disposta l’estromissione dal processo dell’appellante Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica, che non vanta alcuno specifico e concreto interesse (e tale non può essere ritenuto, all’evidenza, quello al rispetto delle procedure in materia di mobilità) ed in capo al quale non può comunque essere ravvisata la legittimazione attiva, sicché l’appello dalla stessa proposto è da ritenere inammissibile;

c) certamente ammissibile è il riunito appello proposto dal C.s.m.: il contestato difetto di valida procura non sussiste, per le condivisibili ragioni di recente esposte dal giudice di legittimità (cfr. Cassazione civile, sez. un., 19/12/2012, n. 23464, Cass., sez. un., 21 febbraio 1997, n. 1617) cui si fa integrale rinvio;

d) l’interesse originario della odierna appellata a contestare l’indizione del concorso parimenti riposa nella stessa qualifica di dipendente dell’Amministrazione da essa rivestita, e nella circostanza che essa ha in passato prestato servizio presso l’amministrazione (Csm) che ha bandito il concorso: la sussistenza di detta posizione legittimante in capo alla Signora Amodio pertanto non appare in alcun modo revocabile in dubbio.

4. Accertata nei termini appena esposti l’assenza di impedimenti processuali a scrutinare nel merito la controversia, evidenzia in primo luogo il Collegio la inconcludenza, nei termini prospettati, di taluni argomenti sostanziali (sui quali, pure, le parti si sono a lungo soffermate) in quanto:

a) la circostanza che il Csm sia stato inserito dall’Istat nel conto consolidato ai sensi della legge 31.12.2009, n.196 è del tutto neutra: è incontestabile ed incontestato che il Csm sia una pubblica amministrazione, ma ciò non spiega alcuna refluenza sul trattamento che esso è tenuto a riservare ai propri dipendenti, né sul tema centrale della causa riposante nell’obbligatorio espletamento delle procedure di mobilità ex art. 30 del d. Lgs. n. 165/2001 alla luce della specifica disciplina che regolamenta le modalità di provvista del personale del Consiglio Superiore ;

b) parimenti priva di rilevanza nella odierna causa, per ragioni identiche a quelle appena enunciate, è la questione concernente la posizione del Csm nel sistema costituzionale (organo costituzionale/organo di rilevanza costituzionale/organo di connotazione del sistema, e così via): rimasto incontestato che essa rientri nel novero delle “pubbliche amministrazioni” e constatato che neppure la parte pubblica appellante si spinge ad escludere che i principi generali del decreto Legislativo n. 165/2001 trovino applicazione nei confronti del Consiglio Superiore della Magistratura, la problematica del rilievo di detto Organo nel sistema costituzionale (questione peraltro in passato a più riprese affrontata e definita dal giudice delle leggi: vedasi Corte Cost.n. 142/1973, 8.2.1991, n. 72, 8.9.1995, n. 419, 15.9.1995, n. 435) non assume rilievo nel presente giudizio;

c) infine, la circostanza che, eventualmente, in passato, il Csm abbia fatto ricorso a procedure di mobilità pur successivamente alla fase transitoria di prima applicazione del regolamento (come a più riprese ed insistentemente segnalato dall’appellata nella propria memoria) non è in alcun modo dirimente: in disparte la circostanza che detta asserzione è stata contestata in fatto dalla difesa erariale (che sostiene che ciò avvenne unicamente in fase transitoria) ciò che giova precisare è che:

I) una attività amministrativa è legittima o non lo è;

II) un provvedimento legittimo non può “divenire viziato” (e viceversa) perché in passato fu seguito un modus operandi difforme;
in altri termini, non si può certo giudicare della legittimità di un atto alla luce della circostanza che in passato furono emessi precedenti provvedimenti di analogo tenore e contenuto;

III) tale principio (dal quale non ci si intende discostare) è stato a più riprese in passato affermato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha condivisibilmente colto che l'”errore” eventualmente commesso in alcuni casi non può costringere l'Amministrazione a perseverare nel medesimo errore (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 4) e che allo stesso modo, l'eccesso di potere per disparità di trattamento non possa fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto questi non possono essere invocati per pretendere ulteriori provvedimenti che violino anch'essi la legge (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 gennaio 1995, n. 5, Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 1987, n. 212;
Cons. Stato, Ad. Plen., 26 ottobre 1979, n. 25);

Nel merito, il Collegio ritiene che gli appelli riuniti siano fondati, alla stregua delle seguenti considerazioni.

5.1. In punto di disciplina applicabile ai rapporti di lavoro del personale dipendente del CSM, appare incontestabile (e per il vero ciò non è stato neppure messo in dubbio nella sentenza impugnata) che:

a) la fonte primaria si rinviene nella legge 28.7.1999, n.266 (recante delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonchè disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell'Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura);

b) l’art. 13 di tale legge 28.7.1999, n.266, della quale è opportuno riportare integralmente il testo, così dispone: “1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a realizzare una più razionale e stabile organizzazione del personale addetto al Consiglio superiore della magistratura, senza nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) procedere all'istituzione del ruolo del personale amministrativo della Segreteria e dell'Ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura avente la dotazione organica di duecentotrenta unità, in modo che la spesa non superi, comunque, quella prevista per le unità di personale ridotte ai sensi della lettera b );

b ) prevedere la riduzione, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, di duecentotrenta posti nel ruolo del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie del Ministero di grazia e giustizia;

c ) prevedere che al Consiglio superiore della magistratura sia attribuito il potere di disciplinare, con proprio regolamento interno, entro i limiti della dotazione finanziaria del Consiglio superiore medesimo, e senza nuovi oneri a carico dello Stato, i seguenti aspetti:

1) la disciplina dei concorsi pubblici per il reclutamento del personale;

2) l'articolazione dell'organico in relazione alle classificazioni

professionali vigenti;

3) l'ordinamento delle carriere e lo stato giuridico del personale, tenendo conto dei criteri fissati in sede di contrattazione collettiva nazionale di lavoro relativa al comparto "Ministeri" e avuto riguardo alle specifiche esigenze funzionali ed organizzative del Consiglio superiore della magistratura;

4) il trattamento economico fondamentale del personale del ruolo del Consiglio superiore della magistratura, in misura uguale a quello previsto per il personale dell'Amministrazione della giustizia di equivalente qualifica;

5) il servizio ed il trattamento economico accessorio del personale, nonchè il servizio e le indennità attribuibili al personale non appartenente al ruolo del Consiglio superiore della magistratura che svolga la propria attività presso di esso, in relazione alle specifiche esigenze funzionali ed organizzative, e nei limiti dei fondi stanziati annualmente per il suo funzionamento;

d ) prevedere la possibilità per il Consiglio superiore della magistratura di avvalersi, nei limiti dei fondi stanziati per il suo funzionamento, per esigenze che richiedano particolari professionalità e specializzazioni, di collaboratori, nel limite massimo di dieci unità, con contratto di prestazione d'opera, non rinnovabile comunque dopo la cessazione della consiliatura, nel corso del quale saranno posti fuori ruolo, in aspettativa o comando;

……………

2. In sede di prima applicazione del decreto legislativo di cui al comma 1, al personale in servizio presso il Consigiio superiore della magistratura alla data del 31 dicembre 1998 in posizione di fuori ruolo, comando o distacco, è riservato il 50 per cento dei posti messi a concorso per ciascuna qualifica. Il personale in servizio di cui al primo periodo, che non risultasse vincitore dei concorsi pubblici di cui al comma 1, lettera c ), è restituito alle amministrazioni di provenienza e reinserito nel rispettivo ruolo. L'eventuale reinserimento nei ruoli viene disposto nel rispetto delle procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni, riducendo corrispondentemente l'entità del contingente di personale da assumere da parte di ciascuna amministrazione interessata.

5.1.1. Con particolare riguardo (per la rilevanza sui fatti di causa) alla disposizione di cui alla lett c , punto 1 del comma 1 dell’art. 13 sopra richiamato ( “prevedere che al Consiglio superiore della magistratura sia attribuito il potere di disciplinare, con proprio regolamento interno, entro i limiti della dotazione finanziaria del Consiglio superiore medesimo, e senza nuovi oneri a carico dello Stato, i seguenti aspetti:…..” “ 1) la disciplina dei concorsi pubblici per il reclutamento del personale;”), il Governo ha esercitato la delega conferita emanando il decreto legislativo 14.2.2000, n.37.

Detto decreto legislativo ha stabilito, tra l’altro:

a) all’art. 2 comma 1 lett. B), che il C.S.M., su proposta del Comitato di Presidenza, disciplina con proprio regolamento:….. “ le procedure concorsuali pubbliche per il reclutamento del personale e l'ordinamento delle carriere;
“;

b) all’art. 5 (recante “Disciplina Transitoria”) commi 4 e 5 che “In sede di prima applicazione del regolamento di cui all'art. 2, e comunque entro diciotto mesi dall'emanazione del predetto regolamento, il Comitato di Presidenza con proprio provvedimento, per esigenze di funzionalità dei singoli servizi, e limitatamente alle professionalità più elevate, nel rispetto della riserva di cui al comma 2 dell'art. 13 della legge 28 luglio 1999, n. 266, può coprire i posti vacanti e per non più di dieci unità mediante passaggio diretto di dipendenti di amministrazioni pubbliche a norma dell'art. 33 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche.

Il personale in servizio che non risultasse vincitore dei concorsi pubblici indetti dal C.S.M. è restituito alle amministrazioni di provenienza con assegnazione, a domanda, anche in soprannumero, in una sede di servizio nel Comune di Roma o in altra località indicata dal medesimo dipendente, nel rispetto delle procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. “:

c)all’art. 3 (recante “Contratti di collaborazione continuativa”) che “”1. Il Comitato di Presidenza, nel limite dei fondi stanziati per il funzionamento del C.S.M., può autorizzare la stipula di contratti di collaborazione continuativa per esigenze che richiedano particolari professionalità e specializzazioni, ivi comprese quelle della segreteria particolare del vicepresidente e di assistenza ai consiglieri, anche per periodi determinati .

2. I contratti di cui al comma 1 non possono riguardare più di ventisei unità;
scadono automaticamente alla cessazione della consiliatura;
non possono essere rinnovati e non possono convertirsi in contratti a tempo indeterminato (2).

3. I tempi ed i modi di svolgimento della prestazione, nonchè il relativo compenso devono essere definiti all'atto della sottoscrizione del contratto.

4. Qualora i collaboratori di cui al comma 1 siano pubblici dipendenti, sono posti fuori ruolo, in aspettativa o comando, senza alcun onere economico per l'amministrazione di appartenenza”.

5.1.2. Il richiamato art. 2 del decreto legislativo 14.2.2000, n.37 è stato successivamente abrogato ex art. 5 della legge 30 luglio 2007, n. 111 (recante Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario) di cui è bene riportare il testo, nella parte di interesse (“ In relazione alle aumentate attivita`, il ruolo autonomo del Consiglio superiore della magistratura e`aumentato fino a tredici unita`. Con proprio regolamento il Consiglio superiore della magistratura disciplina:

a) il trattamento giuridico ed economico, fondamentale ed accessorio, le funzioni e le modalita`di assunzione del personale compreso quello con qualifica dirigenziale, tenendo conto sia di quanto previsto per il personale di posizione professionale analoga del Ministero della giustizia, sia delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative del Consiglio superiore stesso correlate a particolari attivita` di servizio;

b) le indennita` del personale non appartenente al ruolo organico del Consiglio superiore della magistratura che svolga la propria attivita` presso il Consiglio superiore stesso in relazione a particolari attivita` di servizio correlate alle specifiche esigenze funzionali ed organizzative.

7. L’articolo 2 del decreto legislativo 14 febbraio 2000, n. 37, e` abrogato.”).

E’ evidente tuttavia che l’impianto sostanziale del decreto legislativo n. 37/2000 suddetto è rimasto del tutto immutato.

5.1.3. In ottemperanza alle prescrizioni contenute nella legge delega n. 266/1999 e nel decreto legislativo 14.2.2000, n.37, il CSM con propria delibera dell’Assemblea Plenaria del 24 luglio 2001 ha adottato il” R egolamento di disciplina del personale” sul cui contenuto di seguito ci si soffermerà.

5.2. Muovendo dal dato normativo come sopra ricostruito, va evidenziato che la sentenza gravata (si veda in particolare il capo IV) ha:

a) riconosciuto (tale profilo non è stato criticato da alcuno e costituisce giudicato) che è stato attribuito ex lege al Csm il potere regolamentare di disciplinare il rapporto di lavoro dei suoi dipendenti e che detto potere è stato esercitato;

b) affermato (richiamando la lettera dell’art. 31 del Regolamento approvato dall’assemblea plenaria il 24.7.2001: “Al personale del Consiglio si applicano, per quanto non espressamente disciplinato dal presente Regolamento e in quanto compatibili, le norme riguardanti lo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato”) che il Regolamento suddetto debba porsi in rapporto di necessaria coerenza con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia di accesso al pubblico impiego.


5.2.1. Appare poi di fondamentale importanza, ad avviso del Collegio, rammentare che:

a) non è contestabile che il detto Regolamento preveda disposizioni pienamente coerenti con i precetti primari contenuti nella legge-delega 28.7.1999, n.266 e nel decreto legislativo n. 37/2000 che vi ha dato attuazione;

b) in particolare, l’art. 5 del Regolamento approvato dall’assemblea plenaria il 24.7.2001 così dispone, al comma 1 :” Il personale del ruolo organico della segreteria e dell’ufficio studi del CSM viene assunto con concorso pubblico, per titoli ed esami.”

c) la regola prescritta nella detta norma regolamentare, quindi, è quella per cui l’unica forma di reclutamento del personale è ilconcorso pubblico;

d) detta regola coincide con quella, di diretta derivazione costituzionale,contenuta nell’art. 13, comma 1, lett. C) n. 1, della legge 28.7.1999, n.266, e con gli artt. 2 e 5 del d.Lgs. n. 37/2000;

5.3 Attraverso una approfondita ricostruzione dell’istituto della mobilità, e non contestando i punti centrali della normativa di riferimento siccome sopra individuati, il Tar è pervenuto all’affermazione di una tesi (fondata su una duplice asserzione) per cui:

a) la mobilità ex art. 30 del d.lg. n. 165 del 2001 costituirebbe un metodo di reclutamento del personale, che si affianca a quello del concorso, al quale addirittura va preferito;
la procedura concorsuale, prevista quale regola generale nella Costituzione non sarebbe soppressa, ma sarebbe subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità;

b) l’art. 5 comma 1 del Regolamento non si porrebbe in contrasto con tale regola, ma la presupporrebbe.

5.4 Il Collegio concorda in parte con la ricostruzione indicata alla precedente lettera a) suindicata, seppure ritenendo che la ricostruzione del Tar sia incompleta, ma dissente da quanto affermato sub punto b.

5.4.1 Quanto al primo profilo segnalato, la ricostruzione del Tar è incompleta, in quanto si limita a richiamare la considerazione generale a più riprese affermata dalla giurisprudenza in ordine alla prevalenza della mobilità rispetto al concorso ed allo scorrimento della graduatoria, ma non si sofferma sulla questione centrale della, in tesi, assoluta inderogabilità della procedura di attivazione della mobilità.


5.5 La Sezione rileva che è innegabile che, negli ultimi anni, la legislazione del pubblico impiego abbia istituito uno stringente rapporto tra mobilità ed assunzioni, generalizzando il principio - inizialmente previsto nell'art. 39, comma 3, l. n. 449 del 1997 e, più di recente, esteso alla ricollocazione del personale in esubero dall'art. 34-bis d. lgs. n. 165 del 2001 (introdotto dalla l. 16 gennaio 2003 n. 3) - di subordinazione delle assunzioni all'indisponibilità di personale da trasferire secondo le procedure di mobilità, anche volontaria;
in particolare, l'art. 30, comma 2 - bis , d. lgs. n. 165, cit., introduce ora un duplice obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni: necessità del preventivo esperimento della procedura di mobilità rispetto ad ogni altra procedura concorsuale ai fini della copertura di posti vacanti in pianta organica;
immissione in ruolo, in via prioritaria, di dipendenti provenienti da altre amministrazioni, con inquadramento nell'area funzionale e nella posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza;
può affermarsi quindi che, nelle intenzioni del legislatore, la mobilità sia divenuta uno strumento privilegiato per soddisfare il fabbisogno ordinario del personale nel settore pubblico.

5.5.1. Può quindi ricorrersi al concetto di preferenzialità della mobilità, ma non anche a quello di “inderogabilità”, laddove si consideri che la Corte costituzionale ha reiteratamente ribadito la permanente validità del principio costituzionale dell'accesso alla pubblica amministrazione per concorso pubblico (Corte cost. nn. 108 e 7 del 2011, nn. 30, 212 e 217 del 2012).

Del resto, anche la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ( ex multis : Consiglio di Stato, sez. V, 05/12/2014, n. 6004) si è espressa in passato per la preferenza dello scorrimento della graduatoria concorsuale rispetto alla mobilità, con affermazione che appare tanto più significativa laddove si consideri che, in passato, neanche alla regola del doveroso scorrimento della graduatoria era stata attribuita portata assoluta (Adunanza Plenaria n.14 del 2011, laddove si afferma la prevalenza assoluta del concorso nel riconoscere l'esistenza del dovere primario dell'Amministrazione di bandire una nuova procedura selettiva in presenza di speciali disposizioni legislative che impongano una precisa cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico, rendendo solo facoltativa e connessa a particolari ragioni di opportunità l'assunzione degli idonei collocati nelle preesistenti graduatorie).

5.5.2. Ad avviso del Collegio, l’art. 5 comma 1 del Regolamento del Csm del 24.7.2001 pone appunto una deroga alla preferenzialità delle procedure di mobilità e riafferma il principio – espressamente previsto dalla Carta Costituzionale, si ribadisce- dell’assunzione per pubblico concorso, con il corollario di un’autonoma e legittima scelta della esclusività di tale mezzo di reclutamento.

La tesi del Tar, secondo cui l’art. 5 comma 1 del Regolamento non si porrebbe in rapporto di contraddizione con la disciplina della mobilità di cui all’art. 30 del d. lgs. 165/2001, appare non condivisibile, per più ragioni:

a) detta norma risale al 2001, epoca in cui il previgente testo dell’art. 30 del d. lgs. n. 165/2001, pur non contemplando il comma 2 bis (introdotto dal Legislatore soltanto nel 2005) comunque facultizzava le amministrazioni pubbliche ad attivare procedure di mobilità prima di coprire i posti vacanti con concorsi per l'assunzione (cfr., per una compiuta ricostruzione delle modifiche via via succedutesi Cass. 25.09.2015, n. 19027);
in tale quadro, essa non può che essere intesa a ribadire la esclusività dell’accesso tramite concorso;

a1) parimenti, allorchè venne emanata la legge delega n. 266/1999 ed il decreto legislativo 14.2.2000, n.37 che di essa costituisce attuazione erano vigenti le “embrionali” forme di mobilità previste ex art. 39 della legge n. 449/1997 ma nessuna menzione di esse è contenuta nelle dette disposizioni, il che testimonia che anche la legge primaria contemplava il concorso quale unica forma di reclutamento, per il Csm;

b) come si è prima visto, l’art. 31 del regolamento contiene un rinvio dinamico alle norme “riguardanti lo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato” limitandolo a “quanto non espressamente disciplinato dal Regolamento” e in quanto queste siano compatibili”,

c) se così è, appare riduttivo ritenere (così come affermato nella sentenza gravata) che il comma 1 dell’art. 5 del Regolamento (conforme alla legge-delega del 1999 ed al decreto legislativo n. 37/2000, si ripete) si limiti a ribadire settorialmente la regola “valevole per tutto il pubblico impiego, e senza quindi introdurre una prescrizione speciale in ragione della asserita specialità del rapporto di impiego del suddetto personale”: intesa in questo senso, la norma sarebbe del tutto inutile, in quanto, non soltanto la regola generale è contenuta sub art. 97 della Costituzione, ma essa sarebbe anche richiamata ex art. 31 del regolamento medesimo;

d) il senso della disposizione (l’unico per cui la detta prescrizione normativa potesse assumere un significato utile) è quindi ben differente da quello individuato dal Tar e riposa nell’affermazione della esclusività della regola del pubblico concorso con riguardo alla provvista del personale del C.s.m;

e) e tale senso risulta coerente –si ripete- con le prescrizioni contenute nella legge-delega n. 266/1999 e nel decreto legislativo n. 37/2000.

5.5.3 A quanto sinora esposto - che sarebbe già sufficiente ad accogliere l’appello – vanno aggiunte alcune ulteriori considerazioni:

a) la interpretazione del comma 1 dell’art. 5 del Regolamento del Csm del 24.7.2001 che si è dianzi esposta sulla scorta di un criterio letterale e teleologico, riceve conferma, a livello sistematico, sol che si consideri che il decreto Legislativo 14/02/2000, n.37 (recante Istituzione del ruolo del personale amministrativo della segreteria e dell'ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura, a norma dell'art. 13 della legge 28 luglio 1999, n. 266):

I)all’art. 2 lett. b demanda all’emanando Regolamento il compito di disciplinare “le procedure concorsuali pubbliche per il reclutamento del personale e l'ordinamento delle carriere” ma non fa alcuna menzione delle procedure di mobilità;

II) soprattutto, all’art. 5 comma IV(recante disciplina transitoria) prevede che “In sede di prima applicazione del regolamento di cui all'art. 2, e comunque entro diciotto mesi dall'emanazione del predetto regolamento, il Comitato di Presidenza con proprio provvedimento, per esigenze di funzionalità dei singoli servizi, e limitatamente alle professionalità più elevate, nel rispetto della riserva di cui al comma 2 dell'art. 13 della legge 28 luglio 1999, n. 266, può coprire i posti vacanti e per non più di dieci unità mediante passaggio diretto di dipendenti di amministrazioni pubbliche a norma dell'art. 33 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche” ;

III) infine, il comma VI del predetto art. 5, dispone che “Fino alla completa copertura della pianta organica conseguente all'espletamento delle procedure concorsuali pubbliche, il C.S.M. può continuare ad avvalersi del personale attualmente in servizio in posizione di comando, distacco o fuori ruolo. ”.

Dal che si desume che, accanto alla regola esclusiva del concorso pubblico, il regolamento prevede, in via transitoria, un limitatissimo contingente di personale “mediante passaggio diretto”, mantenendo, per evidenti esigenze di funzionalità e sempre in via transitoria, il personale in servizio in posizione di comando, distacco o fuori ruolo.


b)ritenere che la regola della mobilità fosse applicabile al personale del C.s.m. e che nessun significato preclusivo potesse rinvenirsi nel comma 1 dell’art. 5 del Regolamento, colliderebbe sotto il profilo sistematico con la fonte primaria, che, come si è detto, non soltanto contempla il concorso come unica forma di reclutamento senza mai menzionare le procedure di mobilità, ma, soprattutto, fa riferimento a tale ultimo istituto soltanto espressamente disciplinandolo in sede di disciplina transitoria e di prima applicazione del regolamento;
dal che discende che, in sede di successive applicazioni del medesimo, è precluso tale strumento di reclutamento di personale.


5.6. In ultimo, si osserva che –quanto alla specifica posizione dell’appellata- l’art. 3 decreto legislativo n. 14 febbraio 2000, n. 37 (recante “contratti di collaborazione continuativa) è troncante nello stabilire che “1. Il Comitato di Presidenza, nel limite dei fondi stanziati per il funzionamento del C.S.M., può autorizzare la stipula di contratti di collaborazione continuativa per esigenze che richiedano particolari professionalità e specializzazioni, ivi comprese quelle della segreteria particolare del vicepresidente e di assistenza ai consiglieri, anche per periodi determinati .

2. I contratti di cui al comma 1 non possono riguardare più di ventisei unità;
scadono automaticamente alla cessazione della consiliatura;
non possono essere rinnovati e non possono convertirsi in contratti a tempo indeterminato .

3. I tempi ed i modi di svolgimento della prestazione, nonchè il relativo compenso devono essere definiti all'atto della sottoscrizione del contratto.

4. Qualora i collaboratori di cui al comma 1 siano pubblici dipendenti, sono posti fuori ruolo, in aspettativa o comando, senza alcun onere economico per l'amministrazione di appartenenza.”

Tale norma, all’evidenza, stabilisce una procedura di reclutamento della provvista di personale straordinaria, e soprattutto stabilisce espressamente che tale tipologia di contratto:

scada automaticamente alla cessazione della consiliatura;

non possa essere rinnovato;

non possa convertirsi in contratto a tempo indeterminato .

E posto che è incontestato che l’appellata ebbe a prestare servizio in detta qualità, tale circostanza concorre a farne ritenere infondata la pretesa in quanto non sussiste legame diretto tra l’invocata regola della mobilità ex art. 30 comma 2 bis del TU n. 165/2001e la specifica situazione dell’appellata medesima.

6.Quanto infine, e conclusivamente, all’argomento (rimasto sullo sfondo e ben poco esplorato dalle parti) relativo alla circostanza che il comma 2 bis dell’art. 30 del T.U. n. 165/2001 è cronologicamente successivo alla legge 266/1999, al decreto legislativo n. 37/2000 ed al Regolamento del Csm richiamato, non può che farsi riferimento al canone ermeneutico consolidato (ed ancora di recente affermato dalla giurisprudenza civile, e proprio in materia di pubblico impiego: Cassazione civile, sez. un., 15.04.2010, n. 8985) secondo cui la legge posteriore di portata generale non deroga alla legge speciale anteriore.

7.Alla stregua delle superiori considerazioni, vanno accolti i riuniti appelli e per l’effetto, in riforma della impugnata decisione, va respinto il ricorso di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.

8.Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

8.1.Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

9. Le spese processuali del doppio grado possono essere compensate tra tutte le parti, stante la novità e particolare complessità delle questioni esaminate.


Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi