Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-12-14, n. 201705894
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Pubblicato il 14/12/2017
N. 05894/2017REG.PROV.COLL.
N. 02298/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2298 del 2012, proposto dal Comune di La Spezia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati S C, E F e M T B, indi dagli avvocati S C, E F, M P e G C, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, via Cicerone, 44;
contro
G M e A B, rappresentate e difese dagli avvocati F T e D G, indi dall'avvocato R T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato T C in Roma, piazza SS. Apostoli, 81;
D G A M, rappresentata e difesa dagli avvocati F T e D G, indi dall'avvocato R T, indi ancora dall'avvocato Oreste Agosto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Adriano Tortora in Roma, via Cicerone, 49;
Angelo Musto e R M, rappresentati e difesi dagli avvocati D G e F T, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo difensore in Roma, largo Messico, 7;
nei confronti di
Provincia di La Spezia, San Venerio Immobiliare s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Liguria, sezione I, 20 luglio 2011, n. 1148.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di G M, di D G A M, di A B, di Angelo Musto e di R M;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il consigliere G C;
Uditi per le parti gli avvocati Carrabba, Corbyons, Tortorelli e Agosto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I signori G M, D G A M, A B, Angelo Musto e R M, proprietari di immobili siti in via San Venerio, nel Comune di La Spezia, hanno impugnato - con ricorso introduttivo e due atti di motivi aggiunti - il permesso di costruire n. 506 del 17 dicembre 2009 e il successivo permesso di costruire in variante n. 649 del 24 maggio 2010, rilasciati dal Comune alla società San Venerio Immobiliare s.r.l., subentrata agli originari richiedenti.
2. Con sentenza 20 luglio 2011, n. 1148, il T.A.R. per la Liguria, sez. I:
a) ha respinto i primi sei motivi e in parte il settimo motivo del ricorso introduttivo;
b) ha accolto il settimo motivo nella parte restante e annullato l’art. 4 delle norme di conformità e congruenza del P.U.C., nei limiti esposti in motivazione, nonché i permessi di costruire impugnati;
c) ha dichiarato assorbiti i rimanenti motivi del ricorso introduttivo;
d) ha respinto per mancanza di prova del danno la domanda di risarcimento;
e) ha dichiarato irricevibile per tardività il primo atto per motivi aggiunti, proposto avverso atti già impugnati con il ricorso introduttivo;
f) ha dichiarato inammissibile il secondo atto per motivi aggiunti, che avrebbe a oggetto una relazione interna dell’Amministrazione comunale, senza alcun valore di provvedimento;
g) ha condannato il Comune e la società San Venerio al pagamento delle spese di giudizio.
2.1. Nello specifico, il Tribunale territoriale ha ritenuto fondato la censura, proposta in via subordinata, con cui i ricorrenti contestavano la legittimità del citato art. 4 delle N.C.C. Questo, nella parte in cui consentirebbe di derogare alla distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti nell’ipotesi in cui tra i fabbricati intercorra una piazza o una strada pubblica o di uso pubblico, esistente o da realizzarsi in quanto prevista dal P.U.C., si porrebbe in contrasto con la normativa urbanistica di rango sovraordinato (art. 41 bis , ottavo e nono comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 - legge urbanistica;art. 9, n. 2, del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444).
3. Il Comune di La Spezia ha interposto appello avverso la sentenza limitatamente alla parte che ha disposto l’annullamento dell’art. 4 delle N.C.C al P.U.C.
3.1. Dopo avere comunicato l’avvenuto rilascio di un diverso permesso di costruire in favore della società San Venerio (n. 1320 del 28 febbraio 2012) sulla base di un nuovo progetto redatto in acquiescenza alla decisione del T.A.R., il Comune ha sostenuto che l’art. 4 annullato sarebbe pienamente conforme alle norme vigenti in tema di distanze. Infatti, l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 porrebbe sì la regola generale della distanza di dieci metri fra gli edifici, aggiungendo tuttavia - all’ultimo comma - che “sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”. Tenuto conto dell’evoluzione della normativa urbanistica, che avrebbe introdotto nuovi strumenti rispetto al modello del P.R.G., su cui si basava la legge n. 1150/1942, e dell’articolato carattere della disciplina recata dal P.U.C., gli schemi di orientamento progettuale contenuti nell’elaborato P7 (volti ad assecondare principi di omogeneità tipo-morfologica e di rispetto della trama degli allineamenti edilizi preesistenti) dovrebbero essere equiparati ai piani di lottizzazione e valere, quindi, ai fini della legittimità della deroga al criterio generale delle distanze. Questa conclusione non sarebbe impedita dal carattere solo orientativo delle schede di orientamento, valorizzato invece dal primo giudice, perché il privato, se volesse modificare la posizione dell’edificio rispetto a quanto previsto dalla scheda e beneficiare della deroga rispetto al criterio generale sulle distanze, dovrebbe prima ottenere una variante al P.U.C.
4. Gli originari ricorrenti si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello, sostenendo il carattere vincolante, inderogabile e prevalente sulla norma regolamentare locale delle disposizioni del d.m. n. 1444/1968 e l’infondatezza dell’equiparazione, postulata dall’Amministrazione appellante, fra piani particolareggiati e lottizzazioni convenzionate, da un lato, schede di P.U.C., dall’altro.
5. Con appello incidentale, gli appellati hanno riproposto tutti le altre censure dedotte in primo grado, non accolte o dichiarate assorbite dal T.A.R., dichiarando di avere un autonomo interesse a vederle accolte.
6. In data 10 maggio 2016 le signore G M, D G A M e A B si sono costituite in giudizio con nuovi difensori. La memoria di costituzione menziona (nel corpo, non nell’epigrafe) anche la signora R M, che però non ha sottoscritto la procura alle liti e il cui nome a margine risulta anzi barrato.
7. Con memoria conclusionale depositata il 21 marzo 2017, il Comune ha rinnovato le proprie argomentazioni quanto all’appello proposto e ha sostenuto l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello incidentale di controparte ritenuto non sorretto dall’interesse, in quanto i titoli edilizi oggetto del giudizio sarebbero stati sostituiti da successivi nuovi permessi di costruire (n. 1320/2012 e n. 2.235/2015), a loro volta impugnati.
8. Le parti hanno in seguito depositato altre memorie, alcune delle quali concernenti tutto il complesso contenzioso intercorrente fra i singoli privati e il Comune e la società San Venerio (oltre al presente appello, i ricorsi n.r.g. 2013/8143, n.r.g. 2013/8532, n.r.g. 5219/2016).
9. Con ordinanza 15 maggio 2017, n. 2301, la Sezione ha dichiarato l’interruzione del processo a seguito dell’avvenuta scomparsa dell’appellato signor Angelo Musto, comunicata all’udienza pubblica del 4 maggio.
10. Con atto depositato l’8 luglio 2017, il Comune di La Spezia ha riassunto il giudizio.
11. Le signore G M, D G A M e A B si sono costituite nel giudizio di appello riassunto.
12. A seguito della dismissione del mandato da parte del precedente patrocinatore, la signora D G A M si è costituita in giudizio con un nuovo difensore.
13. Con memoria di replica depositata il 14 novembre scorso, unica per i quattro appelli connessi, la signora D G A M ha lamentato la violazione del proprio diritto di difesa, ha proposto una istanza istruttoria, ha sostenuto l’irricevibilità, l’inammissibilità, l’improcedibilità, l’infondatezza dell’appello della controparte e la fondatezza del proprio.
14. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2017, l’appello è stato nuovamente chiamato e trattenuto in decisione.
15. In via preliminare, il Collegio:
a) osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio;
b) quanto all’ultima memoria della signora D G A M, rileva che non sussistono le asserite violazioni del diritto di difesa e che non occorre dar corso ad alcuna istanza istruttoria.
16. In ordine all’appello principale del Comune, con riguardo alla contestata legittimità dell’art. 4 delle N.C.C. al P.U.C., le parti non divergono nella ricostruzione della normativa vigente e del relativo quadro giurisprudenziale. In relazione a quest’ultimo, è indiscusso che la disciplina imperativa delle distanze possa essere derogata solo dalla pianificazione attuativa, non dal titolo abilitativo diretto, anche se consentito dallo strumento urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 novembre 2010, n. 7731).
16.1. L’unico punto di dissidio riguarda la possibilità di legittimare la norma di piano in relazione al disposto dell’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, sopra riportato.
16.2. La tesi del Comune, secondo cui gli elaborati allegati al P.U.C. sarebbero equipollenti, ai fini della deroga al criterio generale delle distanze, ai piani di lottizzazione, è infondata.
16.3. L’art. 15, comma 6, delle N.C.C., nell’ambito delle schede dell’elaborato P7 (che viene in questione nella vicenda), distingue fra parametri urbanistici ed edilizi e schema di orientamento progettuale, per assegnare valore prescrittivo agli uni e valore indicativo all’altro.
16.4. Sulla base di tale carattere indicativo dello schema, correttamente il primo giudice ha ritenuto che l’effetto lesivo discenderebbe direttamente dai permessi di costruire impugnati.
16.5. Questa affermazione deve essere condivisa e confermata, perché la difesa del Comune, a tenore della quale, per mantenere la deroga alle distanze, un diverso posizionamento dell’edificio richiederebbe la procedura di variante al P.U.C., è asserita e non dimostrata e, soprattutto, appare incompatibile e contraddittoria rispetto al carattere puramente indicativo delle schede dell’elaborato nella parte relativa allo schema di orientamento progettuale.
16.6. Poiché queste non sono vincolanti, non possono essere equiparate, sotto il profilo di specie, ai piani particolareggiati o alle lottizzazioni convenzionate con previsioni planivolumetriche contemplati dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968.
16.7. L’appello comunale è dunque infondato.
17. L’appello incidentale dei privati è autonomo e non condizionato.
17.1. Il Collegio ha ben presente l’indirizzo di questo Consiglio di Stato, secondo il quale occorre molta cautela prima di dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse perché una pronunzia processuale di tale contenuto, se non adeguatamente giustificata, rischierebbe di risolversi in un sostanziale diniego di giustizia. Anche un interesse solo morale della parte giustificherebbe l’esigenza di una decisione di merito (giurisprudenza costante: cfr. da ultimo sez. IV, 15 settembre 2015, n. 4307;sez. V, 6 novembre 2011, n. 5070;sez. V, 27 novembre 2015, n. 5379;sez. IV, 14 dicembre 2015, n. 5663;sez. IV, 14 marzo 2016, n. 991).
17.2. Tuttavia, nel caso di specie (e salvo quanto subito si dirà), merita di essere accolta l’eccezione di improcedibilità formulata dall’Amministrazione, posto che gli originari ricorrenti, hanno ottenuto il bene della vita che perseguivano (l’annullamento del titolo impugnato), l’appello principale del Comune è stato respinto ed essi non mantengono alcun percepibile rilevante interesse all’annullamento di permessi di costruire comunque non più in vigore in quanto sostituiti dai nuovi titoli accordati dal Comune e in particolare da ultimo - come risulta dagli altri paralleli giudizi - dal permesso n. 2.233/2015.
17.3. Non valgono in contrario gli argomenti degli appellanti incidentali, spesi piuttosto, per la verità, negli appelli collegati, ma di cui occorre comunque tenere conto anche in questa sede perché si tratta di circostanze che potrebbero essere rilevate anche d’ufficio. Infatti, le tesi che con il rilascio dei successivi permessi il Comune non avrebbe attivato un nuovo e completo procedimento per il rilascio del titolo, ma solo un procedimento di riesame per emendare i vizi originari, o che essi non avrebbero efficacia sanante, non definendosi in sanatoria, sono suggestive ma non concludenti, in quanto l’ultimo permesso rilasciato (n.