Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-05, n. 201901533

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-05, n. 201901533
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901533
Data del deposito : 5 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/03/2019

N. 01533/2019REG.PROV.COLL.

N. 02028/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso di registro generale numero 2028 del 2017, proposto dal signor S S, rappresentato e difeso dall'avvocato E B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Camozzi, n. 1;

contro

Il Comune di Poggibonsi, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D I, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
La Provincia di Siena e la Regione Toscana, entrambe non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sede di Firenze, Sezione Terza, n. 1242/2016, resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento del diniego di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Poggibonsi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018, il consigliere Daniela Di Carlo, e uditi per le parti l’avvocato E B e l’avvocato Vincenzo Gigante (su delega dell’avvocato D I);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Il signor S S, con ricorso n. 124 del 2016 davanti al T.a.r. per la Toscana, ha chiesto l'annullamento:

- del provvedimento prot. n. 34996 del 5.11.2015, con il quale il Comune di Poggibonsi ha denegato il rilascio del permesso di costruire sull’istanza edilizia n. 15/0475 presentata dallo stesso per la realizzazione di un "intervento di recupero di unità immobiliari già adibite ad abitazione e magazzino contemplante la demolizione di porzioni volumetriche non autorizzate in via preventiva", sito nel medesimo Comune alla via Dietro le Mura, nn. 2-10;

- del provvedimento prot. n. 35959 del 16.11.2015, con il quale il Comune ha denegato, altresì, il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica;

- in subordine, per quanto occorrer possa, dell'art. 24 delle NTA del vigente Regolamento Urbanistico del Comune di Poggibonsi, limitatamente al comma 4, laddove interpretato come ostativo alla realizzazione di qualunque intervento edilizio nelle more della pianificazione attuativa o, comunque, derogatorio della disciplina di cui all'art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001.

1.1 Il progetto edilizio prevede la demolizione di alcuni manufatti realizzati in assenza di titolo edilizio;
la sostituzione integrale della copertura;
il rifacimento e la riqualificazione delle facciate;
la distribuzione degli spazi interni, in modo da realizzare due distinte unità abitative in luogo delle tre che compongono l’immobile.

1.2. Il provvedimento di diniego ha rigettato l’istanza edilizia in considerazione del fatto che:

- l’intervento ricade all’interno del comparto “P.d.R. n. 5”, come evidenziato all’interno della tavola n. 10 del Regolamento Urbanistico;

- all’interno di tale comparto, gli interventi edilizi devono essere preceduti dalla preventiva approvazione di un Piano di Recupero (art. 24, comma 4 delle NTA).

2. Il T.a.r. per la Toscana, sede di Firenze, Sezione Terza, con la sentenza n. 1242 del 2016, ha assorbito le eccezioni preliminari di inammissibilità proposte dall’Amministrazione resistente, ha respinto il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 2.500,00 oltre accessori di legge.

3. Il signor S S ha appellato la sentenza, deducendo le seguenti censure:

3.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 2, del d.P.R. 380/2001 e dell’art. 27, comma 4, della legge n. 457/1978 - Violazione dell’art. 24 delle NTA del vigente Regolamento Urbanistico comunale.

Il ricorrente -contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice (secondo cui l’applicabilità del disposto di cui all’art. 9, comma 2 deve intendersi riferita alle sole ipotesi in cui la mancata approvazione del piano attuativo sia da ricondurre ad un comportamento inerte dell’Amministrazione), sostiene –invece- la possibilità di realizzare immediatamente l’intervento, in assenza di piano di recupero, in considerazione del fatto che:

- gli articoli da 23 a 25 delle NTA del Regolamento Urbanistico comunale disciplinano gli interventi assentibili nel centro storico;

- l’art. 24, in particolare, prevede la possibilità di effettuare per gli edifici indicati con la lettera “E”, la ristrutturazione urbanistica, anche mediante parziale o totale demolizione e successiva ricostruzione;

- l’immobile in questione è contraddistinto dall’indicazione “AE” (ove A sta ad indicare la Zona A ex art. 2 d.m. 1444/1968 ed E sta ad indicare la categoria d’intervento della sostituzione edilizia);

- l’immobile è inserito in un’area territoriale (indicata con la sigla “P.D.R. n. 5”) particolarmente degradata, per la quale è prevista la pianificazione di dettaglio ai sensi del citato art. 24, comma 4;

- la normativa di piano non detta alcuna disciplina edilizio-urbanistica applicabile nelle more dell’approvazione della pianificazione di dettaglio, sicché –trattandosi anche di area già compiutamente urbanizzata- devono trovare applicazione gli artt. 9, co. 2 del d.P.R. n. 380/2001 e 27, comma 4, della legge n. 457/1978, che consentono la realizzazione di interventi di conservazione dell’esistente;
di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, purché limitata a singole unità immobiliari, o parti di esse.

3.2. Violazione, sotto altro profilo, dell’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 27, comma 4, L. 457/78 - Violazione dell’art. 24 delle NTA del vigente Regolamento Urbanistico del Comune di Poggibonsi.

Il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, ricorrano nella fattispecie i presupposti per potere applicare l’art. 9, comma 2 cit., in considerazione dello stato di completa urbanizzazione dell’area interessata e delle caratteristiche dell’intervento edilizio, il quale non contempla aumenti di volume o di superficie, né alterazioni della sagoma, eliminandosi i soli interventi edilizi a suo tempo non autorizzati.

3.3. Eccesso di potere per contraddittorietà ed ingiustizia manifesta. Il ricorrente ritiene ingiusta la decisione di prime cure anche nella parte in cui non ha ravvisato alcuna illogicità tra la previsione di subordinare la realizzazione degli interventi edilizi siti in aree degradate all’approvazione di un piano di recupero (fino all’approvazione del quale sarebbero ammessi interventi di sola manutenzione) e l’assenza di analoga disposizione in relazione ad immobili ritenuti addirittura di pregio, per i quali –invece- sarebbero ammessi interventi fino al restauro conservativo.

3.4. Sul diniego di autorizzazione paesaggistica. Il ricorrente si duole, altresì, della dichiarazione di improcedibilità per carenza di interesse dell’impugnazione del diniego dell’autorizzazione paesaggistica, ritenendo tale provvedimento del tutto autonomo, benché funzionalmente collegato, al rilascio del titolo edilizio.

4. Si è costituito il Comune di Poggibonsi, il quale ha eccepito l’inammissibilità dell’appello in considerazione della mera riproposizione dei motivi di ricorso di primo grado e della mancata prospettazione di autonome censure avverso la sentenza impugnata;
ha riproposto l’eccezione (assorbita in primo grado) di inammissibilità del ricorso originario in considerazione, per un verso, della mancata contestazione delle previsioni urbanistiche generali (in particolare, la delibera della Giunta Regionale della Toscana n. 9492 del 9 settembre 1985) sulla cui base il regolamento urbanistico comunale ha limitato la possibilità di agire con interventi edilizi in assenza dell’approvazione di piani attuativi e, per un altro verso, dell’acquiescenza prestata a tali previsioni dagli stessi danti causa del ricorrente (i signori S e B, genitori del medesimo), i quali -pur avendo ottenuto dal Comune l’approvazione di un piano di recupero (delibera del Consiglio Comunale n. 23 dell’8 aprile 1999)- avevano lasciato scadere, non ritirandole, la concessione edilizia n. 34 del 18 marzo 2004 e l’autorizzazione paesaggistica n. 97 del 16 settembre 2003 (provvedimenti successivi, tra l’altro, all’approvazione del vigente Regolamento Urbanistico);
ha riproposto l’eccezione (anch’essa assorbita in prime cure) di inammissibilità per tardività dell’impugnazione dell’art. 24 delle NTA, la quale a suo dire avrebbe dovuto essere proposta a far tempo dall’approvazione dello strumento urbanistico;
ha chiesto il rigetto dell’avverso gravame nel merito.

5. Il solo Comune di Poggibonsi ha depositato un’ulteriore memoria, riportandosi tuttavia per il contenuto a quella depositata il 25 aprile 2017.

6. All’udienza pubblica del 6 dicembre 2018, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

7. In deroga all’ordine di esame delle questioni (Adunanza Plenaria n. 5 del 2015), vanno assorbite le eccezioni preliminari proposte dalla parte appellata, in considerazione della manifesta infondatezza del gravame nel merito e della maggiore soddisfazione dell’interesse delle parti ad una decisione della causa nel merito.

8. L’appello è infondato e non va accolto per le seguenti ragioni.

9. In relazione al primo motivo di appello, si rende innanzitutto opportuna una ricostruzione del quadro normativo di riferimento:

9.1) l’art. 9, comma 2, del d.P.R. 380/2001, rubricato “ Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica ”, dispone che: “ 2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo ”.

9.2) L’art. 27, comma 4, della legge n. 457/1978, stabilisce invece che: “ 4. Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali. Ove gli strumenti urbanistici generali subordinino il rilascio della concessione alla formazione degli strumenti attuativi, ovvero nell'ambito delle zone destinate a servizi i cui vincoli risultano scaduti, sono sempre consentiti, in attesa di tali strumenti urbanistici attuativi, gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Inoltre sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 31 che riguardino globalmente uno o più edifici anche se modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti purché il concessionario si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e successive modificazioni ”.

9.3) Gli interventi edilizi cui si riferisce l’art. 9 cit. consistono in interventi di manutenzione ordinaria (opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e opere necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti - lett. a, del comma 1, dell’art. 3 cit.) e in interventi di ristrutturazione edilizia (interventi volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente - lett. d) del comma 1 dell’art. 3 cit.;
a decorrere dall’entrata in vigore dell’art. 1 del decreto legislativo n. 301 del 27 dicembre 2002, non si esige più la "successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente"), bastando il solo rispetto della “stessa volumetria e sagoma di quello preesistente";
a decorrere dall’entrata in vigore dell'articolo 30, comma 1, lettera a), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, è invece sufficiente il solo rispetto della volumetria, senza più obbligo di conservazione della vecchia sagoma dell’edificio.

9.4) Gli interventi cui si riferisce l’art. 27 cit. (che sostanzialmente replicano quelli appena descritti), sono quelli previsti dal successivo art. 31 della medesima legge n. 457 del 1978, ovvero:

a) interventi di manutenzione ordinaria (le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e le opere quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti);

b) interventi di manutenzione straordinaria (le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso);

c) interventi di restauro e di risanamento conservativo (quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio);

d) interventi di ristrutturazione edilizia (quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti).

9.5) In base a tali norme, tre sono i presupposti (in negativo) individuati dal legislatore per potere compiere gli interventi edilizi appena descritti, in modo diretto:

- la mancata approvazione del piano attuativo, cui lo strumento urbanistico generale comunale subordina il rilascio del titolo abilitativo;

- il rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici generali;

- la circostanza che gli interventi edilizi non riguardino aree e immobili assoggettati a piani di recupero o, comunque, in questi ricompresi.

9.6) I piani di recupero, pertanto, che pure rientrano nel più ampio genus dei piani (per l’appunto, attuativi) attraverso i quali i Comuni attuano le proprie scelte di programmazione e di pianificazione urbanistica, si caratterizzano come una species a sé stante, alla cui ricorrenza l’ordinamento giuridico riconnette un effetto ostativo rispetto al compimento degli interventi edilizi sopra descritti, anche nelle ipotesi in cui il Comune non abbia ancora approvato il piano attuativo cui lo strumento urbanistico generale abbia, in ipotesi, condizionato il rilascio del titolo edilizio.

9.7) Erra, pertanto, il ricorrente, nel pretendere di parificare, quanto a regime giuridico, due strumenti urbanistici diversi tra di loro, rispondenti a diverse funzioni e accomunati dal solo fatto di costituire attuazione di strumenti urbanistici generali in quanto:

- solo il piano di recupero (e non anche il piano attuativo, in generale, delle previsioni di piano comunale) è deputato alla riconversione delle zone caratterizzate da condizioni di degrado (art. 27, comma 1, cit.);

- secondo i principi generali e per espressa previsione normativa (art. 27, comma 4, legge n. 457/1978), la mancata attuazione della pianificazione di dettaglio non osta (nè potrebbe) alla realizzazione degli interventi edilizi elencati dal legislatore: vi osta unicamente la circostanza che tali interventi siano situati in aree ricomprese all’interno dei piani di recupero, per l’(ovvia) ragione che la funzione del “recupero” dei territori dalla condizione del degrado deve prevalere sugli interessi particolari dei singoli, i quali –realizzando in modo diretto gli interventi- potrebbero aggravare o pregiudicare irreversibilmente l’obiettivo prefissato dal legislatore;

- né, parimenti, vi ostano le prescrizioni tecniche allegate al piano (in particolare, l’art. 24, comma 4 delle NTA del vigente Regolamento Urbanistico del Comune di Poggibonsi), che non derogano alla disciplina di cui all'art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, ma che anzi contribuiscono ad attuarla, in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 27, comma 4 della legge 457 del 1978;

- a tutela dei privati che richiedono il rilascio del titolo edilizio per immobili ricompresi in previsioni di piani di recupero, il legislatore ha dettato norme specifiche in materia di procedimento per l’adozione e l’approvazione del piano di recupero, sia quello di iniziativa comunale (artt. 27 e 28 della legge n. 457), sia quello di iniziativa privata (art. 30 della medesima legge n. 457);

- gli stessi fatti di causa hanno dimostrato come il Comune di Poggibonsi non si sia mai opposto all’approvazione del piano di recupero: è, anzi, in atti, la prova documentale che tale piano intervenne in favore dei genitori dell’odierno ricorrente, i quali ottennero sulla sua base anche i relativi titoli abilitativi (concessione edilizia e autorizzazione paesaggistica), salvo tuttavia decaderne per scadenza dei termini di efficacia.

9.8. Non ha, invece, alcun rilievo la distinzione (posta dal primo giudice a sostegno della decisione di rigetto del ricorso) tra la mancata approvazione del piano di recupero per inerzia dell’ente comunale e la sua mancata approvazione per fatto addebitabile al privato.

La distinzione, infatti, oltre a non essere espressamente prevista da alcuna noma di legge o altrimenti evincibile in via interpretativa, non può fondare un giudizio (positivo) in termini di applicabilità del disposto di cui all’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 per il caso che l’inerzia sia addebitabile al Comune, giacché il privato avrebbe, in tal caso, tutti gli strumenti predisposti dal legislatore per far valere in giudizio le proprie situazioni giuridiche soggettive.

10. Dal rigetto del primo motivo di appello discende l’assorbimento di tutte le altre censure, giacché il presupposto logico-giuridico dal quale non può prescindersi, nel caso di specie, è la doverosità della previa approvazione del piano di recupero rispetto al quale chiedere, poi, il rilascio dei titoli abilitativi.

Ad ogni buon conto, tali censure sono comunque infondate:

a) le doglianze (secondo motivo di appello) concernenti lo stato di (asserita) completa urbanizzazione dell’area interessata e le caratteristiche dell’intervento edilizio (che, nella rappresentazione fatta dal ricorrente, non contemplerebbe aumenti di volume o di superficie, né alterazioni della sagoma) non consentono comunque di prescindere dall’approvazione del piano, il quale –come già detto- ha la finalità di recuperare le condizioni di degrado, non quella di regolare lo stato dell’urbanizzazione o le caratteristiche edilizie del manufatto;

b) le doglianze (terzo motivo di appello) riguardanti la contraddittorietà rispetto al regime giuridico (ritenuto di maggior favore) dettato per gli immobili di pregio in zona A, non permettono di superare il principio, che resta fermo, della doverosa approvazione del piano di recupero;
in ogni caso, non ha alcun senso raffrontare due situazioni non ragguagliabili: non è illogico né incongruo stabilire che gli immobili di pregio possono essere sottoposti a restauro conservativo, mentre gli immobili degradati vanno recuperati, e che il recupero deve passare attraverso una puntuale pianificazione comunale;

c) la doglianza (quarto motivo di appello) concernente la sostenuta autonomia dell’autorizzazione paesaggistica è, invece, inconferente rispetto alla questione logico-giuridica sottesa al caso de quo : il focus della controversia riguarda il rilascio del titolo edilizio a prescindere dall’approvazione della norma di piano di recupero, non già la natura di atto presupposto e vincolante dell’autorizzazione paesaggistica.

11. In definitiva, l’appello va respinto e va confermato il dispositivo di rigetto della sentenza di primo grado, sia pure con la diversa motivazione sopra precisata.

12. Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere equitativamente compensate in ragione della complessità delle questioni trattate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi