Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-10-11, n. 201704707

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-10-11, n. 201704707
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704707
Data del deposito : 11 ottobre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/10/2017

N. 04707/2017REG.PROV.COLL.

N. 01284/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1284 del 2007, proposto da:
B A, rappresentata e difesa dagli avvocati A S, A V, M S, con domicilio eletto presso lo studio A V in Roma, via Fontanella Borghese, 72;

contro

Comune di Vittorio Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZ. I n. 04248/2005, resa tra le parti, concernente adozione variante urbanistica


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Paolo Voltaggio su delega di A. Voltaggio, P. Caruso su delega di A. Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, la signora Antonia Balbinot impugna la sentenza 15 dicembre 2005 n. 4248, con la quale il TAR per il Veneto, sez. I, ha respinto il ricorso proposto dalla società Bal.co. s.r.l. (dalla quale ella ha acquistato i suoli oggetto di controversia) , avverso le delibere del Consiglio comunale di Vittorio Veneto 1 marzo 1993 n. 3 e 4.

La prima delibera ha adottato la “variante di sintesi” al PRG e, contemporaneamente, ha revocato la precedente delibera del Consiglio comunale 13 luglio 1992 n. 42;
con la seconda è stato adottato il regolamento edilizio comunale.

La delibera impugnata ha comportato la perdita della destinazione edilizia dell’area di proprietà della società Bal.co, già situata nell’ambito “di un piano di lottizzazione in massima parte completato”.

La sentenza impugnata – espressi taluni dubbi in ordine alla sussistenza dell’interesse ad agire della società (per non avere la stessa impugnato la delibera n. 42/1992, che a suo tempo aveva introdotto il vincolo di inedificabilità dei suoli – ha affermato, in particolare:

- non è illegittimo che l’amministrazione, invece di controdedurre alle osservazioni rivolte avverso una precedente delibera di adozione di variante al PRG, abbia revocato la medesima e proposto una nuova variante, poiché “rientra nei poteri dell’amministrazione . . . stabilire se sia più opportuno e conveniente proseguire l’iter già avviato di una variante ovvero, valutati discrezionalmente gli elementi emersi dal procedimento, ritirare il primo progetto e presentarne uno nuovo”;

- anche se la revoca della delibera di adozione della prima variante non è stata iscritta all’ordine del giorno della seduta del Consiglio comunale “l’adozione di una nuova variante presupponeva implicitamente la revoca della precedente, non potendo l’una e l’altra evidentemente coesistere”;

- appare ragionevole la decisione di stralciare le aree non ancora edificate della lottizzazione, sia in quanto “la carta delle penalità ai fini edificatori redatta da geologi classifica l’area in questione come “pessima”, nel senso che si cumulano “diversi elementi di instabilità che la rendono particolarmente insidiosa e dove l’edificabilità per ragioni di sicurezza è fortemente sconsigliata”;
sia in quanto vi è necessaria “tutela di valor paesaggistici e ambientali”;

- d’altra parte, “la circostanza che in passato siano stati consentiti interventi costruttivi in quella stessa area, già allora classificata pericolosa, non implica che l’amministrazione debba perseguire per il futuro, e non possa riconsiderare, tale scelta irragionevole”.

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

error in iudicando ;
eccesso di potere per insufficienza e contraddittorietà di motivazione;
ciò in quanto “gli argomenti addotti dall’amministrazione . . . non sembrano corrispondere all’esigenza di un rigoroso riscontro dell’esistenza di inderogabili necessità pubbliche”, e precisamente:

a) poiché la cd. Carta delle penalità a fini edificatori “interessa in larga misura la zona Nord di Vittorio Veneto”, e non la sola lottizzazione Paradiso (dove è il suolo dell’appellante) “l’introduzione del divieto di edificazione nei soli cinque lotti residui della lottizzazione Paradiso non ha evidentemente alcun significato”, né sono state considerate “le perizie geologiche afferenti i singoli lotti (e) quelle generali acquisite in sede di approvazione della lottizzazione, trincerandosi dietro le generiche previsioni della Carta delle penalità”;

b) l’argomentazione relativa alle “pretese ragioni di tutela ambientale . . . è palesemente pretestuosa, trattandosi nella fattispecie di completamento di una zona già urbanizzata (e dunque paeaggisticamente già compromessa)”.

Si è costituito in giudizio il Comune di Vittorio Veneto, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

3. Questa Sezione ha già avuto modo di enunciare principi in materia di pianificazione urbanistica che ben possono essere applicati (e trovare conferma) in sede di decisione della presente controversia:

- sul piano generale, e relativamente ai poteri del giudice, si è ribadito come le scelte di pianificazione urbanistica costituiscano esercizio di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione e che le stesse, nell’ambito del sindacato di legittimità del giudice amministrativo, sono censurabili, oltre che per violazione di legge, solo per manifesta illogicità e/o irragionevolezza ovvero insufficienza della motivazione (nei sensi precisati dalla giurisprudenza), onde evitare un indebito “sconfinamento” nel cd. “merito amministrativo”;

- sempre sul piano generale, si è sottolineato che “l’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti” (Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710);

- quanto alla motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche, si è precisato che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478).;

- in particolare, si è affermato (Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221;
Id, 8 giugno 2011 n. 3497), che “le scelte urbanistiche richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative;
così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”;

- infine, la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459).

4. Nel caso di specie, l’amministrazione comunale, con la (nuova) variante al PRG (definita “variante di sintesi”), ha riconsiderato precedenti scelte urbanistiche, relative al suolo di proprietà dell’appellante, in sostanza ritenendo la zona pericolosa per l’edificazione dal punto di vista geologico, ed inoltre per finalità di tutela paesaggistica.

Ambedue le motivazioni che sorreggono l’intervento di nuova pianificazione non appaiono né generiche (a fronte della riconsiderazione in senso compressivo su scelte urbanistiche in precedenza effettuate), né irragionevoli.

4.1. Ed infatti, quanto al primo aspetto, l’amministrazione comunale ha fondato la propria nuova determinazione su una classificazione dell’area come “pessima”, contenuta nella Carta delle penalità a fini edificatori.

A fronte di tale classificazione, non appare dirimente:

- né che altre aree egualmente definite dalla Carta delle penalità non siano state riclassificate (come sostiene l’appellante), poiché ciò, al limite, fonderebbe l’irragionevolezza delle altre, differenti zonizzazioni, non già quella dell’area di proprietà dell’appellante;

- né che in loco vi sia già stata edificazione, poiché - come condivisibilmente afferma la sentenza impugnata - “la circostanza che in passato siano stati consentiti interventi costruttivi in quella stessa area, già allora classificata pericolosa, non implica che l’amministrazione debba perseguire per il futuro, e non possa riconsiderare, tale scelta irragionevole”.

Inoltre, non può assumere rilievo dirimente la presenza di diversi giudizi in ordine alla conformazione geologica dei suoli ed alla loro idoneità a “sopportare” ulteriore edificazione.

Ed infatti - in disparte ogni considerazione sul fatto che, in sede di pianificazione complessiva, non può assumere rilievo una analisi geologica condotta per singole aree e specifiche particelle, dovendosi invece considerare, nel suo complesso, la coerenza dello sviluppo edilizio in determinate aree e direttrici, anche con riferimento al fattore di rischio – in presenza di un giudizio negativo sull’area considerata, l’amministrazione ben può ritenere più opportuno, e coerente con l’interesse pubblico, escludere detta area da ulteriori possibilità di insediamenti edilizi.

4.2. Quanto al secondo aspetto, si è già ricordato come la tutela dell’ambiente e del paesaggio rientrino nelle più complessive finalità di pianificazione urbanistica.

Nel caso di specie, l’amministrazione ha considerato che “la cintura delle colline vittoriesi, per buona parte ancora risparmiata dall’espansione edilizia, costituisce un importante elemento di qualificazione”.

A fronte di tale considerazione, non può assumere rilievo dirimente la considerazione (espressa dall’appellante), secondo la quale si tratterebbe di “completamento di una zona già urbanizzata (e dunque paesaggisticamente già compromessa)”, poiché ciò non impedisce che l’amministrazione valuti inopportuno un ulteriore “aggravamento” dell’edificazione, tendendo essa, invece, a preservare, per quanto possibile, profili paesaggistici e/o ambientali non ancora del tutto pregiudicati.

5. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

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